Il figlio del portiere - 1^parte

di
genere
gay

Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, cantava Gino Paoli. Nel mio caso, eravamo quattro amici nello sgabuzzino degli attrezzi che ci confrontavamo i cazzi eretti.
Si, proprio così. Io, mi chiamo Alfonso, Guido, Samuele e Luca, eravamo in piena adolescenza in quel periodo, grandi amici accomunati dalla fissa per il sesso e dalla conseguente esplosione del testosterone!
C'era questo sgabuzzino degli attrezzi, nell'androne dei garage del condominio dove vivevamo, e li da qualche giorno avevamo preso l'abitudine di rinchiuderci per confrontarci i cazzi in erezione, gareggiare su chi sborrava per primo e misurarci sul numero delle seghe che ci facevamo al giorno. La media di tutti noi era circa dalle cinque alle sei seghe al giorno, tutti i giorni!

Fu in queste occasioni che capii di amare il cazzo! Infatti, mentre Guido, Samuele e Luca si scambiavano fantasie su cosa avrebbero fatto coi loro cazzi alle ragazze, io, da un lato mi fingevo pure macho sciupafemmine, ma dall'altro in silenzio godevo estasiato dalla vista dei loro bei piselli turgidi, vogliosi di sborrare, di come se li toccavano e tra me e me fantasticavo su cosa avrei fatto io a quei cazzi se me ne avessero concesso l'opportunità.
Ogni volta che ci riunivamo speravo che, non dico tutti (troppa grazia!), almeno uno di loro mi dicesse se glielo volessi toccare. Io stesso ero tentato di chiederglielo, ma non avevo il coraggio. Mi vergognavo. Già mi prendevano in giro, sebbene bonariamente, per l'aspetto effeminato che avevo a quei tempi (capelli biondi lunghi a boccoli, corpo glabro liscio nemmeno un pelo addosso, se non qualcuno sotto le ascelle e nel pube, movenze e tono di voce simil femmina), tanto che mi chiamavano Alfonsina. Figuriamoci avessi rivelato loro la voglia che avevo dei loro cazzi e che avrei voluto propormi come loro masturbatore personale.

Ma poi un bel pomeriggio, la mia sorte cambiò. Il mio sogno si avverò. Quel giorno, infatti, alla solita adunanza dello sgabuzzino ci ritrovammo, invece che noi soliti quattro, in cinque. A noi si era aggiunto Carmelo, il figlio del portiere. Un venticinquenne che oggi si definirebbe un nerd, dunque uno sfigato. Bruttino dall'espressione suinesca, già stempiato così giovane, tarchiato e grassottello. Un solitario, trattato quasi fosse un appestato per via di una fama sinistra da pervertito maniaco sessuale. Tanto che molti condomini, quelli con figlie molto giovani o donne sole in casa, non volevano che salisse nei loro appartamenti per consegnare la posta o ritirare la spazzatura. Non sopportavano certi atteggiamenti morbosi che assumeva: si accarezzava la patta quando guardava le ragazze, le sbirciava nelle scollature e sotto le gonne per via delle gambe e dei sederi, facendo battute sconvenienti. Qualche volta lo avevano beccato nascosto a spiarle toccandosi, quando in costume da bagno prendevano il sole in balcone e non era raro trovarlo a guardare materiale porno.

Fu Guido a portarlo con noi. In qualche maniera gli aveva raccontato cosa facevamo noi nello sgabuzzino e lui volle partecipare soprattutto per la libidine di potersi masturbare palesemente davanti a dei ragazzini, senza bisogno di farlo di nascosto come era abituato.
Quindi quando toccò a lui abbassarsi i pantaloni, uscì fuori un pisello enorme, già eretto, ad occhio ben oltre i venti centimetri, con una grossa cappella violacea totalmente sgusciata. Noi restammo allibiti. Shoccati. Mentre lui, accarezzandoselo, ci guardava con un laido sorrisino di orgoglio.
Per me, invece, fu colpo di fulmine! Quel cazzo era stupendo! Un sogno! Da quell'istante mi innamorai pazzamente di Carmelo e del suo cazzone!
Un ulteriore colpo al cuore lo ebbi quando volle partecipare pure lui alla gara di masturbazione, dimostrandoci la potenza del suo cazzo. Mentre se lo segava, io nascondevo con difficoltà l'eccitazione e la voglia che provavo davanti a quella scena. Non so cosa avrei dato per sostituire la sua mano con la mia e poterlo segare io. Quando venne, spruzzò una quantità di sborra inaudita. Ma la cosa che ci lasciò ulteriormente sbalorditi, fu che dopo pochissimi secondi gli tornò duro e pronto all'uso.

“Volete che me ne faccio un'altra?” ci disse guardandoci fiero col suo solito laido sorrisetto beffardo
“No, no, Carmelo, ok. Sei una potenza, abbiamo capito!” gli rispose Guido
Io da quel momento, non ebbi più pace. Ero totalmente fuso per Carmelo. Giorno e notte pensavo a lui e desideravo il suo cazzo. Le mie seghe giornaliere erano a tema, il cazzo di Carmelo. Sognavo di essere la sua troia a disposizione di quell'enorme pisello. Quando uscivo di casa o rientravo, ogni scusa era buona per fermarmi in guardiola, dove spesso sostituiva il padre, a parlarci e stare un pò con lui, dove a stento mi trattenevo dalla voglia di chiedergli il cazzo.

Fino a quando una sera tornando a casa, dopo aver posato il motorino in garage, passando per l'androne lo vidi che sistemava gli arnesi per la pulizia nel “nostro” sgabuzzino. Mi fermai con la solita scusa di salutarlo e scambiaci qualche parola. Ci stavamo raccontando come avevamo passato la giornata, io al solito gli fissavo la patta dei jeans come un affamato farebbe con una tavola imbandita, quando all'improvviso Carmelo interruppe la conversazione, perchè si accorse cosa stavo guardando e prese la palla in balzo, mi guardò fisso negli occhi, mi fece quel laido sorrisino beffardo e mi chiese: “Parliamo di cose più serie. Dì, che ne pensi del mio cazzo? Ti è piaciuto vero?”

Per qualche secondo rimasi interdetto, non mi aspettavo la domanda così diretta, e poi deglutendo gli risposi quasi balbettando: “Oh si Carm...elo! Enorme...potente! Si...hai un bel cazzo...”

“Ah ti piace dunque? E dì...lo vuoi vedere ancora? Adesso qui, noi due da soli?” mi chiese

Deglutii ancora, il cuore per l'eccitazione mi cominciò a battere forte e con la testa gli mimai un si. Così mi tirò dentro. Guardò fuori, per assicurasi che nessuno ci vedesse, chiuse a chiave la porta e si abbassò i pantaloni e le mutande.
Il suo bestione già eretto sbucò fuori, tipo pupazzo a molla, in tutto il suo splendore. Rimasi a bocca aperta. L'oggetto dei miei sogni, del mio desiderio, duro e invitante come non mai, era li a pochi centimetri da me.

Carmelo, sempre con quel sorrisetto stampato sul suo volto da suino, mi accarezzò i capelli, poi il viso e, come se mi avesse letto ancora nella mente, mi chiede: “Sono sicuro che me lo vuoi toccare, vero?”

Gli mimai ancora una volta un si e titubante, cuore in gola, glielo presi in mano. Era durissimo. Sembrava un palo di cemento armato! Ero felicissimo, finalmente l'adorato cazzo di Carmelo l'avevo in mano.

“Sono sicuro che ti andrebbe pure di farmi una sega, no?” mi chiese quando se lo vide stretto nella mia mano.

“Davvero posso?” gli risposi meravigliato ma al settimo cielo

“Certo! Non aspetto altro...e stai tranquillo che non lo verrà a sapere nessuno, resterà il nostro piccolo grande segreto che ci porteremo fino alla tomba” mi rassicurò

Così, col cuore in tachicardia per la gioia, iniziai a segare lentamente quella meraviglia. Carmelo dopo qualche istante iniziò a mugolare per il piacere. Io, mentre lo segavo, ero letteralmente ipnotizzato da quella cappella violacea e lucida puntata verso di me, che pareva mi chiamasse. Lui, dopo un po',se ne accorse, e leggendomi ancora nel pensiero, mi chiese ansimante: “Ti va di baciarmela?”

“Oh si, se mi va!” riposi io eccitato e senza più esitazione

Così mi chinai e gliela baciai e leccai dolcemente più volte, continuando a segarlo lentamente. Poi dall'eccitazione mi venne spontaneo allargare le labbra per prendermela tutta in bocca, iniziando a fargli un dolce pompino senza smettere il lento su e giù con la mano.
Carmelo gradì molto. Aumentando i mugolii di piacere, mi esortava ansimando con dei “siii così! Bravo! Continua!”. Poi, quando il piacere fu irrefrenabile, mi esortò ad aumentare il ritmo della sega e del succhiotto, mentre mi accompagnava la testa con la mano.
Al momento di venire, afferrò veloce un barattolo, uscì la cappella dalla mia bocca e, mentre lo segavo velocemente, strozzando l'urlo per l'orgasmo, gli esplose dentro la solita abnorme quantità di sborra.

Quando si riprese dall'orgasmo, si sedette per rilassarsi. Delicatamente mi tirò a se ed iniziò ad accarezzarmi capelli e viso. “Alfonsina eh? Ora capisco perchè ti chiamano Alfonsina, perchè ti piace il cazzo!” mi disse con una risatina ironica. Poi, palpandomi il culo, aggiunse: “Effettivamente sei bello, ma bello bello e molto eccitante, come una vera femmina...e mi hai fatto godere da impazzire! Mi sa che noi due diventeremo grandi amici”. Io eccitatissimo come un automa con la testa annuivo felice.

Intanto il suo cazzo era tornato di nuovo duro e voglioso. Anche io ero duro e voglioso di sborrare. Carmelo mi accarezzò la patta e ne costatò la durezza e poi mi disse: “Perchè non ricominci...e mentre mi spompini, ti fai una sega? Ti va?”
Gli dissi di si e senza esitazioni mi denudai il cazzo e mi masturbai mentre gli leccavo i due grossi coglioni e con la mano segavo il suo lentamente. Dopo un po' lo presi in bocca e glielo spompinai, sempre continuando a masturbarmi. In breve tempo sentii salire un piacere che non è possibile descrivere. Un piacere così grande che anche io sborrai a schizzo una enorme quantità di sperma. Qualche secondo dopo venne a bomba pure Carmelo, ma stavolta lo supplicai di sborrarmi in bocca perchè volevo mi trattasse come una vera troia. Mi accontentò, mi riempì la bocca all'inverosimile. Adesso si ero la sua troia!

Fine 1^ parte
scritto il
2025-09-09
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