La Madrina

di
genere
dominazione

“Saverio! Mi pare ti chiami così...”
Chiese con l'accenno di un sorriso ironico, alternando una boccata al flute di Campari spritz ed una alla sigaretta, Donna Letizia, seduta sensualmente a gambe accavallate sulla poltroncina di cuscini bianchi sotto al patio che dava al giardino della sua villa.

“Si, Madrina...Saverio, si”
Rispose il giovane con deferenza a quella splendida elegante quarantenne mora che lo osservava con un'espressione piena di alterigia.

“So che mi avete fatto chiamare, Madrina...e per me è un onore immenso essere ammesso alla vostra presenza, ditemi in che posso servirvi?”
Continuò il ragazzo sistemandosi con una mano i lunghi capelli castani come a voler apparire degno di tanta considerazione.

"Uno schiavo. Devo dire che mi manca. Ho goduto dell'amore e della passione di molti uomini, ma nessuno di loro è stato un mio schiavo, almeno non apertamente. Tu saresti il primo. Saresti una curiosa e bizzarra novità. Sì, uno schiavo mi manca e tu avrai il privilegio di sopperire a questa mancanza."
Gli comunicò, Donna Letizia, spegnendo con un gesto lento ma deciso, la cicca della sigaretta nel posacenere e bevendo un altro sorso di spritz, accentuando l'alterigia di quell'espressione che, a uno sguardo superficiale e ignorante, sarebbe potuta apparire presuntuosa, ma che in realtà comunicava tutta la maestosità della sua persona, ma soprattutto ribadiva il messaggio chiaro che chi in quel momento si trovava deferente davanti a Lei, era una sua proprietà di cui poter disporre a proprio diletto.

Del resto Lei era Donna Letizia De la Fuentes, detta La Madrina. Non doveva preoccuparsi di apparire superba o sfrontata. Lei era il capo assoluto e ricchissimo del cartello dei narcos più potenti in Colombia. Lei era la legge. L'Alfa e l'Omega. Cinica e spietata non solo coi suoi nemici, ma anche con chi, dei suoi, osava alzare anche un solo ciglio in disaccordo o esitava obbedire ad un Suo comando. Algida e dispotica coi suoi sottoposti, i cui occhi, in Sua presenza, spontaneamente si abbassavano, sedotti dal timore e dalla regalità della sua figura.

Così fu per il giovane attendente Saverio, che a quelle parole inaspettate, ma tanto desiderate (il desiderio di divenire lo schiavo della sua Signora, Dea e Domina, gli rendeva insonni le notti), prima tacque come sgomento, ma non appena Ella pose lo sguardo su di lui, non poté fare a meno di frenare il desiderio di genuflettersi e adorarla. Prostrato ai Suoi piedi, capì di esser pronto ad obbedire ad ogni Suo ordine. E non lo preoccupava ciò che avrebbe potuto chiedergli. Lo preoccupava la probabilità che, dopo aver soddisfatto la Sua curiosità, Lei non avrebbe più avuto bisogno di lui e lo avrebbe messo via, come un paio di scarpe troppo consunte che non avrebbe più calzato, ma sarebbero rimaste ugualmente Sue.

"Ebbene? Non posso dire che mi dispiaccia uno schiavo che sa tacere, ma sarebbe utile se avesse anche qualcosa da dire."
Esclamò La Madrina, come indispettita dalla reazione silenziosa di Saverio a quella sua volontà. Non le bastava come risposta il moto spontaneo che portò il giovane a prostrarsi ai Suoi piedi. No, voleva sentire le sue parole di gratitudine.

"Sì, Padrona. Mi perdoni Padrona. E' stupendo ciò che mi prospettate, solo che non trovo parole umane da proferire, l'unica risposta è prostrarmi a Vostri piedi, Padrona",
Si affrettò a risponderle Saverio

"Padrona... Forse è un po' eccessivo, ma in che altro modo potrebbe appellarmi uno schiavo? Sì, Padrona mi sembra opportuno, sempre ammesso che tu abbia il coraggio di chiamarmi così in qualsiasi occasione, anche quando siamo in pubblico.",
Ragionò Donna Letizia

"Io... "
Tentò una replica il ragazzo

"Già cominci a tentennare? Non vali granché come schiavo. Forse dovrei ripensarci."
Lo ammonì la Donna

"Mi perdoni, Padrona. Farò tutto ciò che desidera. Anche in pubblico. Non ci ripensate!",
La pregò, sempre in ginocchio mettendo pure la faccia a terra come a voler attirare sul suo viso il sudiciume che avrebbe sporcato la sacre suole della sua Dea.

"Un proposito alquanto impegnativo. Sei certo di esserne all'altezza?"
Chiese Ella con serafica soddisfazione.

"Farò del mio meglio, Padrona."
L'assicurò lui

"Bene. Vedremo se il tuo meglio è abbastanza. Se così non fosse, potrò comunque dire di aver sperimentato qualcosa di diverso. Ti piacciono le mie scarpe?"
Riprese Donna Letizia, finendo il suo drink e guardandosi i piedi quasi con aria annoiata

"Sì, Padrona."
Rispose lui senza tentennare

"Sono le mie preferite, ma si impolverano facilmente. Chissà, uno schiavo, forse, potrebbe essere utile per risolvere questo inconveniente, non credi?",
Gli chiese, roteando il piede della gamba accavallata davanti alla faccia di lui.

Erano scarpe nere, di velluto. La punta era squadrata e lasciava intravedere gli interstizi delle dita. Il resto del piede era nudo, eccetto che per le sottili fasce che legavano la scarpa alla caviglia.
Senza alcuna esitazione, Saverio gli si avvicinò, tirò fuori la lingua e si accinse a leccarla. Ma prima che riuscissi a lambirla, La Madrina lo fermò puntando il tacco, lungo e anch'esso quadrato, sulla sua fronte. Spinse con forza e lo rigirò, forse per rimproverarlo o solo per il piacere di marchiarlo.

"Voglio uno schiavo, non un servo sciocco! La tua saliva rovinerebbe la superficie delle scarpe, non ci hai pensato? La lingua usala per la suola. La parte superiore la lustrerai con le ciocche dei tuoi capelli. Sono così lunghi... Sembrano fatti apposta per questo."
Ordinò

"Sì, Padrona. Mi perdoni, Padrona."
Rispose intimorito lui

"Non sprecare fiato. Obbedisci!"
Ordinò quasi con rabbia.

Così come gli aveva indicato, il giovane cominciò a lustrare le scarpe. Fece scorrere i suoi capelli sulla tomaia, intorno al tacco e anche sulla soletta, sotto la pianta del piede. Poi, con altrettanta cura, cominciò a lappare la suola, senza preoccuparsi della polvere e della sporcizia che raccoglieva, prodigandosi affinché tornasse ad essere linda come se non avesse mai sfiorato il suolo.

"Devo dire che è piacevole, quasi rilassante. Il lavorio della tua lingua sulla suola, mi procura un leggero solletico. Sarebbe utile ricevere questo trattamento dopo una giornata di lavoro. Ed anche vederti così, a mia completa disposizione... Sì, anche questo è piacevole.",
Lo elogiò Ella con algido sarcasmo

"Grazie, Padrona."
Provò a risponderLe lui

"Taci! Usa la lingua per svolgere le tue mansioni. Sei il mio schiavo e potrai parlare solo se interrogato.",
Reagì Ella ammonendolo, stropicciando il piede sulla sua faccia e intimandogli di proseguire.

La sua riconosciuta severità lo sedusse ancor di più in quel frangente. Lo eccitò. La maniera con cui quella splendida Creatura impartiva gli ordini in altri ambiti già gli procurava potenti erezioni, figurasi adesso essere sferzato umiliato ai Suoi piedi. Quindi con foga e riconoscenza tornò a leccare le suole e mentre lo faceva, dentro di se, pregò che potesse concedergli di occuparsi, allo stesso modo, anche della pulizia dei suoi piedi nudi. Ma le sue speranze, però, vennero subito disattese.
Quando, infatti, Saverio finì di lucidare le suole, La Madrina gli ordinò di asciugare ogni traccia di saliva con i suoi capelli mentre serafica e soddisfatta con lo specchietto in mano si rifaceva il trucco. Finito, dandosi una sistemata con le mani ai fluenti capelli neri, lo guardò con commiserazione e aggiunse:
"Immagino che la tua lingua sappia rivelarsi un utile diletto anche per i piedi. Sì, suppongo sia piacevole sentirla scorrere tra le dita, ma adesso, i miei piedi sono puliti. Li leccherai un altro giorno, quando ce ne sarà necessità."
Così dicendo, con un piede sulla faccia lo spinse via da sé e fece sì che il ragazzo si ritrovasse steso in terra supino.

Quindi La Madrina si alzò e con studiata lentezza e calibrando bene il peso, salì sul petto e l'addome del ragazzo, che docilmente accolse quei Suoi passi implacabili che segnavano il suo corpo. come fosse il Suo tappetino da bagno.
I Suoi tacchi affondarono nella sua carne e, mentre indugiava sul petto, il suo schiavo si sorprese di quanto potessero essere affilati, nonostante la forma quadrata.
La figura imponente della Padrona si ergeva su di lui e godeva della remissione con cui quel suo schiavo le si offriva, soggiacendo al capriccio dei suoi tacchi.
Per Saverio era sufficiente osservare l'espressione soddisfatta del volto di Donna Letizia, il modo in cui lo guardava, per aver coscienza della sua condizione umile e sottomessa, e del potere che Ella esercitava su di lui, e goderne quasi all'eiaculazione!

"Sì, uno schiavo mi mancava. Sarà divertente usarti. E vedrai, ciò che ho in mente andrà ben oltre le tue fantasie. Bene presto ti pentirai di essere finito sotto i miei piedi, ma non potrai fare a meno di amare che sia così e ti dispererai, pregando che io non mi stanchi di te."
Concluse la sua Padrona, prima calcandogli il volto e poi abbandonando il suo schiavo steso in terra come lo zerbino davanti la porta d'ingresso da strapazzare alla bisogna!
scritto il
2025-12-31
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