Marta - La diciottenne (Parte 6)
di
Lampada di Desideri
genere
etero
Torno a casa con la testa ancora piena di Marta, il corpo che non riesce a spegnere il fuoco che lei ha acceso. Mi butto sul divano, la camicia stropicciata, il telefono in mano, il suo profumo che mi aleggia intorno come un’ombra che non vuole svanire. La giornata in ufficio è stata un’agonia, tra bilanci e pensieri di quel bikini azzurro che mi ha mandato in tilt il cervello. Sono le otto passate, la pioggia finalmente smessa, il cielo limpido e l’aria fresca che sa di mare. Prendo il telefono e scrivo a Marta su WhatsApp: «Ehi, amore, che si fa stasera? Sei ancora con le ragazze?»
La risposta arriva in pochi secondi, come se stesse aspettando il mio messaggio. «Ciao cucciolo! Sono con Gaia e Sofia, stiamo mangiando una pizza in centro. Ti va di uscire con noi? Magari porta un amico, così non sei solo con tre femmine, sai com’è.»
Sorrido, ma il cuore mi fa un salto. Uscire con lei e le sue amiche? È un rischio. Gaia mi ha già messo sotto torchio, e Sofia non sembra proprio un’alleata. Ma l’idea di vedere Marta, anche solo per un drink, è troppo forte. L’unico amico che posso chiamare è Roberto. Il problema? Non gli ho raccontato nulla di questi giorni, di Marta, di tutto quello che è successo. Roberto è il tipo che fiuta le storie a chilometri di distanza, e so che non passerò inosservato. Ma non ho scelta. Scrivo di getto: «Ok, piccola, ci sto. Chiamo un amico e ti dico. Dove ci troviamo?»
«Perfetto! Al parcheggio dietro il lungomare, verso le 22:30. Chiama il tuo amico, dai, che ci divertiamo!» risponde Marta, con un’emoji che mi fa ribollire il sangue.
Sospiro, apro la chat con Roberto e inizio a scrivere, cercando le parole giuste. «Ehi, Roby, che fai stasera? Ti va di uscire? Ho una cosa da raccontarti.» Non so da dove cominciare, ma con Roberto non servono giri di parole. Lo chiamo.
«Tommy, cazzo, finalmente ti fai vivo!» risponde, la voce già carica di entusiasmo. «Che succede? Hai trovato una fica nuova o sei ancora a secco?»
Rido, ma mi sento un po’ in imbarazzo. «Siediti, Roby, che ti racconto.» E così faccio, a grandi linee. Racconto di Marta, della discoteca, di come ci siamo avvicinati, di questi giorni che sono stati un tornado di sesso ed emozioni. Non scendo nei dettagli più crudi – non sono tipo da vantarmi come fa lui – ma lascio intendere che Marta è giovane, bellissima e, beh, focosa. «Cazzo, Roby, non so nemmeno come sia successo. È una diciottenne, una roba che non mi aspettavo. Ma è… incredibile.»
Roberto scoppia a ridere, una risata grassa, di quelle che riempiono la stanza. «Lo sapevo, porco! Te la sei scopata, eh? Grande Tommy! E dimmi, com’è la figa così giovane? Io sono più da milf, lo sai, quelle che ti spremono e sanno cosa vogliono. Ma una diciottenne… cazzo, deve essere stretta come un guanto, no?»
Arrossisco, anche se non può vedermi. «Dai, Roby, non fare il maiale. È… sì, è stretta, è focosa, ok? Ma non è solo quello. C’è qualcosa di più, non so spiegartelo.» Cerco di cambiare discorso, ma Roberto è già partito, chiede dettagli, ride, mi stuzzica. Gli do corda, ma solo fino a un certo punto, tengo per me i momenti più intimi, quelli che appartengono solo a me e Marta. «Comunque, stasera usciamo con lei e le sue amiche. Ti va? Ci troviamo al parcheggio del lungomare, verso le 22:30.»
«Cazzo, sì! Portami, Tommy, che magari mi faccio una delle altre due. Sono fighe anche loro?» chiede, il tono che gronda malizia.
«Roby, sono carine, sì, ma non fare casini, ti prego. Non voglio che rovini tutto. Marta… è importante, ok?»
«Tranquillo, non tocco la tua ragazza. Ma le altre due? Dai, dimmi che sono bone!»
Sospiro, ma rido. «Sì, sono bone, ok? Gaia è una mora che ti fa girare la testa, e Sofia… beh, ha il suo perché. Ma comportati, per favore. Non fare il maiale come al solito.»
Roberto ridacchia. «Calmo, calmo. Tanto, se va male, una scopata ce l’ho lo stesso, no? La mammina mi ha scritto oggi, vuole un bis.»
«Vedi di non farti sparare dal marito,» ribatto, e ridiamo insieme, come ai vecchi tempi.
Ci diamo appuntamento al parcheggio dietro il lungomare. Mi faccio una doccia veloce, mi metto una camicia nera e un paio di jeans, il solito look che non sbaglia mai. Arrivo per primo, il parcheggio ancora mezzo vuoto, l’aria fresca che porta il profumo del mare. Roberto si presenta poco dopo, la solita aria da strafottente, camicia aperta sul petto, sorriso da cacciatore. «Allora, Tommy, raccontami di ‘sta Marta. È proprio una troietta giovane, eh?» dice, dandomi una pacca sulla spalla.
Scuoto la testa, ridendo. «Non è una troietta, Roby. È… speciale. Ma sì, a letto è un fuoco. Però, cazzo, non è solo quello. Mi ha preso, non so come dirtelo.»
Mi guarda, un sopracciglio alzato. «Cazzo, ti sei innamorato? Tu? Mister ‘non supero mai le ex’? Questa deve essere una gnocca pazzesca.»
«Lo è,» ammetto, il pensiero che torna a lei, al suo culo sodo sotto il bikini, agli occhi azzurri che mi inchiodano, alla sua bocca che mi ha mandato in paradiso. «Ma tu, per favore, non fare il coglione con le sue amiche. Gaia è tosta, ti mangia vivo se ci provi male.»
«Oh, mi piacciono le sfide,» dice Roberto, strofinandosi le mani. «Dimmi di più. Gaia e Sofia, com’è la situazione? Tette? Culo? Dai, dammi qualcosa!»
Rido, ma sono un po’ a disagio. «Gaia è una mora, alta, magra, un piercing all’ombelico che ti fa sbavare. Sofia è più… normale, ma carina, un po’ più in carne, ma con un bel viso. Però, Roby, sul serio, non fare casino. Non voglio che Marta si incazzi o che le sue amiche mi odino.»
«Tranquillo, Tommy, so come muovermi. Non tocco la tua principessa, promesso. Ma le altre due… vediamo chi cede per prima,» dice, con un ghigno che è puro Roberto.
Scuoto la testa, ma non posso fare a meno di sorridere. «Sei un maiale, lo sai? Ma almeno non rovinarmi la serata.»
«Mai. Dai, che arrivano le ragazze?» chiede, guardando verso il lungomare illuminato.
Controllo il telefono. Un messaggio di Marta: «Siamo qui, cucciolo. Tra due minuti ti vedo.» Il cuore mi fa un salto. Sono pronto a rivederla, ma con Roberto al mio fianco e le amiche di Marta in arrivo, so che la serata può essere un campo minato. Eppure, l’idea di lei, del suo sorriso, del suo corpo che mi chiama, è più forte di ogni dubbio.
Il parcheggio si anima all’improvviso quando arrivano le ragazze, un’esplosione di energia che sembra attirare ogni sguardo. Marta è la prima a farsi avanti, corre verso di me con un sorriso che mi fa dimenticare il mondo. Mi si lancia addosso, le braccia attorno al collo, e mi bacia, un bacio caldo, morbido, che sa di salsedine e di lei. Le sue labbra si muovono con una dolcezza che nasconde un pizzico di urgenza, come se volesse ricordarmi che è mia, lì, davanti a tutti. Mi perdo in quel momento, ma quando ci stacchiamo, sento gli occhi della piazza su di noi. La gente si volta, qualche ragazzo con un ghigno, qualche donna con un sopracciglio alzato. So cosa pensano: io, trentacinque anni, con una diciottenne che potrebbe essere mia figlia. Ma non lo è, cazzo, e il modo in cui Marta mi guarda, con quegli occhi azzurro ghiaccio che mi inchiodano, mi fa venire voglia di urlarlo a tutti.
Roberto, accanto a me, sfodera un sorriso pieno di malizia, gli occhi che brillano mentre squadra le tre ragazze. «Cazzo, Tommy, hai buon gusto,» mormora, prima di farsi avanti. «Piacere, io sono Roberto,» dice, la voce carica di sicurezza, stringendo la mano a ognuna con un po’ troppo entusiasmo. «Gaia, Sofia, Marta, giusto? Bellezze, siete un colpo al cuore.» Le ragazze ridono, ma sento una stretta allo stomaco. Roberto è un tornado, e sono già in ansia.
Marta è uno spettacolo, come sempre. Gli shorts che indossa sono ancora più corti di quelli del mattino, minuscoli, aderenti, che lasciano metà dei glutei scoperti, sodi e tondi, un invito che devo sforzarmi di ignorare per non perdere la testa lì in mezzo alla piazza. Il top, un pezzo di stoffa nero e attillato, le stringe le tette piccole ma perfette, esaltandone la forma, i capezzoli che si intravedono appena sotto il tessuto. I capelli biondi, sciolti e mossi, le ricadono sulle spalle, muovendosi a ogni passo come una cascata dorata che mi manda in tilt. Gaia, accanto a lei, è puro fuoco: un reggiseno nero, spudorato, che le copre appena il seno, abbinato a una gonnellina corta che sale a ogni movimento, lasciando intravedere il bordo delle mutandine bianche. Il piercing all’ombelico brilla sotto le luci del lungomare, un dettaglio che attira gli occhi come una calamita. Sofia, invece, è più sobria, ma non meno pericolosa: shorts aderenti che le modellano le cosce piene, una maglia leggermente più lunga ma che non nasconde le curve, e un’aria tranquilla che nasconde qualcosa di più. Tutte e tre indossano texani con un tacco alto che slancia le gambe e fa risaltare i culi, un trio che sembra uscito da un sogno bagnato.
Mentre ci avviamo verso il bar più vicino, noto i ragazzi in piazza che si voltano, gli sguardi famelici, le risatine soffocate. Li conosco bene, quegli sguardi. Ero uno di loro, un guardone che non si lasciava sfuggire una gonna corta o un top scollato. Ora, però, essere dall’altra parte mi dà una strana sensazione: un misto di orgoglio, perché Marta è con me, e di gelosia, perché ogni occhio su di lei sembra rubarmi qualcosa. Marta, però, sembra non farci caso. Cammina accanto a me, la mano che ogni tanto mi sfiora il braccio, e ogni tanto mi lancia occhiate che sono pura malizia, come se stesse tramando qualcosa che non riesco a decifrare.
Arriviamo al bar, un posto affollato con tavolini all’aperto, le luci calde e il brusio delle chiacchiere che si mescola alla musica di sottofondo. Ci sediamo, ordiniamo – birre per me e Roberto, cocktail per le ragazze – e iniziamo a chiacchierare del più e del meno. Roberto, però, non ci mette molto a prendere il controllo della conversazione, come al solito. «Allora, ragazze, raccontatemi,» dice, appoggiandosi allo schienale con un sorriso da predatore. «Siete in vacanza, giusto? Cosa combinate quando non fate girare la testa a mezzo paese?»
Gaia ride, buttando indietro i capelli. «Oh, un po’ di tutto. Spiaggia, serate, qualche casino… le solite cose.»
«Casino, eh?» ribatte Roberto, il tono carico di doppi sensi. «Tipo cosa? Dai, raccontate, che sono curioso.»
Gli lancio un’occhiata, un muto “non esagerare”, ma Roberto è già partito. Marta, accanto a me, mi stringe la mano sotto il tavolo, il pollice che mi accarezza il palmo, e ogni tanto mi guarda con quella malizia che mi confonde. Non capisco cosa vuole, ma il mio corpo risponde comunque, un calore che mi sale dall’inguine.
Sofia, che fino a quel momento è stata più silenziosa, si sporge in avanti, un sorrisetto sul viso. «Beh, Roberto, se proprio vuoi sapere, non siamo delle sante. Ma non credo che riusciresti a stare al passo con noi.» La sua voce è calma, ma ha una sicurezza che mi spiazza. Zitta zitta, forse è lei la più esperta delle tre, quella che nasconde il gioco sotto un’aria tranquilla. Gaia ride, dandole una spintarella. «Sofia, smettila, che poi questo ci prova davvero!»
Roberto alza le mani, fingendo innocenza. «Io? Mai! Però, dai, non ditemi che passate le serate a giocare a carte. Qualche storiella succosa ce l’avrete, no?»
Mi irrigidisco, temendo che la conversazione prenda una piega pericolosa. «Roby, calmati,» intervengo, cercando di mantenere il tono leggero. «Non le stressare, che poi scappano.»
Marta mi stringe la mano più forte, girandosi verso di me. «Tranquillo, cucciolo, sappiamo gestirlo,» sussurra, e quel “cucciolo” mi fa quasi dimenticare il resto del tavolo. Ma i suoi occhi, quel misto di dolcezza e provocazione, mi tengono sulle spine. Cosa vuole? È come se stesse giocando, ma non mi dice le regole.
I cocktail arrivano, e la conversazione si fa più rilassata, ma Roberto non molla, butta lì battute a doppio senso che fanno ridere Gaia e Sofia, mentre io cerco di mantenere il controllo. Ogni tanto, Marta mi accarezza la gamba sotto il tavolo, un tocco leggero ma sufficiente a mandarmi in tilt. So che la serata può prendere qualsiasi direzione, e con Roberto in modalità cacciatore e Marta che mi guarda come se volesse mangiarmi, mi sento in bilico tra il paradiso e un casino totale.
Il bar è un vortice di risate, bicchieri che tintinnano e sguardi che si incrociano, ma mi sento sempre più in bilico. Roberto, come un cane da caccia, non molla la presa, butta la conversazione sempre più verso il sesso. «Dai, ragazze, non fate le santarelline,» dice, sporgendosi sul tavolo con quel ghigno che è puro Roberto. «Le serate in vacanza sono fatte per divertirsi, no? Qualche avventura succosa ce l’avrete. Raccontate, che sono tutto orecchie.»
Gaia, con un sorrisetto strafottente, si appoggia allo schienale, incrociando le braccia sotto il seno, il reggiseno nero che spinge le tette in alto, attirando gli occhi di Roberto come una calamita. «Oh, Roberto, se vuoi sapere di serate calde, devi chiedere a Marta e Tommy. Loro sì che hanno storie da raccontare.» Il suo tono è malizioso, un misto di sfida e divertimento, e sento una stretta allo stomaco. Cazzo, ci mancava solo questo.
Marta, accanto a me, non batte ciglio. Si sporge in avanti, i capelli biondi che le scivolano sul viso, e abbassa la voce, un sussurro che resta tra noi al tavolino, ma che brucia come un fuoco. «Beh, se proprio vuoi sapere, Gaia… ieri mi ha preso la verginità anale. E, cazzo, è stato pazzesco.»
Quasi mi strozzo con la birra. La guardo, basito, il viso che mi va a fuoco. Non mi aspettavo che fosse così spudorata, così diretta, davanti a tutti. Le sue parole mi rimbombano in testa, riportandomi a ieri: il suo culo stretto che si apriva per me, i suoi gemiti che si mescolavano ai miei, il piacere che mi ha travolto come un’onda. Ma dirlo così, davanti a Roberto, davanti alle sue amiche? È troppo. «Marta, cazzo,» mormoro, la voce strozzata, il viso che deve essere rosso come un pomodoro.
Mi stringe la mano sotto il tavolo, girandosi verso di me con un sorriso dolce ma birichino. «Cucciolo, lo sai che sono sincera con le mie amiche,» dice, la voce bassa, quasi un sussurro, ma con una punta di malizia che mi fa quasi tremare. I suoi occhi azzurri mi inchiodano, e non so se voglio baciarla o nascondermi sotto il tavolo.
Roberto è al settimo cielo, gli occhi che brillano come se gli avessero appena regalato un biglietto vincente. «Cazzo, Tommy, e non me l’hai detto? Ti sei scordato un dettaglio del genere?» Ride, battendo una mano sul tavolo. «Com’è stato, dai? Non t’è piaciuto? O sei troppo timido per ammetterlo?»
Mi passo una mano sul viso, imbarazzato ma costretto a stare al gioco. «No, cioè… sì, mi è piaciuto, ok? Ma, cazzo, non pensavo dovesse diventare l’argomento della serata.» La mia voce è un misto di disagio e risata, perché, nonostante tutto, l’energia al tavolo è contagiosa.
Gaia e Sofia scoppiano a ridere, mentre Marta mi accarezza la gamba sotto il tavolo, un tocco che mi calma e mi eccita allo stesso tempo. «Tranquillo, cucciolo, è solo una chiacchiera tra amici,» dice, e mi fa l’occhiolino, come se sapesse esattamente l’effetto che ha su di me.
La conversazione, per fortuna, non va oltre. L’argomento scivola su altro – il mare, la vacanza, le serate in discoteca – e tiro un sospiro di sollievo. Ma Roberto non si arrende. Continua a stuzzicare Gaia e Sofia, butta lì battute a doppio senso, prova a strappare qualcosa di più. Le due ragazze, però, sono maestre nel gioco: rispondono, ridono, lo provocano con sorrisetti e mezze frasi, ma senza mai cedere. Quando si fa tardi, verso mezzanotte, Gaia si stiracchia, facendo risaltare il reggiseno che a malapena le contiene le tette. «Ok, ragazzi, si va a dormire,» dice, con un tono che non ammette repliche. Sofia annuisce, finendo il suo cocktail. «Già, domani vogliamo goderci la spiaggia.»
Roberto, che ormai è un fascio di ormoni, fa un ultimo tentativo, con quel suo sorriso da simpatica canaglia. «Dormire? Dai, ragazze, perché non mi portate con voi? Giuro, sono bravo a fare la guardia al letto.»
Gaia ride, scuotendo la testa. «Chissà, magari un’altra volta,» dice, con un tono che è puro divertimento, lasciando Roberto con un’espressione a metà tra l’estasi e la frustrazione. Sofia gli dà una pacca sulla spalla, ridendo. «Sogni d’oro, Casanova.»
Marta, invece, si alza e si avvicina a me, gli occhi che brillano sotto le luci del bar. Mi prende per il colletto della camicia, tirandomi verso di sé, e mi bacia. È un bacio lento, caldo, che sa di cocktail e di lei. Le sue labbra sono morbide, ma premono con una dolcezza possessiva, la lingua che sfiora la mia, un gioco che mi fa sciogliere. Le sue mani mi accarezzano la nuca, i capelli biondi che mi solleticano il viso, e per quei pochi secondi il mondo sparisce. È solo lei, il suo sapore, il suo calore, il modo in cui si abbandona a me senza riserve. Quando si stacca, mi sorride, un sorriso che è amore puro, ma con quella scintilla di malizia che mi manda fuori di testa. «Ci vediamo presto, cucciolo,» sussurra, e mi sfiora il labbro con il pollice.
Le ragazze si incamminano, i tacchi dei texani che risuonano sul selciato, i culi che ondeggiano sotto gli shorts e la gonnellina di Gaia, attirando ancora qualche sguardo dalla piazza. Io e Roberto torniamo verso il parcheggio, l’aria fresca che non riesce a calmare il calore che mi porto dentro. Roberto è su di giri, cammina con un sorriso stampato in faccia. «Cazzo, Tommy, quelle tre sono un fuoco. Gaia con quel reggiseno, Sofia che sembra timida ma scommetto che a letto ti sbrana… per fortuna ho la mia scopata assicurata, ma stanotte penserò a loro due, te lo dico.»
Rido, ma la mia testa è altrove. Non capisco perché Marta sia stata così audace, così spudorata nel raccontare un dettaglio così intimo. È eccitante, certo, ma mi ha spiazzato. Sto ancora rimuginando quando il telefono vibra. Un messaggio da Marta: «Passami a prendere all’hotel.»
Il cuore mi fa un salto. Pensieri a mille mi attraversano la mente: lei, ancora con quegli shorts che le lasciano il culo mezzo scoperto, il top stretto, i capelli biondi che mi fanno perdere la testa. Cosa vuole? Un’altra notte come ieri? O solo un momento insieme, noi due, senza il caos delle amiche e di Roberto? Non lo so, ma non importa. Saluto Roberto con una pacca sulla spalla. «Ci vediamo, Roby. Non fare casini, ok?»
«Tranquillo, Tommy. Vai dalla tua principessa,» risponde, con un ghigno. «E salutamela, quella tro… ehm, quella meraviglia.»
Guido verso l’hotel, il cuore che batte forte, l’adrenalina che mi scorre nelle vene. Quando arrivo, Marta è lì, fuori dall’ingresso, ancora vestita come prima: gli shorts che le modellano il culo, il top che le stringe le tette, i capelli sciolti che brillano sotto le luci dell’hotel. Sale in macchina, mi sorride, e capisco che la notte è appena iniziata.
Marta sale con un’energia che sembra accendere l’aria intorno a noi. Non appena chiude la portiera, si sporge verso di me, le sue labbra che trovano le mie in un bacio caldo, urgente, che sa di cocktail e di desiderio. La sua lingua mi sfiora il palato, un gioco rapido che mi fa rabbrividire, e quando si stacca, i suoi occhi azzurri brillano di una luce che è insieme dolce e pericolosa. «Guida, cucciolo,» sussurra, la voce bassa, carica di promesse. «Conosco un posto.»
Non faccio domande. Metto in moto, il cuore che mi martella nel petto, e seguo le sue indicazioni. Guido per pochi minuti, le strade del lungomare che si trasformano in vie più strette, meno illuminate, finché Marta mi indica un parcheggio isolato, nascosto tra alberi e un vecchio edificio abbandonato. È buio, lontano dal caos della piazza, il tipo di posto dove nessuno ti trova a meno che non sappia dove cercarti. Spengo il motore, e il silenzio ci avvolge, rotto solo dal rumore lontano del mare. Capisco subito. È il momento di fare l’amore, ancora, e l’idea mi fa sorridere, il cazzo già mezzo duro nei pantaloni. Ma Marta è diversa, più audace, come se stasera abbia deciso di spingersi oltre ogni limite.
Lentamente, con una calma che è pura tortura, si toglie il top, lasciandolo cadere sul sedile. Le sue tette, piccole e sode, sono lì, nude, i capezzoli rosa che si ergono come un invito. Deglutisco, il desiderio che mi brucia dentro. Si sporge, sbottonandomi la camicia con dita sicure, e inizia a baciarmi sul petto, la lingua che scivola sulla pelle, lasciando una scia di fuoco. Scende più in basso, sulla pancia, ogni bacio un’esplosione di calore. Tra un bacio e l’altro, alza lo sguardo, la voce un sussurro malizioso. «Hai visto come mi guardavano i ragazzi stasera?»
Sento una stretta al cuore. Sì, l’ho visto. Quegli sguardi famelici, i sorrisetti, le teste che si giravano mentre Marta camminava con quegli shorts che le lasciavano il culo mezzo scoperto. «Sì,» mormoro, la voce roca, un misto di gelosia e desiderio che mi annoda lo stomaco.
Non si scompone, continua a baciarmi, la mano che scivola sui miei pantaloni, sfiorando il cazzo da sopra il tessuto. «E tu, cosa pensavi?» chiede, il tono che oscilla tra la provocazione e la dolcezza.
Sono preso, il cervello annebbiato dal suo tocco. «Ero geloso, cazzo. Voglio che tu sia solo mia.» Le parole mi escono di getto, crude, vere. «Ma… cazzo, Marta, mi eccita anche. Sapere che sei mia, che tutti ti vogliono, ma sei qui con me. Forse qualcuno stanotte si farà una sega pensando a te, come me.»
Marta sorride, un sorriso che è puro fuoco. «Sono solo tua, cucciolo,» sussurra, ma poi aggiunge, con quella malizia che mi manda fuori di testa: «Però… mi eccita essere guardata.» Le sue mani iniziano a sbottonarmi i pantaloni, lente, deliberate, scivolando dentro i boxer per accarezzarmi il cazzo, prima sopra il tessuto, poi direttamente sulla pelle. Gemo, il piacere che mi esplode dentro mentre mi stringe, la mano che si muove piano, accendendo ogni nervo. «Sai perché siamo qui?» chiede, la voce un sussurro roco.
«Per fare l’amore,» rispondo, il fiato corto, il cazzo che pulsa sotto il suo tocco.
Marta ride piano, un suono che è puro peccato. «Sì, ma perché proprio qui?» Mi guarda, gli occhi che brillano nella penombra. «Ho sentito che in questo parcheggio… ci sono spesso guardoni.»
Mi irrigidisco, il cuore che mi sale in gola. «Cazzo, Marta, dici sul serio?»
Annuisce, un sorriso audace sul viso. «Chiudiamoci dentro, cucciolo. Ma… voglio che qualcuno ci guardi.»
Prima che possa rispondere, mi tira fuori il cazzo, duro, teso, la cappella già bagnata. Me lo sega lentamente, la mano che scivola lungo l’asta con una pressione perfetta, il pollice che sfiora il frenulo, mandandomi in paradiso. Ogni movimento è un’onda di piacere, il suo tocco che mi fa tremare. Poi, come chiamato da un copione, un’ombra si avvicina. La vedo: un uomo, sulla cinquantina, i capelli brizzolati, il volto nascosto dal buio. È vicino al finestrino, il cazzo in mano, e cazzo, è enorme, una visione che mi fa quasi gelare il sangue. Marta se ne accorge, sorride, e senza dire una parola inizia un pompino con una foga che mi spiazza. Le sue labbra si chiudono sul mio cazzo, succhiando forte, la lingua che danza sulla cappella, mentre il suo culo, ancora coperto dagli shorts, si solleva verso il finestrino, come se volesse offrire uno spettacolo a quell’estraneo. È vero: vuole essere guardata, desiderata, anche da uno che potrebbe essere suo padre.
Sono in preda a un piacere enorme, il cervello che lotta tra la gelosia e l’eccitazione. Ma il modo in cui Marta mi succhia, la bocca calda, bagnata, che mi risucchia, mi fa decidere di fregarmene. Se vuole uno spettacolo, glielo do. La prendo per i capelli, guidandola piano, e poi mi abbasso, leccandole la fica attraverso gli shorts, il tessuto già umido dei suoi umori. La mia lingua preme, cercando il clitoride, e lei geme, il suono che vibra contro il mio cazzo. Ci scambiamo i ruoli, io che lecco lei, la sua fica che si apre sotto la mia lingua, calda, salata, un mare in cui mi perdo. Poi Marta si tira su, salendo sopra di me, il mio cazzo che scivola dentro di lei con un movimento fluido. Si muove, cavalcandomi, le tette che ballano davanti ai miei occhi, e io le stringo, i capezzoli duri sotto i palmi, pizzicandoli appena mentre lei geme, il ritmo che accelera.
«Cazzo, Marta,» ansimo, il piacere che mi travolge. Si china, baciandomi, la lingua che si intreccia alla mia, mentre continua a muoversi, il suo corpo che mi avvolge come una morsa. Poi, con un movimento rapido, si mette in ginocchio tra i sedili, il mio cazzo davanti al suo viso. Me lo sega con foga, la mano che scivola veloce, la lingua che ogni tanto lecca la cappella, finché non resisto più. Sborro, schizzi caldi che le colpiscono il viso, il mento, le labbra, e lei li accoglie, sorridendo, gli occhi che non mi lasciano mai. Nello stesso momento, un gemito soffocato arriva dal finestrino. L’uomo, ancora lì, sborra sul vetro chiuso, schizzi bianchi che colano lenti, prima di sparire nel buio come un’ombra.
Marta ride, il viso ancora sporco, e si sporge verso il finestrino. Con un dito, prende un po’ della sborra dell’estraneo, l’annusa, e fa una smorfia schifata. «Meglio la tua, cucciolo,» dice, ridendo, e si pulisce il viso con un fazzoletto, il tono che torna dolce, quasi tenero.
La guardo, il cuore che ancora mi martella, il cazzo sensibile, il corpo svuotato ma vivo. È stato uno spettacolo, un gioco folle, e lei mi ha guidato come una regina. La riporto all’hotel, il silenzio tra noi pieno di tutto quello che è successo. Quando scende, mi dà un ultimo bacio, lento, caldo, e sussurra: «A domani, amore.» Guido verso casa, la mente un caos di pensieri, il suo sapore ancora sulla lingua, il suo viso sporco di me impresso nella memoria.
La risposta arriva in pochi secondi, come se stesse aspettando il mio messaggio. «Ciao cucciolo! Sono con Gaia e Sofia, stiamo mangiando una pizza in centro. Ti va di uscire con noi? Magari porta un amico, così non sei solo con tre femmine, sai com’è.»
Sorrido, ma il cuore mi fa un salto. Uscire con lei e le sue amiche? È un rischio. Gaia mi ha già messo sotto torchio, e Sofia non sembra proprio un’alleata. Ma l’idea di vedere Marta, anche solo per un drink, è troppo forte. L’unico amico che posso chiamare è Roberto. Il problema? Non gli ho raccontato nulla di questi giorni, di Marta, di tutto quello che è successo. Roberto è il tipo che fiuta le storie a chilometri di distanza, e so che non passerò inosservato. Ma non ho scelta. Scrivo di getto: «Ok, piccola, ci sto. Chiamo un amico e ti dico. Dove ci troviamo?»
«Perfetto! Al parcheggio dietro il lungomare, verso le 22:30. Chiama il tuo amico, dai, che ci divertiamo!» risponde Marta, con un’emoji che mi fa ribollire il sangue.
Sospiro, apro la chat con Roberto e inizio a scrivere, cercando le parole giuste. «Ehi, Roby, che fai stasera? Ti va di uscire? Ho una cosa da raccontarti.» Non so da dove cominciare, ma con Roberto non servono giri di parole. Lo chiamo.
«Tommy, cazzo, finalmente ti fai vivo!» risponde, la voce già carica di entusiasmo. «Che succede? Hai trovato una fica nuova o sei ancora a secco?»
Rido, ma mi sento un po’ in imbarazzo. «Siediti, Roby, che ti racconto.» E così faccio, a grandi linee. Racconto di Marta, della discoteca, di come ci siamo avvicinati, di questi giorni che sono stati un tornado di sesso ed emozioni. Non scendo nei dettagli più crudi – non sono tipo da vantarmi come fa lui – ma lascio intendere che Marta è giovane, bellissima e, beh, focosa. «Cazzo, Roby, non so nemmeno come sia successo. È una diciottenne, una roba che non mi aspettavo. Ma è… incredibile.»
Roberto scoppia a ridere, una risata grassa, di quelle che riempiono la stanza. «Lo sapevo, porco! Te la sei scopata, eh? Grande Tommy! E dimmi, com’è la figa così giovane? Io sono più da milf, lo sai, quelle che ti spremono e sanno cosa vogliono. Ma una diciottenne… cazzo, deve essere stretta come un guanto, no?»
Arrossisco, anche se non può vedermi. «Dai, Roby, non fare il maiale. È… sì, è stretta, è focosa, ok? Ma non è solo quello. C’è qualcosa di più, non so spiegartelo.» Cerco di cambiare discorso, ma Roberto è già partito, chiede dettagli, ride, mi stuzzica. Gli do corda, ma solo fino a un certo punto, tengo per me i momenti più intimi, quelli che appartengono solo a me e Marta. «Comunque, stasera usciamo con lei e le sue amiche. Ti va? Ci troviamo al parcheggio del lungomare, verso le 22:30.»
«Cazzo, sì! Portami, Tommy, che magari mi faccio una delle altre due. Sono fighe anche loro?» chiede, il tono che gronda malizia.
«Roby, sono carine, sì, ma non fare casini, ti prego. Non voglio che rovini tutto. Marta… è importante, ok?»
«Tranquillo, non tocco la tua ragazza. Ma le altre due? Dai, dimmi che sono bone!»
Sospiro, ma rido. «Sì, sono bone, ok? Gaia è una mora che ti fa girare la testa, e Sofia… beh, ha il suo perché. Ma comportati, per favore. Non fare il maiale come al solito.»
Roberto ridacchia. «Calmo, calmo. Tanto, se va male, una scopata ce l’ho lo stesso, no? La mammina mi ha scritto oggi, vuole un bis.»
«Vedi di non farti sparare dal marito,» ribatto, e ridiamo insieme, come ai vecchi tempi.
Ci diamo appuntamento al parcheggio dietro il lungomare. Mi faccio una doccia veloce, mi metto una camicia nera e un paio di jeans, il solito look che non sbaglia mai. Arrivo per primo, il parcheggio ancora mezzo vuoto, l’aria fresca che porta il profumo del mare. Roberto si presenta poco dopo, la solita aria da strafottente, camicia aperta sul petto, sorriso da cacciatore. «Allora, Tommy, raccontami di ‘sta Marta. È proprio una troietta giovane, eh?» dice, dandomi una pacca sulla spalla.
Scuoto la testa, ridendo. «Non è una troietta, Roby. È… speciale. Ma sì, a letto è un fuoco. Però, cazzo, non è solo quello. Mi ha preso, non so come dirtelo.»
Mi guarda, un sopracciglio alzato. «Cazzo, ti sei innamorato? Tu? Mister ‘non supero mai le ex’? Questa deve essere una gnocca pazzesca.»
«Lo è,» ammetto, il pensiero che torna a lei, al suo culo sodo sotto il bikini, agli occhi azzurri che mi inchiodano, alla sua bocca che mi ha mandato in paradiso. «Ma tu, per favore, non fare il coglione con le sue amiche. Gaia è tosta, ti mangia vivo se ci provi male.»
«Oh, mi piacciono le sfide,» dice Roberto, strofinandosi le mani. «Dimmi di più. Gaia e Sofia, com’è la situazione? Tette? Culo? Dai, dammi qualcosa!»
Rido, ma sono un po’ a disagio. «Gaia è una mora, alta, magra, un piercing all’ombelico che ti fa sbavare. Sofia è più… normale, ma carina, un po’ più in carne, ma con un bel viso. Però, Roby, sul serio, non fare casino. Non voglio che Marta si incazzi o che le sue amiche mi odino.»
«Tranquillo, Tommy, so come muovermi. Non tocco la tua principessa, promesso. Ma le altre due… vediamo chi cede per prima,» dice, con un ghigno che è puro Roberto.
Scuoto la testa, ma non posso fare a meno di sorridere. «Sei un maiale, lo sai? Ma almeno non rovinarmi la serata.»
«Mai. Dai, che arrivano le ragazze?» chiede, guardando verso il lungomare illuminato.
Controllo il telefono. Un messaggio di Marta: «Siamo qui, cucciolo. Tra due minuti ti vedo.» Il cuore mi fa un salto. Sono pronto a rivederla, ma con Roberto al mio fianco e le amiche di Marta in arrivo, so che la serata può essere un campo minato. Eppure, l’idea di lei, del suo sorriso, del suo corpo che mi chiama, è più forte di ogni dubbio.
Il parcheggio si anima all’improvviso quando arrivano le ragazze, un’esplosione di energia che sembra attirare ogni sguardo. Marta è la prima a farsi avanti, corre verso di me con un sorriso che mi fa dimenticare il mondo. Mi si lancia addosso, le braccia attorno al collo, e mi bacia, un bacio caldo, morbido, che sa di salsedine e di lei. Le sue labbra si muovono con una dolcezza che nasconde un pizzico di urgenza, come se volesse ricordarmi che è mia, lì, davanti a tutti. Mi perdo in quel momento, ma quando ci stacchiamo, sento gli occhi della piazza su di noi. La gente si volta, qualche ragazzo con un ghigno, qualche donna con un sopracciglio alzato. So cosa pensano: io, trentacinque anni, con una diciottenne che potrebbe essere mia figlia. Ma non lo è, cazzo, e il modo in cui Marta mi guarda, con quegli occhi azzurro ghiaccio che mi inchiodano, mi fa venire voglia di urlarlo a tutti.
Roberto, accanto a me, sfodera un sorriso pieno di malizia, gli occhi che brillano mentre squadra le tre ragazze. «Cazzo, Tommy, hai buon gusto,» mormora, prima di farsi avanti. «Piacere, io sono Roberto,» dice, la voce carica di sicurezza, stringendo la mano a ognuna con un po’ troppo entusiasmo. «Gaia, Sofia, Marta, giusto? Bellezze, siete un colpo al cuore.» Le ragazze ridono, ma sento una stretta allo stomaco. Roberto è un tornado, e sono già in ansia.
Marta è uno spettacolo, come sempre. Gli shorts che indossa sono ancora più corti di quelli del mattino, minuscoli, aderenti, che lasciano metà dei glutei scoperti, sodi e tondi, un invito che devo sforzarmi di ignorare per non perdere la testa lì in mezzo alla piazza. Il top, un pezzo di stoffa nero e attillato, le stringe le tette piccole ma perfette, esaltandone la forma, i capezzoli che si intravedono appena sotto il tessuto. I capelli biondi, sciolti e mossi, le ricadono sulle spalle, muovendosi a ogni passo come una cascata dorata che mi manda in tilt. Gaia, accanto a lei, è puro fuoco: un reggiseno nero, spudorato, che le copre appena il seno, abbinato a una gonnellina corta che sale a ogni movimento, lasciando intravedere il bordo delle mutandine bianche. Il piercing all’ombelico brilla sotto le luci del lungomare, un dettaglio che attira gli occhi come una calamita. Sofia, invece, è più sobria, ma non meno pericolosa: shorts aderenti che le modellano le cosce piene, una maglia leggermente più lunga ma che non nasconde le curve, e un’aria tranquilla che nasconde qualcosa di più. Tutte e tre indossano texani con un tacco alto che slancia le gambe e fa risaltare i culi, un trio che sembra uscito da un sogno bagnato.
Mentre ci avviamo verso il bar più vicino, noto i ragazzi in piazza che si voltano, gli sguardi famelici, le risatine soffocate. Li conosco bene, quegli sguardi. Ero uno di loro, un guardone che non si lasciava sfuggire una gonna corta o un top scollato. Ora, però, essere dall’altra parte mi dà una strana sensazione: un misto di orgoglio, perché Marta è con me, e di gelosia, perché ogni occhio su di lei sembra rubarmi qualcosa. Marta, però, sembra non farci caso. Cammina accanto a me, la mano che ogni tanto mi sfiora il braccio, e ogni tanto mi lancia occhiate che sono pura malizia, come se stesse tramando qualcosa che non riesco a decifrare.
Arriviamo al bar, un posto affollato con tavolini all’aperto, le luci calde e il brusio delle chiacchiere che si mescola alla musica di sottofondo. Ci sediamo, ordiniamo – birre per me e Roberto, cocktail per le ragazze – e iniziamo a chiacchierare del più e del meno. Roberto, però, non ci mette molto a prendere il controllo della conversazione, come al solito. «Allora, ragazze, raccontatemi,» dice, appoggiandosi allo schienale con un sorriso da predatore. «Siete in vacanza, giusto? Cosa combinate quando non fate girare la testa a mezzo paese?»
Gaia ride, buttando indietro i capelli. «Oh, un po’ di tutto. Spiaggia, serate, qualche casino… le solite cose.»
«Casino, eh?» ribatte Roberto, il tono carico di doppi sensi. «Tipo cosa? Dai, raccontate, che sono curioso.»
Gli lancio un’occhiata, un muto “non esagerare”, ma Roberto è già partito. Marta, accanto a me, mi stringe la mano sotto il tavolo, il pollice che mi accarezza il palmo, e ogni tanto mi guarda con quella malizia che mi confonde. Non capisco cosa vuole, ma il mio corpo risponde comunque, un calore che mi sale dall’inguine.
Sofia, che fino a quel momento è stata più silenziosa, si sporge in avanti, un sorrisetto sul viso. «Beh, Roberto, se proprio vuoi sapere, non siamo delle sante. Ma non credo che riusciresti a stare al passo con noi.» La sua voce è calma, ma ha una sicurezza che mi spiazza. Zitta zitta, forse è lei la più esperta delle tre, quella che nasconde il gioco sotto un’aria tranquilla. Gaia ride, dandole una spintarella. «Sofia, smettila, che poi questo ci prova davvero!»
Roberto alza le mani, fingendo innocenza. «Io? Mai! Però, dai, non ditemi che passate le serate a giocare a carte. Qualche storiella succosa ce l’avrete, no?»
Mi irrigidisco, temendo che la conversazione prenda una piega pericolosa. «Roby, calmati,» intervengo, cercando di mantenere il tono leggero. «Non le stressare, che poi scappano.»
Marta mi stringe la mano più forte, girandosi verso di me. «Tranquillo, cucciolo, sappiamo gestirlo,» sussurra, e quel “cucciolo” mi fa quasi dimenticare il resto del tavolo. Ma i suoi occhi, quel misto di dolcezza e provocazione, mi tengono sulle spine. Cosa vuole? È come se stesse giocando, ma non mi dice le regole.
I cocktail arrivano, e la conversazione si fa più rilassata, ma Roberto non molla, butta lì battute a doppio senso che fanno ridere Gaia e Sofia, mentre io cerco di mantenere il controllo. Ogni tanto, Marta mi accarezza la gamba sotto il tavolo, un tocco leggero ma sufficiente a mandarmi in tilt. So che la serata può prendere qualsiasi direzione, e con Roberto in modalità cacciatore e Marta che mi guarda come se volesse mangiarmi, mi sento in bilico tra il paradiso e un casino totale.
Il bar è un vortice di risate, bicchieri che tintinnano e sguardi che si incrociano, ma mi sento sempre più in bilico. Roberto, come un cane da caccia, non molla la presa, butta la conversazione sempre più verso il sesso. «Dai, ragazze, non fate le santarelline,» dice, sporgendosi sul tavolo con quel ghigno che è puro Roberto. «Le serate in vacanza sono fatte per divertirsi, no? Qualche avventura succosa ce l’avrete. Raccontate, che sono tutto orecchie.»
Gaia, con un sorrisetto strafottente, si appoggia allo schienale, incrociando le braccia sotto il seno, il reggiseno nero che spinge le tette in alto, attirando gli occhi di Roberto come una calamita. «Oh, Roberto, se vuoi sapere di serate calde, devi chiedere a Marta e Tommy. Loro sì che hanno storie da raccontare.» Il suo tono è malizioso, un misto di sfida e divertimento, e sento una stretta allo stomaco. Cazzo, ci mancava solo questo.
Marta, accanto a me, non batte ciglio. Si sporge in avanti, i capelli biondi che le scivolano sul viso, e abbassa la voce, un sussurro che resta tra noi al tavolino, ma che brucia come un fuoco. «Beh, se proprio vuoi sapere, Gaia… ieri mi ha preso la verginità anale. E, cazzo, è stato pazzesco.»
Quasi mi strozzo con la birra. La guardo, basito, il viso che mi va a fuoco. Non mi aspettavo che fosse così spudorata, così diretta, davanti a tutti. Le sue parole mi rimbombano in testa, riportandomi a ieri: il suo culo stretto che si apriva per me, i suoi gemiti che si mescolavano ai miei, il piacere che mi ha travolto come un’onda. Ma dirlo così, davanti a Roberto, davanti alle sue amiche? È troppo. «Marta, cazzo,» mormoro, la voce strozzata, il viso che deve essere rosso come un pomodoro.
Mi stringe la mano sotto il tavolo, girandosi verso di me con un sorriso dolce ma birichino. «Cucciolo, lo sai che sono sincera con le mie amiche,» dice, la voce bassa, quasi un sussurro, ma con una punta di malizia che mi fa quasi tremare. I suoi occhi azzurri mi inchiodano, e non so se voglio baciarla o nascondermi sotto il tavolo.
Roberto è al settimo cielo, gli occhi che brillano come se gli avessero appena regalato un biglietto vincente. «Cazzo, Tommy, e non me l’hai detto? Ti sei scordato un dettaglio del genere?» Ride, battendo una mano sul tavolo. «Com’è stato, dai? Non t’è piaciuto? O sei troppo timido per ammetterlo?»
Mi passo una mano sul viso, imbarazzato ma costretto a stare al gioco. «No, cioè… sì, mi è piaciuto, ok? Ma, cazzo, non pensavo dovesse diventare l’argomento della serata.» La mia voce è un misto di disagio e risata, perché, nonostante tutto, l’energia al tavolo è contagiosa.
Gaia e Sofia scoppiano a ridere, mentre Marta mi accarezza la gamba sotto il tavolo, un tocco che mi calma e mi eccita allo stesso tempo. «Tranquillo, cucciolo, è solo una chiacchiera tra amici,» dice, e mi fa l’occhiolino, come se sapesse esattamente l’effetto che ha su di me.
La conversazione, per fortuna, non va oltre. L’argomento scivola su altro – il mare, la vacanza, le serate in discoteca – e tiro un sospiro di sollievo. Ma Roberto non si arrende. Continua a stuzzicare Gaia e Sofia, butta lì battute a doppio senso, prova a strappare qualcosa di più. Le due ragazze, però, sono maestre nel gioco: rispondono, ridono, lo provocano con sorrisetti e mezze frasi, ma senza mai cedere. Quando si fa tardi, verso mezzanotte, Gaia si stiracchia, facendo risaltare il reggiseno che a malapena le contiene le tette. «Ok, ragazzi, si va a dormire,» dice, con un tono che non ammette repliche. Sofia annuisce, finendo il suo cocktail. «Già, domani vogliamo goderci la spiaggia.»
Roberto, che ormai è un fascio di ormoni, fa un ultimo tentativo, con quel suo sorriso da simpatica canaglia. «Dormire? Dai, ragazze, perché non mi portate con voi? Giuro, sono bravo a fare la guardia al letto.»
Gaia ride, scuotendo la testa. «Chissà, magari un’altra volta,» dice, con un tono che è puro divertimento, lasciando Roberto con un’espressione a metà tra l’estasi e la frustrazione. Sofia gli dà una pacca sulla spalla, ridendo. «Sogni d’oro, Casanova.»
Marta, invece, si alza e si avvicina a me, gli occhi che brillano sotto le luci del bar. Mi prende per il colletto della camicia, tirandomi verso di sé, e mi bacia. È un bacio lento, caldo, che sa di cocktail e di lei. Le sue labbra sono morbide, ma premono con una dolcezza possessiva, la lingua che sfiora la mia, un gioco che mi fa sciogliere. Le sue mani mi accarezzano la nuca, i capelli biondi che mi solleticano il viso, e per quei pochi secondi il mondo sparisce. È solo lei, il suo sapore, il suo calore, il modo in cui si abbandona a me senza riserve. Quando si stacca, mi sorride, un sorriso che è amore puro, ma con quella scintilla di malizia che mi manda fuori di testa. «Ci vediamo presto, cucciolo,» sussurra, e mi sfiora il labbro con il pollice.
Le ragazze si incamminano, i tacchi dei texani che risuonano sul selciato, i culi che ondeggiano sotto gli shorts e la gonnellina di Gaia, attirando ancora qualche sguardo dalla piazza. Io e Roberto torniamo verso il parcheggio, l’aria fresca che non riesce a calmare il calore che mi porto dentro. Roberto è su di giri, cammina con un sorriso stampato in faccia. «Cazzo, Tommy, quelle tre sono un fuoco. Gaia con quel reggiseno, Sofia che sembra timida ma scommetto che a letto ti sbrana… per fortuna ho la mia scopata assicurata, ma stanotte penserò a loro due, te lo dico.»
Rido, ma la mia testa è altrove. Non capisco perché Marta sia stata così audace, così spudorata nel raccontare un dettaglio così intimo. È eccitante, certo, ma mi ha spiazzato. Sto ancora rimuginando quando il telefono vibra. Un messaggio da Marta: «Passami a prendere all’hotel.»
Il cuore mi fa un salto. Pensieri a mille mi attraversano la mente: lei, ancora con quegli shorts che le lasciano il culo mezzo scoperto, il top stretto, i capelli biondi che mi fanno perdere la testa. Cosa vuole? Un’altra notte come ieri? O solo un momento insieme, noi due, senza il caos delle amiche e di Roberto? Non lo so, ma non importa. Saluto Roberto con una pacca sulla spalla. «Ci vediamo, Roby. Non fare casini, ok?»
«Tranquillo, Tommy. Vai dalla tua principessa,» risponde, con un ghigno. «E salutamela, quella tro… ehm, quella meraviglia.»
Guido verso l’hotel, il cuore che batte forte, l’adrenalina che mi scorre nelle vene. Quando arrivo, Marta è lì, fuori dall’ingresso, ancora vestita come prima: gli shorts che le modellano il culo, il top che le stringe le tette, i capelli sciolti che brillano sotto le luci dell’hotel. Sale in macchina, mi sorride, e capisco che la notte è appena iniziata.
Marta sale con un’energia che sembra accendere l’aria intorno a noi. Non appena chiude la portiera, si sporge verso di me, le sue labbra che trovano le mie in un bacio caldo, urgente, che sa di cocktail e di desiderio. La sua lingua mi sfiora il palato, un gioco rapido che mi fa rabbrividire, e quando si stacca, i suoi occhi azzurri brillano di una luce che è insieme dolce e pericolosa. «Guida, cucciolo,» sussurra, la voce bassa, carica di promesse. «Conosco un posto.»
Non faccio domande. Metto in moto, il cuore che mi martella nel petto, e seguo le sue indicazioni. Guido per pochi minuti, le strade del lungomare che si trasformano in vie più strette, meno illuminate, finché Marta mi indica un parcheggio isolato, nascosto tra alberi e un vecchio edificio abbandonato. È buio, lontano dal caos della piazza, il tipo di posto dove nessuno ti trova a meno che non sappia dove cercarti. Spengo il motore, e il silenzio ci avvolge, rotto solo dal rumore lontano del mare. Capisco subito. È il momento di fare l’amore, ancora, e l’idea mi fa sorridere, il cazzo già mezzo duro nei pantaloni. Ma Marta è diversa, più audace, come se stasera abbia deciso di spingersi oltre ogni limite.
Lentamente, con una calma che è pura tortura, si toglie il top, lasciandolo cadere sul sedile. Le sue tette, piccole e sode, sono lì, nude, i capezzoli rosa che si ergono come un invito. Deglutisco, il desiderio che mi brucia dentro. Si sporge, sbottonandomi la camicia con dita sicure, e inizia a baciarmi sul petto, la lingua che scivola sulla pelle, lasciando una scia di fuoco. Scende più in basso, sulla pancia, ogni bacio un’esplosione di calore. Tra un bacio e l’altro, alza lo sguardo, la voce un sussurro malizioso. «Hai visto come mi guardavano i ragazzi stasera?»
Sento una stretta al cuore. Sì, l’ho visto. Quegli sguardi famelici, i sorrisetti, le teste che si giravano mentre Marta camminava con quegli shorts che le lasciavano il culo mezzo scoperto. «Sì,» mormoro, la voce roca, un misto di gelosia e desiderio che mi annoda lo stomaco.
Non si scompone, continua a baciarmi, la mano che scivola sui miei pantaloni, sfiorando il cazzo da sopra il tessuto. «E tu, cosa pensavi?» chiede, il tono che oscilla tra la provocazione e la dolcezza.
Sono preso, il cervello annebbiato dal suo tocco. «Ero geloso, cazzo. Voglio che tu sia solo mia.» Le parole mi escono di getto, crude, vere. «Ma… cazzo, Marta, mi eccita anche. Sapere che sei mia, che tutti ti vogliono, ma sei qui con me. Forse qualcuno stanotte si farà una sega pensando a te, come me.»
Marta sorride, un sorriso che è puro fuoco. «Sono solo tua, cucciolo,» sussurra, ma poi aggiunge, con quella malizia che mi manda fuori di testa: «Però… mi eccita essere guardata.» Le sue mani iniziano a sbottonarmi i pantaloni, lente, deliberate, scivolando dentro i boxer per accarezzarmi il cazzo, prima sopra il tessuto, poi direttamente sulla pelle. Gemo, il piacere che mi esplode dentro mentre mi stringe, la mano che si muove piano, accendendo ogni nervo. «Sai perché siamo qui?» chiede, la voce un sussurro roco.
«Per fare l’amore,» rispondo, il fiato corto, il cazzo che pulsa sotto il suo tocco.
Marta ride piano, un suono che è puro peccato. «Sì, ma perché proprio qui?» Mi guarda, gli occhi che brillano nella penombra. «Ho sentito che in questo parcheggio… ci sono spesso guardoni.»
Mi irrigidisco, il cuore che mi sale in gola. «Cazzo, Marta, dici sul serio?»
Annuisce, un sorriso audace sul viso. «Chiudiamoci dentro, cucciolo. Ma… voglio che qualcuno ci guardi.»
Prima che possa rispondere, mi tira fuori il cazzo, duro, teso, la cappella già bagnata. Me lo sega lentamente, la mano che scivola lungo l’asta con una pressione perfetta, il pollice che sfiora il frenulo, mandandomi in paradiso. Ogni movimento è un’onda di piacere, il suo tocco che mi fa tremare. Poi, come chiamato da un copione, un’ombra si avvicina. La vedo: un uomo, sulla cinquantina, i capelli brizzolati, il volto nascosto dal buio. È vicino al finestrino, il cazzo in mano, e cazzo, è enorme, una visione che mi fa quasi gelare il sangue. Marta se ne accorge, sorride, e senza dire una parola inizia un pompino con una foga che mi spiazza. Le sue labbra si chiudono sul mio cazzo, succhiando forte, la lingua che danza sulla cappella, mentre il suo culo, ancora coperto dagli shorts, si solleva verso il finestrino, come se volesse offrire uno spettacolo a quell’estraneo. È vero: vuole essere guardata, desiderata, anche da uno che potrebbe essere suo padre.
Sono in preda a un piacere enorme, il cervello che lotta tra la gelosia e l’eccitazione. Ma il modo in cui Marta mi succhia, la bocca calda, bagnata, che mi risucchia, mi fa decidere di fregarmene. Se vuole uno spettacolo, glielo do. La prendo per i capelli, guidandola piano, e poi mi abbasso, leccandole la fica attraverso gli shorts, il tessuto già umido dei suoi umori. La mia lingua preme, cercando il clitoride, e lei geme, il suono che vibra contro il mio cazzo. Ci scambiamo i ruoli, io che lecco lei, la sua fica che si apre sotto la mia lingua, calda, salata, un mare in cui mi perdo. Poi Marta si tira su, salendo sopra di me, il mio cazzo che scivola dentro di lei con un movimento fluido. Si muove, cavalcandomi, le tette che ballano davanti ai miei occhi, e io le stringo, i capezzoli duri sotto i palmi, pizzicandoli appena mentre lei geme, il ritmo che accelera.
«Cazzo, Marta,» ansimo, il piacere che mi travolge. Si china, baciandomi, la lingua che si intreccia alla mia, mentre continua a muoversi, il suo corpo che mi avvolge come una morsa. Poi, con un movimento rapido, si mette in ginocchio tra i sedili, il mio cazzo davanti al suo viso. Me lo sega con foga, la mano che scivola veloce, la lingua che ogni tanto lecca la cappella, finché non resisto più. Sborro, schizzi caldi che le colpiscono il viso, il mento, le labbra, e lei li accoglie, sorridendo, gli occhi che non mi lasciano mai. Nello stesso momento, un gemito soffocato arriva dal finestrino. L’uomo, ancora lì, sborra sul vetro chiuso, schizzi bianchi che colano lenti, prima di sparire nel buio come un’ombra.
Marta ride, il viso ancora sporco, e si sporge verso il finestrino. Con un dito, prende un po’ della sborra dell’estraneo, l’annusa, e fa una smorfia schifata. «Meglio la tua, cucciolo,» dice, ridendo, e si pulisce il viso con un fazzoletto, il tono che torna dolce, quasi tenero.
La guardo, il cuore che ancora mi martella, il cazzo sensibile, il corpo svuotato ma vivo. È stato uno spettacolo, un gioco folle, e lei mi ha guidato come una regina. La riporto all’hotel, il silenzio tra noi pieno di tutto quello che è successo. Quando scende, mi dà un ultimo bacio, lento, caldo, e sussurra: «A domani, amore.» Guido verso casa, la mente un caos di pensieri, il suo sapore ancora sulla lingua, il suo viso sporco di me impresso nella memoria.
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