Marta - La diciottenne (Parte 1)
di
Lampada di Desideri
genere
etero
(Racconto di fantasia: ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale)
Siamo nel 2025, un’altra estate soffocante, più calda di quelle precedenti. Da anni non la sopporto più.
Mi chiamo Tommaso. Sono alto e negli ultimi anni ho perso parecchi chili dopo una lunga obesità: la pelle si è ritirata bene, ma qualche chilo da smaltire è rimasto. I capelli li ho persi da tempo, la barba la tengo corta ma non sempre curata. A novembre ne compirò 35.
Quando ero adolescente, l’estate era tutta un’altra storia: scuola finita, tre mesi di mare, motorino, serate infinite con le compagnie e le prime esperienze con le ragazze. Col passare degli anni, però, tra lavoro e amici che mettono su famiglia, l’estate si è ridotta a una stagione di bollette gonfiate dall’aria condizionata.
Così eccomi qui, un sabato pomeriggio, da solo in casa. Non amo la confusione, quindi il mare per me è off limits. La mia ultima relazione è finita malissimo: tradimenti, litigi, scenate. Ci siamo bloccati su tutti i social e ho perso pure il gruppo di amici locali. È passato più di un anno, ma non sono mai stato bravo a superare le delusioni amorose.
Il cellulare vibra. Sul display compare il nome di Roberto: “Allora, stasera che si fa?”. La sua domanda di sempre.
Con lui la risposta è quasi scontata: discoteca. Io invece sono l’opposto. Posso sopportare solo le serate a tema anni ’90 o 2000, con le canzoni della mia adolescenza. Ma davvero vi aspettate che uno che a quasi quarant’anni ascolta ancora la compilation di Cristina D’Avena e scarica la musica da YouTube abbia voglia di ballare?
Roberto ha due anni più di me. Ci siamo conosciuti tramite amici quando era arrivato qui per lavoro. Non è certo un bell’uomo, ma sa come muoversi: ha sempre qualcuna per le mani, dalle ventenni alle sessantenni. Non si lega a nessuna, ci finisce a letto qualche volta e poi basta. Lui il sabato lo passa sempre in discoteca, e le vacanze le organizza in base alle discoteche.
Sono sei mesi che gli do buca. Forse stasera mi tocca dire di sì.
Prendo il cellulare e rispondo. In pochi messaggi decidiamo di andare in una discoteca non troppo lontana da casa mia: per fortuna, perché a volte mi tocca farmi anche cento chilometri per uscire con lui.
La serata inizia alle 23. Indosso una camicia nera e dei jeans lunghi: già solo metterli in casa è una tortura, figuriamoci ballare. Già mi vedevo a sudare come un matto e a sopportare la gente che ti si struscia addosso.
Arrivo davanti alla discoteca e trovo Roberto, sempre curato come se dovesse sfilare su una passerella. Mi saluta con entusiasmo: era un mese che non ci vedevamo. In cinque minuti mi racconta dell’ultima scopata: una nostra coetanea, sposata con un militare. Lui fuori per sei mesi, lei ha trovato subito un cazzo per non rimanere sola.
“Tommaso, non puoi capire. Ha una figa depilata, ma quando ci scopo sembra di infilare un salame in un corridoio. Forse la gravidanza l’ha allargata, però davvero non mi era mai capitato di sentire così poco.”
“E tu invece, dai, raccontami.”
Cosa potevo raccontare? Che da mesi andavo avanti a seghe come un quindicenne? Alla fine, scelgo la solita scusa:
“Mi sto sentendo con una, ma Roby, su social si trovano solo ragazzine. Ha vent’anni, cosa vuoi che ci faccia?”
“Meglio così. Ma a te non piacevano le giovani? Non deve mica essere la madre dei tuoi figli, scopala e basta.”
“Sì, però è della mia zona. Un conto siamo fuori, nessuno mi conosce, un conto è nel mio paesino. Sai come mormora la gente.”
Roberto, come al solito, desiste. Paghiamo e entriamo. La serata deve ancora cominciare ed è già mezzanotte. Penso: “Che palle, volevo essere a casa alle due, ma se va avanti così finisco lì fino alle sei del mattino.”
Verso l’una la discoteca si riempie, la musica passa da commerciale a house. Cazzo, ci avevo sperato che restasse commerciale, invece no: house. Il caldo aumenta, la gente pure, e io comincio a sudare.
Quella sera le donne entravano gratis, quindi la componente femminile cresce parecchio. Roberto ha le stelle al posto delle pupille: è abbastanza basso, e più volte qualche seno gli finisce in faccia mentre si muove.
Io mi guardo intorno e comincio a fantasticare. Ci sono tante ragazze, molte davvero belle. Roberto sa che mi piacciono le ventenni, almeno esteticamente. Il locale è pieno di loro, specie perché siamo in stagione turistica e molte non sono del posto.
Ma c’è una cosa che Roberto non capisce: il disagio. Già non sono bravo a rimorchiare in discoteca, figuriamoci a quasi quarant’anni, a provarci con ragazze che magari sono al secondo anno di università. Il disagio c’è eccome.
Un conto è guardare un porno teen online, un altro è vedere un trentacinquenne che ci prova con una neo diplomata, che magari ti ignora o ti fa prendere il palo. Che squallido.
Mi guardo intorno e noto un gruppetto di tre ragazze carine, ma una mi colpisce subito: è il classico mio tipo. Bionda, capelli leggermente mossi, lunghi poco sotto la spalla, magra, con due tette piccole che nel vestitino da sera blu scuro spingevano appena quel tessuto, creando un leggero rigonfiamento. Gli occhi azzurri li ho notati solo dopo, ma il vero spettacolo era quel culo sodo, la forma ben evidente dal tubino che si fermava molto alto. Insomma, sembrava la classica ragazza russa o dell’Est Europa.
Bene, già sapevo come sarebbe finita la serata: io a casa a segarmi pensando a lei, mentre lei probabilmente andrà a scopare un maranza.
La serata va avanti, la folla ci spinge in varie direzioni finché non ci ritroviamo a ballare accanto a quel gruppetto. Naturalmente è già partita la caccia degli squali: ragazzi ventenni, palestrati o dal fisico asciutto, con magliette firmate, che provano con tutte. Ma quelle ragazze sembrano disinteressate, finché non arriva uno.
Moro, carnagione leggermente mulatta, si avvicina proprio a quella che mi aveva colpito e comincia a parlarle. All’inizio penso voglia provarci, e provo quella fastidiosa invidia: perché non ho qualche anno in meno e non sono più spigliato?
Ma la situazione prende una piega inaspettata: quel ragazzo diventa aggressivo e arriva a spingere la ragazza.
Se ho un pregio, è non farmi mai i cazzi miei. Mi avvicino subito e gli urlo:
“Oh, che cazzo stai facendo?”
“Levati, vecchio del cazzo, quella troia mi fa incazzare,” mi risponde.
Cerco di trattenerlo, ma lui allarga il gomito e mi tira una gomitata allo stomaco. Riesco a tenerlo nonostante il fiato mozzato.
Arriva la sicurezza, ci prendono in quattro e senza troppi complimenti ci portano fuori. Il ragazzo bestemmia e scappa appena lo lasciano andare.
Io resto lì a cercare di spiegare:
“Guardate, non è come sembra, quel ragazzo ha spinto una ragazza, io cercavo solo di fermarlo.”
“Non mi interessa, stavi facendo casino. E poi con un bimbetto, vedi di andartene o chiamiamo i carabinieri.”
“Vi sbagliate, non facevo casino. Ho un amico dentro, chiedetegli, oppure chiedete alla ragazza.”
Non ho nemmeno il tempo di finire che arriva Roberto, e dietro di lui c’è anche il gruppetto di ragazze.
Spiegano l’accaduto, e anche se sembrano crederci, la sicurezza preferisce non farmi rientrare. Forse non vogliono ammettere l’errore.
Vabbè, poco importa, era comunque una buona scusa per andarmene.
“Roby, se vuoi restare, io a questo punto vado via.”
“No, dai, vado via anche io.”
Facciamo per allontanarci, quando quella ragazza mi si avvicina:
“Mi scusi, volevo ringraziarla per avermi protetto.”
“Guarda, nessun problema, però dammi del tu, mi mette a disagio. So che sono vecchio per te.”
Cazzo, se mi ha dato del lei, chissà quanti anni pensava avessi.
“Ok, allora grazie. Comunque piacere, io mi chiamo Marta.”
“Piacere Marta, sono Tommaso. Mi raccomando, tu e le tue amiche state attente, che in giro ci sono ragazzi poco raccomandabili.”
“Non me lo dire... quello lì era il mio ex. Ci eravamo dati appuntamento, doveva riportarci a casa lui, ma è gelosissimo e pensava che io stavo con quei ragazzi.”
“Guarda, potrei essere tuo padre, però ti do un consiglio: già con gli ex c’è un motivo se sono ex. Sicuramente lui non l’ha superata molto, ti conviene distaccarti.”
“Lo so, è solo che è difficile.”
“Dai, alla tua età e poi bella come sei, qualcuno lo troverai. Datti tempo.”
“Eh, ma praticamente a 18 anni sono tutti fidanzati, non voglio rimanere sola.”
Non ci credevo. Stavo facendo conversazione con una diciottenne, la metà dei miei anni. Lei praticamente non aveva visto il gol di Grosso ai Mondiali, mentre io giravo in motorino con il tricolore e quella stessa sera perdevo la verginità con la mia ragazza dell’epoca.
“Tranquilla, non pensarci troppo. Ora torna dalle tue amiche, ma sapete come tornare a casa?”
“Ehm, no, è un problema. Forse prendiamo il pullman notturno, però poi non arriva proprio dove stiamo noi. Comunque ormai la serata è finita, non abbiamo più voglia di ballare.”
“Eh, dove state?”
“Siamo all’Hotel Girasole, lo conosci?”
“Sì, non è lontano da qui, è di strada. Vi posso anche dare un passaggio, però decidete voi. Alla fine non mi conoscete e non vorrei mettervi a disagio.”
“Aspetta, sento le mie amiche.”
Roby stava ancora parlando con la sicurezza, cercando di trovare un modo per farci rientrare. Sperava che questa svolta ci riportasse dentro.
“Roby, niente: queste ragazze non sanno come tornare in hotel, ho offerto loro un passaggio.”
“Vecchio porco, te le vuoi scopare?” disse ridendo e ammiccando.
“Roby dai… hanno diciotto anni, saranno anche carine, ma secondo te mi approfitto di una che è appena stata spintonata?”
“Dai su, lo sai che scherzo! Comunque tranquillo: ho scritto alla mammina, il marito non c’è, quindi vado a farmi una scopatina prima di dormire.”
“Va bene Roby, prima o poi farai casino lo so… ti vengo a trovare all’ospedale quando lo scopre il marito.”
Lui rise di gusto. Poco dopo Marta tornò verso di me.
“Le mie amiche vogliono rientrare, ma io non ho davvero voglia. Sono agitata, però non vogliono che venga con te.”
“Le capisco, e sinceramente mi sembra una cosa sensata. Se vuoi ti chiamo un taxi.”
“Sarebbe la stessa cosa… preferisco che mi porti tu. Mi dai più sicurezza.”
“Facciamo così.”
Mi avvicinai alle amiche.
“Guardate, avete ragione a preoccuparvi. Facciamo una cosa: questo è il mio documento d’identità, fate una foto. Ci sono nome, cognome e indirizzo. So che non si dovrebbe dare in giro, quindi mi sto fidando di voi, ma così se succede qualcosa avete tutto per denunciarmi. Ovviamente non le farò del male, ma è giusto che vi sentiate sicure.”
La ragazza più alta, dai capelli scuri, annuì.
“Così mi sembra giusto, grazie. Marta, sei sicura di voler andare via? Alla fine Lorenzo è andato.”
“Sì Gaia, sono sicura. Mi è passata la voglia. Ci vediamo in camera.”
Si salutarono e ci avviammo verso la macchina.
E adesso? Erano mesi che non mi trovavo da solo con una ragazza, e non volevo risultare invadente. Marta sembrava ancora scossa.
“Allora, che scuola fai?”
“Lo scientifico… anzi, facevo: mi sono appena diplomata con 100.”
“Complimenti, quindi questo è il viaggio di maturità.”
“Più o meno. Noi veniamo qui tutte le estati, abitiamo a due ore di macchina. Però ad agosto andiamo a Lloret de Mar, in Spagna.”
“Classico viaggio d’estate: spiaggia, discoteche…”
Lei annuì con un mezzo sorriso. Io mi concentrai di nuovo sulla strada, ma sentivo l’atmosfera strana, sospesa.
Bene, gli argomenti erano finiti, eppure non riuscivo a staccare gli occhi da lei. Quelle spalle scoperte, il modo in cui la luce sfiorava la pelle, quel filo di scollatura che lasciava intravedere appena qualcosa… Marta era davvero bellissima. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, quegli occhi azzurro ghiaccio mi colpivano come una scossa improvvisa.
Mi sentii invadere da un desiderio inaspettato, quasi scomodo. Mi odiai un po’ per quello che stavo pensando. Lei era agitata, vulnerabile… e io ero qui a combattere con pensieri che non avrei voluto avere. Era inutile, il pene stava diventando duro, i miei umori iniziavano a bagnare le mutande. Alla fine era più di un anno che non scopavo, era anche normale.
Feci finta di nulla, cercai di reprimere quel pensiero e mi concentrai sulla strada. Arrivati alla macchina, le aprii la portiera come un vecchio riflesso di galanteria e lei salì in silenzio.
Iniziai a guidare. Marta guardava fuori dal finestrino, le mani strette sulle ginocchia. Poi sentii un singhiozzo leggero.
“Marta, che c’è?”
“È Lorenzo… come sono stupida. Un anno buttato, ho pure perso la verginità con lui. E quello stronzo… che mi controllava il cellulare, che si incazzava se uscivo con le amiche. Perché sono così stupida?”
Mi fermai un attimo a pensare a cosa dire, non volevo sembrare uno che dava lezioni.
“Marta, non devi colpevolizzarti. In amore non ci sono errori, solo esperienze. La prima volta… sì, tutti pensiamo che sia speciale, ma spesso succede con una persona che poi non sentiamo nemmeno più. L’importante è imparare, non guardarsi indietro.”
Lei si soffiò il naso con la manica, poi mi guardò di lato:
“Tommaso, te sei sposato?”
Quella domanda mi riportò coi piedi per terra.
“No, single. Da un anno circa. Ma ora ti chiedo una cosa: quanti anni pensi che abbia?”
“Oddio… non voglio offendere eh. Direi… quaranta?”
Risi.
“Per quanto vorrei dirti che ti sbagli, in realtà ci sei vicina: ne ho trentacinque.”
“Ah, scusami, la pelata mi ha tratto in inganno.”
Rise e mi passò la mano sulla testa, un gesto leggero ma che mi fece scattare qualcosa dentro.
Cavolo, sembravo tornato adolescente, quando una carezza bastava per mandarmi in tilt. Che mi stava facendo Marta?
Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e il suo era diverso, più lento, quasi un gioco. Ma poi, come se niente fosse, cambiò espressione.
“Hai Instagram?”
“Sì, come tutti ormai.”
“Dammi il tuo nome, ti seguo.”
Glielo dissi. Lei prese il telefono, cercò il mio profilo e iniziò a scorrere le foto.
“Questa è la tua ex?”
Istintivamente accostai la macchina nella prima piazzola disponibile per guardare meglio lo schermo. Era probabile, non avevo cancellato molte foto.
“Ehm… sì, è lei.”
“Carina.” Marta fece scorrere un’altra foto e rimase un secondo ferma. Poi, con un mezzo sorriso:
“Posso chiederti una cosa un po’… indiscreta?”
“Vai.”
“Era… brava?”
“In che senso brava?”
“Dai, non fare il finto tonto… devo essere più esplicita?”
Il suo sguardo era fisso su di me, stavolta non c’erano dubbi.
Mi sfuggì un sorriso. “Diciamo che… non ho mai avuto di che lamentarmi.”
Marta piegò la testa di lato, come per provocarmi: “Quindi hai abbastanza esperienza per fare paragoni?”
“Esperienza sì, ma non mi sono mai messo a contare. Preferisco ricordare i momenti migliori.”
Lei rise, ma non distolse gli occhi dai miei. “E questo… entrerà tra i momenti migliori?”
Non riuscivo a crederci, la mia gola si era fatta secca, ogni deglutizione era un macigno.
“In che senso?” sussurrai, come se avessi paura della risposta.
“Lo vedo come mi guardi, Tommy… non sono stupida.”
“Marta, sei una bellissima ragazza, questo è evidente… ma non credi che sia troppo grande per te?”
Lei fece un mezzo sorriso, inclinando la testa: “Forse sì… o forse no.”
Quelle parole rimasero sospese tra noi, pesanti e leggere allo stesso tempo. L’aria nell’abitacolo sembrava più calda, più densa.
Senza pensarci, le sfiorai la nuca con la mano: lei non si ritrasse, anzi si avvicinò.
Le nostre labbra si cercarono appena, come per capire se davvero stavamo facendo quel passo. Poi si trovarono, lente, esitanti all’inizio… e all’improvviso tutto il resto scomparve.
Non saprei dire quanto tempo restammo così, labbra contro labbra, come se il mondo fuori dall’auto fosse svanito. Sembra che anche il meteo tifasse per noi, una leggere pioggia iniziò a scendere e il ticchettio delle gocce sul parabrezza accompagnavano i nostri movimenti, il profumo leggero del suo shampoo, il suo respiro che si mescolava al mio: era come se ogni cosa cospirasse per fermare il tempo.
Per la prima volta da mesi, non avevo paura di niente, non sentivo vuoti da colmare né rabbia da smaltire. Solo quella strana e semplice felicità che ti riempie il petto senza chiedere permesso.
Avrei voluto che quel momento non avesse mai una fine.
Fu Marta a muoversi per prima. Mi sorprese la sicurezza con cui si avvicinò, come se in pochi secondi avesse trovato dentro di sé una forza nuova. Non era più la ragazza ferita di prima, ma qualcuno che sapeva esattamente cosa voleva.
In un attimo, quella che sembrava una semplice cotta adolescenziale – destinata a sciogliersi al primo vento d’autunno – cambiò forma. La leggerezza lasciò spazio a qualcosa di più magnetico, più concreto. Una tensione elettrica ci avvolgeva, come se l’aria nell’abitacolo si fosse fatta più densa, e ogni centimetro di distanza tra noi diventasse insopportabile.
E fu così che la sua mano iniziò a palpare il mio cazzo sopra i pantaloni.
Mi staccai dal suo bacio, inclinai la testa all’indietro chiudendo gli occhi, assaporando quel piacere intenso che cresceva.
“Ora Tommy, mi dirai chi è più brava: se io o la tua ex.”
Non potevo crederci, Marta aveva tirato fuori una volontà da troia, mi voleva davvero. Non sapevo perché, ma non importava, decisi di stare al gioco.
“Dovrai impegnarti tanto, non basta il tuo visino.”
Marta sorrise maliziosamente, era quello che voleva sentire. Continuò a strusciare la mano sopra i pantaloni e, con l’altra, piano piano si abbassò parte del tubino.
Non aveva il reggiseno, e il piccolo seno emerse, bello sodo anche se probabilmente non più di una seconda. Il capezzolo, piccolo e rosa, quasi dello stesso colore della pelle del seno, si mostrava con innocenza e insieme con una promessa.
Era incredibile, la donna perfetta per me, ogni dettaglio fisico che avevo sempre desiderato era lì, davanti a me.
Marta se ne accorse.
“Vedo che ti piacciono le mie tette.”
“Marta, non c’è nulla di te che non mi piaccia.”
“Ti stai innamorando?” disse con un sorriso malizioso.
“Non credo, Marta, ma posso dirti che voglio scoparti, ti prego, non resisto...”
Era fatto, ero in suo completo potere. Lei non si fece pregare e abbassò totalmente il tubino fino a toglierselo, restando solo con la mutandina a brasiliana.
Quel fisico perfetto davanti a me fu irresistibile: senza pensarci mi fiondai con la bocca su quel seno. Con una mano palpavo, con le labbra baciavo e succhiavo i capezzoli, sentivo lei ansimare.
Smise di toccarmi, si lasciò trasportare, e finalmente avevo ripreso il controllo: ora ero io a comandare.
Con una mano scesi e iniziai a toccare la sua vagina da sopra le mutande, notando che non ero l’unico ad essersi eccitato. Le mutande erano già bagnate dei suoi umori e anche da sopra il tessuto i primi fili umidi rimanevano sulle mie dita.
Me le portai alla bocca, guardandolo mentre mi succhiavo le dita. Lei ansimò, fissandomi.
“Mi avevi promesso una sfida, ma sto facendo tutto io… ho bisogno di qualcosa anch’io.”
Non se lo fece ripetere. Mi sbottonò la camicia, e nonostante i miei chili in più iniziò a baciarmi il petto e la pancia. Quella mano, quella mano era frenetica, su e giù senza sosta.
Ero bagnato, lo sapevo, probabilmente non avrei resistito a lungo. Si abbassò, mi aprì la cintura e iniziò a sbottonare i jeans.
La mia erezione era visibile attraverso i boxer. Li toccò, e anche lei ottenne tanti fili umidi sulle dita, così tanti che rimase stupita.
“Sei già venuto?”
“No, piccola, mi bagno solo tanto e soprattutto è da tanto che non sto con una donna.”
Questa frase sembrò eccitarla ancora di più. Mi massaggiava il cazzo da sopra le mutande, e il rumore umido dei miei umori rimbombava dentro la macchina.
Piano piano abbassò il boxer e il mio pene uscì, finalmente libero, bagnato. Non ho un pene enorme, sui quindici centimetri eretto, ma a lei sembrava non interessare.
Iniziò a guardarmi negli occhi e a prenderlo in mano, iniziando una sega molto veloce.
Non ci stavamo capendo, forse era la sua inesperienza a farsi sentire. Le presi la mano e le sussurrai,
“Con calma, Marta, siamo solo all’inizio. Le seghe forti e veloci non piacciono molto.”
Lei sembrò prendere quelle parole come una sfida. Seguendo il mio consiglio, iniziò un movimento più lento e calibrato, ma qualche trucco lo conosceva anche lei. Ogni tanto, con il polpastrello dell’indice, strusciava delicatamente dall’alto in basso il frenulo, bagnato e sensibile, che rispondeva con un piacere profondo.
Sentivo il mio respiro farsi più affannoso, e lei sembrò accorgersene, intensificando quei tocchi con una dolcezza quasi studiata.
Dopo quello che a me sembrava un’eternità di piacere, si abbassò un po’ di più. La sua lingua calda cominciò a giocare proprio con il frenulo, e cavolo, era davvero brava. Mi chiedevo quanti cazzi avesse già succhiato.
Il gioco continuava, e lei sapeva perfettamente di avere il controllo. Sapeva che avrei voluto che prendesse tutto in bocca, ma sembrava godere nel far salire la mia tensione, leccando e baciando senza mai completare l’azione.
Tra una leccata e l’altra mi chiedeva con voce bassa e provocante:
“Lo vuoi?”
La mia risposta era un lento, agitato “Sì.”
Lei allora rilanciava, rileccando e segando con mano e bocca, senza mai prenderlo completamente dentro.
Stavo impazzendo.
“Marta, succhiamelo… ti prego.”
Sembrava divertita nel vedermi così disperato, ma decise di ascoltarmi. Con mano decisa prese tutta l’asta e se la mise in bocca.
A quel punto iniziò a succhiare, e cavolo, era più brava della mia ex, davvero. Avevo temuto i denti, la mancanza di piacere, invece no, era precisa, delicata, eppure esperta.
Non resistei a lungo, e dopo pochi minuti le dissi, con il respiro affannato:
“Marta, sto per venire.”
Lei non si scompose, serrò le labbra intorno al cazzo e, in preda agli spasmi, le rilasciai la sborra in bocca.
Lei non lasciò scappare nulla, qualche goccia le sfuggì dalle labbra, ma con la lingua la raccolse, senza esitazione.
La guardai intensamente, era bellissima: le gocce di sudore sulla pelle nuda la facevano brillare come una dea.
La baciai, e lei rimase sorpresa, non aveva ancora ingoiato, e sentivo anche il mio sapore, ma non mi importava.
Forse era vero, mi stavo innamorando. Forse era solo il momento.
Volevo ringraziarla in qualche modo, volevo che sapesse quanto quel momento significasse per me.
Lei sembrava soddisfatta.
“Grazie Tommy, avevo bisogno di sentirmi desiderata da un vero uomo.”
“Marta, non so cosa hai passato… se vuoi parlare io ci sono. Ora però è il momento di portarti in hotel, altrimenti le tue amiche si preoccupano.”
“Va bene… ma non può finire qui.”
Rimasi sorpreso. Per quanto mi fosse piaciuto, era pur sempre una diciottenne, con tutta la vita davanti, che avrebbe dovuto fare le sue esperienze. Io, invece, ero uno che iniziava a pensare a mettere su famiglia.
“Marta, non lo so… sono grande.”
“Non mi importa. E poi così mi sento usata: tu hai goduto, io non ho avuto nulla.”
“Hai ragione, scusami… ma non so…”
“Ora non ti tiri indietro. Portami in hotel, poi ti scrivo su Instagram.”
Il tragitto fino all’hotel fu breve, e rimanemmo in silenzio. Non so se si era rotto qualcosa, ma stavo ripensando a cos’era successo.
Cosa avevo fatto? Mi ero lasciato trascinare, e ora non sapevo cosa volessi davvero.
Arrivai all’hotel, la salutai dandole la buonanotte e lei mi baciò sulle labbra, veloce ma decisa.
“Buonanotte, Tommy. Ci sentiamo.”
Aspettai che entrasse, poi ripartii.
Il viaggio di ritorno fu veloce: ero perso nei miei pensieri. Arrivato a casa, mi stesi sul divano, ancora sudato, con addosso il suo profumo che non se ne voleva andare.
Quanto mi piaceva.
Accesi il cellulare. Una notifica di Instagram:
“Non mi hai detto però chi è più brava.”
Sorrisi e risposi:
“Tu.”
E sapevo che non sarebbe finita lì.
Siamo nel 2025, un’altra estate soffocante, più calda di quelle precedenti. Da anni non la sopporto più.
Mi chiamo Tommaso. Sono alto e negli ultimi anni ho perso parecchi chili dopo una lunga obesità: la pelle si è ritirata bene, ma qualche chilo da smaltire è rimasto. I capelli li ho persi da tempo, la barba la tengo corta ma non sempre curata. A novembre ne compirò 35.
Quando ero adolescente, l’estate era tutta un’altra storia: scuola finita, tre mesi di mare, motorino, serate infinite con le compagnie e le prime esperienze con le ragazze. Col passare degli anni, però, tra lavoro e amici che mettono su famiglia, l’estate si è ridotta a una stagione di bollette gonfiate dall’aria condizionata.
Così eccomi qui, un sabato pomeriggio, da solo in casa. Non amo la confusione, quindi il mare per me è off limits. La mia ultima relazione è finita malissimo: tradimenti, litigi, scenate. Ci siamo bloccati su tutti i social e ho perso pure il gruppo di amici locali. È passato più di un anno, ma non sono mai stato bravo a superare le delusioni amorose.
Il cellulare vibra. Sul display compare il nome di Roberto: “Allora, stasera che si fa?”. La sua domanda di sempre.
Con lui la risposta è quasi scontata: discoteca. Io invece sono l’opposto. Posso sopportare solo le serate a tema anni ’90 o 2000, con le canzoni della mia adolescenza. Ma davvero vi aspettate che uno che a quasi quarant’anni ascolta ancora la compilation di Cristina D’Avena e scarica la musica da YouTube abbia voglia di ballare?
Roberto ha due anni più di me. Ci siamo conosciuti tramite amici quando era arrivato qui per lavoro. Non è certo un bell’uomo, ma sa come muoversi: ha sempre qualcuna per le mani, dalle ventenni alle sessantenni. Non si lega a nessuna, ci finisce a letto qualche volta e poi basta. Lui il sabato lo passa sempre in discoteca, e le vacanze le organizza in base alle discoteche.
Sono sei mesi che gli do buca. Forse stasera mi tocca dire di sì.
Prendo il cellulare e rispondo. In pochi messaggi decidiamo di andare in una discoteca non troppo lontana da casa mia: per fortuna, perché a volte mi tocca farmi anche cento chilometri per uscire con lui.
La serata inizia alle 23. Indosso una camicia nera e dei jeans lunghi: già solo metterli in casa è una tortura, figuriamoci ballare. Già mi vedevo a sudare come un matto e a sopportare la gente che ti si struscia addosso.
Arrivo davanti alla discoteca e trovo Roberto, sempre curato come se dovesse sfilare su una passerella. Mi saluta con entusiasmo: era un mese che non ci vedevamo. In cinque minuti mi racconta dell’ultima scopata: una nostra coetanea, sposata con un militare. Lui fuori per sei mesi, lei ha trovato subito un cazzo per non rimanere sola.
“Tommaso, non puoi capire. Ha una figa depilata, ma quando ci scopo sembra di infilare un salame in un corridoio. Forse la gravidanza l’ha allargata, però davvero non mi era mai capitato di sentire così poco.”
“E tu invece, dai, raccontami.”
Cosa potevo raccontare? Che da mesi andavo avanti a seghe come un quindicenne? Alla fine, scelgo la solita scusa:
“Mi sto sentendo con una, ma Roby, su social si trovano solo ragazzine. Ha vent’anni, cosa vuoi che ci faccia?”
“Meglio così. Ma a te non piacevano le giovani? Non deve mica essere la madre dei tuoi figli, scopala e basta.”
“Sì, però è della mia zona. Un conto siamo fuori, nessuno mi conosce, un conto è nel mio paesino. Sai come mormora la gente.”
Roberto, come al solito, desiste. Paghiamo e entriamo. La serata deve ancora cominciare ed è già mezzanotte. Penso: “Che palle, volevo essere a casa alle due, ma se va avanti così finisco lì fino alle sei del mattino.”
Verso l’una la discoteca si riempie, la musica passa da commerciale a house. Cazzo, ci avevo sperato che restasse commerciale, invece no: house. Il caldo aumenta, la gente pure, e io comincio a sudare.
Quella sera le donne entravano gratis, quindi la componente femminile cresce parecchio. Roberto ha le stelle al posto delle pupille: è abbastanza basso, e più volte qualche seno gli finisce in faccia mentre si muove.
Io mi guardo intorno e comincio a fantasticare. Ci sono tante ragazze, molte davvero belle. Roberto sa che mi piacciono le ventenni, almeno esteticamente. Il locale è pieno di loro, specie perché siamo in stagione turistica e molte non sono del posto.
Ma c’è una cosa che Roberto non capisce: il disagio. Già non sono bravo a rimorchiare in discoteca, figuriamoci a quasi quarant’anni, a provarci con ragazze che magari sono al secondo anno di università. Il disagio c’è eccome.
Un conto è guardare un porno teen online, un altro è vedere un trentacinquenne che ci prova con una neo diplomata, che magari ti ignora o ti fa prendere il palo. Che squallido.
Mi guardo intorno e noto un gruppetto di tre ragazze carine, ma una mi colpisce subito: è il classico mio tipo. Bionda, capelli leggermente mossi, lunghi poco sotto la spalla, magra, con due tette piccole che nel vestitino da sera blu scuro spingevano appena quel tessuto, creando un leggero rigonfiamento. Gli occhi azzurri li ho notati solo dopo, ma il vero spettacolo era quel culo sodo, la forma ben evidente dal tubino che si fermava molto alto. Insomma, sembrava la classica ragazza russa o dell’Est Europa.
Bene, già sapevo come sarebbe finita la serata: io a casa a segarmi pensando a lei, mentre lei probabilmente andrà a scopare un maranza.
La serata va avanti, la folla ci spinge in varie direzioni finché non ci ritroviamo a ballare accanto a quel gruppetto. Naturalmente è già partita la caccia degli squali: ragazzi ventenni, palestrati o dal fisico asciutto, con magliette firmate, che provano con tutte. Ma quelle ragazze sembrano disinteressate, finché non arriva uno.
Moro, carnagione leggermente mulatta, si avvicina proprio a quella che mi aveva colpito e comincia a parlarle. All’inizio penso voglia provarci, e provo quella fastidiosa invidia: perché non ho qualche anno in meno e non sono più spigliato?
Ma la situazione prende una piega inaspettata: quel ragazzo diventa aggressivo e arriva a spingere la ragazza.
Se ho un pregio, è non farmi mai i cazzi miei. Mi avvicino subito e gli urlo:
“Oh, che cazzo stai facendo?”
“Levati, vecchio del cazzo, quella troia mi fa incazzare,” mi risponde.
Cerco di trattenerlo, ma lui allarga il gomito e mi tira una gomitata allo stomaco. Riesco a tenerlo nonostante il fiato mozzato.
Arriva la sicurezza, ci prendono in quattro e senza troppi complimenti ci portano fuori. Il ragazzo bestemmia e scappa appena lo lasciano andare.
Io resto lì a cercare di spiegare:
“Guardate, non è come sembra, quel ragazzo ha spinto una ragazza, io cercavo solo di fermarlo.”
“Non mi interessa, stavi facendo casino. E poi con un bimbetto, vedi di andartene o chiamiamo i carabinieri.”
“Vi sbagliate, non facevo casino. Ho un amico dentro, chiedetegli, oppure chiedete alla ragazza.”
Non ho nemmeno il tempo di finire che arriva Roberto, e dietro di lui c’è anche il gruppetto di ragazze.
Spiegano l’accaduto, e anche se sembrano crederci, la sicurezza preferisce non farmi rientrare. Forse non vogliono ammettere l’errore.
Vabbè, poco importa, era comunque una buona scusa per andarmene.
“Roby, se vuoi restare, io a questo punto vado via.”
“No, dai, vado via anche io.”
Facciamo per allontanarci, quando quella ragazza mi si avvicina:
“Mi scusi, volevo ringraziarla per avermi protetto.”
“Guarda, nessun problema, però dammi del tu, mi mette a disagio. So che sono vecchio per te.”
Cazzo, se mi ha dato del lei, chissà quanti anni pensava avessi.
“Ok, allora grazie. Comunque piacere, io mi chiamo Marta.”
“Piacere Marta, sono Tommaso. Mi raccomando, tu e le tue amiche state attente, che in giro ci sono ragazzi poco raccomandabili.”
“Non me lo dire... quello lì era il mio ex. Ci eravamo dati appuntamento, doveva riportarci a casa lui, ma è gelosissimo e pensava che io stavo con quei ragazzi.”
“Guarda, potrei essere tuo padre, però ti do un consiglio: già con gli ex c’è un motivo se sono ex. Sicuramente lui non l’ha superata molto, ti conviene distaccarti.”
“Lo so, è solo che è difficile.”
“Dai, alla tua età e poi bella come sei, qualcuno lo troverai. Datti tempo.”
“Eh, ma praticamente a 18 anni sono tutti fidanzati, non voglio rimanere sola.”
Non ci credevo. Stavo facendo conversazione con una diciottenne, la metà dei miei anni. Lei praticamente non aveva visto il gol di Grosso ai Mondiali, mentre io giravo in motorino con il tricolore e quella stessa sera perdevo la verginità con la mia ragazza dell’epoca.
“Tranquilla, non pensarci troppo. Ora torna dalle tue amiche, ma sapete come tornare a casa?”
“Ehm, no, è un problema. Forse prendiamo il pullman notturno, però poi non arriva proprio dove stiamo noi. Comunque ormai la serata è finita, non abbiamo più voglia di ballare.”
“Eh, dove state?”
“Siamo all’Hotel Girasole, lo conosci?”
“Sì, non è lontano da qui, è di strada. Vi posso anche dare un passaggio, però decidete voi. Alla fine non mi conoscete e non vorrei mettervi a disagio.”
“Aspetta, sento le mie amiche.”
Roby stava ancora parlando con la sicurezza, cercando di trovare un modo per farci rientrare. Sperava che questa svolta ci riportasse dentro.
“Roby, niente: queste ragazze non sanno come tornare in hotel, ho offerto loro un passaggio.”
“Vecchio porco, te le vuoi scopare?” disse ridendo e ammiccando.
“Roby dai… hanno diciotto anni, saranno anche carine, ma secondo te mi approfitto di una che è appena stata spintonata?”
“Dai su, lo sai che scherzo! Comunque tranquillo: ho scritto alla mammina, il marito non c’è, quindi vado a farmi una scopatina prima di dormire.”
“Va bene Roby, prima o poi farai casino lo so… ti vengo a trovare all’ospedale quando lo scopre il marito.”
Lui rise di gusto. Poco dopo Marta tornò verso di me.
“Le mie amiche vogliono rientrare, ma io non ho davvero voglia. Sono agitata, però non vogliono che venga con te.”
“Le capisco, e sinceramente mi sembra una cosa sensata. Se vuoi ti chiamo un taxi.”
“Sarebbe la stessa cosa… preferisco che mi porti tu. Mi dai più sicurezza.”
“Facciamo così.”
Mi avvicinai alle amiche.
“Guardate, avete ragione a preoccuparvi. Facciamo una cosa: questo è il mio documento d’identità, fate una foto. Ci sono nome, cognome e indirizzo. So che non si dovrebbe dare in giro, quindi mi sto fidando di voi, ma così se succede qualcosa avete tutto per denunciarmi. Ovviamente non le farò del male, ma è giusto che vi sentiate sicure.”
La ragazza più alta, dai capelli scuri, annuì.
“Così mi sembra giusto, grazie. Marta, sei sicura di voler andare via? Alla fine Lorenzo è andato.”
“Sì Gaia, sono sicura. Mi è passata la voglia. Ci vediamo in camera.”
Si salutarono e ci avviammo verso la macchina.
E adesso? Erano mesi che non mi trovavo da solo con una ragazza, e non volevo risultare invadente. Marta sembrava ancora scossa.
“Allora, che scuola fai?”
“Lo scientifico… anzi, facevo: mi sono appena diplomata con 100.”
“Complimenti, quindi questo è il viaggio di maturità.”
“Più o meno. Noi veniamo qui tutte le estati, abitiamo a due ore di macchina. Però ad agosto andiamo a Lloret de Mar, in Spagna.”
“Classico viaggio d’estate: spiaggia, discoteche…”
Lei annuì con un mezzo sorriso. Io mi concentrai di nuovo sulla strada, ma sentivo l’atmosfera strana, sospesa.
Bene, gli argomenti erano finiti, eppure non riuscivo a staccare gli occhi da lei. Quelle spalle scoperte, il modo in cui la luce sfiorava la pelle, quel filo di scollatura che lasciava intravedere appena qualcosa… Marta era davvero bellissima. Ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, quegli occhi azzurro ghiaccio mi colpivano come una scossa improvvisa.
Mi sentii invadere da un desiderio inaspettato, quasi scomodo. Mi odiai un po’ per quello che stavo pensando. Lei era agitata, vulnerabile… e io ero qui a combattere con pensieri che non avrei voluto avere. Era inutile, il pene stava diventando duro, i miei umori iniziavano a bagnare le mutande. Alla fine era più di un anno che non scopavo, era anche normale.
Feci finta di nulla, cercai di reprimere quel pensiero e mi concentrai sulla strada. Arrivati alla macchina, le aprii la portiera come un vecchio riflesso di galanteria e lei salì in silenzio.
Iniziai a guidare. Marta guardava fuori dal finestrino, le mani strette sulle ginocchia. Poi sentii un singhiozzo leggero.
“Marta, che c’è?”
“È Lorenzo… come sono stupida. Un anno buttato, ho pure perso la verginità con lui. E quello stronzo… che mi controllava il cellulare, che si incazzava se uscivo con le amiche. Perché sono così stupida?”
Mi fermai un attimo a pensare a cosa dire, non volevo sembrare uno che dava lezioni.
“Marta, non devi colpevolizzarti. In amore non ci sono errori, solo esperienze. La prima volta… sì, tutti pensiamo che sia speciale, ma spesso succede con una persona che poi non sentiamo nemmeno più. L’importante è imparare, non guardarsi indietro.”
Lei si soffiò il naso con la manica, poi mi guardò di lato:
“Tommaso, te sei sposato?”
Quella domanda mi riportò coi piedi per terra.
“No, single. Da un anno circa. Ma ora ti chiedo una cosa: quanti anni pensi che abbia?”
“Oddio… non voglio offendere eh. Direi… quaranta?”
Risi.
“Per quanto vorrei dirti che ti sbagli, in realtà ci sei vicina: ne ho trentacinque.”
“Ah, scusami, la pelata mi ha tratto in inganno.”
Rise e mi passò la mano sulla testa, un gesto leggero ma che mi fece scattare qualcosa dentro.
Cavolo, sembravo tornato adolescente, quando una carezza bastava per mandarmi in tilt. Che mi stava facendo Marta?
Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e il suo era diverso, più lento, quasi un gioco. Ma poi, come se niente fosse, cambiò espressione.
“Hai Instagram?”
“Sì, come tutti ormai.”
“Dammi il tuo nome, ti seguo.”
Glielo dissi. Lei prese il telefono, cercò il mio profilo e iniziò a scorrere le foto.
“Questa è la tua ex?”
Istintivamente accostai la macchina nella prima piazzola disponibile per guardare meglio lo schermo. Era probabile, non avevo cancellato molte foto.
“Ehm… sì, è lei.”
“Carina.” Marta fece scorrere un’altra foto e rimase un secondo ferma. Poi, con un mezzo sorriso:
“Posso chiederti una cosa un po’… indiscreta?”
“Vai.”
“Era… brava?”
“In che senso brava?”
“Dai, non fare il finto tonto… devo essere più esplicita?”
Il suo sguardo era fisso su di me, stavolta non c’erano dubbi.
Mi sfuggì un sorriso. “Diciamo che… non ho mai avuto di che lamentarmi.”
Marta piegò la testa di lato, come per provocarmi: “Quindi hai abbastanza esperienza per fare paragoni?”
“Esperienza sì, ma non mi sono mai messo a contare. Preferisco ricordare i momenti migliori.”
Lei rise, ma non distolse gli occhi dai miei. “E questo… entrerà tra i momenti migliori?”
Non riuscivo a crederci, la mia gola si era fatta secca, ogni deglutizione era un macigno.
“In che senso?” sussurrai, come se avessi paura della risposta.
“Lo vedo come mi guardi, Tommy… non sono stupida.”
“Marta, sei una bellissima ragazza, questo è evidente… ma non credi che sia troppo grande per te?”
Lei fece un mezzo sorriso, inclinando la testa: “Forse sì… o forse no.”
Quelle parole rimasero sospese tra noi, pesanti e leggere allo stesso tempo. L’aria nell’abitacolo sembrava più calda, più densa.
Senza pensarci, le sfiorai la nuca con la mano: lei non si ritrasse, anzi si avvicinò.
Le nostre labbra si cercarono appena, come per capire se davvero stavamo facendo quel passo. Poi si trovarono, lente, esitanti all’inizio… e all’improvviso tutto il resto scomparve.
Non saprei dire quanto tempo restammo così, labbra contro labbra, come se il mondo fuori dall’auto fosse svanito. Sembra che anche il meteo tifasse per noi, una leggere pioggia iniziò a scendere e il ticchettio delle gocce sul parabrezza accompagnavano i nostri movimenti, il profumo leggero del suo shampoo, il suo respiro che si mescolava al mio: era come se ogni cosa cospirasse per fermare il tempo.
Per la prima volta da mesi, non avevo paura di niente, non sentivo vuoti da colmare né rabbia da smaltire. Solo quella strana e semplice felicità che ti riempie il petto senza chiedere permesso.
Avrei voluto che quel momento non avesse mai una fine.
Fu Marta a muoversi per prima. Mi sorprese la sicurezza con cui si avvicinò, come se in pochi secondi avesse trovato dentro di sé una forza nuova. Non era più la ragazza ferita di prima, ma qualcuno che sapeva esattamente cosa voleva.
In un attimo, quella che sembrava una semplice cotta adolescenziale – destinata a sciogliersi al primo vento d’autunno – cambiò forma. La leggerezza lasciò spazio a qualcosa di più magnetico, più concreto. Una tensione elettrica ci avvolgeva, come se l’aria nell’abitacolo si fosse fatta più densa, e ogni centimetro di distanza tra noi diventasse insopportabile.
E fu così che la sua mano iniziò a palpare il mio cazzo sopra i pantaloni.
Mi staccai dal suo bacio, inclinai la testa all’indietro chiudendo gli occhi, assaporando quel piacere intenso che cresceva.
“Ora Tommy, mi dirai chi è più brava: se io o la tua ex.”
Non potevo crederci, Marta aveva tirato fuori una volontà da troia, mi voleva davvero. Non sapevo perché, ma non importava, decisi di stare al gioco.
“Dovrai impegnarti tanto, non basta il tuo visino.”
Marta sorrise maliziosamente, era quello che voleva sentire. Continuò a strusciare la mano sopra i pantaloni e, con l’altra, piano piano si abbassò parte del tubino.
Non aveva il reggiseno, e il piccolo seno emerse, bello sodo anche se probabilmente non più di una seconda. Il capezzolo, piccolo e rosa, quasi dello stesso colore della pelle del seno, si mostrava con innocenza e insieme con una promessa.
Era incredibile, la donna perfetta per me, ogni dettaglio fisico che avevo sempre desiderato era lì, davanti a me.
Marta se ne accorse.
“Vedo che ti piacciono le mie tette.”
“Marta, non c’è nulla di te che non mi piaccia.”
“Ti stai innamorando?” disse con un sorriso malizioso.
“Non credo, Marta, ma posso dirti che voglio scoparti, ti prego, non resisto...”
Era fatto, ero in suo completo potere. Lei non si fece pregare e abbassò totalmente il tubino fino a toglierselo, restando solo con la mutandina a brasiliana.
Quel fisico perfetto davanti a me fu irresistibile: senza pensarci mi fiondai con la bocca su quel seno. Con una mano palpavo, con le labbra baciavo e succhiavo i capezzoli, sentivo lei ansimare.
Smise di toccarmi, si lasciò trasportare, e finalmente avevo ripreso il controllo: ora ero io a comandare.
Con una mano scesi e iniziai a toccare la sua vagina da sopra le mutande, notando che non ero l’unico ad essersi eccitato. Le mutande erano già bagnate dei suoi umori e anche da sopra il tessuto i primi fili umidi rimanevano sulle mie dita.
Me le portai alla bocca, guardandolo mentre mi succhiavo le dita. Lei ansimò, fissandomi.
“Mi avevi promesso una sfida, ma sto facendo tutto io… ho bisogno di qualcosa anch’io.”
Non se lo fece ripetere. Mi sbottonò la camicia, e nonostante i miei chili in più iniziò a baciarmi il petto e la pancia. Quella mano, quella mano era frenetica, su e giù senza sosta.
Ero bagnato, lo sapevo, probabilmente non avrei resistito a lungo. Si abbassò, mi aprì la cintura e iniziò a sbottonare i jeans.
La mia erezione era visibile attraverso i boxer. Li toccò, e anche lei ottenne tanti fili umidi sulle dita, così tanti che rimase stupita.
“Sei già venuto?”
“No, piccola, mi bagno solo tanto e soprattutto è da tanto che non sto con una donna.”
Questa frase sembrò eccitarla ancora di più. Mi massaggiava il cazzo da sopra le mutande, e il rumore umido dei miei umori rimbombava dentro la macchina.
Piano piano abbassò il boxer e il mio pene uscì, finalmente libero, bagnato. Non ho un pene enorme, sui quindici centimetri eretto, ma a lei sembrava non interessare.
Iniziò a guardarmi negli occhi e a prenderlo in mano, iniziando una sega molto veloce.
Non ci stavamo capendo, forse era la sua inesperienza a farsi sentire. Le presi la mano e le sussurrai,
“Con calma, Marta, siamo solo all’inizio. Le seghe forti e veloci non piacciono molto.”
Lei sembrò prendere quelle parole come una sfida. Seguendo il mio consiglio, iniziò un movimento più lento e calibrato, ma qualche trucco lo conosceva anche lei. Ogni tanto, con il polpastrello dell’indice, strusciava delicatamente dall’alto in basso il frenulo, bagnato e sensibile, che rispondeva con un piacere profondo.
Sentivo il mio respiro farsi più affannoso, e lei sembrò accorgersene, intensificando quei tocchi con una dolcezza quasi studiata.
Dopo quello che a me sembrava un’eternità di piacere, si abbassò un po’ di più. La sua lingua calda cominciò a giocare proprio con il frenulo, e cavolo, era davvero brava. Mi chiedevo quanti cazzi avesse già succhiato.
Il gioco continuava, e lei sapeva perfettamente di avere il controllo. Sapeva che avrei voluto che prendesse tutto in bocca, ma sembrava godere nel far salire la mia tensione, leccando e baciando senza mai completare l’azione.
Tra una leccata e l’altra mi chiedeva con voce bassa e provocante:
“Lo vuoi?”
La mia risposta era un lento, agitato “Sì.”
Lei allora rilanciava, rileccando e segando con mano e bocca, senza mai prenderlo completamente dentro.
Stavo impazzendo.
“Marta, succhiamelo… ti prego.”
Sembrava divertita nel vedermi così disperato, ma decise di ascoltarmi. Con mano decisa prese tutta l’asta e se la mise in bocca.
A quel punto iniziò a succhiare, e cavolo, era più brava della mia ex, davvero. Avevo temuto i denti, la mancanza di piacere, invece no, era precisa, delicata, eppure esperta.
Non resistei a lungo, e dopo pochi minuti le dissi, con il respiro affannato:
“Marta, sto per venire.”
Lei non si scompose, serrò le labbra intorno al cazzo e, in preda agli spasmi, le rilasciai la sborra in bocca.
Lei non lasciò scappare nulla, qualche goccia le sfuggì dalle labbra, ma con la lingua la raccolse, senza esitazione.
La guardai intensamente, era bellissima: le gocce di sudore sulla pelle nuda la facevano brillare come una dea.
La baciai, e lei rimase sorpresa, non aveva ancora ingoiato, e sentivo anche il mio sapore, ma non mi importava.
Forse era vero, mi stavo innamorando. Forse era solo il momento.
Volevo ringraziarla in qualche modo, volevo che sapesse quanto quel momento significasse per me.
Lei sembrava soddisfatta.
“Grazie Tommy, avevo bisogno di sentirmi desiderata da un vero uomo.”
“Marta, non so cosa hai passato… se vuoi parlare io ci sono. Ora però è il momento di portarti in hotel, altrimenti le tue amiche si preoccupano.”
“Va bene… ma non può finire qui.”
Rimasi sorpreso. Per quanto mi fosse piaciuto, era pur sempre una diciottenne, con tutta la vita davanti, che avrebbe dovuto fare le sue esperienze. Io, invece, ero uno che iniziava a pensare a mettere su famiglia.
“Marta, non lo so… sono grande.”
“Non mi importa. E poi così mi sento usata: tu hai goduto, io non ho avuto nulla.”
“Hai ragione, scusami… ma non so…”
“Ora non ti tiri indietro. Portami in hotel, poi ti scrivo su Instagram.”
Il tragitto fino all’hotel fu breve, e rimanemmo in silenzio. Non so se si era rotto qualcosa, ma stavo ripensando a cos’era successo.
Cosa avevo fatto? Mi ero lasciato trascinare, e ora non sapevo cosa volessi davvero.
Arrivai all’hotel, la salutai dandole la buonanotte e lei mi baciò sulle labbra, veloce ma decisa.
“Buonanotte, Tommy. Ci sentiamo.”
Aspettai che entrasse, poi ripartii.
Il viaggio di ritorno fu veloce: ero perso nei miei pensieri. Arrivato a casa, mi stesi sul divano, ancora sudato, con addosso il suo profumo che non se ne voleva andare.
Quanto mi piaceva.
Accesi il cellulare. Una notifica di Instagram:
“Non mi hai detto però chi è più brava.”
Sorrisi e risposi:
“Tu.”
E sapevo che non sarebbe finita lì.
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