Luna “Il Weekend della Follia”
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Appena chiusa la porta della baita alle nostre spalle, Luna non perse un secondo. Mi scaraventò contro il muro con una fame feroce, come se avesse trattenuto quel desiderio per settimane. Le sue mani afferrarono la mia camicia, strappandola a brandelli con una forza animalesca, mentre le sue labbra cercavano il mio collo, mordendolo, succhiandolo.
«Non voglio aspettare… non più» mi sussurrò, la voce roca e carica di brama.
La strinsi a me, sentendo la sua pelle rovente che bruciava la mia. Ogni centimetro di stoffa tra noi sembrava una tortura: la tolsi tutta, con rabbia e fretta, fino a sentire la sua nuda pelle contro la mia. Il profumo di Luna, dolce e selvaggio, mi inebriava.
Mi inginocchiai davanti a lei, le gambe aperte, invitanti. Il suo culetto tondo e sodo chiamava la mia bocca come un richiamo irresistibile. Le passai la lingua lungo la piega, bagnando, leccando, esplorando ogni angolo con voracità. Le dita affondarono tra le sue curve umide, tastando la sua calda accoglienza, sentendo la sua stretta farsi più intensa attorno alle mie dita.
Il pavimento di legno grezzo era freddo, ma non ci importava. Luna si sdraiò senza esitazioni, il corpo completamente esposto. I suoi gemiti vibravano nell’aria, forti, persino rumorosi, eppure non c’era paura, solo brama. Le mie mani graffiavano la sua pelle, la bocca mordicchiava le sue spalle, il mio corpo la invadeva con forza crescente.
La presi con ogni posizione possibile: sul pavimento, sul letto, in piedi contro la finestra appannata. Ogni colpo era più duro, più profondo, fino a farla urlare con una voce roca e rotta dal piacere.
Il secondo giorno, con la luce che filtrava lenta dalle finestre, la legai alla sedia con la cintura, lasciandola vulnerabile e desiderosa. Le mani corsero su di lei, accarezzando, pizzicando, punzecchiando la sua pelle nuda e sensibile. La penetrai lentamente, godendo della sua tensione, del respiro che si faceva affannoso, dei piccoli movimenti del suo corpo che cercava di sfuggirmi ma non voleva.
Ogni colpo era un comando. Ogni gemito un ordine eseguito. La vidi perdere completamente il controllo, abbandonarsi al piacere totale, mentre io la dominavo con un ritmo sempre più incalzante.
La sera, immersi nella vasca colma d’acqua calda, le nostre bocche si cercarono tra schizzi, i corpi attaccati l’uno all’altro, la pelle bagnata e luccicante. La presi su di me, muovendomi lento, dolce, con la consapevolezza che ogni istante sarebbe stato l’ultimo e il più intenso. I suoi occhi si chiusero, le labbra si aprirono in un gemito lungo e profondo.
Poi arrivò l’esplosione finale: una venuta così potente da scuotere entrambi, un terremoto che ci lasciò sfiniti, intrecciati e assetati di respiro.
Non c’erano più limiti, più tabù. Solo noi, selvaggi e nudi, persi in un vortice di sesso e desiderio che nessuno avrebbe potuto spegnere.
«Non voglio aspettare… non più» mi sussurrò, la voce roca e carica di brama.
La strinsi a me, sentendo la sua pelle rovente che bruciava la mia. Ogni centimetro di stoffa tra noi sembrava una tortura: la tolsi tutta, con rabbia e fretta, fino a sentire la sua nuda pelle contro la mia. Il profumo di Luna, dolce e selvaggio, mi inebriava.
Mi inginocchiai davanti a lei, le gambe aperte, invitanti. Il suo culetto tondo e sodo chiamava la mia bocca come un richiamo irresistibile. Le passai la lingua lungo la piega, bagnando, leccando, esplorando ogni angolo con voracità. Le dita affondarono tra le sue curve umide, tastando la sua calda accoglienza, sentendo la sua stretta farsi più intensa attorno alle mie dita.
Il pavimento di legno grezzo era freddo, ma non ci importava. Luna si sdraiò senza esitazioni, il corpo completamente esposto. I suoi gemiti vibravano nell’aria, forti, persino rumorosi, eppure non c’era paura, solo brama. Le mie mani graffiavano la sua pelle, la bocca mordicchiava le sue spalle, il mio corpo la invadeva con forza crescente.
La presi con ogni posizione possibile: sul pavimento, sul letto, in piedi contro la finestra appannata. Ogni colpo era più duro, più profondo, fino a farla urlare con una voce roca e rotta dal piacere.
Il secondo giorno, con la luce che filtrava lenta dalle finestre, la legai alla sedia con la cintura, lasciandola vulnerabile e desiderosa. Le mani corsero su di lei, accarezzando, pizzicando, punzecchiando la sua pelle nuda e sensibile. La penetrai lentamente, godendo della sua tensione, del respiro che si faceva affannoso, dei piccoli movimenti del suo corpo che cercava di sfuggirmi ma non voleva.
Ogni colpo era un comando. Ogni gemito un ordine eseguito. La vidi perdere completamente il controllo, abbandonarsi al piacere totale, mentre io la dominavo con un ritmo sempre più incalzante.
La sera, immersi nella vasca colma d’acqua calda, le nostre bocche si cercarono tra schizzi, i corpi attaccati l’uno all’altro, la pelle bagnata e luccicante. La presi su di me, muovendomi lento, dolce, con la consapevolezza che ogni istante sarebbe stato l’ultimo e il più intenso. I suoi occhi si chiusero, le labbra si aprirono in un gemito lungo e profondo.
Poi arrivò l’esplosione finale: una venuta così potente da scuotere entrambi, un terremoto che ci lasciò sfiniti, intrecciati e assetati di respiro.
Non c’erano più limiti, più tabù. Solo noi, selvaggi e nudi, persi in un vortice di sesso e desiderio che nessuno avrebbe potuto spegnere.
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