Federica, di nuovo mia senza colpe. Solo pelle. Solo noi.
di
Angelo B
genere
tradimenti
Era passato quasi un anno da quella notte.
L’ultima volta in cui avevo sentito il suo respiro mescolarsi al mio, il suo corpo stringersi al mio, il suo sguardo dirmi tutto quello che non potevamo dire a voce.
Poi, il silenzio. Il tempo. Le scelte.
E una separazione.
Ora ero solo. In una casa nuova, senza fotografie sui muri, con le stanze che suonavano vuote anche quando cercavo di riempirle con la musica.
Poi la rividi.
Al campo. Di nuovo.
Tommaso e Luca correvano sull’erba, e lei era lì. Federica.
Più donna. Più luminosa. Con un’aria fiera, ma con quegli occhi che tremavano appena quando incrociavano i miei.
— “Ciao…” — disse. La sua voce era morbida come una carezza.
— “Ciao…” — risposi, e tutto dentro me si sciolse.
Non serviva parlare. Bastava guardarci.
La portai da me. Nessuna domanda. Solo passi decisi. Solo respiro.
Dentro casa, le luci erano basse.
Lei si tolse la giacca con grazia, poi mi venne incontro. Mi baciò piano, poi più forte, con la fame di chi ha atteso. Le sue mani si muovevano lente, sicure, come se volesse ricordare ogni dettaglio del mio corpo.
— “Sono tornata solo per questo…” — mi sussurrò.
— “Per cosa?” — chiesi, già perso nel profumo della sua pelle.
— “Per appartenerti. Ma sul serio, stavolta.”
Facemmo l’amore con dolcezza e furore. Con baci che bruciavano, mani che tremavano, respiri che si cercavano senza fretta.
La presi sul letto, sul tappeto, contro la finestra. Federica si apriva a me con fiducia, con coraggio. Non era solo sesso. Era bisogno. Era emozione.
E quando si voltò, poggiandosi a quattro zampe sul letto, con quel suo magnifico culo perfetto inarcato verso di me, non servivano parole.
— “Fammi sentire quanto mi vuoi…” — sussurrò, piano.
Entrai in lei con calma, profondamente. La sentii stringersi su di me, calda, accogliente, perfetta.
— “Stretto… là… come la prima volta…” — aggiunse, voltandosi con un sorriso carico di malizia e amore.
La presi così, piano e poi più forte, in un’onda che ci travolse entrambi. Lei gemeva, io la stringevo. E in quell’unione, non c’era più vergogna. Solo due anime nude, fuse.
Quando finimmo, rimanemmo abbracciati, pelle su pelle, cuore su cuore.
— “Ora non ho più paura” — mi disse.
— “Nemmeno io.”
Federica era tornata.
Non solo nel mio letto.
Ma nella mia vita.
⸻
CAPITOLO III – SENZA LIMITI
Passò una settimana, poi due. Ogni sera era nostra. Ma quella che arrivò fu diversa.
Federica bussò alla porta senza avvisare. Cappotto lungo, niente reggiseno, occhi accesi. Appena entrò, lo lasciò cadere a terra.
Sotto, solo un body nero trasparente e autoreggenti. Nient’altro.
— “Stasera non voglio dolcezza. Voglio che mi scopi come se fossi solo tua.”
Non risposi. La presi al volo, la schiacciai contro il muro, le mani sulle cosce, il corpo che già bolliva. Lei era bagnata. Pronta. Senza parole.
Le strappai via il body, la misi a cavalcioni sul tavolo della cucina, le gambe spalancate, le dita dentro di lei. Gemiti brevi, nervosi.
— “Devi farmi urlare… mi sei mancato dentro.”
Ero selvaggio. La presi in piedi, poi piegata sulla sedia, poi ancora a terra, con la sua bocca che si muoveva famelica sul mio cazzo.
Mi guardava dal basso, le labbra sporche, gli occhi pieni di lussuria.
— “Voglio tutto…” — ansimò. — “Anche dove non mi hai preso mai…”
La voltai sul letto, tirai via le autoreggenti con i denti. Il suo culo teso e perfetto si offriva come un dono.
Lubrificata, pronta, spalancata per me.
Entrai piano. Lei si tese tutta, poi gemette profondo.
— “Sì… sì… così… più forte…”
La presi forte, affondando senza ritegno. Le mie mani sulle sue anche, le sue urla soffocate nel cuscino.
Venne una, due volte, tremando. Poi mi supplicò:
— “Non fermarti. Riempimi. Fammi tua per sempre.”
Venni dentro di lei, con un grido strozzato, tenendola stretta, sentendo il suo corpo che ancora tremava sotto il mio.
Federica rimase lì, nuda nel mio letto, con le lenzuola attorcigliate alle gambe e il corpo lucido di sudore. Mi guardava con gli occhi lucidi, ma non era stanchezza. Era qualcosa di più profondo. Di più definitivo.
— “Ho preso una decisione…” — disse, con voce bassa.
Mi voltai verso di lei, il cuore già in allerta.
— “Mi sono separata. Ufficialmente. Oggi.”
Rimasi in silenzio un attimo. Poi la guardai. E capii che non scherzava.
— “L’avresti fatto comunque?” — chiesi, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.
Federica annuì, poi si avvicinò piano, stringendosi contro di me.
— “Non potevo più restare dove non mi sentivo viva. E con te, io… io mi sento mia. E tua.”
Le passai una mano tra i capelli.
— “Resta. Resta qui. Per sempre.”
Lei non rispose. Si alzò dal letto, nuda, fiera, vera. Prese la sua borsa, il cappotto. Ma non per andarsene.
Solo per appoggiarli definitivamente in quell’ingresso che ora era anche il suo.
Federica venne a vivere da me quella stessa sera. Senza valigie, senza annunci, senza spiegazioni.
Solo un corpo, un cuore e una fame che non cercavano più giustificazioni.
Quella notte la rifeci mia.
In tutti i modi.
Ma stavolta… non era una fuga.
Era casa.
FINE.
L’ultima volta in cui avevo sentito il suo respiro mescolarsi al mio, il suo corpo stringersi al mio, il suo sguardo dirmi tutto quello che non potevamo dire a voce.
Poi, il silenzio. Il tempo. Le scelte.
E una separazione.
Ora ero solo. In una casa nuova, senza fotografie sui muri, con le stanze che suonavano vuote anche quando cercavo di riempirle con la musica.
Poi la rividi.
Al campo. Di nuovo.
Tommaso e Luca correvano sull’erba, e lei era lì. Federica.
Più donna. Più luminosa. Con un’aria fiera, ma con quegli occhi che tremavano appena quando incrociavano i miei.
— “Ciao…” — disse. La sua voce era morbida come una carezza.
— “Ciao…” — risposi, e tutto dentro me si sciolse.
Non serviva parlare. Bastava guardarci.
La portai da me. Nessuna domanda. Solo passi decisi. Solo respiro.
Dentro casa, le luci erano basse.
Lei si tolse la giacca con grazia, poi mi venne incontro. Mi baciò piano, poi più forte, con la fame di chi ha atteso. Le sue mani si muovevano lente, sicure, come se volesse ricordare ogni dettaglio del mio corpo.
— “Sono tornata solo per questo…” — mi sussurrò.
— “Per cosa?” — chiesi, già perso nel profumo della sua pelle.
— “Per appartenerti. Ma sul serio, stavolta.”
Facemmo l’amore con dolcezza e furore. Con baci che bruciavano, mani che tremavano, respiri che si cercavano senza fretta.
La presi sul letto, sul tappeto, contro la finestra. Federica si apriva a me con fiducia, con coraggio. Non era solo sesso. Era bisogno. Era emozione.
E quando si voltò, poggiandosi a quattro zampe sul letto, con quel suo magnifico culo perfetto inarcato verso di me, non servivano parole.
— “Fammi sentire quanto mi vuoi…” — sussurrò, piano.
Entrai in lei con calma, profondamente. La sentii stringersi su di me, calda, accogliente, perfetta.
— “Stretto… là… come la prima volta…” — aggiunse, voltandosi con un sorriso carico di malizia e amore.
La presi così, piano e poi più forte, in un’onda che ci travolse entrambi. Lei gemeva, io la stringevo. E in quell’unione, non c’era più vergogna. Solo due anime nude, fuse.
Quando finimmo, rimanemmo abbracciati, pelle su pelle, cuore su cuore.
— “Ora non ho più paura” — mi disse.
— “Nemmeno io.”
Federica era tornata.
Non solo nel mio letto.
Ma nella mia vita.
⸻
CAPITOLO III – SENZA LIMITI
Passò una settimana, poi due. Ogni sera era nostra. Ma quella che arrivò fu diversa.
Federica bussò alla porta senza avvisare. Cappotto lungo, niente reggiseno, occhi accesi. Appena entrò, lo lasciò cadere a terra.
Sotto, solo un body nero trasparente e autoreggenti. Nient’altro.
— “Stasera non voglio dolcezza. Voglio che mi scopi come se fossi solo tua.”
Non risposi. La presi al volo, la schiacciai contro il muro, le mani sulle cosce, il corpo che già bolliva. Lei era bagnata. Pronta. Senza parole.
Le strappai via il body, la misi a cavalcioni sul tavolo della cucina, le gambe spalancate, le dita dentro di lei. Gemiti brevi, nervosi.
— “Devi farmi urlare… mi sei mancato dentro.”
Ero selvaggio. La presi in piedi, poi piegata sulla sedia, poi ancora a terra, con la sua bocca che si muoveva famelica sul mio cazzo.
Mi guardava dal basso, le labbra sporche, gli occhi pieni di lussuria.
— “Voglio tutto…” — ansimò. — “Anche dove non mi hai preso mai…”
La voltai sul letto, tirai via le autoreggenti con i denti. Il suo culo teso e perfetto si offriva come un dono.
Lubrificata, pronta, spalancata per me.
Entrai piano. Lei si tese tutta, poi gemette profondo.
— “Sì… sì… così… più forte…”
La presi forte, affondando senza ritegno. Le mie mani sulle sue anche, le sue urla soffocate nel cuscino.
Venne una, due volte, tremando. Poi mi supplicò:
— “Non fermarti. Riempimi. Fammi tua per sempre.”
Venni dentro di lei, con un grido strozzato, tenendola stretta, sentendo il suo corpo che ancora tremava sotto il mio.
Federica rimase lì, nuda nel mio letto, con le lenzuola attorcigliate alle gambe e il corpo lucido di sudore. Mi guardava con gli occhi lucidi, ma non era stanchezza. Era qualcosa di più profondo. Di più definitivo.
— “Ho preso una decisione…” — disse, con voce bassa.
Mi voltai verso di lei, il cuore già in allerta.
— “Mi sono separata. Ufficialmente. Oggi.”
Rimasi in silenzio un attimo. Poi la guardai. E capii che non scherzava.
— “L’avresti fatto comunque?” — chiesi, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.
Federica annuì, poi si avvicinò piano, stringendosi contro di me.
— “Non potevo più restare dove non mi sentivo viva. E con te, io… io mi sento mia. E tua.”
Le passai una mano tra i capelli.
— “Resta. Resta qui. Per sempre.”
Lei non rispose. Si alzò dal letto, nuda, fiera, vera. Prese la sua borsa, il cappotto. Ma non per andarsene.
Solo per appoggiarli definitivamente in quell’ingresso che ora era anche il suo.
Federica venne a vivere da me quella stessa sera. Senza valigie, senza annunci, senza spiegazioni.
Solo un corpo, un cuore e una fame che non cercavano più giustificazioni.
Quella notte la rifeci mia.
In tutti i modi.
Ma stavolta… non era una fuga.
Era casa.
FINE.
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