Gianna puttana in famiglia - V episodio: I Camionisti (prima parte)

di
genere
dominazione

Valentino entrò a far parte dei miei padroni.
Papà e lo zio erano molto più presenti, ma Valentino dette subito il suo contributo.
Era sabato mattina e stavo a casa a sistemare un po’ di cose.
Mi arrivò un messaggio nella chat creata “La puttana ed i suoi padroni”
“Stiamo venendo a casa tua. Stiamo tutti e tre”

Dopo la nottata con gli amici pensionati di papà, mi avevano lasciato riposare tutto il venerdì. Immaginavo che quel sabato sarei stata impegnata. Dopo aver ricevuto il messaggio, mi preparai per accoglierli.

Mi spogliai immediatamente, calzai le solite scarpe di ordinanza, con il tacco a spillo 14 e non appena sentii la chiave infilarsi nella toppa, mi misi carponi sul pavimento. Entrarono papà, lo zio e Valentino.
Papà mi accarezzò la testa come si fa con i cani, mi disse di seguirli in cucina.
Provai ad alzarmi
“Che fai? Non ti alzare, cammina come la cagna che sei”
Mi rimisi a quattro zampe e li raggiunsi in cucina.
Si sedettero al tavolo, e mi permisero di alzarmi solo per preparargli un caffè. Mi alzai, restando nuda, preparai la moka e la misi sul fuoco. Nell’attesa, mi sedetti sulle gambe di papà che mi accarezzava l’interno delle cosce, penetrandomi con le dita nella figa, davanti agli altri due. Iniziò a masturbarmi con vigore, sino a fare rumore con l’attrito dei miei umori e mi liberai con un urlo di godimento.
Gli bagnai il pantalone.
Mi alzai e presi la caffettiera, per servire il caffè.

Mentre bevevano, mi descrissero il progetto serale.
La moglie di Vincenzo, l’amico di Valentino, aveva origine rumene. Suo cognato, il fratello della moglie, faceva il camionista e sarebbe arrivato in zona quella sera, di ritorno da un lungo trasporto.
Avrebbe potuto radunare alcuni suoi amici, colleghi camionisti, anche loro di ritorno da un viaggio estenuante, ed avrebbero avuto, tutti, voglia di sfogare la stanchezza, magari con me.
Mi guardarono, feci spallucce e chiesi quanto potessero essere.
Mi dissero circa una decina, ma avrebbero cercato di radunarne il più possibile.

Valentino si alzò, abbassò la cerniera del pantalone, se lo sbottonò, lo calò alle caviglie, tirò fuori il cazzo dal boxer e mi ordinò di leccarglielo.
Mi avvicinai obbediente, mi inginocchiai, raccolsi i capelli dietro al collo ed iniziai a spompinarlo, davanti allo sguardo di papà e dello zio.
Lo zio si alzò anche lui, si liberò dei pantaloni e delle mutande, mi venne dietro, si mise in ginocchio, mi prese per i fianchi e mi scopò brutalmente.
Papà rimase seduto, tirò fuori la propria verga e si segò, guardando la figlia farsi prendere da due cazzi.

Mentre stavo gustando quei due cazzi, papà si alzò, mantenne i pantaloni su con le mani, e disse:
“Vado a cagare, così dopo la troia mi lecca il culo sporco”
“questa ha una bocca da guinness”, disse Valentino
Mi ritrovai a sorridere.
Mi portarono sul divano. Valentino si sedette e mi fece cavalcare sul suo cazzo, infilandomelo nella figa, mentre lo zio mi venne dietro, lo appoggiò tra le natiche e mi inculò.
Iniziai a gemere rumorosamente, sino a godere con grida stridule.
Mi sborrarono in bocca, e qualche attimo dopo papà uscì da bagno, completamente nudo.
Si mise in ginocchio sul divano, poggiando le mani alla spalliera, si piegò e mi porse il culo da leccare.
Detestavo quando mi obbligavano a leccare i culi sporchi di merda, ma avevo imparato a non avere più tentennamenti a farlo.
Cercai di spostare i capelli per non sporcarli. Allargai le chiappe di papà, e con ancora il sapore dello sperma in bocca, iniziai a leccare la merda rimasta intorno all’ano.
Allungai una mano per prendergli il cazzo e mentre leccavo a fondo il suo culo, iniziai a segarlo.
Mi sborrò in faccia e mi lasciò seduta sul pavimento, con il sapore della sua merda in bocca e con il volto coperto di sperma.
Mi fecero mettere carponi e mi ordinarono di camminare come una cagna, dal divano sino al bagno.
Ogni goccia di sperma che mi cadeva dal volto, dovevo raccoglierla con la lingua dal pavimento. Arrivata in bagno, mi fecero rimanere in ginocchio, mentre tutti e tre pisciarono nel water. Lo zio mi prese per i capelli e mi infilò la testa nel cesso, sporco delle loro pisciate e non perfettamente pulito dopo la cagata di papà.
Leccai le pareti ed affondai la lingua nel fondo. Papà tirò lo scarico e l’acqua mi travolse in faccia.
Non riuscii a sollevare la testa perché lo zio mi teneva le sue mani per obbligarmi a rimanere in quella posizione mentre l’acqua mista al piscio mi investiva tutto il volto.
Finalmente mi tirarono su. Avevo la faccia completamente bagnata.
Mi dissero di rendermi presentabile per quella sera ed andarono via.

Mi fiondai sotto la doccia. Rimasi a lungo sotto il getto di acqua calda. Mi feci uno shampoo veloce perché sarei andata dal parrucchiere nel pomeriggio e mi lavai accuratamente il viso.
Pensai a quel che ero diventata. Un oggetto alla mercé dei desideri di mio padre e mio zio. Due sere prima mi avevano fatto scopare con tre uomini anziani e quella sera mi avrebbero offerto ad un gruppo di camionisti. Sapevo che era solo l’inizio e che presto mi avrebbero fatto fare cose inimmaginabili solo qualche settimana prima, ma ormai ero dentro, ci stavo bene e mi eccitava da morire.

Quelle poche ore da sola, cercai di godermele più possibile.
Pranzai velocemente, quindi andai dal parrucchiere e feci un giro, trovando un eccitante micro abito che sarebbe andato benissimo per la serata. Avrei sorpreso i miei padroni e questo mi faceva star bene.
Camminavo per strada sculettando. Mi eccitava provocare e mi piaceva immaginare ciò che gli uomini che incrociavo mi avrebbero voluto fare. Li guardavo in maniera lasciva ed invitante.
Tornai a casa carica e pronta per la serata.

Sarebbero passati a prendermi alle 21.00. Cenai leggera, con una semplice insalata. Non sapevo cosa mi avrebbe riservato la serata e non volevo appesantirmi con il rischio di vomitare. Mi avrebbero sicuramente pisciato in bocca e non sapevo se avessi dovuto leccare anche la merda.
Indossai il micro abito appena acquistato, esageratamente corto, di tessuto leggero , che il minimo soffio di vento avrebbe fatto sollevare, con due bretelline sottili. Non indossai intimo.
Suonarono al citofono, calzai le mie scarpe nere con tacco a spillo14 e scesi.
Mi guardarono tutti e tre con sorrisi di approvazione.
Papà era alla guida, lo zio al suo fianco e Valentino dietro. Entrai nel posto libero, a fianco di Valentino.
“Sei uno schianto”, disse papà
Sorrisi; i suoi complimenti mi facevano arrossire.
Aprii le cosce e mostrai la figa nuda
“Sono come piace a voi”, dissi, civettando
Valentino mi prese la mano sinistra e se la porto sul proprio pacco. Lo massaggiai, sbottonai i pantaloni, abbassai la cerniera e lo tirai fuori, iniziandolo a segare.
“Che state facendo, lì dietro?”, chiese sorridendo, papà
“Sto facendo una sega al tuo amico pensionato”, gli risposi, ben sapendo, in quel modo, di eccitarlo moltissimo. E continuai
“Ho il suo cazzo tra le dita, lo sego e pulsa e cresce duro. Lo scappello lentamente, ha la testa rossa”
“Continua”, mi disse
“Tua figlia sta segando questo bel vecchietto. Con la mano, su e giù. Sta per venire, adesso mi piego e lo faccio sborrare nella mia bocca”.
Papà non resistette, accostò la macchina ed insieme con lo zio si voltò per guardarmi.
Mi piegai sul cazzo di Valentino, che inondò di caldo sperma, la mia bocca.
Mi sollevai ed ingoiai davanti allo sguardo estasiato di papà, il quale non riuscì a trattenersi. Scese dalla macchina e disse a Valentino di prendere il suo posto alla guida.
Tirò fuori il cazzo, mi prese dalla nuca e mi ordinò di spompinarlo.
Lo segai, tenendo la cappella in bocca, leccandola con la lingua.
“Continua Gianna, continua a leccarmi il cazzo. Immagina tutti quei camionisti che ti stanno aspettando per scoparti ed incularti e chissà cos’altro ti faranno fare…e tu lo farai”
Mi prese per i capelli, mi strattonò, sollevandomi la testa, e mi chiese
“Vero che farai tutto quello che ti chiederanno di fare?”
“Sì, papà, farò tutto quello che vorranno, anche leccargli il culo sporco di merda”.
A quelle mie parole, iniziò a schizzare come una fontana, regalandomi un’altra sborrata da ingoiare.

Arrivammo, finalmente. Entrammo, con la macchina, in un ampio parcheggio, molto buio, illuminato solo da un paio di lampioni; contai sette camion.
Valentino parcheggiò e scese insieme con mio padre.
Rimasi in macchina sola con lo zio.
“Hai paura?”, mi chiese
“No, paura, no, ma sono un po’ tesa. Sono tanti” e continuai “È iniziato tutto con te, mi hai fatto diventare una puttana”
“E siamo solo all’inizio”
In quel momento tornò papà che mi fece cenno di scendere.
Lo zio scese prima di me, quindi mi aiutò ad uscire dalla macchina.
Appena scesi, ci fu un brusio di approvazione, anche perché le folate di vento facevano sollevare il micro abito, mostrando la totale assenza di intimo.

Per conoscere la storia di Gianna

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scritto il
2024-05-03
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