Gianna puttana in famiglia - V episodio: I Camionisti (seconda parte)

di
genere
dominazione

Arrivammo, finalmente.
Entrammo, con la macchina, in un ampio parcheggio, molto buio, illuminato solo da un paio di lampioni; contai sette camion.
Valentino parcheggiò e scese insieme con mio padre.
Rimasi in macchina sola con lo zio.
“Hai paura?”, mi chiese
“No, paura, no, ma sono un po’ tesa. Sono tanti” e continuai “È iniziato tutto con te, mi hai fatto diventare una puttana”
“E siamo solo all’inizio”
In quel momento tornò papà che mi fece cenno di scendere.
Lo zio scese prima di me, quindi mi aiutò ad uscire dalla macchina.
Appena scesi, ci fu un brusio di approvazione, anche perché le folate di vento facevano sollevare il micro abito, mostrando la totale assenza di intimo.

Mi avvicinai al gruppo di camionisti, il piazzale era illuminato dai fari di un paio di tir.
Papà mi disse di spogliarmi.
Abbassai le bretelline e feci scivolare il microabito ai piedi, lo sfilai completamente, restando nuda, con solo le scarpe.
Il gruppo dei camionisti, ne contai quattordici, si fece vicino, sino a farmi sparire dalla vista dei miei padroni. Chiusi gli occhi e sentii le loro mani iniziare a palparmi ovunque. Sentivo profumo di sesso ed odore di sudore. Mi spinsero in ginocchio, tirarono fuori i propri cazzi e mi ritrovai a spompinarli uno per uno, sentendo i loro vari sapori.
Mi dimenavo con le mani, sentendo i vari cazzi che spingevano per prendersi la mia bocca.
Mi fecero alzare e papà mi indicò una baracca, molto malridotta, a ridosso del piazzale. Sarei dovuta entrare lì dentro ed aspettare il loro ingresso.
Mi diressi, camminando sui tacchi, sculettando come sapevo fare. La loro eccitazione era palpabile nell’aria.

Entrai nella baracca. C’era un letto a due piazze, molto malridotto, con solo un materasso, senza lenzuola. Quella baracca era utilizzata dalle puttane. Tutto faceva capire questo.
Rimasi ferma, immobile, finché non fece ingresso il cognato di Valentino, seguito dagli altre tredici camionisti, da papà, dallo zio e da Valentino.
Erano tutti completamente nudi, ma si avvicinò solo Serghei, il cognato di Valentino.
Ero stesa, con le gambe completamente aperte, la figa pronta.
Serghei si avvicinò, con il cazzo, duro, nella mano, lo appoggiò alle labbra della figa, una leggera pressione e lo sentii entrare. Iniziò a sbattermi, incitato da tutti gli altri.
Gemevo, urlavo e guardavo papà, eccitatissimo nel vedere la figlia farsi fottere da un camionista rumeno, davanti ad altri maschi, in attesa del proprio turno.
Serghei, senza tanti fronzoli, sfilò il cazzo dalla figa, mi fece mettere carponi su quel lurido materasso e mi inculò con forza. Voltai lo sguardo verso tutti quei maschi eccitatissimi, passai la lingua sulle labbra, come per pregustare il mio immediato futuro di quella notte.
Serghei continuava a sbattermi con il proprio cazzo nel mio culo, sino ad arrivare al limite.
Mi prese per i capelli, mi lasciò in ginocchio sul materasso, appoggiò il cazzo sulla lingua e venne, sborrandomi direttamente in bocca. La ingoiai completamente.

Serghei uscì dalla baracca e si avvicinarono due altri camionisti.
Mi avrebbero preso insieme.
Mi fecero stendere. Il primo, un uomo orripilante, grasso, con un odore per nulla gradevole, allargò le chiappe, si sedette sulla mia faccia e mi obbligò a leccargli il culo.
Il secondo, mi prese da sotto le ginocchia e mi scopò con brutalità.
Non vedevo niente, solo il culo fetido che stavo leccando. Allungai la mano destra per segare il cazzo dell’uomo che stavo leccando, mentre il secondo mi stava sbattendo con selvaggia ferocia.
Finalmente il camionista che stavo leccando si alzò e si mise steso al mio fianco, ordinandomi di cavalcarlo. Lo feci e mi penetrò nella figa, mentre l’altro venne da dietro e mi inculò, sempre senza alcuna delicatezza.
Mi voltai, la baracca era piena di uomini in attesa. Guardai papà, si stava segando, guardandomi all’opera.
Entrambi mi sborrarono, a turno, in bocca.

Si ricomposero, uscirono dalla baracca e fecero posto ad altri tre camionisti.
Erano tutti e tre rozzi, molto eccitati e su di giri. Si smanettarono avvicinandosi ed uno di loro non perse tempo a scoparmi. Iniziò a sbattermi, urlavo di piacere. Mi avvinghiai, con le cosce intorno alla sua schiena, gli altri due si avvicinarono menandolo sulle mie labbra.
Si alternarono nella scopata, finché mi fecero mettere carponi ed a turno, mi incularono.
Ero a quattro zampe, sul materasso; di fronte a me c’erano 8 uomini nudi, che non conoscevo, in attesa di scoparmi; insieme con loro, c’erano anche papà, lo zio Menotti e Valentino, anche loro nudi, che si segavano, guardandomi. Dietro avevo tre rozzi camionisti, che si davano il cambio ad incularmi. Ed io gemevo.
Vollero sborrare tutti e tre in bocca, non ne persi nemmeno una goccia.

Uscirono fuori, lasciando il posto ad altri quattro, tra cui lo zio Menotti.
Lui mi conosceva bene e suggerì diverse posizioni, tra le quali una fantastica doppia anale. Quando la realizzarono, mi riempirono di epiteti offensivi, e vollero provarla tutti e quattro.
Ero carponi, sul letto, la testa abbassata sul materasso ed il culo in fuori. Presi due cazzi insieme, uno dei quali ero dello zio, e mi feci sbattere sino ad urlare. Lo stesso fecero gli altri due, ripetendo le gesta della coppia precedente.
Le mie urla di piacere echeggiarono nel parcheggio, tanto che alcuni di loro che stavano fuori dalla baracca, rientrarono per chiedere cosa stesse succedendo.
Papà rispose:
“Sta prendendo due cazzi insieme nel culo”
Rimasero tutti sorpresi e vollero sincerarsi.
Li guardai e sorrisi, incitando i due che mi stavano inculando a continuare.
Anche i quattro decisero di scaricare le loro palle nella mia bocca. Cominciai ad avere difficoltà ad ingoiare tutta quella quantità di sborra, ma non avevo scelta.
Lo zio Menotti mi accarezzó la testa, me lo infiló in bocca e mi disse:
“Brava la zoccola, sei davvero brava. Adesso ingoia” e mi venne in bocca.

Ne rimanevano altri cinque oltre papà e Valentino.
Chiesi di fare una pausa.
Ero davvero provata e, soprattutto, dovevo fare pipì.
Mi indicarono il bagno, fuori dalla baracca. Era una toilette con diversi orinatoi e tre piccole cabine con il water.
Entrai dentro di una, molto sporca, e feci pipì. Lo scarico non funzionava. Mi venne un timore, ma cercai di non pensarci e tornai nella baracca.

Si avvicinarono altri cinque, tra cui Valentino, mi presero come meglio volevano. Ero stanca, ma come sempre mi misi a disposizione per qualsiasi loro desiderio. Mi scoparono uno per volta, poi a turno vollero incularmi e finalmente mi presero insieme. Provarono anche la doppia anale, ma rinunciarono, limitandosi al classico sandwich figa culo. Non mi sorpresi quando, anche loro, vollero sborrarmi in bocca.
Uscirono e mi domandai come mai ancora non mi avevano pisciato addosso ed in bocca. Sicuramente i miei padroni avevano raccontato come mi facessi riempire di piscio, se nessuno lo aveva ancora fatto, avevano qualcosa in mente.
Lo avrei scoperto presto.
Rimasero in due, papà ed un camionista, dai tratti somatici slavi.
Papà mi guardò e disse
“Abbiamo chiamato Goran due giorni fa e gli abbiamo detto di non lavarsi sino a domani mattina. Sta guidando dalla Serbia, senza mai lavarsi, immagina cosa deve avere tra le gambe. Adesso lo lavi con la tua lingua. Inizia dai piedi”

Goran è stato il più difficile da scopare. Puzzava in maniera immonda. Papà si sedette e mi filmó, menandosi il cazzo con la mano.
Faticavo ancora a crederci: mio padre si segava mentre mi faceva scopare con un camionista serbo puzzolente. Goran si stese sul letto, andai accucciata ai suoi piedi e gli leccai la pianta, le singole dita, succhiando gli alluci. Puzzavano terribilmente. Papà mi ordinó di salire su, mi fece evitare i genitali e mi sorprese. Il peggio era solo rimandato. Gli leccai le ascelle, anche queste impossibili da avvicinarsi. Non solo puzzavano di sudore, i peli erano anche sporchi. Lo baciai, sapeva di alcol, di tabacco, di cibo rancido.
Arrivò il momento peggiore. Mi accovacciai tra le sue gambe. Si sentiva puzza di merda e di piscio. Scappellai il cazzo e lo pulii leccandolo. Era terribile farlo, ma non avrei mai deluso papà. Mi soffermai nel pompino, sperando di evitare il momento che temevo. Invece arrivò.
Mi fecero stendere. Goran si sedette sulla mia bocca, allargando le chiappe. Gli pulii il culo. C’erano evidenti tracce di merda, e le leccai. Infilai la lingua nell’ano, lo leccai per bene, trovai tarzanelli che dovetti ingoiare con inevitabili conati di vomito.
Mentre ero impegnata in quell’impresa, papà mi prese le gambe, le allargó e mi scopó, regalandomi la forza di leccare quel culo così sporco. Ma nulla rispetto a ció cui mi avrebbe costretto dopo.

Goran si segò venendomi in pieno volto, imitato subito dopo da papà. Avevo la faccia coperta di sperma, ma non fu sufficiente.
Dei quindici uomini che stavano fuori, entrarono in otto. Mi fecero inginocchiare e mi vennero tutti, uno dopo l’altro, in faccia.
Avevo il volto completamente pieno di sborra.
Mi aiutarono ad alzarmi, aprivo a fatica un occhio.
Mi accompagnarono verso i bagni, fuori dalla baracca. Uno degli orinatoi era completamente pieno di pipì.
Lo zio mi prese per i capelli e mi fece inginocchiare difronte all’orinatoio pieno di pipì, mi spinse con la testa sino ad affondare la faccia nella pozza di piscio, trattenendomi per i capelli, un tempo che mi parve interminabile. Mi sollevó, non avevo più lo sperma in faccia, ma gocciolavo piscio.
Uno dei camionisti uscì da una delle tre cabine dove stavano i water.
Aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, tremai. Mi prese i capelli e li usò per pulire il culo sporco di merda.
Lo supplicai di non farlo, ma le mie richieste non servirono a nulla.
Come se non bastasse, dopo esserselo pulito con i capelli, mi obbligò a finire la pulizia con la lingua. Mi porse il culo, gli allargai le chiappe e lo leccai a fondo, trovando, naturalmente, copiose tracce di merda.
Vidi uscire un altro camionista da un’altra cabina.
Anche lui aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, mi porse il culo, allargò le chiappe e mi costrinse a pulirlo. Se quello di prima avevo trovate i residui, perché il resto era sui miei capelli, questo lo trovai completamente sporco di merda e lo dovetti pulire con la lingua, sotto l’incitamento di tutti gli altri.

Ero ancora inginocchiata, quando si avvicinarono in sette e mi pisciarono addosso, in faccia, sui capelli, ovunque.
Mi alzai.
Uscimmo nel piazzale e ci salutammo.
Ero impresentabile. I capelli erano bagnati di piscio, con evidenti tracce di merda. La faccia gocciolava pipì e sulle labbra c’erano rimasugli di cacca. Mi fecero salire in macchina, senza nemmeno toccarmi.
Puzzavo, in bocca avevo il sapore della merda. Ero sfatta, umiliata, degradata, ma ero anche, incredibilmente, contenta.
Arrivai a casa e mi fiondai sotto la doccia. Impiegai più di un’ora per tornare pulita e profumata.

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scritto il
2024-05-04
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