Esco senza mio marito

Scritto da , il 2022-10-11, genere tradimenti

È anche colpa di mio marito se adesso sono qui. Sa benissimo di che cosa ho bisogno, lo sa e se ne frega. O almeno fa in modo che io lo pensi, che se ne frega. È un po' di tempo che glielo chiedo, ma lui si tira indietro. No, non crediate che mi lasci digiuna: mi sbatte anche più del solito, si approfitta di me e dei miei orifizi senza lesinare sforzi e irruenza. Ieri sera mi ha sculacciata. Non è andato leggero, anzi. Sento ancora bruciore sulle chiappe. Al pensiero di come l'ha fatto, stamattina, mi sono trovata bagnata tanto che temevo che la passera gocciolasse di nuovo, in pubblico. Non è una situazione eccezionale, questa. Mi succede e in certi periodi, come questo, anche con una certa facilità. Però trovandoci all'interno di un'importante chiesa... Com'è stato strano! Mi sono trovata con pensieri pudichi.
Sono tre giorni che i lividi di due morsi giocano coi colori dell'arcobaleno. Un segno dei suoi sforzi di accontentarmi, o almeno di trattenermi. Un morso accanto a un'areola, come se avesse addentato un piercing. Un altro sotto l'ombelico, che di piercing è privo. Mi ha strattonato il capezzolo coi denti. Sono venuta, senza dignità. Sono venuta, incontinentemente. Ho urlato il mio piacere, il mio dolore che lo esalta, la mia felicità. Ho strillato come una troia. Del resto che cosa sono? Che io sia qui esclude ogni altra opzione.
Quando siamo rientrati dalla cena, stasera, gliel'ho chiesto di nuovo e ancora mi ha detto di no. Stavamo scopando e s'è interrotto. Non era mai successo prima di questa volta. Non era mai successo in tutti questi anni. È vero, in qualche rara occasione mi ha fatta andare in bianco lasciandomi con la voglia sporgente da ogni mio lembo di pelle. Ma non aveva mai interrotto un rapporto. Mai. Posso dire che è stata la prima volta che il sesso con lui non mi ha pienamente soddisfatta. Ho quasi pianto. Non c'è stata ragione. Il suo no era definitivo, come il mio voglio.
Tacco dodici, gonna molto corta e pure sfilacciata, piercing che s'intravvedono. Top di pizzo, bianco. Mi sono guardata allo specchio, fiera dei miei riccioli sulle spalle a coronare l'espressione lubrica. Mi sono compiaciuta della troia che ho visto di fronte a me. Mio marito ha cercato di nuovo di dissuadermi. Inutile. Sarebbe stato inutile anche se avesse tirato fuori l'uccello per incularmi a morte. Non so se mi abbia seguito, anche se per qualche aspetto mi sarebbe piaciuto che ci fosse anche lui. Ho attraversato il salone d'ingresso dell'albergo con la gente che mi guardava come se fossi stata la peggior prostituta della città (grande città). Fieramente ho tirato dritto e sono uscita. Avevo memorizzato bene il percorso per raggiungere il club. Ho girato lungo la via e raggiunto il viale. Alcune auto si sono fermate per offrirmi un passaggio. Passaggio del cazzo: non è di questo che ho bisogno. Tuttavia mi sono sentita orgogliosa. Di sicuro non avrei trovato un accompagnatore. Chissà come mi avrebbero usata. In altri momenti sarebbe bastato, mi avrebbe fatto di certo piacere. Stasera non è abbastanza.
Ecco, adesso sono qui, ho compilato il modulo di ammissione. Nome, cognome e indirizzo fasulli. Non controllano. Mi è venuto spontaneo non comunicare le mie generalità: del resto faccio (anche con mio marito) i salti mortali per non farmi o farci riconoscere. Intanto guardo con ansia e con speranza l'ingresso del club sadomaso. Penso a mio marito e mi chiedo se proprio voglio, se questo bisogno non possa esser frenato. Mi domando se sia giusto, se sia sensato, se io non sia pazza. Però sono qui davanti a questa casella bianca: presentatore. Già: entrarein questa saletta è semplice, ma varcare la seconda soglia è impossibile finché non sia compilata quella casella fatale. Spero entri qualcuno che mi presenti. Intanto attendo, avvolta nel desiderio. Entra una coppia. Comanda lei. Chiedo soccorso. Mi offro. Se non capisco male mi dice che non è disposta a garantire per una troia qualsiasi. Lui ha l'aria più disponibile, ma lei lo ferma. Due, tre persone. Niente. Nervosamente mi alzo, straccio il modulo, esco sbattendo la porta. Cammino sul marciapiedi. Le auto rallentano quando m'incrociano. Sento le occhiate meno pudiche del mondo. Mi eccitano ma non mi soddisfano. Qualcuno si ferma. Uno mi offre cento euro per una scopata, un altro mi chiede quanto voglo per la sodomia. Avesse almeno detto per incularmi. Un altro mi chiede se per cinquecento passo la notte con lui. Mi sento umiliata. M'avesse detto per venti euro avrei potuto accettare, almeno mi sarei sentita una troia sfatta. Sono infuriata con me stessa. Rientro nell'hotel. Mi fermano e mi dicono che non si accettano prostitute. Cerco di chiarire. Devo far chiamare mio marito. Scende e mi salva. Ho bisogno di lui. Il bisogno di quando non deve aver pietà. Rientriamo nella nostra camera. In ascensore mi aveva inserito un plug nel culo: una serie di sette palline di diametro crescente. Niente delicatezza. Niente lubrificazione. Per fortuna non mi fa sdraiare sul letto. Mi fa spogliare e e inginocchiare davanti al divano, la testa rivolta verso lo schienale, la schiena inarcata. Comincia a scoparmi, forte, intensamente. Crolla la diga, inizia l'invasione. Il suo uccello da dentro la figa muove le palline dentro il mio culo. Comincia la libertà. Le sue mani mi strizzano le tette, le sue dita mi torcono i capezzoli tesi. Mi strappa le palline, bruscamente e brusco e frenetico consegue il mio orgasmo. Fradicio di me, entra facilmente nel secondo canale. Debordo. I miei rantoli sono un piacevole respiro. Le mie urla sbrecciate sono un inno gregoriano. Di me resterà una chiazza bagnata sul pavimento. Vorrei essere soltanto quella.

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