Virile irruenza e giovanile entusiasmo
di
Margie
genere
tradimenti
In fondo l'ho scelto io, il ragazzotto. Mi aveva abbordata il suo amico, quello che aveva l'aria d'essere in grado di possedere il mondo. Bello, decisamente. Di sicuro non gli mancava sul volto l'espressione di una persona cui basta schioccare le dita per trovarsi il cazzo nella bocca o nella passera della malcapitata sedotta. Non possedeva né il senso dell'ironia né quello dell'umorismo. Proprio non era il mio tipo. È difficile non esserlo, ultimamente. Sono convinta che se mi fossi fatta scopare mi sarei annoiata. L'esito dell'approccio è stato inesorabile in brevissimo tempo: bocciato senza esitazione. L'altro, invece, quello che poi avrei analizzato, almeno ha capito una mia battuta (o ha riso senza capire? Boh! Ma adesso è inutile approfondire la questione: al momento l'ho reputato una persona seria). Ne ha anche abbozzate un paio, poco efficaci, ma lo sforzo è stato premiato dalla mia voglia di farmi sbattere a dovere da qualcuno più giovane di me.
È salito per le scale attaccato al muro come un bassorilievo, ha aperto la porta con la chiave, furtivamente. Divertente come cercasse in tutti i modi di mostrarsi normale e naturale risultando invece goffo e ridicolo. Posso dichiarare che vederlo così è stato più divertente delle sue battutine scontate. Una quindicina d'anni alla sua età costituiscono una differenza d'età notevole. Comunque siamo riusciti ad entrare, furtivamente, nell'appartamento senza troppi danni. Cioè senza che io non resistessi alla tentazione di ridere apertamente. Specifico meglio: riuscendo a dissimulare lo sforzo di trattenere quella grassa e sonora risata che i suoi vari atteggiamenti avevano con tanta accurata pignoleria diligentemente preparato, non per umorismo.
Mi ha scopata con virile irruenza e giovanile entusiasmo. Non ha dimostrato di essere un amante esperto, comunque. Certo, è riuscito a darmi la soddisfazione di sentirmi usata. Ha saputo fregarsene del mio piacere. Questo atteggiamento mi stimola notevolmente. Sempre. Mi ha fatto venire parecchie volte, ma questa non è una gran virtù: passo da un orgasmo all'altro con la stessa facilità con cui si susseguono i miei passi per correre alla stazione. Mi ha fatta venire senza mostrare nessuna reazione, come se lui fosse stato un qualsiasi dispositivo meccanico. Chissà se si è reso conto che sono venuta più volte. Che lui fosse venuto più volte mi era risultato lampante: tre volte ho sentito il suo cazzo gonfiarsi e schizzare liberamente l'essenza maschile dentro la mia figa. Un po' per la sua insistenza e molto di più per dote mia innata, su quel letto s'era formata una macchia inconfondibile di passione. Una specie di ritratto liquido e odoroso. Entusiasmante, questo, molto. Resistenza, la sua? Be' tre volte senza uscire dalla figa possono rientrare nel concetto di resistenza. Anche quando la prima è una corsa da centometrista. Poi è stato meno rapido, ma sempre opportunamente intenso. Per fortuna almeno è stato intenso. Sarei venuta lo stesso, figuriamoci! Dopo la terza gli s'è ammosciato, ma mi è bastato un po' di lavoro di bocca per concedergli di concedermi ancora dei buoni colpi di bacino. La pausa successiva è stata più lunga. Qualche minuto per lasciare che le pulsazioni si regolarizzassero almeno in parte. Le mie si sono presto trasformate in pulsioni. Allora gli ho sfregato la passera contro le cosce, avvicinandomi sempre più al suo uccello. Mentre mi muovevo lasciavo strisce del minestrone che mi sgorgava sulla sua coscia sempre più lubrificata. Non ci sono voluti grandi sforzi per notare che il suo uccello era disponibile ad assumersi un'altra volta le proprie responsabilità. Allora ho ripreso con la lingua, poi gli ho offerto il meglio di me da leccare. S'è voltato e mi ha suggerito di riprendere a leccargli il cazzo. Quando poi mi ha chiesto il culo gliel'ho negato. Delusa è stata la mia speranza che mi prendesse contro la mia supposta volontà (supposta? Ci sta bene, no? Dà un'idea appropriata). Invece no.
Ha ripreso a martellare dentro di me, benché meno energicamente di prima. D'altronde mica è una macchina, no? Le mie catene orgasmiche sono riprese, quasi come prima: senza farmi sentire quel senso di possesso assoluto, di oltraggio ricercato e indifferente. Quasi sembrava uno studioso che prendesse nota delle mie reazioni. Poche parole, oltre quelle per chiedermi di lasciarmi inculare. Poche parole, e quelle sbagliate. Mi sono messa a pecora e lui mi ha penetrata senza sculacciarmi. Coi piercing ballonzolanti e neanche sfiorati. Soltanto qualche mugolio per enfatizzare le sforzo, per sottolineare la soddisfazione, per manifestare una forza taurina. La sua, ovviamente. Sembra una contraddizione, invece si tratta di chiazze di lucidità che si sovrappongono al desiderio, all'esigenza.
L'ho guardato con indifferenza quando infine, dopo essersi scaricato dentro di me per la quinta volta, i suoi giovanili entusiasmi si sono sciolti scivolando in un ritmico, placido e virile russare.
Esco di soppiatto dall'appartamento, le scarpe in mano come una persona che rientri a casa troppo tardi e non voglia destare sospetti e biasimo. Il marmo fresco delle scale stimola il mio cervello nel ritmico contatto con la pianta dei miei piedi. Resterò scalza. I miei piedi si sporcheranno, il loro candore si dissolverà come i miei pensieri, che lasceranno largo spazio per le mie voglie. Sarà con loro che, una volta in albergo, invaderò la nostra stanza, chiunque ci sia. Eh, sì! Capiranno tutti, se mio marito non è solo, che la sfida può essere difficile. Anche per me: percepisco bene un po' di stanchezza. La ritengo plausibile dopo le scopate. Sarà faticosa anche per me, ma avrò pure il diritto di addormentarmi pienamente soddisfatta, magari col sedere bello arrossato, no?
È salito per le scale attaccato al muro come un bassorilievo, ha aperto la porta con la chiave, furtivamente. Divertente come cercasse in tutti i modi di mostrarsi normale e naturale risultando invece goffo e ridicolo. Posso dichiarare che vederlo così è stato più divertente delle sue battutine scontate. Una quindicina d'anni alla sua età costituiscono una differenza d'età notevole. Comunque siamo riusciti ad entrare, furtivamente, nell'appartamento senza troppi danni. Cioè senza che io non resistessi alla tentazione di ridere apertamente. Specifico meglio: riuscendo a dissimulare lo sforzo di trattenere quella grassa e sonora risata che i suoi vari atteggiamenti avevano con tanta accurata pignoleria diligentemente preparato, non per umorismo.
Mi ha scopata con virile irruenza e giovanile entusiasmo. Non ha dimostrato di essere un amante esperto, comunque. Certo, è riuscito a darmi la soddisfazione di sentirmi usata. Ha saputo fregarsene del mio piacere. Questo atteggiamento mi stimola notevolmente. Sempre. Mi ha fatto venire parecchie volte, ma questa non è una gran virtù: passo da un orgasmo all'altro con la stessa facilità con cui si susseguono i miei passi per correre alla stazione. Mi ha fatta venire senza mostrare nessuna reazione, come se lui fosse stato un qualsiasi dispositivo meccanico. Chissà se si è reso conto che sono venuta più volte. Che lui fosse venuto più volte mi era risultato lampante: tre volte ho sentito il suo cazzo gonfiarsi e schizzare liberamente l'essenza maschile dentro la mia figa. Un po' per la sua insistenza e molto di più per dote mia innata, su quel letto s'era formata una macchia inconfondibile di passione. Una specie di ritratto liquido e odoroso. Entusiasmante, questo, molto. Resistenza, la sua? Be' tre volte senza uscire dalla figa possono rientrare nel concetto di resistenza. Anche quando la prima è una corsa da centometrista. Poi è stato meno rapido, ma sempre opportunamente intenso. Per fortuna almeno è stato intenso. Sarei venuta lo stesso, figuriamoci! Dopo la terza gli s'è ammosciato, ma mi è bastato un po' di lavoro di bocca per concedergli di concedermi ancora dei buoni colpi di bacino. La pausa successiva è stata più lunga. Qualche minuto per lasciare che le pulsazioni si regolarizzassero almeno in parte. Le mie si sono presto trasformate in pulsioni. Allora gli ho sfregato la passera contro le cosce, avvicinandomi sempre più al suo uccello. Mentre mi muovevo lasciavo strisce del minestrone che mi sgorgava sulla sua coscia sempre più lubrificata. Non ci sono voluti grandi sforzi per notare che il suo uccello era disponibile ad assumersi un'altra volta le proprie responsabilità. Allora ho ripreso con la lingua, poi gli ho offerto il meglio di me da leccare. S'è voltato e mi ha suggerito di riprendere a leccargli il cazzo. Quando poi mi ha chiesto il culo gliel'ho negato. Delusa è stata la mia speranza che mi prendesse contro la mia supposta volontà (supposta? Ci sta bene, no? Dà un'idea appropriata). Invece no.
Ha ripreso a martellare dentro di me, benché meno energicamente di prima. D'altronde mica è una macchina, no? Le mie catene orgasmiche sono riprese, quasi come prima: senza farmi sentire quel senso di possesso assoluto, di oltraggio ricercato e indifferente. Quasi sembrava uno studioso che prendesse nota delle mie reazioni. Poche parole, oltre quelle per chiedermi di lasciarmi inculare. Poche parole, e quelle sbagliate. Mi sono messa a pecora e lui mi ha penetrata senza sculacciarmi. Coi piercing ballonzolanti e neanche sfiorati. Soltanto qualche mugolio per enfatizzare le sforzo, per sottolineare la soddisfazione, per manifestare una forza taurina. La sua, ovviamente. Sembra una contraddizione, invece si tratta di chiazze di lucidità che si sovrappongono al desiderio, all'esigenza.
L'ho guardato con indifferenza quando infine, dopo essersi scaricato dentro di me per la quinta volta, i suoi giovanili entusiasmi si sono sciolti scivolando in un ritmico, placido e virile russare.
Esco di soppiatto dall'appartamento, le scarpe in mano come una persona che rientri a casa troppo tardi e non voglia destare sospetti e biasimo. Il marmo fresco delle scale stimola il mio cervello nel ritmico contatto con la pianta dei miei piedi. Resterò scalza. I miei piedi si sporcheranno, il loro candore si dissolverà come i miei pensieri, che lasceranno largo spazio per le mie voglie. Sarà con loro che, una volta in albergo, invaderò la nostra stanza, chiunque ci sia. Eh, sì! Capiranno tutti, se mio marito non è solo, che la sfida può essere difficile. Anche per me: percepisco bene un po' di stanchezza. La ritengo plausibile dopo le scopate. Sarà faticosa anche per me, ma avrò pure il diritto di addormentarmi pienamente soddisfatta, magari col sedere bello arrossato, no?
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