Serata al club

di
genere
orge

Abbottono il giacchino appena scesa dall'auto. Durante il viaggio era più comodo aperto, per le mani di mio marito. Un solo bottone, una spanna sopra l'ombelico. È davvero corto, il giacchino; lascia l'ileo scoperto. Mica l'indosso per coprirmi, d'altronde. È la gonna di frange che stringe in vita a farmi apparire un po' meno nuda. Vista ben distesa sul letto, questa gonna sembra un tubino, ma addosso assomiglia a una cintura strettissima in vita con tante listarelle di tessuto che calano pudicamente fino quasi al ginocchio e permettono di non dover compiere sforzi d'immaginazione perché tutto si possa ammirare. Quando sono ferma si nota soltanto quanto basta per riconoscere la mia nudità sotto di essa. Stringe davvero tanto e, al di là dell'effetto visivo, mi eccita indossarla. Mi dà la sensazione che se divaricassi le cosce la sua pressione mi espanderebbe la figa. Ci cammino e mi si vede tutto. Si nota anche quanto sono eccitata. Sculetto vistosamente sui tacchi che schioccano al contatto con l'asfalto. Sento l'odore della mia passera. Mio marito mi ha masturbata mentre percorrevamo la strada verso questo club. Poi ha passato le dita bagnate di me sulle areole e sui capezzoli tesi e appesantiti da questi anelli di metallo, non particolarmente grossi, ma pesanti. Li vedo luccicare bagnati di me da lui. Si notano meno quelli della figa, a parte quello del clitoride. Per la verità li sento molto di più, reattivi ad ogni movimento delle gambe. Subito prima di scendere lui aveva immerso le dita nella mia passera, velocemente, per passarle poi sulle mie labbra. Il più sensuale lucidalabbra che esista. Il mio preferito. Per la precisione: preferisco stenderlo sulle labbra direttamente da una figa, ma so accontentarmi. Mi dispiace non avere dentro qualcosa, nella figa e nel culo, ma il tacco quindici m'impaccia un po' nella deambulazione. Però per la gradinata che conduce all'ingresso... no, cadrei troppo facilmente a terra! Decido che la prossima volta che torneremo resterò scalza. La mia figa rimarrebbe comunque abbastanza in alto per sentire agevolmente, stando in piedi, il contatto con le punte dei cazzi di quelli che mi abbracciano.
A metà scalinata sbottono di nuovo il giacchino. Mio marito pone la sinistra su una chiappa avvicinandola al mio buchetto. Fremo non appena comincia a sfiorarlo. La scala è finita. Ho le gambe molli, non per i dodici scalini. Ho una voglia pazzesca, che mi stordisce, che si autoalimenta, travolgente. E devo ancora entrare. Con la mente mi vedo all'interno, nel salone con molte persone, gettata dentro come se le persone fossero un branco di cani ed io fossi un biscotto, un pezzo di carne. Mi accorgo che per la voglia e la tensione mi basterebbe rabbrividire un po' di più per raggiungere un piccolo orgasmo. Varco la soglia. Mi struscio contro il primo che capita. Mi sembra che i capezzoli mi esplodano. Sono invece sicura di dover contrarre i muscoli della figa per evitare che goccioli. Sono altrettanto sicura che quello che sto sentendo sia un cazzo molto duro. Controllo. Abbasso la cerniera di quei pantaloni e perdo il senso del limite. Il tizio mi conduce verso un divano, mentre mi siedo accanto a lui spalanco le cosce e mi libero della giacca. Sì, sarò di tutti, stanotte. Sfido il mondo a stancarmi. Per vincere dovrà faticare, il mondo. Dovrà essere immondo. Dovrà esaurire le riserve di abusi. Le mie riserve di porcaggine sono sottostimate: notizia ufficiale. Non esiste la mia dignità. Esistono esclusivamente il mio bisogno nonché l'intenzione e la decisione di soddisfarlo. Sono vostra, sono di tutti e di tutte. Basta che siate molto porci e che mi trattiate da troia. Siate molto porci per una come me, molto troia. Non vi pongo confini: andate dove volete, pretendete ciò che vi pare. Non chiedetemi una semplice scopata. Ve l'ho detto: voglio gente porca, ho bisogno di sentire su di me, dentro di me, esigenze, pretese inconfessabili. Se qualcosa dovessi raccontare, lo farò senza porre limiti a me stessa, ma parlerò di voi rendendovi irriconoscibili. Intanto il tizio comincia ad effettuare i controlli fondamentali. Lo fa nel modo giusto, all'incirca. Comunque senza il minimo rispetto. Nello stordimento che provoca la sua pelle a contatto della mia, la più sensibile e delicata, con un mugolio che pare un rantolo, attacco il cervello alla figa. Il mondo si dissolve. Siamo soli, adesso: io, quelle dita e quella bocca che strappano grida alla mia bocca, io e quel cazzo che mi schiaccia sul soffitto. Grosso? Lungo? Basta che duri. Venga pure, versi la propria essenza dentro di me, ma che continui. Non c'è un orologio per sapere quanto duri, ma le pulsazioni dentro di me stravolgono tutto. Ora sono sola. S'è pulito l'uccello strusciandolo contro le mie guance. Ha svuotato il preservativo nella mia bocca. Mentre resto lì, afflosciata, mi guardo intorno. No, non vado a ripulirmi. Vengano da me quelli più porci, quelli meno rispettosi. Rispetto? Cancellatelo dalla vostra vita. Barcollando mi muovo verso il centro della sala. Una ragazza mi chiede se ho bisogno di essere sorretta. Farfuglio che ho bisogno di fare ancora sesso. Intanto s'avvicina a noi un tipo. Giovane, muscoloso, barbuto. Perché non viene qui a sfregarmi la barba sulla figa? Spero che ce l'abbia bella ispida. I due confabulano un attimo, poi lei mi offre della coca. Tracolla la mia libido e decolla il mio disgusto. Se non sai fare sesso tu, non farlo fare alla polverina. Mi allontano dai due, con rabbia e una voglia iraconda come mai prima. La coppia sniffa e s'allontana.
La prima persona che incontro è una donna, neanche tanto giovane, grassoccia, con qualche segnale di flaccidume. Va benissimo. La bacio in bocca e le ficco una mano sotto il suo perizomino. A che cavolo serve un perizoma qui dentro? Boh! Lei mi risponde toccandomi i piercing dei capezzoli. La invito a controllare anche sotto. Mi trascina verso una poltrona. Si siede, mi trascina sopra di sé. La invito a mordermi, a sbattermi. A farmi male. Le do l'esempio. La trascino dove a suo dire non era mai arrivata. Le do una lezione: l'argomento? Come trattarmi. Impara presto. Sono in visibilio. Col trascorrere dei minuti si aggregano a noi altre persone. Siamo ammucchiati sul pavimento. Non posso, non riesco a capire a chi appartenga il cazzo di chi mi sta dentro il culo, ma sono certa che a torturarmi i capezzoli sia sempre lei, che sto a mia volta mordendo. Non conto quanti scarichino la loro libido dentro di me. Non bado che abbiano la delicatezza d'infilarsi il preservativo. Importa molto, invece, che si limitino a cercare il loro piacere. Al mio ci pensa la donna con cui ho iniziato. A dire il vero, a me basterebbe pensare a ciò che sta avvenendo per sentire i miei brividi trasformarsi in terremoti.
Usciamo insieme, mio marito ed io, dopo che ho recuperato i miei indumenti. Non li indosso neanche all'aperto, sotto questa pioggerellina di ottobre che mi fa rabbrividire e m'invoglia. Una volta seduta mi ricompongo. Cerco sul sedile accanto al mio un bacio da mio marito. Mi accarezza la passera, avvicina al proprio naso il dito con cui mi ha penetrato. Mi dice che so di preservativo. Prendo in bocca il suo uccello. Anch'esso sa di preservativo e glielo dico. Mi chiede se glielo voglio pulire. Certo, ma dopo che siamo rientrati; a condizione che poi controlli a colpi di cazzo se mi è restata un po' di voglia. Aggiungo che cerchi di rientrare in fretta, perché voglio evitare di trovarmi incapace a resistere al bisogno che ho di lui.
di
scritto il
2022-11-24
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