Nomen Omen

Scritto da , il 2022-10-06, genere incesti


Premessa etica ed esplicativa.

In passato avevo affermato che non sarei mai più tornata a questo genere. I casi della vita, però, sanno condurci su strade inesplorate, indesiderate o per le quali non si avrebbe punto interesse. Così s'è creata un'occasione tale da ispirarmi queste paginette.


Sono in stazione. Sto per salire sul treno ad alta velocità per Napoli. Una signora anziana, un po' curva, minuta, arranca trascinandosi dietro un trolley. Decido per un'azione che quando lei era giovane sarebbe stata un dovere morale per chiunque e adesso nessuno considera: non c'è guadagno. Imbecilli. Mi avvicino a lei, mi offro per aiutarla. La convinco ed è contenta. Mi arriva, come statura, poco sopra l'ombelico. Carrozza sette, mi dice, ma ho dovuto insistere un po', prima. L'aiuto a salire, salgo anch'io. Il suo posto è di fronte al mio. Si perde in ringraziamenti. La osservo: sembra una signorina perbene del secolo scorso, uscita da un romanzo di Agatha Christie. Anzi, no. Mi fa pensare a un personaggio femminile di P. G. Woodehouse o di Aldous Huxley. Chiacchieriamo un po'. È simpatica, vispa: due occhietti da scoiattolo dietro gli occhiali. Ha novantasette anni. Se non fosse per la curvatura dorsale gliene darei molti di meno per il brio e la lucidità. Mi racconta della sua giovinezza, con aggraziata e sottile ironia. Mi viene in mente “giovinezza”, la canzone fascista (non per le idee politiche, che ignoro, ma per il famoso Vecchietta muore a novant'anni cantando “Giovinezza”). Ad un certo punto mi parla della governante della sua vicina di casa. Ne traccia una figura particolare, con spirito. Mi fa sorridere spesso. Poi mi s'avvicina, si guarda attorno con espressione furtiva, come se dovesse confidarmi qualcosa di sconveniente o di estremamente riservato. “Si faceva chiamare Dina, ma il suo nome vero era Bernardina!” Le sfugge una risatina. Io invece mi trattengo. “Si chiamava Rosa di cognome. Pensi: ne viene fuori un Bernardina Rosa che ci faceva sorridere.” Questa volta non resisto e, molto meno pudicamente di lei, scoppio a ridere. Lei s'associa. Da questo nome è nata l'opera di fantasia. Mica sempre devo parlare di me, no?

Nomen Omen

Sono nata, settimina, in Spagna, durante un viaggio dei miei genitori. Per questo mi trovo col cognome di mio padre e quello di mia madre affiancati. Già questo rappresenterebbe per molte persone un problema. Oh, no, non si tratta di collegamenti classisti o di questioni affini, nel mio caso. Piuttosto è un problema estetico, perché il cognome di mio padre è Perfalli e quello di mia madre è Grossi. Mica male, l'accoppiata, no? E me la porto con me per tutta la vita. Nonostante tutto non la cambierei. Nemmeno se consideriamo che le componenti del duplice nome che mi è stato imposto costituiscono un'altra accoppiata che neanche a cercarla. Mia nonna paterna si chiama Rosa. Questo è anche il mio secondo nome. Qui siamo ancora nella casualità. Di certo che io nascessi durante la loro vacanza non era nei piani. Sono nata, ribadisco, durante il settimo mese di gravidanza, e pure molto in fretta. Come in fretta ho cominciato a muovermi nella culla e a parlare. Che cosa c'entra questo col mio nome? Mi spiego: Perfalli Grossi mi pare un'accoppiata di tutto rispetto di per sé. Non so se per passione, se perché sfatto dalla frequenza di rapporti con mia madre o se in preda ai fumi dell'alcol per i festeggiamenti, mio padre all'anagrafe mi ha imposto il nome di Bernardina. Ci rendiamo conto? Bernardina Rosa Perfalli Grossi. Più che un nome è un marchio indelebile, un destino segnato. Oh, no, non tanto per le facezie da cui sono costantemente perseguitata, bensì perché mi sono trovata presto coinvolta nella vita familiare anche in situazioni in cui mancavano solo due dettagli: pudore e castità. Questo da quando mio padre, rientrando in casa improvvisamente ed inaspettatamente a metà pomeriggio, mi ha trovata impegnata da due ragazzotti con cui giocavo a scopa. Mio padre ha ritenuto che fosse il caso di redarguirmi. “A scopa si gioca in quattro!” ha esclamato spogliandosi anche lui. In tal frangente ho avuto modo di apprezzare le sue doti erotiche, la sua pregevole esperienza, la sua tenacia. Poi, nel dubbio che l'entusiasmante risultato della sua ingombrante presenza fosse dipeso dalla presenza e dall'attività dei due predaci ragazzi con cui m'aveva trovata, ho effettuato parecchie verifiche con lui. Sono giunta alla conclusione che sì, mio padre ben valesse una messa. Non nel senso di Enrico di Navarra per Parigi (che, fra l'altro, gli ha permesso di passare da Enrico III ad Enrico IV, un notevole progresso di carriera), ma una messa in corpo. Davanti o dietro: che importava?
Non sono dovute trascorrere tante settimane prima che anche mia madre capisse che dell'amor platonico ben poco m'interessava e che la mia passione era piuttosto coinvolgente. La mia prima esperienza saffica: appassionante e piena d'affetto. Anche d'effetto, perché poi mi sono trovata a condividere con lei parecchie situazioni piccanti. Quanto? Habanero.
Per il mio diciottesimo compleanno i miei genitori hanno organizzato un'orgia, l'ennesima, in famiglia. Eravamo in tanti, ma sono stata io il piatto forte. Forte da un lato perché mi sono fatta tutti i partecipanti, familiari compresi, unica del gruppo a raggiungere il risultato, ma d'altra parte perché mi sono resa conto della mia forza e della mia resistenza, nonostante il mio fisico esile, dall'apparenza fragile.
Superata la maturità, mi sono trasferita nella città dove avrei frequentato l'università. Accanto al campanello il mio nome completo destava interesse perché molti mi chiedevano di venire da me. Questo mi rendeva felice e mi permetteva di sentirmi rilassata e in pace col mondo, anche se mi distraeva parecchio dal motivo per cui ero lì, cioè dalla frequenza universitaria e dallo studio. In teoria studiavo farmacia (la mia famiglia possiede una farmacia), ma andavo poco oltre lo studio dell'anatomia, sia maschile che femminile. Non era il solito studio teorico di ossa, organi, apparati e muscoli ma uno studio molto più empirico, dettagliato, incentrato su una casistica localizzata ma di notevole consistenza. Mi ci applicavo con dedizione e arrivavo a sera talmente stanca che non avevo neanche voglia di scopare. Talvolta neanche di mangiare: era come se avessi già riempito lo stomaco. Be', effettivamente c'erano giorni in cui avevo la bocca piena a lungo e ingoiavo sempre. Di solito questo avveniva quando avevo il ciclo. Adoro certi sapori e cercavo di ricordare chi meglio corrispondesse ai miei gusti. Però facevo confusione e quindi discriminavo proprio molto poco. Insomma, ci davo dentro parecchio e chi era con me ci dava dentro senza remore. Per fortuna. E per mia grande soddisfazione. O più appropriatamente, per mie tante e grandi soddisfazioni.

Continuerebbe, ho già qualcosa. Dipenderà un po' dall'esito delle idee e un po' dalla voglia. Non fraintendete la voglia.

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