Il treno s'è fermato

di
genere
saffico


Siamo nude sul suo letto. Un letto a due piazze e mezza. Odoriamo l'una della figa dell'altra. Ansimiamo rilassate. Reciproche carezze tengono vivo il paradiso che abbiamo appena sperimentato. Appena: perché l'amplesso consumato è finito da poco, perché pieno di promesse libidinose e porche. Come siamo noi. Appena perché il nostro ansimare adesso, lo strillare, l'implorare, il violentarci di prima suonavano come preliminari a un fuoco su cui si gettano schizzi di alcool.
Avevo attaccato bottone io, col banale pretesto di quell'incomprensibile sosta del treno in mezzo alla campagna deserta. Avremmo appreso di lì a poco il perché, quando magistrato e carabinieri hanno cominciato a girare attorno al convoglio bloccato. È stato dopo circa un'ora che ci siamo baciate. Giunte alla sua stazione siamo scese insieme. In realtà io sarei dovuta arrivare fino al termine del percorso per prendere l'ultima coincidenza verso casa. La coincidenza era però saltata: due ore di ritardo perché un folle s'era buttato sotto al nostro treno... Così lei mi ha offerto ospitalità per la notte.
Poi noi due su una bicicletta, io seduta sul portapacchi posteriore, con le mani a scorrere fra il suo ventre e le sue tette. Senza reggiseno, come me. Ma le sue sono molto più grosse delle mie. Calde, morbide... più che una tentazione, quasi un monumento.
Dopo averlo fatto nella toilette del vagone, abbiamo riaperto in ascensore io la giacca e lei la camicia e il cardigan. Dieci piani di capezzoli leccati e succhiati. Solo l'idea che poi ci sarebbe stato un letto per noi due ci ha evitato di desiderare che i piani fossero cento o mille.
Mi chiede dei miei piercing: li ha toccati tutti e tutti hanno dondolato per le sue carezze delicate, hanno festeggiato le sue dita delicate. E tutti hanno scatenato passioni debordanti libidine e lussuria quando la forza dei movimenti è un po' aumentata. Ho trasmesso tutto ciò a lei, con baci, carezze, morsi, con bocca, mani e denti, facendo saettare la lingua dove il piacere si può trasformare in follia.
Guardo il nodo in cui le nostre scosse orgasmiche hanno trasformato le lenzuola. Più vicino a noi la larga chiazza bagnata degli schizzi che ci siamo reciprocamente provocate. Ci guardiamo negli occhi nella luce fioca che entra dai vetri notturni. Dovrebbe essere il bacio della buona notte, questo. Un bacio e una carezza per ritrovarci domattina. Ma ci sembrano scarsi, entrambi. Ce ne scambiamo altri. Si crea una piccola catena che via via s'allunga. Man mano che si aggiungono anelli s'incrementa la passione, si riaccende la voglia. La trasformiamo in bisogno, l'una dell'altra. Via via aggiungiamo pelle da baciare e da accarezzare. Una piccola alluvione senza danni. Anzi, latrice di piaceri sempre più intensi, sempre meno contenibili. Finché non torniamo al tutto, al troppo; a quel troppo che devasta e non basta mai. Come ci addormenteremo, poi? In che posizione ci sveglieremo domattina? Viviamo il momento, adesso, lasciamo spazio ai nostri corpi. Sanno esprimere quanto sia piccolo l'universo e quanto sia grande il piacere.
Le luci dell'alba mi raggiungono. Due occhi spalancati mi osservano. Una bocca si unisce alla mia. Un bacio per cominciare, una carezza per spiegarci, un'orgia a due per riconoscerci. Mentre stiamo abbracciate a lasciar defluire la tensione del piacere suona la sveglia. Sono gli orari di lei, è vero, ma devo anch'io recarmi al lavoro. Caffè lei, spremuta io. Una fetta di torta al cioccolato entrambe. Doccia, ma separate: il tempo è poco, soprattutto per me, che devo prendere un treno e poi un secondo per giungere a destinazione. Giacca, gonna, scarpe: tutto come ieri: mica ho vestiti di ricambio. Uso un po' di suoi cosmetici. S'affretta anche lei, senza scegliere con pignoleria il proprio abbigliamento Mi darà un passaggio come ieri sera, ma non potremo concederci effusioni. Un bacio di arrivederci sulla banchina, lei in una direzione e io nell'altra.
In ufficio una collega mi chiede se ho sentito del suicidio della sera prima, del tipo che s'è buttato sotto il treno. Le dico che ne ho subito le conseguenze. Sorrido e penso a quanto piacevoli siano state, ma dico che ho perso l'ultimo treno per rientrare e mi sono trovata un albergo.

Tre giorni dopo.
Sono in ufficio e un collega mi racconta dell'incidente. sospiro
“Pensa”, mi dice, “ha scelto quel treno perché è quello che prende sempre la sua ex fidanzata. L'ha lasciata perché lo tradiva, e parecchio. Gli hanno trovato una lettera in tasca e in quella lettera si spiegano tutte le ragioni”.
Lavoro, finisce l'orario, vado a casa, aspetto mio marito. Un'attesa che trabocca voglia. Ci sono due bollette nella cassetta della posta. Le guardo appena. Niente di nuovo. Telegiornale regionale. L'inquadratura è fissa su un palazzo. Compare il volto del giornalista mentre mi giro a preparare qualcosa per la cena.
“Signorina, che cosa ci dice del suo fidanzato, che s'è buttato sotto il treno ieri sera?”
Da parte mia penso che abbia fatto tutto sommato bene. Mi ha regalato un fine giornata e una notte di effusioni appassionate ed estremamente piacevoli.
“Mi scusi. Sono stanca, lasciatemi in pace, non ho nulla da dire. Grazie”.
Riconosco la voce. Rabbrividisco; fremo. Capisco il ringraziamento. Lo leggo nel suo sguardo e nel suo tono. Mi associo stupita. Guardo lo schermo e trovo conferma: è proprio lei. Altri intervistatori, altre domande. Non risponde. Si gira di scatto, si mette a correre. Svolta all'angolo e sparisce per qualche secondo. Si vede che sale su un taxi e parte.
di
scritto il
2022-08-20
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