A caccia

Scritto da , il 2022-08-25, genere trio

Voglia. Bisogno. Esigenza. Sempre maggiori. Incontenibili. È per questo che sono in questo bar a godermi questo tramonto nel tepore primaverile. Coda in autostrada, sotto la pioggia battente, così, per dare ferocia alle mie voglie. Coda ai bagni dell'autogrill. Da qualche parte dovevo pur liberarmi del vestito da lavoro per indossare quello da caccia. O da offerta, a scelta; forse da svendita. Un tubino rosso, molto corto. È aperto per tutto il lato sinistro, dall'ascella al bordo. Ha un lungo laccio che passa fra le due processioni parallele di asole per tenerlo insieme. Infine coda al casello, sotto il sole a questo punto. Effetto mare. Decido di farmi il primo che capita. Effetto assenza di mutandine.
Una bevanda a base di fragole e non so che altro, leggermente alcolica. Al tavolo accanto al mio è seduto un ragazzo. Niente di particolare. Subito gli si avvicina una cameriera. Le dice scherzoso che sta aspettando delle persone. Poche parole, ma la scollatura di lei gli sorride. Gli occhi di lui le rispondono. Lei ha un viso grazioso. Scambiano ancora qualche parola. In breve tempo, capisco che se non c'è confidenza, almeno conoscenza sì. Lo chiama Anacleto. Come si fa a chiamare così un bambino, al giorno d'oggi? È condannarlo al bullismo più sfrenato. Quasi giustificato. È vero che questo è adulto, ma non credo che gli siano mancate infanzia e adolescenza. Parlano, sottovoce ora, poi scoppia a ridere, assieme a lei. Mi viene un sospetto non appena scoppio immotivatamente a ridere anch'io, che nulla avevo sentito. Rido a crepapelle, quasi mi manca il fiato. Contagiata dalla risata. Quando finalmente ritrovo il respiro riconosco il collegamento sospetto: il gufo nel film “La spada nella roccia” di Disney si chiamava Anacleto, no? Intanto ho soppesato il personaggio e penso che magari mi potrebbe offrire una pizza. Ricambierei con la mia troiaggine. Non quella normale, bensì quella in versione estesa. Per grande e ricca possa essere la pizza, mettere sull'altro piatto della bilancia la mia zoccolaggine... neanche una cena per dieci al Sankt Hubertus. Ma va bene così; anzi, più che bene direi divinamente. Nel mentre arriva una coppia, abbracciati. Lei bella, lui insignificante. Chissà che cosa ci riesca a trovare, lei, in lui. Noto presto che le sue doti sono nascoste nei calzoni. Interessante. Ma non ho voglia di provocare liti o rotture. Lei si piega verso Anacleto e lo bacia con intensa passione nella bocca. Gli si siede accanto. E ripete l'azione. Troia, però, la tipa: arriva abbracciata ad uno e limona con un altro. Quasi penso che voglia farmi concorrenza. Ammetto che per il momento è in vantaggio. Chissà se quando si fa scopare strilla come me. Però anche senza la voglia che mi sta divorando penso che effettuare un controllo all'attrezzatura del maschio non sia poi un'idea così preoccupante. Reattività, spunto, durata, efficienza... per l'efficacia su di me, in questo stato, basto io. Scavallo le gambe, rinfrescando la passera. Per calda che sia, la mia umidità subisce l'effetto della brezza. Intanto arriva un terzo ragazzo. Assomiglia al secondo, ma è un po' più morbido. Si siede proprio davanti a me. Avrei preferito avere davanti uno degli altri due, quello lasciato libero dalla ragazza, sempre che lei decida per uno solo. Anacleto fa una battuta. Gli altri due ridono, la ragazza non reagisce. Capisco che parlano di politica. Nomi e cognomi. Il tipo davanti a me ne spara una su un politico che ha il cervello inversamente proporzionale all'entità del suo seguito. Non ho capito bene tutto, fra i rumori, la mia concentrazione avicola e il tono di voce. Anacleto scoppia a ridere e trascina tutti. Anche la ragazza. Anche me. Anche la cameriera che mi sta chiedendo se volessi ordinare qualcos'altro da bere. “Negroni”, le rispondo. Così, senza articolo. Penso ad un lapsus freudiano. Me lo conferma, il lapsus, l'alzarsi del tipo seduto di fronte a me. Le mie lievi divaricazioni devono esser state notate, evinco dalla nitida protuberanza che appare dai suoi jeans.
S'avvicina a me, mi offre di unirsi a loro. Ci sto. Visto quanto siano interessanti le prospettive, potrei agire diversamente? D'altra parte, anch'io ho offerto prospettive allettanti.
Ceniamo insieme. Orgia di crostacei e molluschi, vino pregiato. Conto salato, pagano con indifferenza. Anacleto se ne va con la ragazza (nel frattempo ho capito che è la sua fidanzata e che gli altri due sono i fratelli di lei). Questo non modifica nulla alle mie voglie, che manifesto non appena saliamo in macchina per andare nel loro appartamento. Quasi mi spogliano, già nell'ascensore. I miei controlli in macchina davano vita a grosse aspettative. Soprattutto lunghe. Ora trovano conferma. Se non fossero soltanto due piani ci scapperebbe anche una sveltina. Entro col sedere scoperto, un dito che sfiora il mio buchetto invocante, una mano che mi evita di gocciolare sul pavimento. Non c'è intervallo fra l'ingresso e l'inizio delle danze. Uno, l'altro, entrambi. Davanti, di dietro, in entrambi i miei centri del piacere. Non posso confonderli, non posso sceglierli. Posso soltanto subirli, come loro subiscono me, anche se non lo sanno. Nel salotto, sul divano, in bagno, nella Jacuzzi. In camera da letto, nella quale il letto è a tre piazze. Riempio di orgasmi tutta la casa. Loro dimostrano grande apprezzamento per la mia ampia disponibilità.
Comincia tardi questo giorno. Comincia coi due che mi scopano di nuovo. Comincia con le mie grida, i miei lamenti, le mie implorazioni, i miei inviti... comincia col mio piacere. Godono anche loro, eh! Le operazioni si prolungano con dimostrazioni di energia e di di fantasia. Per pranzo facciamo colazione, abbondante; vista l'ora tanto vale prendersi avanti. No, non mi fermo per il pomeriggio. Ora porto via i miei bruciori, i miei pruriti sono stati annullati, sostituiti. Porto via questi segni di morsi che costellano il mio corpo. Soprattutto quella pleiade sulle tette costituisce il marchio di tanta lussuria. Dovrò usare una pomata per i lividi? Non lascio capire che se insistessero ancora un po' mi fermerei ancora con loro. La tentazione è forte. Hanno potuto apprezzare le mie doti e sanno approfittare coerentemente dei miei desideri. O bisogni. È festa, ma è lunedì. E sabato prossimo incontrerò il cugino di Lara. Non sarebbe bello presentarsi con certi segni all'uomo che mi chiede di sposarlo, no? Perché, in effetti, mi andrebbe bene, sposarlo, anche se preferirei qualcosa di meno impegnativo. Sto bene con lui, condividiamo parecchi interessi e soprattutto il sesso con lui non ha pari. Ma mi conosco, ormai. Lo so bene: quando capitano certe giornate non sono di sicuro un esempio di candore, ma di lussuria. E allora, come ieri e oggi, le remore sono bicchieri di cristallo in caduta da un vassoio. È vero, è la mia lussuria a piacergli di più, la dote comune che crea condivisione. Ma riuscirà a sopportare? Certo, potrei sempre dirgli che è stato lui a tirar fuori da me la troia. Ed è anche vero che lui non si lascia mai scappare un'occasione. Probabilmente è questo il motivo per cui finirò per diventare la sua compagna. La sua troia no, questo stato è conclamato da un pezzo.

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