Paolo Cap.: IV Prima condivisione

Scritto da , il 2020-01-02, genere gay

Paolo, ovvero dalle tenebre dell’asservimento alla libertà.
Cap.: IV Prima condivisione


Che silenzio su quelle montagne! Gli unici rumori che si percepivano erano dati dal canto degli uccelli, dal richiamo delle marmotte e dal rilassante, debole suono di un filo d’acqua che cade e si fa spazio fra le rocce dei pendii. Il manto erboso, verde smeraldo, era il tappeto morbido sul quale si rifugiava il nostro ragazzino per godere del fresco solletico causatogli dai lievi soffi di vento.
In quella giornata soleggiata il nostro giovane alpinista si soffermò a contemplare la bellezza del paesaggio che si estendeva davanti ai suoi occhi, riparato, alla vista di altri, da ciuffi d’erba ancora impregnati di rugiada.
“Annnnnnnnff, … afffffffffffff, …”
Un ramarro osservava quel volto, … quelle mani che spizzicavano fili d’erba, che stormivano sul tappeto erboso, … e poi indisturbato se ne andò, indifferente e incurante dei lamenti e dei rimproveri a lui rivolti.
“Almeno tu sei felice; … io è da giorni che non lo incontro. Offre e distribuisce a tutti sorrisi, incitamenti; parla con gli altri e con me …mai. Perché? Che cosa ho fatto per non avere un suo sguardo? Ohhhhh!”
“Abbraccia il tuo lato illogico, il contro natura e abbi cura dell’istintivo: sei nato piangendo, ma sei fatto per la felicità. Accosta le tue ali, difendi il tuo cuore; è la sola certezza in questi giorni di sospiri, di pianti lievi, di amori, di timori, di incontri, … è la scoperta di te stesso, il volo che hai iniziato. Non temere, lasciati cullare dall’aria. Sii come quell’aquila, volteggia in alto serena, respira l’aria dell’alta montagna quietamente, placidamente. Che hai … che parli mio piccolo principe? Sogni a palpebre chiuse e … ti lamenti con la natura. Il ragano non ha guardato i tuoi crucci, … sono eccessivi, incongrui. Non mi era possibile avvicinarti; … eri rimasto a casa, … non potevo averti in confessionale da subito; … dovevi continuare a fare come hai fatto il giorno dopo il nostro ultimo incontro e partecipare di più con i tuoi compagni ai dibattiti, al gioco. Io non ti ho abbandonato, … ti ho qui dentro, … nel mio cuore. Ora scendo, … tu seguimi tra un po' e raggiungi, prima, Federico. Ti aspetto per confessarti. Mi auguro che tu abbia studiato o visto il materiale che ti avevo consegnato!”
Rideva Roberto alla sua facezia poiché sapeva che quei fogli erano stati visti e stravisti. Paolo risollevato nello spirito, dall’improvvisata e per l’invito cambiò espressione, riprendendo ad esternare il sentimento, il suo ardore per l’uomo che lo aveva aperto alla vita.
“Sì, … ho tanti peccati da esternarle, … e le riviste, … i libri ce li ho qui nello zainetto. Grazie, … stavo piangendo prima, perché …”
“Non parlare. Dopo domani i tuoi compagni scenderanno a valle, … ritorneranno alle loro case, ma tu rimarrai qui, con me e Federico, per proseguire gli esercizi spirituali in un’altra casa, … su un altro altare, … tra un po’ di giorni. Nel frattempo, avremo modo di cucire, di farti indossare un pigiamino diverso, profumato, umido, luminoso, caldo. Quando, dopo, ti vedrò voglio le tue braccia al collo e le tue labbra pronte a ricevere il mio bacio. Ti voglio bello dentro, … pieno di luce e di passione.”
Il cielo azzurro, cosparso di nuvole bianche, sovrastava la catena montuosa. L’aquila planava e girava dolcemente nell’aria. I caldi raggi solari rendevano più brillanti i colori puri della natura. Paolo non stava più nella pelle dalla felicità che provava; sarebbe andato nuovamente a confessarsi. Che stupido era stato: come poteva il suo Don Roberto essersi dimenticato di istruirlo, … di fargli da maestro, … di inserirgli il suo grosso membro nel culetto? Ohh, … doveva farsi perdonare; … gli avrebbe confessato anche i più reconditi dubbi; … gli avrebbe messo le braccia al collo festosamente, … era esultanza … felicità … piacere per lui … avere le mani dell’uomo sul suo sederino, … mani forti, focose, tornite, lascive, esperte, autorevoli … che lo … Ohhhh, … gioia, … ohh che letizia sarebbe stata baciare il suo maestro sugli occhi, … sul naso, … sulla fronte … e poi le labbra e aprire la sua bocca per riceverne la lingua e farsi succhiare … sino a svegliare il suo pisellino, … sino a trovarsi il culetto tutto umido, sudato, caldo, palpitante. Ohh … desiderio, … ohhhhh sete di sentirsi pieno, … di avvertire ancora il suo sfintere bramare, … di essere dilatato, allargato da un cono duro, massiccio, marmoreo, ma cedevole e vellutato allo stesso tempo, … impetuoso, infuocato; di essere ancora sodomizzato; di risentire il languore dato dall’appagamento dei sensi e dall’insistente, ripetuta frizione sulle sue pareti intestinali. Ohhh … siiiiiiiiiii, … doveva ritornare e cercare Federico di corsa, dicendogli che doveva confessarsi dal direttore e che lo avrebbe dovuto condurre. Ripercorse il tracciato dell’antica mulattiera verso la struttura per vacanze dell’istituto di corsa con il suo zaino sulle spalle, contenente istruzioni, immagini, diari, racconti. Ohhhhhhhh sìììììì, … non gli importava nulla se il suo assistente lo poteva vedere gettare le braccia al collo al suo don Roberto … e baciare, … e …
Incontrò un motoveicolo a tre ruote con un cassone posteriore che saliva con un cane a bordo, tranquillo, senza guinzaglio, dall’espressione beata. Salutò, con le mani e un grande sorriso, l’autista e l’animale. Saltava e cantava con parole sue, felice, da un masso all’altro, senza paura di cadere o di farsi male.
“Oh, Paolo! Dov’eri? Ti stavo cercando assieme ai tuoi compagni.”
“Mi scusi assistente. Stavo, disteso, sul prato sopra la casa che ammiravo la cima del Rosa, il giallo dei tarassachi in fiore e quel minuscolo muoversi tra i fili d’erba e poi, godevo del fresco che il tappeto erboso mi trasmetteva. Deve sapere, signor assistente, che adoro contemplare quella distesa di giallo, … mi trasmette allegria, desiderio di aprirmi, di abbracciare l’aria che mi circonda o di lasciarmi fasciare, vestire, … colorarmi di quel colore: trasmette gioia, luce, calore; attira vita e ti spinge a volare, ad andare tra le braccia del sole. È bellissimo quel prato, zeppo di puntini gialli con un profumo particolare, … pieno di piccole farfalline azzurre e di altri piccolissimi insetti volanti. Ohhhhhh, signor Federico come deve essere grande Colui che oggi ha regalato alla mia vista un simile spettacolo.
Ho fatto un peccato là: ho raccolto un po’ di quei fiori per essiccarli, in modo che, nel trovarmeli tra i libri durante l’anno scolastico, mi rammentino la gioia che ho vissuto steso tra loro e poi ho colto anche una piccola stella alpina. Mi assomiglia, perché ama vivere in alto, appartata, in disparte da sguardi che non amano il cielo. La guardi, … anche lei, la voglio tra i miei ricordi di questi giorni.”
“Ho intravisto nel tuo zainetto dei libri e …”
“Me li ha dati il direttore da leggere; dicendomi che conoscere, informarsi non è peccato; che la vita si deve viverla con le sue emozioni, i suoi pensieri, i suoi sogni, con le sue manifestazioni, … con le sue pulsioni; che dobbiamo lasciarci prendere o andare ai suoi impulsi, … e a me piace tantissimo. Mi incanta e attrae. … ma Lei non mi deve accompagnare da Lui? In questi giorni ho partecipato ai giochi, alle riunioni, alle meditazioni, ma devo confidargli anche le trasgressioni odierne, i pensieri avuti di egoismo, di poca generosità. Lui ha chiesto di farmi accompagnare da lei. Mi porta lei la sacca? Non ho niente da nascondere, … quello che potrà vedere è una parte di me. Così, senza quell’impiccio io potrò correre, saltare per manifestare tutta la mia felicità, mentre ci rechiamo da lui.”
Per quell’incontro don Roberto era apparso alla porta del suo ufficio con la veste talare meravigliando i due, che da tempo indeterminato non lo vedevano con quell’abbigliamento.
“Ho indossato quest’abito per dare più rilievo alla tua confessione e più autorevolezza a me nei vostri confronti. Io sono il sacerdote che assolve e anche il vostro superiore. Dinanzi a me, se richiesto, vi dovete inginocchiare per avere la mia benedizione. Ora entrate e tu, Federico, chiudi a chiave la porta: non desidero che qualcuno ci venga a disturbare mentre siamo in preghiera e voi in espiazione.”
“Ohhh, … don Roberto è da tanto che non entravo in queste stanze! Finalmente posso sfogarmi ancora e ricevere la sua assoluzione per le mancanze che la mia persona piena di egoismo ha manifestato e mostrato; anche l’assistente chierico, don Federico, se n’è accorto.” … e senza attendere risposta, invito, stimolo, corse, … anzi volò tra le braccia del suo Maestro, abbracciandolo a ranocchia tra la sorpresa dell’accompagnatore. Sostenuto dalle mani del direttore, a lui aggrappato con le gambe, baciava il volto della persona che per primo scoprì la sua indole. Teneri bacini dalla fronte al naso, dagli occhi agli orecchi per scendere verso il collo ed arrestarsi per un impedimento; per ritornare sul volto, sulle labbra non ancora schiuse; e poi … il bacio lasciò esterrefatto anche il chierico, … le lingue, incontratesi, si annodavano per pulirsi a vicenda, per rasparsi, per debilitare l’altro o per narcotizzarlo, in modo che spossato e sfinito, non ponesse resistenza alcuna a lasciarsi svestire, denudare, scoprire. Mentre si baciavano le mani del sacerdote, oltre a sostenerne il peso, strizzavano, palpavano, si muovevano sul sedere del piccolo e cercavano una strada per arrivare al buchetto che si stava già inumidendo.
“Non vuoi conoscere, esaminare, tastare, sondare, annusare, dopo che l’avrai svestito, anche il tuo assistente? Miralo in quel luogo … è un po’ bagnato! … ehiiiii, ti stai turbando, … risvegliando? … quanto desiderio hai di conoscere, … godere, … gustare due pesciolini, … che poi tanto pesciolini non sono!”
“Sì, tanto; ma anche il suo non è da meno, visto come stuzzica e preme sul mio culo! … -e guardando il suo assistente pressoché nudo- Federico aveva già iniziato la svestizione-, … se prosegue, come faccio ad eccitarmi senza percepire i suoi profumi? … ohh aspetti, … che voglio strappargli l’involucro venato, … chiazzato che ricopre il suo membro turgido, … che cola sui tessuti il suo desiderio di prendere aria, … di essere imboccato, … di essere preparato ad entrare in un vicolo cieco, caldo, palpitante, vivo, … che lo stringerà, fascerà, strizzerà, circonderà dalla base alla testa, … non dandogli tregua, … riposo, … se non dopo una lunga, accurata mungitura, affinché mi conceda i suoi succhi vitali. … e mentre le mie papille gustative assorbiranno l’ansia di Federico, lei … dia aria al mio sederino, … lo arrossisca, … lo scaldi, … lo renda arrendevole, docile, accondiscendente, ubbidiente a ricevere, a dar accoglienza nel suo caldo, umido rifugio ai vostri grossi lucertoloni.”
Inginocchiato dinanzi al chierico, con un gesto di ossequio, prima osservò la macchia che si ampliava sempre di più sul tessuto bianco, … poi la forma allungata di traverso sino al bordo dell’indumento e dopo, anche con la bocca socchiusa, inalò prima il calore che si sprigionava da sotto, di poi … portate le mani sui glutei dell’assistente, … attiratoselo più vicino, ne inspirò i profumi. Ohhhhhh desiderio di conoscere, di scoprire nuovi orizzonti … quanto domini, condizioni e avvinci questo giovinetto? Lui è lì che, mentre le sue mani tirano verso il basso quelle mutandine intrise di umori, guarda, contempla estasiato un palo lungo, nodoso con una testa rossastra, lucida … che oscilla da una parte all’altra in attesa che una mano la indirizzi, la guidi, la coccoli salutandola, … che la stringa per immergerla in un antro umido, caldo, vellutato. I suoi glutei arrossati si sforzano di aprirsi per mostrare un fiore lucido che boccheggia, per aprirsi dando modo ad api di entrare e di prendere il calore, colà nascosto.
“… e ora, amici miei, venite a rendere omaggio al destriero che vi domerà, renderà docili, entrambi. Eccolo, è quasi pronto a scassinare, a rompere i vostri culi, a sostenere … accelerare i vostri e miei piaceri. – e … sollevatosi e sfilatosi la veste, … mostrò ai due un membro già turgido, ma non ancora pronto alla lotta contro due scudieri. - … Veneratelo, … adoratelo, … odoratelo con il limarlo con le vostre lingue; … prima tu Federico, … spiega e catechizza, e poi tu, Paolo. Prendetevi una sacca a testa e schiacciatela tra lingua e palato, succhiatela, fatele conoscere le vostre aspettative, ma non snervatela troppo, poiché non ci siamo ancora puliti. Bravissimi, … così, … ma ora andiamo in bagno ad espletare la lavanda intestinale, che permetterà ai nostri intestini di godere, di percepire maggiormente le vibrazioni, i sussulti, i singhiozzi di un membro affamato di piaceri.
Ognuno di noi, prima di eseguirsi la lavanda, dovrà versare il contenuto della sua vescica nel vaso posto sopra il lavabo. Servirà, dopo, a profumare il nostro cherubino prima di incaprettarlo, di ciularlo contemporaneamente da entrambe le aperture. Vieni, mio carissimo ragazzino, palpitante, fremente di fare nuove esperienze, nuove conoscenze a ricevere dalle mie mani la tua doccia anale, … ma prima svuota la vescica … e fai schiuma … in modo che sprigioni i suoi aromi, il suo profumo.”
Poggiato al lavabo, con l’orinale sotto il naso per essere assuefatto, affinato a quelle fragranze, Paolo con il sederino in fuori offrì il suo terso, luminoso dianthus caryophyllus alla sonda-doccia. L’acqua, un po’ freddina, entrava, governata dalla mano di Roberto, a volte con spruzzi violenti o a intermittenza per far ansimare, sussultare il giovinetto e poi lenta per meglio gonfiare, riempire il suo intestino sino a provocargli dolore.
“Hooo … un … po' … deeevo … mi …” Si teneva la pancia, mentre la cannula stava ancora al suo interno. Aveva dei crampi, che Roberto e Federico alleviavano con massaggi; … e poi …, prima leggeri, piccoli, silenziosi rigagnoli terrosi apparvero e scorrevano giù per le gambe per ingrandirsi, crescere e allargarsi sino a farsi torrenziali, rumorosi, da marroncini a trasparenti, da infangati a puliti. Ansante, tenendo il pitale per far orinare Federico, si lasciò cadere sul pavimento in attesa di riprendersi, ma soprattutto per contemplare Roberto che inseriva il sondino nel culo del chierico, dopo averglielo oliato. Il membro dell’assistente si muoveva sia verso l’alto che dondolando da una parte all’altra e si ingrossava. Ohhh meraviglia! Lo desiderava, … lo voleva dentro, … nel suo culo, … perché glielo sfondasse, … che lo lasciasse senza fiato; e poi anche quello di Roberto si stava svegliando e inturgidendo ancora. Dal suo pisellino stillavano copiosi umori trasparenti e il suo sfintere, nel fango delle purificazioni, vibrava, … chiedeva, … implorava. Posato il vaso sul lastricato, spinto dalla vista andò con le mani su per le cosce del giovane uomo, incurante di quello che scendeva e colava limaccioso, … mormorante, schiumoso da quell’ano.
Incoraggiato, spinto e guidato da Roberto si posizionò con la testa tra le cosce del quasi coetaneo per limare, leccare, baciare quel pene che si inalberava, si impennava sempre di più, ma, non arrivandoci, per essere semisdraiato, dovette accontentarsi di pastrugnare, di aspirare e suggere le sue sode, dure ghiandole pendenti. L’acqua, sgorgando dall’anello sfinterico del chierico ormai pulita e trasparente, prima di terminare il suo percorso verso la piletta di scarico, finiva sul ventre del giovane, implume adolescente; che accettò di rimanere in quella posizione anche durante il lavaggio intestinale del Don, fiancheggiato da Federico.
“Signor Direttore, deve pisciare prima di pulirsi l’intestino! Avanti, … che le tengo l’orinale vicino!”
“Preferisco che tu lo regga appena sotto il mento, in modo che il profumo che si sprigionerà dal vaso ti entri per le narici inebriandoti, ubriacandoti, eccitandoti per farti appassionare, avvincere e innamorare per simili riti. Tutto quello che in un’orgia succede per dar godimento ai partecipanti è ben fatto e deve essere sempre accettato. Federico, prima di introdurmi la cannula, aiutalo a sostenersi e a reggere il vaso in modo che io possa svuotarmi la vescica senza problemi; e tu … ragazzino, … guardami mentre urino … con la bocca semiaperta. Ohh, come sei bello, sensuale con quella espressione vispa, maliziosa, sbarazzina da monello e sempre più desiderato. A quei resti fecali dell’assistente dopo aggiungerò i miei, mentre mi suggerai, leccherai, ungerai i testicoli con le tue salive; … e con la lingua curami, poliscimi, limami, se ci riesci nel sostenerti, anche la muscolatura dell’area perineale e dell’interno cosce. Voi non sapete, ne potete immaginare, quanto ecciti avere una lingua che ti lustra, carezza lo scroto e la muscolatura vicina nel mentre ricevi ed evacui un portentoso, immane clistere. Dai dolori dei crampi al piacere sublime, agognato dell’evacuazione abbinato alla lussuria e alla lascivia di una lingua che, sfiorandoti, ungendoti, lustrando quelle tue aree, ti vuole snervare, logorare, debilitare per … Ohhhhhhhhh, piaceri subblimi! Chi non ha mai provato a far sesso con un suo simile non può capire, comprendere quello che affermo e provo. Non ci sono parole o esempi che possano farlo intuire ed immaginare. Avanti Federico, da tempo mio compagno di giochi, introducimi il cannello ed irrigami l’interno in alternato veloce o lento, in modo che io senta il getto sulle pareti interne delle mie viscere; … e tu Paolo, che brami, spasimi, ti struggi di ricevere quello che miri, lambisci e bagna con le tue salive i miei scudieri, le loro terminazioni nervose e la valle dell’Eden che conduce alla porta di Sodoma.”
I liquami, rincorsi da fragori e scrosci, principiavano a erompere per colare lungo le cosce e la sinfisi pubica, e poi … rovesci e fiotti melmosi sul ventre di Paolino, che incurante di quello che riceveva, spinto dalla visione dalla fava nodosa, oscillante di Roberto e dagli spasmi e sussulti anali, proseguiva a detergere, pulire, lavare con le sue salive l’area prescrittagli.
“Ohhhh … piacere inaudito! Lecca, … pulisci, … spazzola con la lingua, … disinfettami con le tue salive! Ohhh … il piacere dell’evacuare con quello di una lingua che titilla, scivola, raspa, accarezza la congiunzione della mela e penso che non sia diverso per te, mio piccolo spasimante, l’appagamento che stai ricevendo con la vista, l’udito, l’odorato, il gusto e il tatto. Tutti i tuoi sensi vengono sollecitati, eccitati, accesi. Per te ho conservato e sto producendo tanto succo: sarà tutto tuo; la prima razione te la darò da gustare, la seconda te la effonderò nel retto e l’altra sul volto per rendertelo ancora più luminoso e profumato di primavera.
Il germoglio solleva il terriccio per salutare il primo sole del mattino, allarga le sue foglioline e alza il fusto per raccogliere ingordo e assettato più rugiada possibile e sulle sue verdi lamine, stille trasparenti, riflettenti il sole, salutano, cantano l’inno della vita. Ecco, tu sei come quel virgulto che, aperta la guaina del seme, ora spasima, brucia, anela di ricevere l’albero luminoso e radioso dell’eros per avere i suoi umori essenziali. Vieni piccolo, dolce monello fra noi due. Allungami le mani e alzati. Scosta e apri il tuo magnifico, sodo sederino al mio strumento; fagli conoscere il desiderio struggente del tuo palpitante anellino di essere penetrato, nuovamente sfondato, distrutto, rotto. Non importa se il tuo corpo è velato, avvolto di melma: questo tuo stato per la nostra brama non è un ostacolo, anzi … ; se le tue labbra sono imbrattate, esse per me sono una delizia da cogliere con un estenuante, caldo, sensuale bacio e … mentre applico le mie labbra e le premo sulle tue, in segno di amore, venerazione chiudi gli occhi per cogliere, riconoscere la brama che hai tra i glutei, … desiderosa di possederti; ascolta la nostra respirazione e vai con le mani a conoscerci. Ohh bacio infangato e osceno, lingua depravata e lasciva, mi state regalando momenti indimenticabili, sublimi, di inarrivabili piaceri.”
“Onnnnhhhhhhhhfffff, … sììììììììì! … struscialo ancora Federico, … fallo gustare alla mia valle dell’Eden, … entrami dentro, … il mio anello pulsa, … boccheggia, … si apre … e si chiude su nulla. Entrami, … ti prego. … e tu, mio maestro e superiore, persevera a baciarmi, … leccami il viso … succhiami il naso, … mordi le mie orecchie, … estrai la mia lingua, … debilitami. … Andiamo a lavarci … che bramo, anelo di avervi dentro, … di estorcervi il nettare. Ohhhhh, … fottetemi, … inculatemi, … sodomizzatemi, rompetemi il culo, l’ugola e … la mente! Sono vostro e prendetevi tutto, … tutto, … tutto il piacere che vi spetta.”
“Prima, … ragazzino desideroso, libidinoso, lascivo, infoiato ed eccitato devi ascoltare la nostra invocazione allo Spirito del Piacere affinché allunghi le sue mani su di te per proteggerti e conservarti.
Piccolo tesoro discosta le gambe e, appoggiandoti al lavabo, mostra il tuo sacco; … ecco così.
Preghiamo: O Spirito della Lussuria, infondi in questo ragazzino la consapevolezza di essere un omosessuale, affinché sappia concedersi in libertà e con sempre rinnovata passione.”
-Toccandogli l’addome – “O Spirito della porneia, conserva a lungo in questo ragazzo un corpo casto, pulito, esemplare e radioso, affinché possa essere seducente giaciglio per coloro che si distenderanno per fotterlo.”
- Toccandogli i glutei – “O Spirito dell’attrazione e dell’incanto, siigli maestro, poiché solo tu conosci questa nobile arte, affinché lui possa essere a lungo fonte di deliziose emozioni per l’anima e per il corpo per tutti coloro che lo avvicineranno.”
- Inserendogli una mano tra i glutei- “O Spirito della Sodomia, concedi a questo giovinetto il segreto del piacere più profondo, affinché possa a sua volta offrire tutto sé stesso senza impedimenti e con costanza”.
“Inginocchiati ora e venera come sai fare, prima di lavarci, gli strumenti bramati, sognati per fotterti, … per buggerarti, … per avere l’appagamento e l’estasi sessuale che vagheggi da quando hai iniziato questo percorso e a noi di godere del tuo corpo, sia fisicamente che mentalmente. Bravissimo, … sì, … così. Da noi escono stille per le tue labbra, … prendile e posale sui tuoi occhi, come collirio per la tua vista. Bene, … sei una favola, piccolo Paolo; … e ora andiamo a lavarci. Godiamo del piacere dell’acqua calda che scivola sui nostri corpi per asportarci quello che rimane dei nostri fanghi.”
“Annnnffffffffff, … sììììììììììì, … aannnnfffffff, … sììì le vostre mani!”
Acqua calda e sapone, massaggi ovunque su quel corpo, lavato, accarezzato, stimolato, eccitato in ogni anfratto, esaminato e sottoposto a snervanti, sottili, piacevoli, straordinariamente sensuali provocazioni, … e lui, preso tra loro, sollevato a natiche divaricate, perforato dalle loro dita, urlando, a singulto, parole che solo la passionalità imbocca, perdendo la cognizione del tempo e del luogo, viaggiando in spazzi paradisiaci, sublimi, venne meno tra le braccia di Federico. Sostenuto, richiamato, sollecitato riaprì gli occhi, sorpreso di ritrovarsi sfinito sotto una doccia con due maschi nudi, eccitati, vogliosi delle sue intimità.
“Ohhh, … finalmente sei ritornato dal paradiso, dall’estasi in cui ti eri eclissato! … Ohhhh amato, … ragazzino prezioso e unico, … asciughiamoci e poi ti rivestiremo dei nostri profumi per essere fottuto, inculato, sbattuto.”
“Ohhh-riprendendosi- in che meravigliosa visione sono stato!”
“Dopo, … prima l’abluzione e poi, sul letto, ci descriverai quello che hai visto. Ora inginocchiati e socchiudi le labbra. … Guardaci e ingurgita, degusta quello che ti indirizzeremo!”
Lo scroscio delle loro orine moderatamente calde produceva schiume che fuoriuscivano anche dal naso; formavano rivoli tiepidi, dolci dalle labbra giù per il collo e il busto; suggeriva di avanzare verso nuove esperienze. Rialzatosi, ricevette e gradì l’abluzione su tutto il corpo con il sugo delle loro vesciche e di averne anche nel colon per trastulli lascivi sul letto, tramite una peretta.
Emozionati, godevano sfiorando, tastando quel tenero germoglio bramoso di raggi solari e lui, spinto da sospiri dolcissimi, prendeva le loro mani per portarsele sul petto.
“Sentite, … batte fortissimo per tutti e due. Mi piace quello che mi state insegnando, … tantissimo. Vi amo. Fatemi quello che volete.”
“Sì, ma dopo che ci avrai descritto quella che hai chiamato, denominato: splendida, raggiante voluttuosa visione.”
“Miravo commosso il prato tappezzato di fiori gialli qui sopra, … ne inalavo il profumo mentre il sole mi scaldava. Pioveva tiepido senza nubi ed io mi inzuppavo di un qualcosa che mi accendeva ed eccitava. Non ero unto, bagnato o insudiciato, ma mi sentivo vestito altrimenti. … Un non so, iniziò, attorcigliandosi su per le gambe, a salire creandomi, dandomi sensazioni, … rimescolamenti, … eccitazioni bellissime. Il mio vestiario spariva nelle fauci di scivolosi, vellutati, caldi tentacoli.
La mia bocca si apriva per ricevere una testa bagnata, mentre altre si muovevano sul mio corpo. Dopo un primo momento di nausea, scoprii che quello, che avevo tra le labbra e che mi pungeva la gola, fosse bellissimo. Aveva un odore strano e un sapore che mi piaceva.
Le mie mani si muovevano sul corpo che rimaneva fuori, mentre leccavo e andavo con la lingua dove più forte era l’aroma, mordicchiando e succhiando. Fremeva e sbatteva. Mi donava tanta bava … salaticcia. Mi piaceva ogni momento di più. Ero talmente preso da quello che stavo facendo, che all’improvviso, senza rendermi conto di niente, mi trovai la bocca piena di un liquido delicato, caldo, quasi dolce, mentre altri si infilavano tra i capelli e mi tenevano fermo. Altri fiotti e io ingoiavo quel sugo, … mungevo e deglutivo finché, da altri tentacoli, non mi sentii sollevare e sfilare l’ultimo baluardo al mio pudore. Uscitami dalle labbra, fissai strabiliato quella testa levigata, gocciolante umori; mi abbassai lasciando scivolare la mia lingua dentro di quella per scoprire tutta la dolcezza e l’abbandono di un bacio. … e quella diveniva amante, … tentacolo, … lingua, … cazzo, … glande. La avvolsi con la lingua e la ripresi dentro di me per giocare, rincorrendola, succhiandola in una danza selvaggia e appassionata. Non so quanto durò quel bacio, ma fu lungo e ripetuto, poiché, ora, ero io che non riuscivo più a staccarmene.
Il manto erboso divenne giaciglio, letto. Quelle terminazioni mi stesero, si chinarono su di me e presero a baciarmi ovunque. Mi mordicchiavano gli orecchi, … mi lisciavano il collo, … mi lambivano i capezzolini e li succhiavano, … mi sfioravano la pancia roteando le loro lingue nell’ombelico.
A poco a poco mi tranquillizzai per farmi prendere da quelle straordinarie sensazioni. Intanto il primo mi carezzava, … mi baciava e leccava le cosce, i polpacci, i piedi, … e di nuovo i capezzolini, il collo, le orecchie … Vibravo come la corda di un violino, … mi scuotevo come un puledro impazzito, …oscillavo come una foglia pulsata dalla brezza marina, … tremavo. Prese a leccarmi il pisellino e i testicoli, a lungo, dolcemente. D’un tratto quei arti prensili mi misero a pancia in giù per carezzarmi i glutei, leccarli, lustrandoli, morderli coprendoli di bave. Mugolavo, … uggiolavo, … gemevo; ed ecco che me li sentii allargare per individuare ed esporre il mio fiore, già umido, vivace e palpitante.
Sentivo quella testa calda, liscia, grondante schiume … e stretto, compresso, premuto; e subito la lingua di quell’essere cominciò a leccarmi proprio lì, sul buchetto, e attorno, con pazienza e indugiava millimetro per millimetro a vellicare ogni mio nervetto eccitabile. La percepivo bagnata, palpitante, sensuale, calda … Principiò a pressare sull’apertura, penetrava leccando e ungeva entrando, si ritraeva, poi limava di nuovo slittando più a fondo; e, mentre mi lavorava di lingua, sue ramificazioni mi alzarono il culo, sistemandomi chinato, a ginocchioni, per rendere più facile e piacevole la sua operazione.
Quando comprese che non offrivo più resistenza, la lingua del formichiere cominciò ad allargarmi l’apertura e a leccarmi sempre più dentro, … sempre più a fondo. Poi … Il mio buco era aperto, la sua testa scivolava dentro, sia pure a fatica, ma avanzava, … mi saturava, … gonfiava. Era come se qualcosa di enorme mi stesse entrando nell'interno, … mi dilatasse, … la mia carne cedeva docile; e quella non finiva mai di accedere e di scorrere nelle mie viscere. … e quindi, quando comprese di avermi riempito, cominciò a muoversi piano, avanti e indietro, e ogni volta che riaffondava, piacevoli sensazioni mi prendevano per salire verso l’alto e tornare e scontrarsi con altre che si espandevano a loro volta. Gemevo, ansimavo, e … mentre aprivo la bocca per esprimere con parole o monosillabi le emozioni che vivevo, un’altra testa, … un’altra serpe, … un altro tentacolo mi otturò la bocca per dirigersi verso l’esofago e più giù.
Una testa spingeva e l’altra abbandonava; o facevano la medesima azione. Il piacere dello scivolare indentro abbinato a quello dell’uscita, … di sentirmi pieno, saturo, sazio al sottile del fresco che mi invadeva o a quello che contemporaneamente mi infilzava per farcirmi, imbottirmi lasciandomi unguenti, balsami; e poi fuoriuscivano, assieme, per rientrare più violenti in sincronia con i miei “Ahhhhh, … ohhhhhh, … umhhhhh.” smorzati, ovattati, abbinati a salive che mi colavano ai lati delle labbra per pendere giù per il mento, come bave. Prono o supino sempre pieno ero e appena uno di quelli vibrava o tremava irrigidendosi come ferro caldo per sbattere più violentemente la testa sulle mie pareti interne o spingendosi ancora più giù nell’esofago, per inondarmi di bianche, bollenti creme e si sfilava, era subito rimpiazzato da un altro e a volte, per darsi il cambio, passavano dal retto alla bocca, provocandomi ancora sommessi ululati, … soffocati guaiti, … flebili uggiolii. Varie volte stavo per incontrare l’estasi, ma quel formichiere, su cui a volte mi sostenevo, con la sua lingua me lo impediva fasciando e cingendo stretto stretto il mio pipi. Avvertivo le pulsazioni, gli schizzi caldi in gola, come nelle viscere. Ero contento, beato, estasiato e in risposta a tutto questo, ondate di piacere si diffondevano in tutto il corpo dal buco del culo. Godetti e volai su nel cielo azzurro, scaldato dal sole. Volevo rimanere così per sempre, con quelle teste interamente dentro di me, coperto di spume e di sughi, con i capelli grondanti unguenti, sotto quella persistente pioggia cremosa, saziato da quella in entrambi i miei fori. Tremavo e oscillavo, contraendomi e distendendomi, e sobbalzando con il mio anello sfinterico che boccheggiante stringeva ancora di più l’ultima anguilla.”
“Oh, piccolo Paolo! Spinto dai nostri massaggi, hai avuto delle visioni che ti hanno procurato immensi piaceri, sino a perdere i sensi per offrire alle nostre mani i tuoi succhi. Da codesta visione hai appreso a conoscere altre sfaccettature del piacere carnale. Farai altre esperienze, ma ora non voglio anticiparti nulla: sarà una sorpresa, … una lunga, estenuante gara a dare e ricevere. Imparerai a conoscere sempre meglio i corpi, ai quali ti doni. Il tuo anello è molto umido e Federico lo vuole conoscere. Vienimi sopra, … arruffa con la lingua i miei peli, … lava il mio bastone e concedimi di prosciugare il tuo, mentre Federico con il medio andrà a saggiare, a tastare le tue pareti interne.”
Preso da un misterioso desiderio di essere impalato, posizionatosi per un sessantanove sul Direttore, si voltò a guardare l’altro compagno di giochi, che faceva scorrere il medio tra i suoi glutei umidi per giungere dopo poco al buchetto. Istintivamente si contrasse, ma poi si lasciò aprire docilmente, lasciando entrare parte del dito nelle sue viscere.
Non fece quasi in tempo a realizzare l’accaduto, che già il chierico aveva tolto il dito. Il suo anello si irrigidì in un rapido spasmo, e immediatamente il culetto si richiuse. Passarono pochi istanti, che quello lo penetrò di nuovo, ma con maggior forza e con due dita, dilatandolo ancora di più, per uscire di nuovo e lasciarlo chiudere un'altra volta. Spostato e disposto diversamente per offrire una sua performance diversa, tenuto stretto e schiacciato dal prete contro il suo membro nodoso non poteva far resistenza anale al terzo tentativo di penetrazione dell’assistente e neanche urlare per il dolore che stava provando. Il membro di Federico era molto, ma molto più largo di quello del suo Roberto. Di nuovo Federico si sfilò per rientrare con maggior crudezza e affondargli nel culo più in profondità per pomparlo, romperlo, sfasciarlo come lui aveva precedentemente chiesto. Spinte dure, brutali, veementi lo spingevano contro il fallo del suo precettore e, quando arrivavano in fondo, riprendevano la via dell’uscita.
“Che caldo, … che stretto che sei. Ohhhhhh, … sìììììììììì, come mi fasci! … sìììì … ti rompo tutto, … piccolo angioletto, … piccolo cupido. Ohhhhhhh … sìììììì, … stooooo …”
“Succhialo, … mungimelo. Ecco, … così! Ohhhhh … sììììììììì! Sto per …”
Chi da una parte, chi dall’altra lo scopavano sifonandolo e inzuccherandolo da entrambi i fori. Il volti ed i corpi dei tre erano coperti di sfavillanti goccioline di sudore. Uno lo strofinava nel retto e si immergeva con forza aderendo alle pareti del colon, come un dito in un guanto da chirurgo, stropicciando ogni millimetro di carne fino a farlo esplodere di piacere. Avrebbe voluto appoggiarsi contro qualcosa, per non cadere passivo sul prete, … sull’amico precettore e per attenuare quel godimento sempre più esponenziale. Con un movimento verso l’alto perse la ciuccia del Don e iniziò a gridare, … gridare ancora, dimenandosi sotto la stretta di mani che lo inchiodavano. Gridava ad ogni colpo dello scroto contro le sue natiche, ad ogni penetrazione che lo sondava nella profondità del colon; ma si zittì quando arrivò una sculacciata, … una sonora sculacciata. Non sapeva e soprattutto non immaginava che gli piacesse. La mano di Federico lo batteva ritmicamente, con sempre maggior forza, mentre con l’altra continuava a tenerlo per la vita. Al settimo colpo godette, con le natiche che bruciavano come fossero state marchiate a fuoco, mentre il palmo continuava ad abbattersi su di lui senza volersi fermare. Poi si sentì inondare dal liquido rovente e copioso, denso e dolce come una crema, una lozione lenitiva per il suo culo sfinito. … e contemporaneamente, ripreso il fallo del prete, sentì fiotti di sperma rovente, denso che gli inondavano la bocca. Deglutì in parte, mentre altri fluidi colavano tra i ricci del bosco. Pulì e quando ebbe finito si leccò le labbra.
Odoroso di sudore e di sperma, di piaceri subblimi, posto tra i tepori di due uomini si abbandonò ad un dolce riposo.
“Grazie.”
Piccoli buffetti sul sederino, abbinati a carezze protratte e a sorrisi beati e paghi, accolsero il suo ringraziamento.
“Sai ancora di piscio, la tua pelle, le tue ascelle, i tuoi capelli profumano di sudore e delle nostre urine e non sei ancora pago. Sei adorabile piccola birba, finta immatura. Ti sei aperto al sole nel momento dello sboccio del germoglio e, scaldato da lui, brami perseverare a schiuderti e fiorire. Allunga la tua destra sul membro afflosciato, … risveglialo e inarca il busto per appoggiare il tuo sederino sul mio pube, in modo che il fallo, odorando il profumo del tuo sederino, possa incunearsi tra i tuoi glutei e penetrarti. Ohh, … mio piccolo Adone, … mio giovane, fresco Antinoo dammi il culo, aprilo e fammi conoscere gli umori del nostro Federico, colà stivati. Voglio fotterti, … fotterti, … sodomizzare il ragazzino più bello del mondo ed inseminarlo; stuprare questo caldo, sensuale sedere che lambisce, invita, stuzzica, tormenta il mio fallo. Ecco, lo senti sul tuo anello pulsante, ansante, smanioso e bramoso di organi, di strumenti dilatatori, di percussori rudi, forti e infaticabili, di martelli pneumatici assidui. Oh… questa mia lunga asta, che ti giungerà allo stomaco per irrorartelo di caldi fiotti di dolce sperma, brama e bussa per penetrarti; ma prima vorrà snervare, violentare, colpire, schiaffeggiare la tua castagnola per farti volare nell’azzurro del cielo, nello stellato infinito. Sìììììì, … mio piccolo amato principe, che la mia generosità vuole condividere ora anche con il nostro chierico, voglio godere di nuovo del tuo angusto, ma caldo e tanto umido pertugio; nascondere nella tua stretta fessura la mia fava; scivolare nel tuo orifizio tra lo sperma di Federico e muovermi in avanti ed indietro per farti aprire le labbra con continui – ahhh o uhhhhhh - o ancora, dopo esserti morso, con –uhhhhhhhmmm, …. sììì, … continua, … persevera, … rompimi tutto, … rompi e strappa, …inculami di brutto, … stuprami, spaccami, … sono tuo, … ti amo, … ti amooooooo, … ti amo, ti amo, ti amo -; e, mentre ti sbatto, percuoto e ceffono le tue pareti interne con il mio ramaiolo, … lima, … velica, … ungi di salive il grosso, nodoso bastone che stai osservando e che prega la tua lingua di salutarlo, di venerarlo, di ungerlo, stimolarlo. Stringigli le ghiandole per obbligarle, dopo una furente lotta amorosa, a donarti nel profondo della tua gola il loro contenuto. Stenterai a tenerlo tra lingua e palato, ma sforzandoti ci riuscirai. Succhialo, … aspiralo, … mungilo, … spremilo. Sei da amare per come partecipi, … per come ti lasci guidare e prendere, e poi … Ti voglio vedere, mentre Federico ti riempie la bocca della sua crema.” … e riposizionatolo supino, … inarcatolo con le natiche ben divaricate e rialzate, … lo fece nuovamente suo.
Uno entrava e l’altro si ritirava o entrambi, in sincronia, lo penetravano per poi indietreggiare. Ansimi, uggiolii ovattati, contrazioni, inarcamenti, sforzi, seguiti da sudorazioni dei corpi scandivano il movimento, la fluttuazione della veduta passionale, carnale, lussuriosa ed estremamente spinta, ma cercata, voluta, bramata da tutti i protagonisti. Roberto scivolava dolcemente nella giovane, docile carne, mentre il giovinetto, abbracciate le natiche di Federico, lo costringeva a restare tra le sue labbra. Leccò e succhiò la superficie vellutata per tutto il tempo che ebbe come ospite nel suo culetto il membro del suo Maestro. Prendeva da uno e dall’altro fino al punto che cominciò a sentire un fuoco nel profondo della pancia, mentre un piacere lancinante prendeva a risalire su, dai suoi testicoli, sempre più su, lungo tutto il suo piccolo fratellino, in cima, in cima … Sul suo addome scorrevano esili filamenti trasparenti intanto che la sua bocca stringeva, succhiava e ingoiava con avidità, spremendo con la lingua e risucchiando lo sgorgo del chierico, in contemporanea, dal suo anello avvertiva con emozione le pulsazioni del cazzo del prete, gli
schizzi caldi che frustavano le sue viscere. Si era abbandonato al godimento in risposta alle ondate di piacere, che si diffondevano in tutto il suo corpo. Dagli orli delle sue labbra un rivolo bianco, denso, cremoso scorreva in giù, mentre lo strumento svigorito del Don, ammosciatosi, gli sgusciò fuori con un morbido, dolce flop.
Sfiniti e stanchi, i due adulti posero fra loro quel fresco germoglio, appena raccolto per custodirlo e per sentirlo, gustandone l’aderenza e il calore. Chi in un modo, chi in un altro, lo accarezzavano godendoselo con parole dolci, ma nello stesso tempo libidinose. Con passione licenziosa stesero sino al collo il poco nettare che si era versato sull’addome, al quale aggiunsero quello che tracimava dall’ano, ancora aperto. Si sorridevano e si parlavano scambiandosi tenerissimi, sensuali bacini.
“Grazie, … il mio corpo sussurra ancora, … borbotta, … rumoreggia. È illanguidito, affaticato … debole, appagato e contento per quello che gli avete fatto provare, … passare; ma non ancora sazio. Vi voglio bene, … tanto, … tanto.” … e il piccolo, per meglio ringraziare colui che lo aveva iniziato ai piaceri della carne, si distese sopra l’uomo per coprirlo di tenerezze, di bacini dagli occhi, al naso, alle labbra; non finendo mai di dirgli: grazie.
“Uhmm, … che fai, … ti stai strofinando ancora, … o … Sei una carne tenera, dolce, fresca, effervescente, sana, esuberante, affettuosa, ma se prosegui … su, … stai fermo con questo culetto!” ... – e strizzandogli i glutei per farlo desistere, invitò Federico a conoscere quelle forme che lo stavano nuovamente accendendo, scaldando, stimolando.
Il piccolo rideva, sbaciucchiava, carezzava il volto del suo maestro, ma contemporaneamente, muovendo il bacino stimolava e scuoteva dal torpore il mezzo, a cui aveva offerto e concesso la sua verginità. Per le ripetute strigliate ai muscoli e per gli sculaccioni che colpivano anche il suo buchetto, il giovanetto si dimenava e scuoteva sempre di più provocando l’inturgidimento, … il congestionamento della verga del direttore.
“La tua carne implume, calda, bramosa, profumata di urine, di sperma, di sesso, … mi …”
“Mi aveva promesso che mi avrebbe coperto il volto … e io …”
“Oh, sììììììììììì, … ma prima, mentre ti strusci su di me, eccitandomi e infiammando con la vista del tuo culetto il nostro chierico, desidero dar luce ad alcuni pensieri che ti sarai fatto su di me. Sei giovane, tanto giovane mio caro Paolo. Tu non puoi sapere quante sfaccettature possa avere il Piacere. Nella nostra società moralista, l’unica forma di amore accettato è quella tra persone mature e di sesso maschio / femmina, ma non è così. C’è anche quello tra maschi e maschi o tra femmine e femmine o tra un adulto e una ragazzina o un giovinetto. Un ragazzino o una ragazzina devono avere dei maestri, … che non si innamorino per non privarli della libertà di scelta, anche se si parlerà d’amore. Tu sei sopra di me, con Federico che con una mano ti accarezza per conoscere le tue forme, e a te sembrerà amore; ma non è così. Ti farò avere altre esperienze, perfino da te richieste. Parlerai d’amore, avrai parole d’ innamoramento, ma quello di cui parli, per ora, è di un rapporto carnale, … bello, … passionale, … pieno, … totale tra te e altri, ma non è amore. Sarai preso e godrai moltissimo, … gusterai e appagherai i sensi, … la carne, … ma non devi parlare d’amore. Ti ho iniziato ai piaceri carnali e di te, io, mi sono innamorato, ma non voglio tenerti stretto a me. Ti condividerò ancora con altri e solo dopo le esperienze, che ti farò avere, accetterò che tu mi parli d’amore. Dovrai essere consapevole, anzi devi sapere che il vero amore è un po’ folle, … è contemplativo e magico. Si realizzerà nel desiderio della perdita di sé; lo si conquisterà abbandonandosi, perdendosi, lasciandosi guidare anche dall’istinto, come hai fatto, ma questa tua capacità la dovrai conservare e potenziare. Quando lo incontrerai, che sia dello stesso sesso o no, apri, allora, le porte al Sacro, al luminoso, … al trascendente. Quando avrai perso i condizionamenti sulla sessualità sarai ad un buon punto. Quando avrai superato l’imbarazzo, la vergogna, la paura, la sindrome dell’abbandono, la gelosia, il possesso, l’attaccamento, … avrai trovato la via che porta all’Amore contemplativo, … mistico. Libertà e Amore devono essere una sola cosa, … la sola cosa; il resto è confusione … serve a giustificare le tue mancanze, … la nostra incapacità di donarci.
Ora, piccolo Antinoo, vuoi ricevere quello che mi hai chiesto, … averlo cosparso sul volto, come deferenza, disponibilità e donazione totale a me? … Io ti amo, come tu ami me, ma prima dovrai fare altre esperienze per capire se quello che provi è Amore. … e, se dopo mi parlerai e avrai con me ancora quell’abbandono che hai avuto per accogliermi, … solo allora parleremo d’Amore. Ce ne andremo lontano, poiché dobbiamo anche vivere, … con Federico. Vuoi?”
“Sì!”
Sul volto e sull’addome di Paolo scesero per essere sparpagliate e spanse ulteriori, bianche, calde scie luminose. Appagato, felice e grato agli amici profumava e scintillava dei loro nettari.
Continua

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