Generazioni a confronto - Il secondo cliente

Scritto da , il 2019-01-02, genere orge

Il secondo cliente si presentò puntualmente alle ventuno. Era un giovane palestrato, abbastanza carino e sicuramente dotato di un buon patrimonio. Indossava solo capi griffati e appoggiò sul comodino un sofisticato cellulare e un orologio di lusso.
«Gianni mi ha detto che siete madre e figlia» esordì, senza nemmeno salutare.
«Sì, è vero» confermò Francesca con un velo di tristezza sul viso «siamo qui per pagare un grosso debito causato da un errore commesso da me. Quindi, se vuole scegliere qualcuna a cui fare più male, scelga me e lasci da parte mia figlia».
«Senti un po’ questa puttana! Vorresti forse dirmi cosa dovrei farti per non rovinare la tua bambina? Dovevi pensarci prima, non trovi? Adesso la spogli e lei si metterà a quattro zampe, come una brava pecorella in attesa del montone».
Laura vide l’imbarazzo negli occhi di sua madre e l’espressione di chi si stava rammaricando per averla trascinata in quella che per lei era una nuova esperienza, ma che per sua madre stava diventando una difficilissima prova di sopportazione della più grande serie di umiliazioni della sua vita.
Quando fu nuda, Laura si inginocchiò sul letto, appoggiando le mani sulla testiera.
Il ragazzo preferì spogliarsi da solo, risparmiando Francesca di una ulteriore mortificazione.
«Voglio la tua bocca, mammina, e voglio che tu mi spompini vicino al muro, così la tua bambina vedrà quando troia sei a succhiare il cazzo di un uomo diverso da suo padre».
Francesca avvampò e si sedette sui talloni vicino al comodino, sotto gli occhi di Laura che guardava i suoi movimenti.
Vide che usava la lingua lungo il fallo già rigido e ogni decina di secondi lo ingoiava oppure prendeva in bocca un testicolo, lasciando vistose tracce di luccicante saliva.
«Sei brava, cazzo. Poi proverò anche l’abilità di tua figlia, non preoccuparti. Vi darò un voto e lo comunicherò a Gianni, così chi vi userà dopo, saprà da chi farsi fare un bel pompino! Ora però voglio fottermi tua figlia. Aiutami a infilarle dentro il mio uccello: aprile la figa che voglio sbatterglielo dentro!»
Il cliente si posizionò dietro Laura e sua madre dovette allargare le sue labbra e guidare il grosso glande dentro il sesso umido e pulsante della sua creatura. Stavolta non si stupì di trovare il giovane sesso già gonfio e lucido di umori. Lo spettacolo che aveva offerto alla sua bambina e le parole pronunciate dal tracotante ragazzo l’avevano sicuramente scombussolata.
«Ah, sì! Calda e umida come piace a me» commentò il giovane «adesso ci divertiamo un po’, bellezza!»
L’uomo la penetrò con vigore, facendo oscillare i suoi seni e riempiendo la stanza con il suono degli sbattimenti dei corpi nudi.
Francesca era seduta a fianco della figlia, con una gamba penzoloni e l’altra piegata sul letto. Teneva una mano sulla schiena di Laura e la accarezzava.
«Invece di pensare a tua figlia, usa quella mano per palparmi le palle. E visto che di mani ne hai due, con l’altra voglio che le masturbi il clitoride»
La donna sgranò gli occhi e rimase paralizzata.
«Beh? Che c’è? Non dirmi che non le hai mai cambiato il pannolino e passato sulla figa una salvietta bagnata? Fa’ finta che abbia bisogno di essere pulita e la tocchi come facevi quando era piccola».
Francesca si scosse e prese in mano lo scroto dell’uomo. Con qualche insicuro movimento portò la mano a sfiorare il sesso della figlia che veniva penetrato con foga dal giovane. Le dita si appoggiarono alla parte superiore delle labbra e poi sfiorarono il tumido clitoride di Laura.
Se fino a quel momento la ragazza era rimasta abbastanza silenziosa, nonostante il furioso assalto a cui era sottoposta, la mano della madre sul suo clitoride scatenò una sequenza di gemiti e mugolii, come se quel tocco avesse fatto crollare la barriera che isolava il cuore dal sesso forsennatamente posseduto.
Francesca si trovò nella scomoda posizione di salvare il proprio ruolo di madre combattuta tra due ruoli antitetici: guardiana della moralità della figlia e procuratrice di piacere per attenuare il malessere di un rapporto non voluto.
L’espressione estatica dell’uomo e i gemiti di Laura intonati sulle vibrazioni del piacere la convinsero che stava facendo un buon lavoro.
«Adesso passiamo dalla porta di servizio!» annunciò il giovane.
Francesca non si traumatizzò, questa volta. Assistette allo sfilamento dell’uccello dal tenero nido che lo aveva accolto fino a poco prima e alla penetrazione della rosellina che palpitava poco sopra.
Non ci furono che pochi secondi di tregua prima che la sodomizzazione avvenisse con lo stesso ritmo e foga dell’accoppiamento precedente.
Laura stavolta frignava: il dolore era superiore al piacere.
«Le stai facendo male! Ti prego, rallenta o facciamo qualcosa di nuovo» implorò sua madre.
«Cazzi suoi, ma, visto che sei così ben disposta a salvare il culo di tua figlia, mi occuperò del tuo».
La donna ebbe un mancamento. Sua figlia avrebbe assistito alla più umiliante prova che, dal suo modo di vedere, una donna poteva subire.
«Mettiti a fianco della tua bambina. Bene, così. E tu, puttanella, dovrai insalivare per bene il mio cazzo, se non vuoi che irriti il culo di tua mamma».
Francesca si aspettava un rifiuto da parte di Laura, ma costei non batté ciglio. Il ragazzo rimase con il membro rigido dietro le natiche di Francesca e Laura si spostò col viso all’altezza dei fianchi di sua madre, afferrò il fallo e se lo mise in bocca. Sua madre si stupì del coraggio con cui lei si era ingollato un oggetto che fino a poco prima era nel posto più laido del corpo umano.
Dopo un sapiente lavoro di insalivazione, Laura appoggiò il membro allo sfintere di sua madre e il ragazzo spinse. La donna però non era preparata come sua figlia e strillò di dolore.
«Oh, la mammina è vergine in confronto alla sua bambina. L’hai mai preso dietro, prima di stasera?»
Francesca arrossì. Non sapeva cosa dire. Se negava, sarebbe passata per una santarellina e pertanto quell’uomo la avrebbe riempita di umiliazioni verbali e violenze fisiche. Se confermava, avrebbe perso la stima di sua figlia che la immaginava probabilmente come una donna votata al bene della famiglia.
«Ho già fatto sesso contro natura» rispose a denti stretti «ma non con questa violenza!»
Laura rimase con gli occhi fissi a guardare il cazzo che entrava e usciva dal culo di sua madre e cercò di immaginarlo attaccato al corpo di suo padre, ammesso che lei avesse concesso il suo sedere a lui!
Sentì i suoi umori che sgorgavano liberi nella sua vagina, indotti dalla sua mente.
Sua madre stava soffrendo e lei non ne provava pietà. Peggio per lei se non aveva mai voluto dare il sedere a suo marito con frequenza. Lei aveva invece praticato più volte la sodomia e quella pratica costante le era servita adesso a non essere tormentata.
«Ah, che bel culo stretto» esclamò il ragazzo «credo che non…resisterò...a lungo!»
La giovane rimase in attesa di vedere in diretta il riempimento del retto di sua madre e fu accontentata. L’uomo emise alcuni suoni gutturali, più volte schiantò il suo sesso con forza contro le natiche di Francesca, facendola gridare di dolore, e poi si placò.
Dopo circa un minuto sfilò lentamente il fallo dal sedere della donna e un rivolo di sperma lo seguì, scivolando lungo le labbra gonfie.
Il ragazzo si sdraiò supino sul letto, provato dalla fatica. Anche Francesca si adagiò sul letto, a pancia in giù, fisicamente e moralmente provata da quell’ultima esperienza. Laura rimase seduta, in trepida attesa che il tempo scorresse via veloce.
Quel ragazzo era stato brutale soprattutto con sua madre, ma aveva avviato il processo del suo distacco generazionale. Vedere sua madre usata come una femmina, privata della sua dignità e umiliata per colpa di un suo ingenuo errore aveva suscitato in Laura una sorta di pietosa compassione verso chi l’aveva cresciuta. Erano in quella situazione perché lei stava usando il cellulare come una adolescente in tempesta ormonale e questo non gliel’avrebbe mai perdonato.
Le osservava il viso: aveva gli occhi chiusi, con una lacrima che era gocciolata sul lenzuolo. Si sarebbe meritata ben altro, a suo giudizio, ma per vedere cosa sarebbe accaduto, avrebbe dovuto aspettare il cliente successivo. “L’aitante giovanotto si è spompato nell’inchiappettare me e mamma”, pensò, sorridendo tra sé.
Laura si alzò e si diresse in bagno a sciacquarsi la bocca e farsi un bidet. Mentre era in bagno, entrò anche sua madre, a occhi bassi, la faccia contrita e un’espressione di mestizia che faceva raggrinzire il cuore. Provò pietà per lei. Udì il giovane che salutava e chiudeva la porta. Laura si alzò e la abbracciò.

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