La Coinquilina cap.16

Scritto da , il 2018-03-23, genere etero

“Buonasera Gustavo, vieni pure, accomodati”.
Laura era visibilmente esausta. I capelli biondi, raccolti in uno chignon ormai informe, si sparpagliavano in qualche ciocca intorno al suo volto leggermente spigoloso.
Non si poteva dire che portasse male i suoi cinquant’anni.
Qualche crema antirughe molto costosa o forse qualche lieve iniezione di collagene, aiutavano molto la sua immagine, ma sicuramente era anche merito di una alimentazione sana e di una frequente attività sportiva.
Il suo fisico asciutto, per quanto si potesse intuire attraverso gli abiti, sembrava ancora tonico anche se un po’ nervoso.
Quel giorno indossava degli occhiali dalla forma rettangolare e dalla montatura violacea, una camicetta bianca di raso lievemente scollata ed un tailleur color aviazione.

Gustavo pensò a quanti suoi pazienti avessero potuto fantasticare con lei. Il suo piccolo show, durante la prima seduta, non sarebbe passato in cavalleria se davanti a lei ci fosse stato un altro tipo di uomo, magari con altri problemi. Eppure Gustavo non ci aveva più minimamente pensato, segno che nella sua testa frullavano cose ben più complicate, che ancora non era riuscito a decifrare.
“Hai voluto anticipare la seduta, suppongo fossi impossibilitato a venire venerdì”
Gustavo abbassò leggermente lo sguardo.
“No, in realtà sono successe alcune cose e… sì insomma non so bene come comportarmi”.
Laura si appoggiò allo schienale della sua poltrona dietro la scrivania e con una mano gli fece cenno di iniziare a parlare.
Cominciò dalla festa dei suoi amici, raccontandole ogni singolo dettaglio.
Gli sembrò quasi inverosimile riuscire a confessare certe intimità, ma sentiva che quella donna non lo avrebbe mai giudicato o rimproverato, piuttosto si sentiva protetto e compreso.

Quando arrivò a parlarle dell’incontro con Beatrice, Laura sgranò gli occhi, quasi incredula, senza che però il suo paziente se ne accorgesse.
“Ecco, questo è quanto” concluse Gustavo.
“Bene! Ne sono successe di cose in così pochi giorni! Quasi ti invidio, la mia vita è così monotona..” Laura sdrammatizzò accennando un sorriso, cercando di trasmettergli che non bisogna mai prendersi troppo sul serio.
“Gustavo, lungi da me voler banalizzare la tua situazione, ma mi sembra alquanto ben leggibile. La tua coinquilina ti ha trascinato verso un tipo di esperienza sessuale che fino ad ora non avevi mai neanche preso in considerazione.
La cosa ti turba, spesso ti angoscia, ma innegabilmente ti piace”
Gustavo annuì non troppo convinto ma non la interruppe.
“Ciò nonostante, la tua...come si dice...stagista, ti ha riportato un po’ nei confini nei quali ti sentivi più comodo e forse più a tuo agio. Quindi la tua confusione è assai comprensibile. Ora, se questa ragazza ti piace e aldilà del sesso credi che possa arricchirti, beh continua a frequentarla. Però ti do un esercizio da fare e devi farlo, non per me ma per te stesso”
“Quale sarebbe?” La guardò con aria interrogativa
“Nella tua intimità con Beatrice, cerca di dare sfogo a quello che senti realmente in quel momento. Non inibirti. Non ti conformare con quello che lei è disposta a dare.
Chiedi altro se senti che ne hai bisogno”
Gustavo capì perfettamente a cosa si riferisse. Negli ultimi tempi aveva sviluppato delle inclinazioni che razionalmente non riusciva ad approvare ma che lo facevano eccitare e sentire vivo come mai gli era successo. Laura non voleva che sacrificasse quella parte di lui appena emersa perché la reputava importante. Solo lui non riusciva ad abituarcisi.
Gustavo non uscì dallo studio di Laura con le idee più chiare, ma sicuramente si sentì più rassicurato.

La mattina dopo, arrivò in ufficio con un ritardo notevole.
Entrò e vide Beatrice già seduta al pc.
“Hey ciao! Pensavo non venissi, stavo per chiamarti, che ti è successo?” L’espressione sollevata di Beatrice nel vederselo davanti, lo fece sentire terribilmente importante.
“Buongiorno, Bea! Sì, ho beccato un tamponamento fra due auto. Sono stato più di 20 minuti fermo in fila”.
Si guardarono per alcuni istanti prima che Beatrice si alzasse dalla sedia. Si premurò di chiudere la porta dell’ufficio prima di avvicinarsi a Gustavo e baciarlo senza dargli possibilità di reagire.
Si staccò da lui solo dopo alcuni brevi ma intensi secondi.
“Chiama la prossima volta, ero in pensiero”.
Gustavo annuì e si accomodò alla sua postazione.
“Come va con quegli algoritmi? A che punto siamo?”
Beatrice lo guardò accennando un sorriso.
“Sono quasi a metà, per la prossima settimana dovrei finire”.
I suoi occhi verdi e grandi brillavano. Anche un estraneo si sarebbe reso conto della sua infatuazione. Si rimise seduta e Gustavo si soffermò a contemplarla mentre attendeva l’avvio del suo laptop.
Addosso aveva una maglietta azzurra molto aderente che le lasciava scoperte quasi tutte le spalle. Sotto si intravedeva leggermente la forma del reggiseno che probabilmente doveva essere a fascia, perché non si vedevano spalline. I leggings neri fasciavano le sue gambe in maniera perfetta ed i piedi erano adornati da delle ballerine rosse.
Al contrario di molti uomini, Gustavo le aveva sempre trovate sexy.
Era perfetta in quella posizione, così naturale, assolutamente priva di malizia.
Sensuale, senza volerlo essere. Così diversa da Sara e dal suo sfacciato esibizionismo.

Sara era sveglia da una mezz’ora ed aveva appena sentito i suoi genitori uscire, ma la pigrizia le stava impedendo di abbandonare le coperte. Pensò che non avesse nulla di preciso da fare e che si sarebbe concessa un po’ di sano ozio.
Aprì il cassetto del suo comodino vicino al letto, tirò fuori una catenella d’argento e si sbottonò la parte superiore della sua camicia da notte di cotone.
Allentò i morsetti collocati agli estremi della catenella per tornare a stringerli sui suoi capezzoli che aveva già abilmente indurito, stuzzicandoli con le dita.
Li strinse al loro massimo livello, percependo un lieve dolore. Quel piccolo dolore capace di trasformarsi in piacere e lussuria, che in pochi secondi le fece inumidire l’interno delle sue cosce.
Pensò all’estate passata.

Durante il suo viaggio in Puglia, girando per il centro storico di Otranto, aveva notato una bancarella, tra le tante, che aveva attratto la sua attenzione.
Vendeva sex toys: non propriamente dildo e vibratori smaccatamente fallici, ma piccoli e sfiziosi giochi per coppie.
Come spesso accade al sud, nelle giornate più calde dell’anno, quella sera era afosa.
Sara era vestita con un top nero che consisteva essenzialmente in due pezzi di stoffa che le lasciavano totalmente la schiena scoperta e formavano uno scollo profondo che correva dal mento all’ombelico. Per completare il suo abbigliamento minimale, aveva optato per un piccolo pareo bianco di chiffon legato su un fianco ed un paio di sandali bassi di cuoio.
Dopo aver osservato, china in avanti, un po’ di oggetti della bancarella, alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo dell’ambulante che nel contempo si era posato palesemente sulla sua scollatura.
Colto in flagrante, le sorrise in maniera maliziosa. Poi, con aria di sfida, ruppe il silenzio affermando: “Secondo me, a quel bel décolleté manca la giusta bigiotteria..”
Sara, istintivamente, portò la mano destra al collo, convinta di aver indossato la sua solita collanina di argento indiano. Le sue dita però non incontrarono nulla, ed un brivido le percorse la schiena. Poi, ripercorrendo la sua giornata a ritroso, si ricordò che durante il pomeriggio l’aveva riposta nel piccolo beauty che portava in spiaggia prima di fare il bagno in mare.
Allora abbassò lo sguardo sulla bancarella tra gli oggetti esposti e capì cosa intendesse il venditore: davanti a lei, c’era una scatoletta nera e al centro la foto di una catenella con due vistose pinzette agli apici. Prese la scatoletta, la aprì e tirò fuori quello strano oggetto. Lo osservò da più angolazioni cercando di capirne il potenziale utilizzo. Poi, con entrambe le mani afferrò le pinzette e le portò all’altezza dei suoi capezzoli, lasciando che la catenella che li univa pendesse sul suo addome.
“Andrebbe indossata così?” disse Sara.
L’ambulante, con sguardo sornione, le rispose: “sono perfette per i tuoi seni, vuoi che ti aiuti ad indossarle?”
La pelle di Sara bruciava ancora per il sole che aveva preso durante la giornata e, come spesso le accadeva quando dedicava una giornata al nudismo integrale, si sentiva sexy e piena di desiderio.
Decise di comprarle e di farsi aiutare dall’ambulante ad indossarle in maniera adeguata. Quando lo raggiunse dietro il banco, il venditore le fece cenno di collocarsi davanti a lui, dando le spalle ai passanti. Le scoprì entrambi i seni sfiorandoli maliziosamente con le dita e vide i suoi grandi capezzoli rosa prendere consistenza.
“Sono molto sensibili”- accennò cercando di controllare la sua erezione- “ti divertirai con questo giochino. Vanno bagnati prima di stringere i morsetti altrimenti potrebbero farti male”.
Sara non se lo fece ripetere due volte: si bagnò pollice e indice di entrambe le mani con la lingua e iniziò a stuzzicarli dall’areola fino alla punta. Quell’uomo sulla mezza età rimase estasiato senza riuscire a proferire parola. Le collocò i morsetti e iniziò a stringere osservando la piccola smorfia di dolore mista a piacere della sua acquirente. “ Fra due ore chiudo...perché non ripassi, così giochiamo insieme con il tuo nuovo gingillo...te lo regalo io...” Le uniche parole che non avrebbe mai dovuto dire. Sara odiava avere anche solo la minima percezione di essere comprata. Lo guardò seria e gli dette in mano 15 euro andandosene.
Il suo abbigliamento ed il suo corpo, come spesso le accadeva, non passarono inosservati. Amava attirare sguardi e commenti ma sapeva ben gestire quel tipo di situazione; tuttavia, da quando aveva ripreso a camminare per il centro storico di Otranto indossando quella catenella, sentiva che stava per perdere il controllo. I suoi seni, già evidentemente liberi sotto quelle due strisce di stoffa morbida, erano ulteriormente evidenziati dalle due mollette che le stringevano forte i capezzoli.
La catenella che faceva capolino ed univa i due pezzi di stoffa, poi, attirava ulteriormente l’attenzione e rendeva quel piccolo toy così evidente ed osceno.
Sara in tutto percorse al massimo 100 metri, in cui le parve che tutte le persone -di qualsiasi età e sesso- si fossero fermate a guardarla ed a commentare la sua indecenza.
La sua eccitazione, complice anche il calore ed il sole, stava prendendole la testa.
Decise allora di prendere un gelato, nella speranza di riprendersi. Si mescolò alla folla che faceva la fila in quella che sembrava essere una delle gelaterie più gettonate e per distrarsi iniziò a leggere il cartellone con i gusti disponibili.
Dopo pochi secondi, sentì un lieve strattone proveniente dalla catenella ed abbassò lo sguardo: davanti a lei, un ragazzo con uno zainetto da trekking sulla schiena, si era mosso in una maniera che una delle fibbie che penzolavano dal suo zaino si erano impigliate nella catenella.
A quel punto, fosse stata una situazione normale, avrebbe dovuto fermare il ragazzo e liberarsi.
Ma non lo fece.
Quel ragazzo continuava a muoversi, ed ogni mossa corrispondeva ad una scossa ai capezzoli di Sara: ogni qualvolta cercasse di formulare una frase per dirgli che avrebbe dovuto sganciarsi, veniva colpita da un altro stimolo di piacere.
Era ormai circondata da sguardi, voci e calore. La sua testa era in confusione. Dal suo sesso iniziavano a colare umori incontrollabili.
Venne il turno del ragazzo, che in quell’occasione fece un balzo deciso in avanti, dando lo strattone definitivo alla catenella che si sganciò dall’impiccio in cui si era incastrata.
Per Sara fu il gesto definitivo, che la fece capitolare.
Non servì neppure che qualcuno le sfiorasse il clitoride, ormai gonfio per l’eccitazione.
E non si accorse neppure che uno dei seni, tirato dalla catenella, era uscito fuori dal top.
“Signorina, come posso aiutarla? Si sente bene?” fu l’unica cosa che sentì dopo quell’inaspettato orgasmo.

Ripercorrendo questo ricordo, Sara, si masturbò furiosamente e raggiunse il suo piacere in pochi minuti.
Allentò i morsetti per togliersi la catenella e si abbandonò ad una dolce e sensuale sonnolenza.

Quando si risvegliò, aprì l’armadio alla ricerca di quel top nero che aveva indossato ad Otranto. Se lo mise e si guardò allo specchio. La scollatura era talmente profonda da far intravedere quasi l’ombelico. Prese la catenella e strinse nuovamente i morsetti attorno ai capezzoli.
L’argento rifletteva la luce in mezzo ai suoi seni.
Prese il telefono e girò un piccolo video di pochi secondi.
Invia a >>>

Gustavo sentì vibrare il suo telefono in tasca. Erano quasi le 11. Adocchiò la notifica senza troppo interesse e vide un videomessaggio di Sara.
“Vado in bagno”.
Beatrice lo guardò con poco entusiasmo. Aveva sentito una vibrazione e aveva osservato Gustavo, con la coda dell’occhio, prendere in mano lo smartphone. Il suo istinto la convinse immediatamente che quel messaggio era da parte di una donna, probabilmente un vocale che il suo tutor non voleva assolutamente ascoltare davanti a lei. Provò una forte gelosia che assopì immergendosi di nuovo nei suoi algoritmi.
In uno dei bagni dell’ufficio, Gustavo si assicurò di essere solo ed aprì il video di Sara.
Osservò subito il suo outfit provocante e notò immediatamente quel luccichio nella sua scollatura.
Non era un fruitore di sex toys ma quel tipo di oggetto lo aveva già visto in un film porno.
“Ciao coinquilino, ti manco? Torno presto, un bacio!”
Quello sguardo invadente e disinibito fece gonfiare immediatamente il suo sesso. Visionò quel breve video almeno 5 volte prima di tornare a lavoro, con la speranza di renderlo banale e insignificante. Tuttavia, più lo guardava, più la sua erezione cresceva.
Tornò da Beatrice senza aver la minima intenzione di sedersi.
“Bea vieni con me. Devo insegnarti ad usare la fotocopiatrice. Ne abbiamo una per tutto l’ufficio e devi imparare ad utilizzarla bene e velocemente”.
Il tono di Gustavo era diventato serio e professionale, quasi severo.
Beatrice non lo fece attendere. Lo seguì attraversando il corridoio ed arrivando rapidamente dalla parte opposta rispetto alle postazioni dei colleghi.
La fotocopiatrice era situata in una stanzina molto piccola, circa quattro metri per tre, vicino ad uno scaffale pieno di fogli immacolati.
Gustavo fece entrare prima la sua stagista, dopodiché chiuse la porta.
Beatrice si avvicinò alla macchina cercando di identificare subito i comandi essenziali.
“Allora, suppongo che prima vada accesa….” sghignazzò, attendendo indicazioni.
Non le avrebbe mai ricevute, almeno non in quel momento.
Sentì la mano di Gustavo afferrarle il braccio destro per girarla verso di lui. Attese un bacio che non arrivò. Si sentì appoggiare sulla fotocopiatrice e notò subito un movimento sulla schiena. In meno di un secondo il suo reggiseno era finito all’altezza della sua pancia.
Gustavo le abbassò la maglietta e iniziò a succhiarle i capezzoli con estrema voracità. Beatrice cercò di sollevargli il volto.
“Baciami….”
Non fu assecondata. Quell’uomo era perso fra i suoi seni e lei decise di lasciarsi andare. Poteva distinguere perfettamente l’alternanza della lingua e dei denti che stringevano e lenivano quei due boccioli non troppo grandi ma incredibilmente sensibili.
Iniziò a gemere per il piacere che cominciava a crescere e cercò di infilare una delle sue mani nei pantaloni di Gustavo che la tolse immediatamente.
Alzò il volto e la guardò dritta negli occhi. Le tirò su la maglietta e da sotto le tolse definitivamente il reggiseno, mettendoselo in tasca.
“Questo lo tengo io...” le sussurrò all’orecchio.
Beatrice lo guardò incredula e lievemente infastidita.
“Gus ma…..come faccio ad uscire così? Mi si vede...si insomma, guardami..”
“Sei splendida...puoi starne certa”.
Uscirono da quella stanza dopo circa dieci minuti. Beatrice camminava con le braccia alzate, all’altezza del seno per cercare di coprirlo. Si sentiva gli occhi di tutto l’ufficio addosso.
Si osservò per un istante e vide i suoi capezzoli ancora duri e assolutamente visibili attraverso la maglietta e provò un enorme disagio.
Si vergognò terribilmente e sentì gonfiarsi gli occhi.
Rientrarono nella loro stanza poco dopo.
“Avanti ridammelo, per favore”
Gustavo la guardò ancora eccitato. Non si era minimamente toccato e non aveva permesso a lei di farlo. Godeva sentendo il suo sesso in tiro e non voleva sfogarsi.
Fece cenno con il volto di no, attendendo la reazione che secondo lui sarebbe stata di sfida o al massimo di feroce ira.
Tuttavia la sua eccitazione si trasformò in pena quando vide le prime lacrime solcarle il volto.
“Perché vuoi farmi vergognare? Ti prego...dammi il reggiseno”.
Quei singhiozzi lo fecero desistere immediatamente. Pensò dentro di sé a cosa fosse diventato. Cosa gli era saltato in mente? Aveva appena umiliato una donna alla quale teneva, della quale poteva ritenersi infatuato. Tutto per cosa? Per assecondare le sue voglie malsane e prive di pudore.
Le ridette il reggiseno avvicinandosi.
“Scusami….sono un cretino”
La baciò dolcemente fino a sentire le sue labbra ricambiarlo.
“Stasera ti porto a cena fuori, ti va?”
Beatrice sorrise ed accettò quell’invito senza pensarci troppo su. Prese quel suo atteggiamento come uno scherzo riuscito male o una sorta di coinvolgimento erotico maldestro. Dentro di sé, lo aveva già perdonato.
Gustavo si rimise seduto e prese subito in mano il telefono per cancellare il video di Sara.

Al Sushi Stop, Gustavo iniziò a prendere tutte i piattini che passavano sul carrello girevole.
“Fame eh??” Beatrice gli sorrise divertita dai suoi movimenti rocamboleschi.
Era così bella nella sua semplicità. Trovò un filo conduttore fra lei e tutte le altre ragazze che aveva avuto. Quegli occhi limpidi, puri, la si poteva leggere come un libro aperto.
Durante la cena parlarono delle loro rispettive famiglie e di alcuni dei loro migliori amici.
L’ambiente era assolutamente disteso, l’episodio del pomeriggio sembrava essere ampiamente archiviato.
Brindarono più volte con i loro calici pieni di vino bianco leggermente frizzante.
La conversazione si spostò sulla tecnologia che evidentemente era il tema forte di entrambi. Gustavo venne attraversato da quella sensazione che si prova quando ci si sente assolutamente a proprio agio con qualcuno.
Quel sentimento che ti fa credere di aver trovato la persona giusta.
Non era ancora amore, ma avrebbe potuto diventarlo. Si conoscevano da pochissimi giorni, eppure sembrava fosse passato un secolo dal loro primo incontro.
Non riuscirono a prendere il dolce da quanto erano pieni.
Ad un certo punto, Beatrice si alzò per andare in bagno e Gustavo ne approfittò per fare il gesto galante di pagare il conto prima che lei tornasse.
“Dai, ti porto a casa”
Beatrice lo guardò con aria accattivante e si avvicinò al suo orecchio
“E se andassimo a casa tua?”
Gustavo ebbe un sussulto interno. Sara sicuramente non era ancora tornata, ma non si sentì pronto a portare Beatrice a casa sua. Non riuscì a darsi una spiegazione razionale ma andava contro la sua volontà.
“Meglio di no, non possiamo arrivare in ufficio insieme lo sai...poi non hai niente con te, cambio, spazzolino da denti, insomma tutte le tue cose..Facciamo un’altra volta”.
Beatrice rimase delusa sul momento ma poco dopo pensò che avesse ragione. Si era anche macchiata la maglia con uno schizzo di soya e non poteva presentarsi così a lavoro la mattina dopo.
“Ok, hai ragione, andiamo”, annuì sempre più convinta.

Sotto casa di Beatrice, Gustavo fermò la macchina e decise di scusarsi formalmente con lei per il suo atteggiamento di quella stessa mattina.
Nella sua testa, durante il viaggio, si era già creato il discorso da farle.
“Bea ascolta..mi dispiace io...”
Non lo lasciò proseguire ulteriormente. Lo afferrò per le guance e lo baciò con trasporto attendendo che si lasciasse andare. Non dovette aspettare molto. Si fusero per un tempo indefinito, mischiando le loro lingue e le loro labbra con crescente passione fino a che non fu Beatrice ad alzare il tiro.
“Fatti toccare adesso….”
Gustavo la lasciò fare. Sentì sbottonarsi i pantaloni e sospirò sentendo la pelle della sua mano a contatto con il suo membro duro e nodoso.
Beatrice iniziò una lenta masturbazione attendendo di sentire i primi liquidi bagnarle le dita.
“Andiamo su da me se vuoi...ci sono le mie coinquiline ma non ci sono problemi, anche loro portano spesso i loro ragazzi”.
Gustavo , già schiavo del piacere che stava provando le rispose fra un gemito e l’altro.
“No dai, rimaniamo qui, andiamo dietro”.
I due scesero rapidamente dalla macchina per accomodarsi sui sedili posteriori.
Beatrice si sfilò i leggings accompagnati dai suoi slip. Nel farlo vide la mano di Gustavo iniziare ad accarezzarle le grandi labbra già completamente umide. Si lasciò toccare per bagnarsi completamente e si collocò a cavalcioni su Gustavo che iniziò di nuovo a baciarla mentre le tirava giù la maglietta.
Aveva paura ad indugiare sui suoi seni, non voleva ricordarle quel piccolo “incidente” ed inibirla, ma Beatrice era estremamente intelligente e fu lei ad incoraggiarlo a stimolare i suoi capezzoli.
I loro sessi si strofinarono con decisione, mischiando i rispettivi umori e facendoli cedere alla propria lussuria. Gustavo entrò dentro di lei ed iniziò a muoversi lentamente palpandole il culo rigido e sodo. La sua vagina calda ed accogliente sembrava il luogo perfetto dove poter godere. Attese la scossa. Voleva la scossa, quella stessa che sentiva con Sara.
Iniziò a stuzzicarla fra le natiche, cercando il buchetto del suo culo che trovò già abbastanza inumidito. Provò ad infilare il suo indice dentro e capì che stava andando nella giusta direzione.
Beatrice cominciò a muoversi sopra di lui in maniera più decisa e veloce, emettendo gridolini di piacere ma senza proferire parola. Con l’altra mano libera, Gustavo iniziò a giocare con il suo clitoride facendola letteralmente impazzire. Quella ragazza bella e dolce era anche terribilmente eccitante e assolutamente sensuale, ma in quell’istante Gustavo era troppo sotto controllo. Ancora nessuna scossa.
La vide inarcarsi con la schiena e notò gli spasmi che presto l’avrebbero fatta venire.
Mosse il suo dito facendolo entrare ed uscire dal suo culo mentre l’altra sua mano massaggiava con prepotenza il suo clitoride. Davanti a lui ,in piena estasi, Bea iniziò a toccarsi i seni, stringendosi forte i capezzoli per esplodere in un orgasmo violento e dirompente.
Si innamorò di quell’immagine.
Non c’era stata la scossa ma forse non era così importante, forse non era una cosa così positiva e fondamentale, ma questa auto convinzione sarebbe durata ben poco.
Beatrice si rilassò cadendo sul suo petto e baciandolo stanca ma grata.
Gli allargò leggermente le gambe e si inginocchiò un po’ incastrata fra il sedile posteriore e quello anteriore del guidatore.
Gustavo si lasciò andare a quella fellatio decisamente ben fatta.
Passarono diversi minuti in cui avvertì un immenso piacere senza però riuscire a godere.
Quasi rassegnato all’astinenza, girò la testa verso il finestrino e lo vide totalmente appannato dal calore umido dei loro corpi. Gli venne allora istintivo pulirne una parte.
Afferrò la testa di Beatrice e la spinse leggermente più a fondo sperando, con tutta la sua irrazionalità, che passasse qualcuno in quel preciso momento e che li vedesse.
Trascorsero altri minuti, percepiva che Beatrice cominciava ad essere stanca ma finalmente vide uscire un signore dallo stabile davanti alla loro macchina.
Non si vedeva granché, si poteva dire che fosse un uomo, non troppo alto ma niente di più.
Gustavo lo guardò, sperando di essere guardato a sua volta e cominciò a sentire montare il suo orgasmo. L’uomo alzò leggermente la testa dirigendosi verso l’auto e una scossa, finalmente, lo attraversò.
Gustavo riempì la bocca di Beatrice in quello stesso momento.
Rimasero abbracciati senza dirsi nulla per qualche minuto fino a che Beatrice non girò lo sguardo verso il finestrino.
D’istinto si coprì subito il seno con le mani.
“Ohhh ma così ci vedono!! Porca miseria, pensavo il finestrino fosse appannato!”
Gustavo identificò un senso di colpa efferato e si maledisse per averla raggirata con il suo comportamento. Inutile dire che era la prima volta che lo faceva. Il sesso, per lui intimo e privato, non andava condiviso con nessuno se non con la propria partner. Eppure, aveva cercato di essere visto, di essere scoperto, voleva che qualcuno violasse consapevolmente la sua intimità.
C’era un modo di uscire da quella situazione? Avrebbe mai potuto abbandonare quella deviazione perversa e tornare alla normalità? Eppure secondo Laura, aveva appena svolto i “compiti a casa”. Ricordò le sue parole “ se vuoi altro, cerca altro”. E allora perché si sentiva sporco?
“Dai rivestiti, è tardi, domani dobbiamo lavorare..Sei fantastica”
Gustavo la baciò con tenerezza sperando di dimenticare quella sensazione di angoscia appena provata.
“Mi mandi il messaggio della buonanotte quando arrivi a casa?”
La guardò quasi incredulo. Fece mente locale ma non si ricordò di avere mai avuto richieste del genere. La trovò infantile ma dolcissima. Sara non glielo avrebbe mai chiesto.
“Se vuoi...certo”
Si baciarono per altri dieci minuti abbondanti, dopodiché Beatrice uscì dalla macchina ed entrò nel portone.

Gustavo chiuse la porta di casa dietro di sé ancora scombussolato. Era stato tutto bello, anche se per venire aveva dovuto ricorrere a quella che per lui era una perversione. Quella perversione che non aveva mai avuto….fino a quando non aveva fatto la conoscenza di Sara.
Per quella sera decise di non pensarci più, sperò che continuando a frequentare Beatrice, poco a poco sarebbe tornato alla normalità. Il destino le aveva mandato quell’angelo per ritornare in se stesso. Si mise a letto con quel pensiero sdolcinato e decise di sgombrare il cervello leggendo qualche frivolezza su Facebook.
Curiosando qua e là, vide apparire una notifica di un messaggio sullo schermo.
“Non rispondere ai messaggi è maleducazione” seguito da una emoji con la linguaccia.
Non era possibile. Quel messaggio non era corredato da nessuna foto né video, ciò nonostante Gustavo, appena reduce da un orgasmo, sentì una scossa improvvisa che lo attraversò da capo a piedi e notò il suo sesso indurirsi di nuovo. Non era neanche un messaggio malizioso o velatamente erotico. Avrebbe potuto scriverlo chiunque, anche un amico.
Ma gli bastò leggere da chi provenisse per avere un’erezione.
Fu terribilmente infastidito e spense il telefono. Si girò su un fianco e decise che nessuno gli avrebbe impedito di dormire profondamente. Prima di chiudere gli occhi pensò a quante sessioni avrebbe ancora dovuto sottostare nello studio di Laura, senza la certezza di venirne a capo. Le avrebbe chiesto di cambiare strategia. Non voleva più lasciarsi andare a certe debolezze concesse alla sua coinquilina, per quanto lo avessero eccitato. L’ultima immagine che gli passò davanti prima di dormire e contro la sua volontà fu quella di Sara nel video, mandatogli la mattina stessa.

Beatrice attese invano il messaggio della buonanotte.



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