Una nuova famiglia - capitolo 2
di
ErosScritto
genere
tradimenti
Sono le 13:30 precise di un lunedì di ottobre baciato da un sole inaspettatamente caldo. La luce filtrava dalle ampie finestre della sala da pranzo, illuminando i resti del pasto appena concluso. Andrea, seduto ancora al tavolo, assaporava il leggero intorpidimento post-prandiale. Il menù, preparato con la consueta maestria che amava dedicare al tempo libero, prevedeva degli gnocchetti di zucca fatti in casa, conditi semplicemente ma con gusto con burro e salvia e arricchiti dalla croccantezza invitante dello speck sbriciolato. Un piatto stagionale, confortante, che aveva riscosso l'abituale, seppur silenzioso, apprezzamento.
Oggi, la tavola era stata meno affollata del solito. C'erano solo Maria, sua moglie, e Marco, il figlio, entrambi rientrati da poco nel turbine degli impegni pomeridiani: faccende di ufficio per Maria e una riunione cruciale per Marco in merito ad una filiale estera di prossima apertura. Erano partiti in fretta, lasciando Andrea in una quiete improvvisa. Mancava Giulia, in particolare. La sua assenza, pur giustificata da un programma mattutino serrato, si fissava in modo più insistente nella mente di Andrea. Giulia, fidanzata di Marco ma anche amante segreta di Andrea, aveva saltato il pranzo non solo per le lezioni universitarie del mattino (si era iscritta da poco a Scienze motorie) e il successivo e immancabile allenamento in palestra — una disciplina ferrea, una costanza maniacale che Andrea ben conosceva e apprezzava, visibile nel fisico che lo mandava in visibilio — ma anche per quello che lei aveva liquidato vagamente come un "impegno", senza fornire dettagli. Questa natura indefinita dell'impegno alimentava un tarlo di dubbio che Andrea non riusciva a scacciare. Era pura gelosia, o forse la semplice frustrazione di non avere il pieno controllo della situazione?
Anche la piccola di casa, Martina, non era a rincasata per pranzo, ma la sua assenza era una prassi ormai consolidata; Era, al quinto anno di studi in Grafica e Comunicazione, aveva lezioni che si protraevano fino alle 13. Andrea si aspettava il suo rientro a momenti considerato che si sarebbe fermata per un boccone durante il breve tragitto, un fugace saluto prima che si chiudesse in camera, assorbita dai suoi progetti creativi o dallo studio.
Andrea si godeva un brevissimo intermezzo di quiete domestica, accompagnato dall'immancabile sottofondo jazz. Uno sguardo all'orologio gli ricordò che la tranquillità stava per finire: tra una mezzoretta sarebbe iniziata la cruciale videocall settimanale. Questo appuntamento rappresentava il momento focale per la sua azienda tech, l'occasione per riunire i responsabili di settore. L'agenda era fitta: fare il punto sui progetti in corso, analizzare i risultati della settimana precedente e, soprattutto, definire strategicamente il lavoro e gli impegni futuri. Con un sorso di caffè, Andrea si diresse verso il suo ufficio. La sua mente era già immersa nella complessa rete di responsabilità che lo attendeva. La serenità del pranzo era ormai un ricordo.
La porta di casa si aprì con un leggero scatto, e immediatamente l'aria tranquilla dell'ufficio di Andrea fu rotta dal vivace chiacchiericcio proveniente dal corridoio. Non era la solita, prevedibile voce di Luca, il fidanzato di Martina, ma una melodia vocale sconosciuta, appartenente a una ragazza. I passi si fermarono proprio sulla soglia della porta dell’ufficio, un confine invisibile tra il mondo professionale di Andrea e l'irruenza della sua vita privata.
«Ciao papà, oggi c’è la mia amica Angelica, possiamo metterci in biblioteca per studiare o ti disturbiamo?» – chiese Martina. Era l'incarnazione della gioia e della bellezza, i suoi occhi brillanti e il sorriso disarmante non potevano che sciogliere ogni possibile resistenza.
«Buongiorno» – aggiunse la voce sconosciuta, Angelica, con un tono educato ma velato da una timida incertezza.
Andrea, immerso fino a un attimo prima nei suoi pensieri e nelle sue scartoffie, si riscosse. Si alzò con un gesto lento e meditato, abbandonando la poltrona per avvicinarsi alla porta, un’accoglienza che era ormai un rituale affettuoso. «Bentornata amore» – mormorò, e chinandosi le stampò un bacio casto e affettuoso sulla fronte, un gesto paterno che racchiudeva tutto il suo affetto.
Poi, la sua attenzione si spostò sull'ospite. Allungò la mano verso Angelica in un gesto formale. «Piacere, io sono Andrea», disse.
In quell'istante, si innescò in Andrea una reazione che andava oltre la semplice cortesia. Iniziò ad analizzare la ragazza con uno sguardo che non era né indiscreto né malizioso, ma una sorta di scanner involontario che partiva dal basso, dai piedi, per risalire lentamente verso il volto.
Ai piedi, Angelica calzava delle semplici sneakers, abbinate a un paio di jeans a vita bassa attillati che mettevano in risalto le curve dei fianchi e delle gambe. La parte superiore era coperta da un dolcevita bianco, sormontato da un giacchetto di pelle che le conferiva un’aria ribelle ma composta. Nonostante l'abbigliamento casual e quotidiano, la sua silhouette era innegabilmente notevole, un connubio di forme che sfidavano la semplicità del vestire.
L'attenzione di Andrea si bloccò quasi immediatamente sul seno. Sotto la sottile trama del dolcevita, si poteva intuire chiaramente la presenza di un intimo nero, un dettaglio raffinato che conteneva, o per meglio dire, costringeva un seno generoso, una quarta abbondante. La stoffa aderente non lasciava spazio all'immaginazione: si potevano distinguere i capezzoli, forse turgidi per un'emozione fugace o un leggero imbarazzo causato da quella stretta di mano inattesa – due “bottoni del piacere”, come li catalogò la sua mente, che agirono come un interruttore nel suo corpo.
Andrea reagì con un sussulto quasi impercettibile. Sentì immediatamente un calore propagarsi nella zona inguinale, una pressione crescente. Il suo “mostro”, come amava chiamare la sua virilità, si era destato, si gonfiava e premeva con urgenza contro gli slip che lo contenevano a fatica, un desiderio impellente di liberazione.
Alzando lo sguardo con uno sforzo di volontà, si soffermò sul viso di Angelica. Era un viso sottile, incorniciato da linee dolci e delicate, con un fascino quasi etereo. Spiccavano un paio di piercing: uno sulla lingua, intuibile solo dal movimento delle labbra, e un anellino discreto sotto al naso, un tocco di esotismo. Numerose lentiggini doravano il ponte del naso e le guance. Ma erano gli occhi a imprimergli una scossa definitiva: di un grigio molto particolare, quasi metallico, erano magnetici, lo incendiarono con la loro intensità. Quello sguardo aumentò ulteriormente la pressione nei suoi pantaloni, rendendo la situazione imbarazzante. Era impossibile non notare l’evidente rigonfiamento, si poteva distinguere chiaramente la forma e la dimensione eccezionale della sua virilità, un dettaglio che di solito Andrea sapeva dissimulare ma che in quel momento, davanti a quella ragazza, sembrava volersi imporre.
Il viso era incorniciato da una chioma rosso fuoco, una cascata di colore acceso. L'acconciatura era elaborata: due trecce laterali partivano dalle tempie e andavano a unirsi con precisione al centro della nuca, lasciando cadere i restanti capelli, lisci e lunghissimi, che arrivavano ben oltre la linea delle spalle, quasi all'altezza del sedere. Angelica era una visione, un insieme di contrasti – la dolcezza del viso, l'audacia dei piercing, la vitalità dei capelli rossi e la sensualità involontaria del suo corpo – che aveva completamente turbato la calma di Andrea.
Le ragazze, con un’intesa silenziosa e quasi coreografica, si dileguarono dalla sala principale, lasciando dietro di sé un’eco ovattata dei loro passi veloci. La loro destinazione era la grande biblioteca, il cuore pulsante dell’edificio, un luogo che offriva un bilanciamento perfetto tra l'austera bellezza dell’antico e la funzionalità elegante del moderno. Imponenti scaffali in legno scuro, carichi di volumi rilegati in pelle, si innalzavano fino al soffitto a cassettoni, interrotti solo da ampie finestre ad arco che inondavano lo spazio di una luce dorata.
Si accomodarono intorno a un prezioso e massiccio tavolo in legno, un'antica opera di ebanisteria che fungeva da isola moderna in quel mare di storia. Ognuna aprì il proprio pc portatile, trasformando istantaneamente l'ambiente in un centro operativo high-tech. Le dita iniziarono a danzare sulle tastiere, in un concerto di digitazioni che preannunciava l'imminente immersione nel lavoro.
Nel frattempo, Andrea, rimasto solo nella stanza adiacente, percepiva la crescente tensione dell'attesa. La riunione era imminente, il countdown nella sua mente si faceva sempre più serrato. Si sforzò di destarsi dalla sua momentanea apatia, un piccolo sforzo di volontà prima di riposizionarsi davanti al PC. I pensieri si accavallavano: l'ordine del giorno, le strategie da discutere, il suo ruolo.
Fu in quel momento che un’idea audace e puramente istintiva si fece strada nella sua mente, un piccolo atto di ribellione contro la formalità forzata dell'incontro virtuale. Sapendo che la webcam lo avrebbe inquadrato solo dalle spalle in su, offrendo una visione impeccabile della sua camicia e del suo volto concentrato, Andrea decise di concedersi un inatteso, intimo sollievo. Con movimenti rapidi e discreti, si levò i pantaloni e gli slip, liberando la sua erezione. Il contrasto tra l’estrema formalità della parte superiore del suo corpo, destinata alla visione dei colleghi, e la sfacciata nudità e la tensione erotica della parte inferiore, completamente nascosta, gli procurò un’ondata di eccitazione sottile e proibita. Era il suo piccolo, segreto atto di bilanciamento tra dovere e desiderio, un modo per affrontare l'impegno con una carica sensoriale nascosta. Si rimise al pc, con il volto impassibile e le mani pronte a digitare, mentre il suo segreto pulsava liberamente sotto il tavolo in attesa che la riunione iniziasse.
L'iPhone di Andrea, appoggiato sulla scrivania, cominciò a vibrare con insistenza. Un diluvio di notifiche di WhatsApp si stava riversando sullo schermo, interrompendo bruscamente il flusso dei suoi pensieri. Era Martina, sua figlia, che lo stava bombardando di messaggi. Il primo, conciso e accusatorio, apparve in una bolla verde: «Papino ma sei impazzito…». Seguì un altro messaggio, più esplicativo, che fece scendere un velo di imbarazzo sul volto di Andrea: «…d'accordo che Angelica è bellissima, ma ti si vedeva chiaramente il cazzo duro…se n'è accorta».
Andrea si affrettò a digitare una risposta, il cuore che gli batteva forte, a metà tra il divertimento e la preoccupazione di aver commesso una gaffe monumentale. «Scusa amore di papà, ma è stato più forte di me… si è offesa?» chiese, il tono teso. Martina rispose quasi istantaneamente, con un'ironia tagliente che aveva ereditato dalla madre. «Ma quale offesa» scrisse lei, seguita da un lapidario «Si è bagnata». Andrea emise un sospiro di sollievo che si trasformò in un sorriso sornione. La situazione era svoltata in un modo che non si sarebbe mai aspettato, e l'audacia di sua figlia nell'affrontare l'argomento lo divertiva.
Non appena aveva riposto il telefono, un'altra vibrazione lo colse di sorpresa. Questa volta, il nome che illuminava la notifica era Giulia, la sua amante. Un brivido di anticipazione, misto a una familiare colpa, gli percorse la schiena. Giulia gli aveva inviato una foto, e l'anteprima sullo schermo era già sufficiente a fargli mancare il respiro. L'immagine, scattata dall'alto, la ritraeva completamente nuda, in ginocchio, con una posa di sottomissione audace e spudorata. Davanti a lei, tre cazzi – oggettivamente grandi, gonfi e pulsanti di vita – erano allineati in un'esposizione cruda e inequivocabile. Sotto la foto, una didascalia bruciante e per certi versi beffarda: «Ciao amore, sono al mio impegno misterioso, scusa ma non potevo dirtelo, mi farò perdonare promesso».
A quella visione, il membro di Andrea reagì con violenza, indurendosi istantaneamente fino a diventare una barra di marmo che andò a picchiare con un tonfo sordo contro il bordo inferiore della scrivania. La gelosia, unita a un'eccitazione bestiale, gli annebbiò la vista per un istante. Poi, con uno sforzo di volontà, Andrea analizzò meglio l'immagine, scrutando i dettagli. Fu un particolare a colpirlo, un segno, una vena più prominente, la forma della punta. Si rese conto, con un misto di disgusto e un'acuta, perversa curiosità, che uno di quei tre cazzi gli era fin troppo familiare. Era quello di Luca, il fidanzato di Martina e, a quanto pareva, complice involontario della sua amante. Gli altri due dovevano essere i suoi amici.
Un lampo di rabbia cieca, improvvisa e devastante, si fuse con un desiderio carnale così potente da rasentare la follia. Ogni battito del suo cuore risuonava come un tamburo di guerra nel petto, alimentando la sua frustrazione e il suo bisogno di riaffermazione. Digitando con una furia controllata che rendeva le sue dita rigide e precise sui tasti, Andrea rispose al messaggio che aveva appena letto, lasciando che il suo lato più oscuro, possessivo e volgare prendesse il sopravvento.
Non cercò la delicatezza, non provò a mascherare l'insulto con un velo di ironia. Andò dritto al punto, con la brutalità di un macigno che cade: «Sei proprio una troia, lo sai, anzi SEI LA MIA TROIA» le scrisse, quasi come a imprimere un marchio a fuoco, a reclamare un possesso che sentiva minacciato dalle sue assenze, dai suoi silenzi e da ogni respiro che lei non prendeva sotto il suo diretto controllo. Quella frase era un guanto di sfida, una dichiarazione di proprietà che esigeva sottomissione.
Ma Andrea non era ancora soddisfatto. Spinto da un impulso di vendetta viscerale, un desiderio di dominio sessuale che doveva ristabilire l'equilibrio del loro malsano gioco di potere, aggiunse una minaccia carica di promessa, una sentenza che lei doveva accettare senza appello: «Usa le precauzioni e prepara il culetto che quando vieni da me… TI FACCIO IO LA FESTA».
Ogni singola parola era stata scelta con chirurgica malizia. Usò, intenzionalmente, le stesse identiche parole, lo stesso identico accento di prevaricazione e lascivia che Luca aveva sussurrato all'orecchio di Giulia in quel fatidico pomeriggio. Un pomeriggio indimenticabile, sì, ma non per la passione condivisa, bensì per l'atroce, amara consapevolezza del tradimento e del torbido intreccio che si consumava. Era il giorno in cui, mentre Luca scopava Giulia con ferocia animalesca, nella stessa identica stanza, a pochi metri di distanza – Andrea era impegnato in un altro, più scandaloso, banchetto.
Aveva appena terminato di banchettare con la fighetta rosa e invitante di sua figlia Martina, un atto proibito che lo aveva condotto sull'orlo di un abisso emotivo e fisico. E in quel momento, con la mente annebbiata dall'adrenalina e dal disgusto per la sua stessa depravazione, stava riversando il culmine della sua eccitazione in un gesto di puro dominio e affetto perverso: stava riempiendole la bocca di fiotti del suo seme caldo, denso come lava incandescente. Era un fuoco che non bruciava per la tenerezza, ma per la passione ardente, distorta e totalizzante, che stava provando in quel momento, un'emozione che lo legava a Martina con un vincolo di peccato e segreto inestricabile. Le parole digitate ora sul cellulare erano il riflesso di quel caos, la prova che l'ombra di quel pomeriggio non lo aveva mai abbandonato.
Andrea, con un tono che mischiava provocazione e un'esplicita sfida, indirizzò un messaggio diretto e audace a Martina. «Dato che ti diletti tanto a spiarmi attraverso le telecamere,» digitò, con un sorriso sarcastico immaginando la sua reazione, «perché non dai un'occhiata a quelle del mio ufficio, proprio adesso? In particolare, vorrei la tua attenzione su quella laterale.»
Non contento di aver lanciato il guanto, Andrea rincarò la dose, aggiungendo un elemento di ulteriore imbarazzo e malizia: «Già che ci sei, mostrale anche ad Angelica. E magari, per rendere il tutto più interessante, allegale anche qualche mia 'performance' precedente... sai, quelle che hai registrato con tanta cura.»
Il culmine del suo messaggio, il desiderio espresso senza filtri che sigillava la sua intenzione, arrivò come un comando perentorio e carico di una chiara aspettativa: «...LA VOGLIO…ora inizia la riunione ma sotto la mia scrivania c’è posto» - con l’emoji dell’occhiolino.
Angelica, travolta dall'onda emotiva scatenata dalla visione di quelle immagini e quei video, un misto di desiderio represso e inebriante eccitazione, si lasciò andare completamente. Ogni residuo di difesa e imbarazzo si dissolse, abbandonandosi totalmente alle sapienti e affettuose coccole di Martina. Quest'ultima, intuendo il momento di vulnerabilità e resa della sua amica, aveva già scivolato due dita esperte e umide dentro di lei, iniziando una masturbazione ritmica e incessante.
Mentre il piacere si intensificava sotto la spinta costante e mirata delle dita, Martina non si limitava a un solo punto focale. Alternava l'uso della sua lingua con una maestria seducente. Un momento la sua bocca era impegnata in uno scontro appassionato e umido con quella di Angelica, una danza di lingue che si cercavano, si sfidavano e si fondevano in un bacio profondo e senza fiato, un attimo dopo si spostava in un perverso e stuzzicante gioco sui capezzoli di Angelica.
Questi, ormai turgidi e sensibilissimi, reagivano a ogni minima carezza e morsetto leggero di Martina con scariche elettriche che si propagavano lungo tutto il corpo di Angelica, convergendo verso l'epicentro del piacere. La combinazione di stimolazione interna intensa, il bacio profondo che le rubava il respiro e le attenzioni sui capezzoli la stava portando a un'ebbrezza sensoriale, un crescendo inarrestabile che prometteva un'esplosione imminente. Angelica gemette, il capo rovesciato, completamente in balia della bocca e delle mani di Martina. L'orgasmo la scosse, facendola tremare e bagnando gran parte della superficie di quello splendido tavolo; Poi Martina continuò: «Mio padre ti vuole e ti aspetta lì... sotto la sua scrivania».
La videocall era cominciata e Andrea era intento a fare la sua consueta introduzione prima di lasciare la parola agli altri manager, con la coda dell’occhio vide Martina e Angelica, completamente nude che gatttonavano nella sua direzione
Le due ragazze, nude e in sincronia perfetta, si mossero come cacciatrici silenziose. Raggiunsero la scrivania di Andrea, i loro corpi scintillanti e tesi nell'eccitazione. La videocall era in pieno svolgimento; Andrea, impeccabile e professionale dalla cintola in su, parlava con l'espressione concentrata di un leader d'azienda, ignaro del terremoto erotico che si stava preparando proprio sotto il suo naso.
Martina si posizionò immediatamente di fronte a lui, inginocchiandosi. I suoi occhi incontrarono quelli del padre in un lampo di intesa sporca e complicità inconfessabile. Senza esitazione, prese l'enorme membro di Andrea tra le mani, lo accarezzò per un istante, godendo della sua durezza marmorea, e poi lo inghiottì, profondo. La sua bocca, esperta e abituata, avvolse la lunghezza con avidità, succhiando con un ritmo lento e misurato che era puro tormento. La testa di Andrea sussultò quasi impercettibilmente mentre il piacere inondava i suoi sensi, ma il suo volto rimase un'espressione di composta attenzione per i manager sullo schermo.
Angelica, invece, si mosse con una timidezza che era solo superficiale. Si inginocchiò alla destra di Martina. Il suo primo contatto fu con i testicoli di Andrea, che accarezzò con reverenza. Poi, con l'indice, si intrufolò nell'ano di Martina, una zona che aveva imparato a conoscere bene. Martina gemette appena – un suono che, grazie al microfono direzionale, non raggiunse la conferenza – e il suo pompino si fece più intenso, spinto dalla nuova ondata di piacere anale.
Angelica si avvicinò alla scena con un atto di totale sottomissione e devozione al piacere del padrone. Si chinò, leccando avidamente lo scroto di Andrea, succhiando delicatamente i testicoli gonfi, il piercing sulla lingua che strofinava contro la pelle sensibile con una frizione piacevole e inattesa. Era un'azione di servizio silenziosa ma potentissima.
Martina, sentendo la pressione del dito di Angelica farsi più insistente, intensificò la sua azione. Accelerò il ritmo, spingendo la testa del membro sempre più a fondo nella sua gola, in un deep throat impressionante che le faceva luccicare gli occhi per lo sforzo trattenuto. Il suo sguardo, alzato, cercava quello di Andrea, un misto di sfida e venerazione, come a dirgli: Guarda cosa faccio per te.
Andrea, pur mantenendo una facciata di assoluta calma, sentiva il sangue pulsare furiosamente. Il piacere era così intenso da fargli percepire ogni parola dei suoi manager come un ronzio distante. Allungò una mano sotto il tavolo e strinse con forza i capelli rossi di Angelica, un gesto di possesso e incoraggiamento.
Angelica capì il segnale. Lasciò i testicoli e si unì a Martina. Prese la base del membro con la mano e iniziò a leccare e succhiare la porzione di carne che Martina aveva lasciato scoperta, lavorando in perfetta sincronia con lei. La bocca di Martina tirava e succhiava il glande, mentre quella di Angelica si concentrava sulla lunghezza, in un tandem blowjob che massimizzava ogni centimetro della virilità di Andrea.
Le due ragazze si scambiavano sguardi infuocati, la loro competizione silenziosa si manifestava nella qualità del servizio. Angelica, con il suo piercing sulla lingua, aggiungeva un tocco esotico di stimolazione. Martina, d'altro canto, era la custode del piacere profondo, il suo controllo del riflesso faringeo le permetteva di inghiottire quasi tutto.
Andrea non resistette. Il suo corpo tremava, le sue spalle si irrigidirono e la sua voce si spezzò leggermente mentre diceva ai suoi collaboratori: «...quindi, direi che per ora possiamo chiudere il punto...»
In quell'istante, sentì il rilascio imminente. Con un gemito strozzato che mascherò come un colpo di tosse, si protesse il viso con la mano. Le sue due troie, la figlia e l'amica, sentirono la sua erezione sussultare. Martina inghiottì fino al limite, sentendo il calore denso riversarsi in lei, mentre Angelica prendeva in bocca gli ultimi schizzi.
Andrea, il respiro affannoso, si chinò verso lo schermo, il volto paonazzo ma soddisfatto. «Bene, ci aggiorniamo lunedì prossimo. Ottimo lavoro a tutti.» Concluse la chiamata in fretta, il timer della riunione che segnava la fine.
Si lasciò cadere sulla poltrona, il corpo scosso da spasmi post-orgasmici. Sotto la scrivania, Martina si asciugò la bocca con il dorso della mano, sorridendo. Angelica invece era rimasta con il membro di Andrea ancora nella sua bocca, succhiando con dolcezza i residui del suo seme.
Andrea si limitò a un ringraziamento muto, un gesto che era già implicito in ogni sospiro. Estrasse il pene, ora floscio, dalla bocca di Angelica. «Adesso andate,» mormorò con la voce roca, «devo riprendermi. E tu, Martina, brava bambina…riposate un po’ vi raggiungo io per il secondo round».
Oggi, la tavola era stata meno affollata del solito. C'erano solo Maria, sua moglie, e Marco, il figlio, entrambi rientrati da poco nel turbine degli impegni pomeridiani: faccende di ufficio per Maria e una riunione cruciale per Marco in merito ad una filiale estera di prossima apertura. Erano partiti in fretta, lasciando Andrea in una quiete improvvisa. Mancava Giulia, in particolare. La sua assenza, pur giustificata da un programma mattutino serrato, si fissava in modo più insistente nella mente di Andrea. Giulia, fidanzata di Marco ma anche amante segreta di Andrea, aveva saltato il pranzo non solo per le lezioni universitarie del mattino (si era iscritta da poco a Scienze motorie) e il successivo e immancabile allenamento in palestra — una disciplina ferrea, una costanza maniacale che Andrea ben conosceva e apprezzava, visibile nel fisico che lo mandava in visibilio — ma anche per quello che lei aveva liquidato vagamente come un "impegno", senza fornire dettagli. Questa natura indefinita dell'impegno alimentava un tarlo di dubbio che Andrea non riusciva a scacciare. Era pura gelosia, o forse la semplice frustrazione di non avere il pieno controllo della situazione?
Anche la piccola di casa, Martina, non era a rincasata per pranzo, ma la sua assenza era una prassi ormai consolidata; Era, al quinto anno di studi in Grafica e Comunicazione, aveva lezioni che si protraevano fino alle 13. Andrea si aspettava il suo rientro a momenti considerato che si sarebbe fermata per un boccone durante il breve tragitto, un fugace saluto prima che si chiudesse in camera, assorbita dai suoi progetti creativi o dallo studio.
Andrea si godeva un brevissimo intermezzo di quiete domestica, accompagnato dall'immancabile sottofondo jazz. Uno sguardo all'orologio gli ricordò che la tranquillità stava per finire: tra una mezzoretta sarebbe iniziata la cruciale videocall settimanale. Questo appuntamento rappresentava il momento focale per la sua azienda tech, l'occasione per riunire i responsabili di settore. L'agenda era fitta: fare il punto sui progetti in corso, analizzare i risultati della settimana precedente e, soprattutto, definire strategicamente il lavoro e gli impegni futuri. Con un sorso di caffè, Andrea si diresse verso il suo ufficio. La sua mente era già immersa nella complessa rete di responsabilità che lo attendeva. La serenità del pranzo era ormai un ricordo.
La porta di casa si aprì con un leggero scatto, e immediatamente l'aria tranquilla dell'ufficio di Andrea fu rotta dal vivace chiacchiericcio proveniente dal corridoio. Non era la solita, prevedibile voce di Luca, il fidanzato di Martina, ma una melodia vocale sconosciuta, appartenente a una ragazza. I passi si fermarono proprio sulla soglia della porta dell’ufficio, un confine invisibile tra il mondo professionale di Andrea e l'irruenza della sua vita privata.
«Ciao papà, oggi c’è la mia amica Angelica, possiamo metterci in biblioteca per studiare o ti disturbiamo?» – chiese Martina. Era l'incarnazione della gioia e della bellezza, i suoi occhi brillanti e il sorriso disarmante non potevano che sciogliere ogni possibile resistenza.
«Buongiorno» – aggiunse la voce sconosciuta, Angelica, con un tono educato ma velato da una timida incertezza.
Andrea, immerso fino a un attimo prima nei suoi pensieri e nelle sue scartoffie, si riscosse. Si alzò con un gesto lento e meditato, abbandonando la poltrona per avvicinarsi alla porta, un’accoglienza che era ormai un rituale affettuoso. «Bentornata amore» – mormorò, e chinandosi le stampò un bacio casto e affettuoso sulla fronte, un gesto paterno che racchiudeva tutto il suo affetto.
Poi, la sua attenzione si spostò sull'ospite. Allungò la mano verso Angelica in un gesto formale. «Piacere, io sono Andrea», disse.
In quell'istante, si innescò in Andrea una reazione che andava oltre la semplice cortesia. Iniziò ad analizzare la ragazza con uno sguardo che non era né indiscreto né malizioso, ma una sorta di scanner involontario che partiva dal basso, dai piedi, per risalire lentamente verso il volto.
Ai piedi, Angelica calzava delle semplici sneakers, abbinate a un paio di jeans a vita bassa attillati che mettevano in risalto le curve dei fianchi e delle gambe. La parte superiore era coperta da un dolcevita bianco, sormontato da un giacchetto di pelle che le conferiva un’aria ribelle ma composta. Nonostante l'abbigliamento casual e quotidiano, la sua silhouette era innegabilmente notevole, un connubio di forme che sfidavano la semplicità del vestire.
L'attenzione di Andrea si bloccò quasi immediatamente sul seno. Sotto la sottile trama del dolcevita, si poteva intuire chiaramente la presenza di un intimo nero, un dettaglio raffinato che conteneva, o per meglio dire, costringeva un seno generoso, una quarta abbondante. La stoffa aderente non lasciava spazio all'immaginazione: si potevano distinguere i capezzoli, forse turgidi per un'emozione fugace o un leggero imbarazzo causato da quella stretta di mano inattesa – due “bottoni del piacere”, come li catalogò la sua mente, che agirono come un interruttore nel suo corpo.
Andrea reagì con un sussulto quasi impercettibile. Sentì immediatamente un calore propagarsi nella zona inguinale, una pressione crescente. Il suo “mostro”, come amava chiamare la sua virilità, si era destato, si gonfiava e premeva con urgenza contro gli slip che lo contenevano a fatica, un desiderio impellente di liberazione.
Alzando lo sguardo con uno sforzo di volontà, si soffermò sul viso di Angelica. Era un viso sottile, incorniciato da linee dolci e delicate, con un fascino quasi etereo. Spiccavano un paio di piercing: uno sulla lingua, intuibile solo dal movimento delle labbra, e un anellino discreto sotto al naso, un tocco di esotismo. Numerose lentiggini doravano il ponte del naso e le guance. Ma erano gli occhi a imprimergli una scossa definitiva: di un grigio molto particolare, quasi metallico, erano magnetici, lo incendiarono con la loro intensità. Quello sguardo aumentò ulteriormente la pressione nei suoi pantaloni, rendendo la situazione imbarazzante. Era impossibile non notare l’evidente rigonfiamento, si poteva distinguere chiaramente la forma e la dimensione eccezionale della sua virilità, un dettaglio che di solito Andrea sapeva dissimulare ma che in quel momento, davanti a quella ragazza, sembrava volersi imporre.
Il viso era incorniciato da una chioma rosso fuoco, una cascata di colore acceso. L'acconciatura era elaborata: due trecce laterali partivano dalle tempie e andavano a unirsi con precisione al centro della nuca, lasciando cadere i restanti capelli, lisci e lunghissimi, che arrivavano ben oltre la linea delle spalle, quasi all'altezza del sedere. Angelica era una visione, un insieme di contrasti – la dolcezza del viso, l'audacia dei piercing, la vitalità dei capelli rossi e la sensualità involontaria del suo corpo – che aveva completamente turbato la calma di Andrea.
Le ragazze, con un’intesa silenziosa e quasi coreografica, si dileguarono dalla sala principale, lasciando dietro di sé un’eco ovattata dei loro passi veloci. La loro destinazione era la grande biblioteca, il cuore pulsante dell’edificio, un luogo che offriva un bilanciamento perfetto tra l'austera bellezza dell’antico e la funzionalità elegante del moderno. Imponenti scaffali in legno scuro, carichi di volumi rilegati in pelle, si innalzavano fino al soffitto a cassettoni, interrotti solo da ampie finestre ad arco che inondavano lo spazio di una luce dorata.
Si accomodarono intorno a un prezioso e massiccio tavolo in legno, un'antica opera di ebanisteria che fungeva da isola moderna in quel mare di storia. Ognuna aprì il proprio pc portatile, trasformando istantaneamente l'ambiente in un centro operativo high-tech. Le dita iniziarono a danzare sulle tastiere, in un concerto di digitazioni che preannunciava l'imminente immersione nel lavoro.
Nel frattempo, Andrea, rimasto solo nella stanza adiacente, percepiva la crescente tensione dell'attesa. La riunione era imminente, il countdown nella sua mente si faceva sempre più serrato. Si sforzò di destarsi dalla sua momentanea apatia, un piccolo sforzo di volontà prima di riposizionarsi davanti al PC. I pensieri si accavallavano: l'ordine del giorno, le strategie da discutere, il suo ruolo.
Fu in quel momento che un’idea audace e puramente istintiva si fece strada nella sua mente, un piccolo atto di ribellione contro la formalità forzata dell'incontro virtuale. Sapendo che la webcam lo avrebbe inquadrato solo dalle spalle in su, offrendo una visione impeccabile della sua camicia e del suo volto concentrato, Andrea decise di concedersi un inatteso, intimo sollievo. Con movimenti rapidi e discreti, si levò i pantaloni e gli slip, liberando la sua erezione. Il contrasto tra l’estrema formalità della parte superiore del suo corpo, destinata alla visione dei colleghi, e la sfacciata nudità e la tensione erotica della parte inferiore, completamente nascosta, gli procurò un’ondata di eccitazione sottile e proibita. Era il suo piccolo, segreto atto di bilanciamento tra dovere e desiderio, un modo per affrontare l'impegno con una carica sensoriale nascosta. Si rimise al pc, con il volto impassibile e le mani pronte a digitare, mentre il suo segreto pulsava liberamente sotto il tavolo in attesa che la riunione iniziasse.
L'iPhone di Andrea, appoggiato sulla scrivania, cominciò a vibrare con insistenza. Un diluvio di notifiche di WhatsApp si stava riversando sullo schermo, interrompendo bruscamente il flusso dei suoi pensieri. Era Martina, sua figlia, che lo stava bombardando di messaggi. Il primo, conciso e accusatorio, apparve in una bolla verde: «Papino ma sei impazzito…». Seguì un altro messaggio, più esplicativo, che fece scendere un velo di imbarazzo sul volto di Andrea: «…d'accordo che Angelica è bellissima, ma ti si vedeva chiaramente il cazzo duro…se n'è accorta».
Andrea si affrettò a digitare una risposta, il cuore che gli batteva forte, a metà tra il divertimento e la preoccupazione di aver commesso una gaffe monumentale. «Scusa amore di papà, ma è stato più forte di me… si è offesa?» chiese, il tono teso. Martina rispose quasi istantaneamente, con un'ironia tagliente che aveva ereditato dalla madre. «Ma quale offesa» scrisse lei, seguita da un lapidario «Si è bagnata». Andrea emise un sospiro di sollievo che si trasformò in un sorriso sornione. La situazione era svoltata in un modo che non si sarebbe mai aspettato, e l'audacia di sua figlia nell'affrontare l'argomento lo divertiva.
Non appena aveva riposto il telefono, un'altra vibrazione lo colse di sorpresa. Questa volta, il nome che illuminava la notifica era Giulia, la sua amante. Un brivido di anticipazione, misto a una familiare colpa, gli percorse la schiena. Giulia gli aveva inviato una foto, e l'anteprima sullo schermo era già sufficiente a fargli mancare il respiro. L'immagine, scattata dall'alto, la ritraeva completamente nuda, in ginocchio, con una posa di sottomissione audace e spudorata. Davanti a lei, tre cazzi – oggettivamente grandi, gonfi e pulsanti di vita – erano allineati in un'esposizione cruda e inequivocabile. Sotto la foto, una didascalia bruciante e per certi versi beffarda: «Ciao amore, sono al mio impegno misterioso, scusa ma non potevo dirtelo, mi farò perdonare promesso».
A quella visione, il membro di Andrea reagì con violenza, indurendosi istantaneamente fino a diventare una barra di marmo che andò a picchiare con un tonfo sordo contro il bordo inferiore della scrivania. La gelosia, unita a un'eccitazione bestiale, gli annebbiò la vista per un istante. Poi, con uno sforzo di volontà, Andrea analizzò meglio l'immagine, scrutando i dettagli. Fu un particolare a colpirlo, un segno, una vena più prominente, la forma della punta. Si rese conto, con un misto di disgusto e un'acuta, perversa curiosità, che uno di quei tre cazzi gli era fin troppo familiare. Era quello di Luca, il fidanzato di Martina e, a quanto pareva, complice involontario della sua amante. Gli altri due dovevano essere i suoi amici.
Un lampo di rabbia cieca, improvvisa e devastante, si fuse con un desiderio carnale così potente da rasentare la follia. Ogni battito del suo cuore risuonava come un tamburo di guerra nel petto, alimentando la sua frustrazione e il suo bisogno di riaffermazione. Digitando con una furia controllata che rendeva le sue dita rigide e precise sui tasti, Andrea rispose al messaggio che aveva appena letto, lasciando che il suo lato più oscuro, possessivo e volgare prendesse il sopravvento.
Non cercò la delicatezza, non provò a mascherare l'insulto con un velo di ironia. Andò dritto al punto, con la brutalità di un macigno che cade: «Sei proprio una troia, lo sai, anzi SEI LA MIA TROIA» le scrisse, quasi come a imprimere un marchio a fuoco, a reclamare un possesso che sentiva minacciato dalle sue assenze, dai suoi silenzi e da ogni respiro che lei non prendeva sotto il suo diretto controllo. Quella frase era un guanto di sfida, una dichiarazione di proprietà che esigeva sottomissione.
Ma Andrea non era ancora soddisfatto. Spinto da un impulso di vendetta viscerale, un desiderio di dominio sessuale che doveva ristabilire l'equilibrio del loro malsano gioco di potere, aggiunse una minaccia carica di promessa, una sentenza che lei doveva accettare senza appello: «Usa le precauzioni e prepara il culetto che quando vieni da me… TI FACCIO IO LA FESTA».
Ogni singola parola era stata scelta con chirurgica malizia. Usò, intenzionalmente, le stesse identiche parole, lo stesso identico accento di prevaricazione e lascivia che Luca aveva sussurrato all'orecchio di Giulia in quel fatidico pomeriggio. Un pomeriggio indimenticabile, sì, ma non per la passione condivisa, bensì per l'atroce, amara consapevolezza del tradimento e del torbido intreccio che si consumava. Era il giorno in cui, mentre Luca scopava Giulia con ferocia animalesca, nella stessa identica stanza, a pochi metri di distanza – Andrea era impegnato in un altro, più scandaloso, banchetto.
Aveva appena terminato di banchettare con la fighetta rosa e invitante di sua figlia Martina, un atto proibito che lo aveva condotto sull'orlo di un abisso emotivo e fisico. E in quel momento, con la mente annebbiata dall'adrenalina e dal disgusto per la sua stessa depravazione, stava riversando il culmine della sua eccitazione in un gesto di puro dominio e affetto perverso: stava riempiendole la bocca di fiotti del suo seme caldo, denso come lava incandescente. Era un fuoco che non bruciava per la tenerezza, ma per la passione ardente, distorta e totalizzante, che stava provando in quel momento, un'emozione che lo legava a Martina con un vincolo di peccato e segreto inestricabile. Le parole digitate ora sul cellulare erano il riflesso di quel caos, la prova che l'ombra di quel pomeriggio non lo aveva mai abbandonato.
Andrea, con un tono che mischiava provocazione e un'esplicita sfida, indirizzò un messaggio diretto e audace a Martina. «Dato che ti diletti tanto a spiarmi attraverso le telecamere,» digitò, con un sorriso sarcastico immaginando la sua reazione, «perché non dai un'occhiata a quelle del mio ufficio, proprio adesso? In particolare, vorrei la tua attenzione su quella laterale.»
Non contento di aver lanciato il guanto, Andrea rincarò la dose, aggiungendo un elemento di ulteriore imbarazzo e malizia: «Già che ci sei, mostrale anche ad Angelica. E magari, per rendere il tutto più interessante, allegale anche qualche mia 'performance' precedente... sai, quelle che hai registrato con tanta cura.»
Il culmine del suo messaggio, il desiderio espresso senza filtri che sigillava la sua intenzione, arrivò come un comando perentorio e carico di una chiara aspettativa: «...LA VOGLIO…ora inizia la riunione ma sotto la mia scrivania c’è posto» - con l’emoji dell’occhiolino.
Angelica, travolta dall'onda emotiva scatenata dalla visione di quelle immagini e quei video, un misto di desiderio represso e inebriante eccitazione, si lasciò andare completamente. Ogni residuo di difesa e imbarazzo si dissolse, abbandonandosi totalmente alle sapienti e affettuose coccole di Martina. Quest'ultima, intuendo il momento di vulnerabilità e resa della sua amica, aveva già scivolato due dita esperte e umide dentro di lei, iniziando una masturbazione ritmica e incessante.
Mentre il piacere si intensificava sotto la spinta costante e mirata delle dita, Martina non si limitava a un solo punto focale. Alternava l'uso della sua lingua con una maestria seducente. Un momento la sua bocca era impegnata in uno scontro appassionato e umido con quella di Angelica, una danza di lingue che si cercavano, si sfidavano e si fondevano in un bacio profondo e senza fiato, un attimo dopo si spostava in un perverso e stuzzicante gioco sui capezzoli di Angelica.
Questi, ormai turgidi e sensibilissimi, reagivano a ogni minima carezza e morsetto leggero di Martina con scariche elettriche che si propagavano lungo tutto il corpo di Angelica, convergendo verso l'epicentro del piacere. La combinazione di stimolazione interna intensa, il bacio profondo che le rubava il respiro e le attenzioni sui capezzoli la stava portando a un'ebbrezza sensoriale, un crescendo inarrestabile che prometteva un'esplosione imminente. Angelica gemette, il capo rovesciato, completamente in balia della bocca e delle mani di Martina. L'orgasmo la scosse, facendola tremare e bagnando gran parte della superficie di quello splendido tavolo; Poi Martina continuò: «Mio padre ti vuole e ti aspetta lì... sotto la sua scrivania».
La videocall era cominciata e Andrea era intento a fare la sua consueta introduzione prima di lasciare la parola agli altri manager, con la coda dell’occhio vide Martina e Angelica, completamente nude che gatttonavano nella sua direzione
Le due ragazze, nude e in sincronia perfetta, si mossero come cacciatrici silenziose. Raggiunsero la scrivania di Andrea, i loro corpi scintillanti e tesi nell'eccitazione. La videocall era in pieno svolgimento; Andrea, impeccabile e professionale dalla cintola in su, parlava con l'espressione concentrata di un leader d'azienda, ignaro del terremoto erotico che si stava preparando proprio sotto il suo naso.
Martina si posizionò immediatamente di fronte a lui, inginocchiandosi. I suoi occhi incontrarono quelli del padre in un lampo di intesa sporca e complicità inconfessabile. Senza esitazione, prese l'enorme membro di Andrea tra le mani, lo accarezzò per un istante, godendo della sua durezza marmorea, e poi lo inghiottì, profondo. La sua bocca, esperta e abituata, avvolse la lunghezza con avidità, succhiando con un ritmo lento e misurato che era puro tormento. La testa di Andrea sussultò quasi impercettibilmente mentre il piacere inondava i suoi sensi, ma il suo volto rimase un'espressione di composta attenzione per i manager sullo schermo.
Angelica, invece, si mosse con una timidezza che era solo superficiale. Si inginocchiò alla destra di Martina. Il suo primo contatto fu con i testicoli di Andrea, che accarezzò con reverenza. Poi, con l'indice, si intrufolò nell'ano di Martina, una zona che aveva imparato a conoscere bene. Martina gemette appena – un suono che, grazie al microfono direzionale, non raggiunse la conferenza – e il suo pompino si fece più intenso, spinto dalla nuova ondata di piacere anale.
Angelica si avvicinò alla scena con un atto di totale sottomissione e devozione al piacere del padrone. Si chinò, leccando avidamente lo scroto di Andrea, succhiando delicatamente i testicoli gonfi, il piercing sulla lingua che strofinava contro la pelle sensibile con una frizione piacevole e inattesa. Era un'azione di servizio silenziosa ma potentissima.
Martina, sentendo la pressione del dito di Angelica farsi più insistente, intensificò la sua azione. Accelerò il ritmo, spingendo la testa del membro sempre più a fondo nella sua gola, in un deep throat impressionante che le faceva luccicare gli occhi per lo sforzo trattenuto. Il suo sguardo, alzato, cercava quello di Andrea, un misto di sfida e venerazione, come a dirgli: Guarda cosa faccio per te.
Andrea, pur mantenendo una facciata di assoluta calma, sentiva il sangue pulsare furiosamente. Il piacere era così intenso da fargli percepire ogni parola dei suoi manager come un ronzio distante. Allungò una mano sotto il tavolo e strinse con forza i capelli rossi di Angelica, un gesto di possesso e incoraggiamento.
Angelica capì il segnale. Lasciò i testicoli e si unì a Martina. Prese la base del membro con la mano e iniziò a leccare e succhiare la porzione di carne che Martina aveva lasciato scoperta, lavorando in perfetta sincronia con lei. La bocca di Martina tirava e succhiava il glande, mentre quella di Angelica si concentrava sulla lunghezza, in un tandem blowjob che massimizzava ogni centimetro della virilità di Andrea.
Le due ragazze si scambiavano sguardi infuocati, la loro competizione silenziosa si manifestava nella qualità del servizio. Angelica, con il suo piercing sulla lingua, aggiungeva un tocco esotico di stimolazione. Martina, d'altro canto, era la custode del piacere profondo, il suo controllo del riflesso faringeo le permetteva di inghiottire quasi tutto.
Andrea non resistette. Il suo corpo tremava, le sue spalle si irrigidirono e la sua voce si spezzò leggermente mentre diceva ai suoi collaboratori: «...quindi, direi che per ora possiamo chiudere il punto...»
In quell'istante, sentì il rilascio imminente. Con un gemito strozzato che mascherò come un colpo di tosse, si protesse il viso con la mano. Le sue due troie, la figlia e l'amica, sentirono la sua erezione sussultare. Martina inghiottì fino al limite, sentendo il calore denso riversarsi in lei, mentre Angelica prendeva in bocca gli ultimi schizzi.
Andrea, il respiro affannoso, si chinò verso lo schermo, il volto paonazzo ma soddisfatto. «Bene, ci aggiorniamo lunedì prossimo. Ottimo lavoro a tutti.» Concluse la chiamata in fretta, il timer della riunione che segnava la fine.
Si lasciò cadere sulla poltrona, il corpo scosso da spasmi post-orgasmici. Sotto la scrivania, Martina si asciugò la bocca con il dorso della mano, sorridendo. Angelica invece era rimasta con il membro di Andrea ancora nella sua bocca, succhiando con dolcezza i residui del suo seme.
Andrea si limitò a un ringraziamento muto, un gesto che era già implicito in ogni sospiro. Estrasse il pene, ora floscio, dalla bocca di Angelica. «Adesso andate,» mormorò con la voce roca, «devo riprendermi. E tu, Martina, brava bambina…riposate un po’ vi raggiungo io per il secondo round».
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