Per caso una notte

di
genere
gay

PER CASO UNA NOTTE
Ci incrociammo per strada. Lui andava in una direzione io in quella opposta. I nostri sguardi si saldarono uno dentro l'altro per una frazione di secondo che bastò a darmi una scossa. Rallentai il passo e me lo ritrovai alle calcagna. Ogni tanto mi fermavo con la scusa di osservare una vetrina e anche lui si fermava. Con la coda dell'occhio mi sono accorto che non guardava me ma il mio sedere, lo puntava fisso come una calamita. Da anni che lo tengo allenato con la marcia, chilometri su chilometri. Mi ha fatto crescere delle natiche che ora forzano le cuciture dei pantaloni e li tengono sotto pressione come spicchi di una mongolfiera. Ho continuato il cammino in modo sconclusionato, Giravo e giravo, fendevo la folla fino a ritrovarmi al punto di partenza dove c'era ancora. Non mi aveva mollato. Ora ce l'avevo vicino, quasi addosso. Ho fatto finta di inciampare. Mi è caduta la borsa. Prontamente me l'ha raccolta e mi ha allungato una mano per tirarmi su.
-”Attento che mi finisci in un letto d'ospedale”.
La prima cosa che mi ha detto è stata questa.
-”Un altro letto sarebbe meglio”:
La prima cosa che gli ho risposto è stata questa.
Mi ha tenuto per mano e condotto di filato a casa sua, dove tutto è cominciato. Appena varcato l'uscio è scoccato il primo bacio, intenso, avido, colmo di salive, a lingue indiavolate. Intanto che eravamo incollati bocca a bocca mi ha strappato di dosso la maglietta. Ho fatto la stessa cosa. Ci siamo abbracciati, accasciati a rotolare sul pavimento. Ci siamo rialzati e guardati negli occhi mentre lui mi slacciava i pantaloni e io gli restituivo il favore. Ce li siamo tolti. Via anche gli slip. Siamo balzati nel letto a seppellirci di carezze e a sorridere come degli scemi. Ho ammirato la sua erezione potentissima. Mi ha girato e me l'ha fatta sentire. Ha dato una spinta ed era dentro. Dentro e fuori per quanto non so, a farmi mugolare, fino a quando ha lanciato un grido e mi sono accorto che mi aveva bagnato.
-”Amore...”.
La seconda cosa che mi ha detto.
-”Amore mio...”.
La seconda che gli ho risposto.
Ha stappato una bottiglia, abbiamo brindato e cominciato a chiacchierare. Lo abbiamo fatto un'altra volta e poi un'altra e ci siamo assopiti, dormendo come ghiri fino al mattino. Ci siamo alzati e abbiamo pisciato insieme. Mi ha fatto rivestire e accompagnato alla porta,
“Ciao”.
L'ultima cosa che mi ha detto.
“Ciao”.
L'ultima cosa che di malavoglia gli ho risposto.
Non l'ho più rivisto ed è diventato il ricordo di una sola notte passata insieme.
scritto il
2025-12-06
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