Un pomeriggio solitario

di
genere
masturbazione

Per contatti rebeccapallida@libero.it

É molto che non scrivo, ma semplicemente, non ne avevo voglia.
Ci sono periodi e periodi, in questo onestamente ero presa da altre cose, e si, è vero, i miei umori fluttuano e cambiano come la marea, ma che vi devo dire, donne e gatti sono così.
In un raro momento di tranquillità ho messo mano al violoncello, mezzoretta, forse quaranta minuti, brani casuali da Bach ai Metallica, passando per Vivaldi e i Crimson Veil. Da giovani, appena andati ad abitare assieme, quando ancora studiavo al conservatorio, in certe giornate d’estate suonavo per ore nuda, mentre mio marito ascoltava, poi scopavamo, poi suonavo di nuovo. Bella cosa la gioventù, inutile negarlo.
Mia figlia ormai ha imparato a distinguere il mio umore da quello che suono (quindi in una scala tra triste, depressa, triste e arrabbiata, assurdamente euforica, tristemente romantica) e poi scommette con mio marito su che film vorrò vedere o su che disco metterò una volta tornata in salotto.
Cosa ve ne frega di tutto questo?direi niente, ma considerando quello che vedo ogni tanto su questo sito potete tranquillamente leggere anche i miei sproloqui.
In teoria dovrei raccontarvi la seconda parte dell’ultima storia che avevo postato, ma visto che, come dicevo, sono incostante e volubile (o mercuriale, come mi definì il mio professore di composizione, che comunque era un coglione) vi racconterò qualcos’altro.
Per la precisione pochi giorni fa, un sabato pomeriggio in cui ero a casa da sola, fuori piovigginava e faceva un freddo esagerato, come non capitava da molti anni di questo periodo. Mio marito aveva portato mia figlia al cinema, e di solito approfitto di questi rari eventi per un bagno caldo, un disco in sottofondo e un bicchiere di vino. Veramente la cosa non era partita così innocente, a bordo vasca c’era anche un grosso dildo, ma su, chi non ha un cazzo di gomma in bagno…
Mi lascio scivolare nell’acqua calda, i capelli che galleggiano, gli occhi chiusi, cercando di sgomberare la testa, le note in sottofondo che arrivano nitide, intime.

And what if life was spent by the ocean?
And what if you would come to see?
And what if love was all my devotion?
This night belongs to me

Sono avvolta da una sensazione di tepore, i muscoli pian piano si rilassano, il respiro si fa più lento, più profondo. Allungo una mano, lenta, languida, direttamente lì, senza impegno, senza vera causa, sfioro un pochino, avverto quella sensazione salire lentamente, ma non è quello che voglio, mi serve solo per prepararmi. Continuo per un pochino, poi scendo più giù, passo il dito nel solco delle natiche, poi fermo il polpastrello lì, sul buchino. Cerco di rilassarmi, mi lascio andare, appoggio il polpastrello lentamente sempre più dentro, pochissimi millimetri alla volta, l’acqua fa un piccolo effetto risucchio, voglio abituare lo sfintere senza rischiare di graffiarlo con l’unghia o irritarlo.
È una sensazione piacevole, avvolgente, rilassante. Poi finalmente la falange entra, la sento dentro di me e mi sento il muscolo stringere leggermente il dito, mi piace questa ambivalenza, è come avere il controllo ma lasciarsi andare contemporaneamente.
Continuo a spingere leggermente, ad entrare dentro di me, esplorare quell’ultimissimo tratto di intestino, finché non sento che è il momento giusto. Allungo l’altra mano e prendo il dildo, ci metto un po’ di sapone e lo immergo, sento la punta semirigida a contatto con il mio culo, sembra così grande ma so benissimo cosa succederà.
Muovo leggermente i fianchi per facilitare l’ingresso, piccoli movimenti circolari per addolcire l’ano, indurlo pian piano a cedere.
Non ho fretta, non voglio averne. Spingo, delicatamente, finché quasi all’improvviso non lo sento entrare. Questo non è come il dito, è grande, piacevolmente invadente, apro le labbra in un piccolo grido silenzioso. Aspetto un attimo, lascio abituare i muscoli, poi inserisco un po, estraggo un po meno, ruoto un po, lo sento darsi strada dentro di me, un ospite ingombrante ma benvenuto, piano piano continuo, più vado in fondo più è largo, e più mi dilata il culo.
Ed è esattamente quello che voglio, voglio che mi sfondi il culo, voglio sentirlo tutto dentro, voglio che mi apra.
Man mano accelero il ritmo, di pari passo con la profondità.
Ora è davvero grande, e lo voglio così, tutto, dentro. Quando sento che comincia a fare male tocco appena il clitoride, una volta, due, lo premo verso il basso, contro l’osso pelvico, e all’improvviso vengo, un orgasmo forte, che mi fa stringere il culo attorno al dildo, sollevare il bacino, gemere da sola, senti i muscoli contrarsi e rilasciarti, contrarsi e rilasciarsi ancora in una sequenza che sembra infinita anche se dura pochi istanti.
Quando questo piccolo terremoto si placa la presenza nel mio culo si fa ingombrante, la estraggo, reclino la testa all’indietro con un lungo sospiro.
scritto il
2025-11-25
1 9 4
visite
5
voti
valutazione
6.2
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Provocando - parte 1

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.