Una sera d’estate

di
genere
masturbazione


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Fuori c’è ancora il sole, anche se ormai è piuttosto tardi.
Beh del resto siamo momento più luminoso dell’anno, e ha i suoi perché.
È sabato sera e ho passato la mattinata in uno dei negozietti più affascinanti della mia città e non solo, un negozio di dischi oscuri, underground, ricercati, di proprietà di un vecchio amico di mio marito, uno che di musica due o tre cose avrebbe da insegnarle a tanti sedicenti musicisti. Ogni volta che entro lì (tipo due a settimana visto che è molto vicino al mio negozio) è come tornare bambina, scoprire per la prima volta un mondo nuovo, rendersi conto che con quelle cinque righe su un foglio le possibilità non solo sono infinite, ma ti consentono di raccontare al mondo chi sei, e quei pochi metri quadrati sono così pieni di racconti, di vite, di esperienze, speranze e paure, che non si finirebbe mai di ascoltarle.
Ora però sono a casa sul divano con mio marito, guardiamo un vecchio horror che in realtà non sto seguendo molto perché Stefano mi sta lentamente penetrando il culo con un vibratore, dentro e fuori, piano, con calma, lasciando che i muscoli si abituino all presenza ingombrante, ogni volta spingendo un centimetro più a fondo. Io sono praticamente sdraiata sulla schiena, un paio di pantaloncini che uso in casa pendono inermi da una gamba sollevata dietro le sue spalle, appoggiata alla spalliera del divano. L’altra è sollevata nel vuoto, il ginocchio piegato, il piede disteso, tutto questo per assecondare quello che mi sta dilatando il culo, per dare a mio marito modo di muoverlo in maniera fluida e perché no, garantirgli una certa visione. Non mi sto toccando, sto lasciando fare tutto a lui, voglio solo abbandonarmi, rilassarmi e assaporare ogni sensazione. Con la mano libera ogni tanto mi passa un dito sulle labbra, lo lecco, lo afferro, lo succhio, lo sento giocare nella mia bocca, poi esce, scende sul petto, palpa il seno con la mano piena, gioca con il capezzolo da sopra la stoffa della maglietta, scende pian piano giù, tra le gambe, sfiorando il clitoride, le labbra gonfie, strappando un gemito soffocato, mentre lo stantuffare del vibratore procede, inesorabile, imperterrito, muovendosi dentro di me, accarezzandomi le pareti dell’intestino, smuovendomi sensazioni intime che potrebbero diventare difficili da contenere. Ma non è il momento per quello, mi piacerebbe ma non si può fare. Dio solo sa quanto vorrei spingere fuori quello che ho nell’intestino, giocarci, sporcarmici mentre li faccio sbattere come una puttana, ma non è il momento per quello. C’è solo la sensazione lenta, pacifica, dolce, di un orgasmo che sale piano piano, prima come una melodia lontana, appena percettibile, che poi cresce, sale, aumenta fino a diventare assordante, esplode fragorosa e poi resta solo l’eco, la sensazione dei muscoli che si rilassano dopo essersi contratti, il respiro che lentamente torna regolare, quella sensazione di pigro languore che mi fa reclinare la testa all’indietro, socchiudendo gli occhi.
Mi godo il momento, quella sensazione calda che sa di affetto, di amore, di vita.
Allungo la gamba che tenevo sollevata, appoggio il piede su qualcosa di molto caldo, turgido, fremente. Con le dita sfioro, accarezzo, e lui lo tira fuori, libera il cazzo duro, svettante. Allungo anche l’altra gamba, avvolgo i piedi intorno all’asta, lentamente, stando attenta, muovo su e giù, a volte accarezzo la cappella paonazza con l’alluce, a volte scendo a sfiorare i testicoli.
Con un piede continuo mentre sollevo l’altro, lui prende la caviglia e lo porta verso il viso, comincia a baciarlo, le dita, il dorso. Apre la bocca e succhia, infila la lingua tra le dita, bacia, assapora, finché uno spasmo preannuncia l’orgasmo, e poco dopo una grossissima quantità di sperma caldo mi si riversa sul piede chiaro.
Allungo due dita per raccoglierne un po’, me le porto alla bocca assaporando quella crema bianca, sentendo la lingua pizzicare e il sapore forte sul palato, per andare poi a lavarmi con un sorriso.
scritto il
2025-07-02
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