L'Imperatore

di
genere
gay

Dopo aver consumato il sontuoso banchetto nel refettorio, una lunga tavola di cibi speziati e bevande di origini orientali, sforzandosi a ridere alle battute dei prefetti e cercando di essere il più manieroso possibile, l’imperatore sedette assorto in pensieri inscrutabili nell’aula regia, guardando la coppa oramai svuotata dal vino sul bracciolo del trono.
«Fa caldo qui» Lamentò. «Ho bisogno di un po' di vento, e di altro vino.»
Arrivarono dunque due giovani e umili servitori: uno con il volto incipriato, capelli biondi e mossi, e la toga color porpora, l’altro con fisico esile, braccia lunghe e un portamento quasi femminile.
«Tiberio e Adriano» La faccia provata dell’imperatore tramutò in un espressione di gioia. «Che fine avevate fatto? Vi ho cercato per tutta la durata del banchetto. Sapete, è noioso stare con quel tipo di persone lì.»
«Perdonateci, dominus noster» Tiberio versò il vino dalla caraffa all’imperatore. «Ma Augusta ci ha tenuto con lei per tutto il tempo.»
«Vi ha chiesto favori sessuali?»
«No, dominus» Secco Adriano rispose, cominciando a sventolare il grosso ventaglio di piume di pavone. «Dovevamo semplicemente assisterla mentre organizzava l’oblazione agli dei.»
«Chissà che noia…»
«Oh affatto, dominus noster.»
L’imperatore prese a sorseggiare il vino, per poi berlo tutto in un solo fiato.
«Oggi alla corte mi hanno lasciato un altro ragazzo ancora.» L’imperatore chiese scocciato di farsi riempire nuovamente la coppa. «Si chiama Claudio e mi è stato offerto da un mio governatore. Siate cordiali con lui, potrebbe diventare il mio preferito.»
Adriano guardò verso Tiberio, che bolliva nell’invidia e nella rabbia. Tiberio era stato il concubino più riverito dell’imperatore e ora stava per essere rimpiazzato da uno sconosciuto.
«Viene dalle regioni del Nord d’Africa. Li sono stati impartiti le usanze di corte tipiche di quelle zone, ma io dovrò educarlo in un altro modo. Magari già partendo dai vestiti e dal trucco.»
Tiberio non riuscì a trattenersi e, nel tentativo di sbottare in un grido di furia, rovesciò il vino sulla mano dell’imperatore, che imprecò e scattò in piedi.
«Lascia!» L’ordine echeggiò per tutta la sala. «Ci penseranno gli altri servitori a pulire. In questo momento non ti ho chiamato qui con me per pulire il pavimento.»
«E allora perché sono qui, dominus?»
Che cosa gli saltò in mente a Tiberio? Adriano non poté credere che il suo compagno sarebbe arrivato fino a tal punto pur di difendersi. L’imperatore non poteva accettare le provocazioni. Aspettò qualche minuto per rispondere: il suo sguardo era freddo, glaciale, non turbato dalla benché minima emozione.
«Per compiacermi.» Rispose poi, allungando la mano grondante di vino verso il suo servitore. «Inginocchiati e lecca.»
Tiberio aveva conquistato nuovamente la fiducia dell’imperatore. Come un bravo servo, si prostrò di fronte al suo signore e prese a pulirgli la mano con la lingua, assaporando ogni suo dito con le labbra, per poi scendere fino al gomito.
Appena il braccio fu pulito dalla bevanda, Tiberio si rimise in piedi. L’imperatore prese il suo volto tra le mani, premendo sul suo mento.
«Come fai a non invecchiare, Tiberio mio? Sei rimasto bello esattamente come un tempo. Non lasciare che tutta questa bellezza venga rovinata dalla tua arroganza.»
L’imperatore gli infilò la lingua in bocca e cinse le sue mani a lui, toccandolo nelle curve del suo corpo.
Senza essere chiamato, Adriano si unì a loro e l’imperatore lo abbracciò, cominciando a condividere anche con lui il proprio affetto.
«Venite qui ora» L’imperatore raggiunse il trono. «State al mio fianco e inginocchiatevi a me.»
Tiberio e Adriano si stesero per terra e si avvinghiarono alle sue gambe, massaggiandogli i polpacci.
«Chiamatemi Claudio» Ordinò ad una sua guardia. «Fatelo venire qui.»
Vicino ad una colonna, sorse un ragazzo dall’aspetto docile e mansueto. Camminava a passo misurato, facendo ciondolare le braccia abbronzate e strattonando la stretta tunica bianca per coprirsi l’inguine. Aveva una mandibola preminente, gli occhi dorati, ricci marroni che arrivavano fino al suo naso, labbra sottili e rosate su una pelle ambrata e arsa: la tipica faccia di un Moro che doveva ancora adattarsi ad un ambiente che non conosceva.
Appena lo vide sorgere dal pilastro di pietra, sugli occhi dell’imperatore si poté quasi vedere un luccicore pieno di sentimento.
«Claudio» L’imperatore esordì con tono impetuoso. «Benvenuto a Roma. Non mi è stato dato modo e tempo di conoscerti prima, ti ho solo scorto in lontananza.»
Claudio annuì, cercando di esprimersi in gesti per non permettere alle parole di rovinare la fiducia dell’imperatore.
«Perché non ti unisci a noi e non ci parli di te. È da anni che non visito la Mauretania, il governatore ha sempre gestito bene i miei affari lì.»
«Non vi è molto da dire su di me, dominus noster. Ho passato la maggior parte della mia vita a corte del prefetto.»
«Sai perché ho scelto te, Claudio?»
«Il governatore ha sempre pensato che fossi il suo servitore migliore.»
«I servitori sono tutti uguali, mio caro Claudio. Finché si tratta di adempiere a semplici faccende come riempirmi la vasca da bagno cosa potrebbe mai cambiare tra te e un uomo qualsiasi? Finché non sei così stupido da non scaldarmi l’acqua, hai lo stesso valore di un qualsiasi altro servo. La vera differenza sta nel tuo corpo e nel come lo sai usare.»
«Temo di non riuscire più a seguirla, dominus.»
«Non importa» L’imperatore schioccò la lingua. «Sali i gradini e inginocchiati di fronte a me.»
Claudio deglutì, inconsapevole di ciò che sarebbe successo. Si mosse a passo incerto verso il suo padrone e si piegò sulla propria gamba, riverendo lo sguardo al pavimento. Tiberio e Adriano lo guardarono, inumidendosi la lingua e curiosi di come Claudio sarebbe riuscito a soddisfare le voglie del loro Cesare.
L’imperatore si sfilò la fibbia dal fianco e abbandonò il drappo della tunica a terra, lasciando ampia vista sul proprio membro, gonfio e duro.
«Ti piace quello che vedi, Claudio?»
Il ragazzo alzò la testa e vide il frutto degli scherni del suo padrone sfiorargli il viso.
«Sì, mio dominus» Vi era solo una risposta giusta ad una domanda del genere. «Mi piace.»
«Bene, Claudio. Di fronte a chiunque altro io mi adorno con vestiti pregiati, titoli altezzosi e vasti poteri; ma di fronte a te io sono questo, puro e nudo. Non scordartelo. Tiberio, Adriano, aiutatelo.»
I due concubini presero la testa di Claudio e l’avvicinarono verso la vita dell’imperatore, con maggior pressione da Tiberio, che non vedeva l’ora di osservare l’imperatore rimanere deluso dalle capacità di Claudio.
Ma quest’ultimo, come se fosse stato guidato solamente dal proprio istinto carnale, sembrava già conoscere i movimenti giusti. Ingoiò, arrivando con le labbra fino alla base, leccando la punta ogni volta che risaliva. Usava la mano per premere delicatamente sulle palle del suo padrone, lasciandolo in preda a rauchi orgasmi e palpitazioni lungo il corpo. Claudio era ad un passo dallo spodestare Tiberio. E allora questo spinse con ancora più forza la sua testa, in uno strano tentativo di soffocarlo, ma Claudio riuscì ad emergere infine, la bocca pregna di saliva e seme. Tiberio lo baciò istericamente, senza dargli un attimo di respiro, racimolando con la lingua tutte le sostanze che si stavano muovendo sulla lingua di Claudio.
«Oh Tiberio» L’imperatore cercò di parlare senza singhiozzare. «Sembri così felice a stare con Claudio. Se vuoi te lo lascio, ma prima lo voglio vedere nudo, di fronte a me.»
Tiberio si sfilò dal novizio, lo sguardo accecato dalla rabbia. Insieme ad Adriano, misero Claudio in piedi, pulendogli il volto sbaffato. Lo denudarono, facendo accasciare al suolo la sua toga bianca. Il suo corpo snello, slanciato, la pelle che si affossava tra le pareti delle costole; un addome leggermente scolpito, il petto asciutto e depilato; e sotto, una umiliante inezia, una cosa da poco, che lo resero oggetto di derisione dai suoi coetanei.
«Che modi sono questi?» L’imperatore si sfogo su Tiberio e Adriano. «Vi ho per caso tirato su così? Claudio, vieni qui.»
Intimidito, confuso da tutto quell’odio che i due servi gli riservavano, Claudio si avvicinò all’imperatore, che lo fece sedere a cavalcioni su di sé e prese a massaggiargli la sua zona erotica, fino a quando non divenne un qualcosa di decente almeno alla vista.
«Sei stupendo così come sei, Claudio» L’imperatore gli susurrò all’orecchio. «Sotto la mia protezione non ti accadrà nulla di male.»
Sembrava esserci dell’ironia in quelle parole, specialmente quando l’imperatore lo lasciò alla discrezione di Tiberio, che lo lanciò violentemente contro la scalinata, sedendosi poi sopra di lui.
Frattanto Adriano venne preso dall’imperatore, che lo palpò nel petto per fargli cadere le bretelle della tunica. Gli scostò di poco la gonna che gli copriva il fondoschiena e, con il suo dito insalivato, entrò dentro di lui, per prepararlo a ciò che sarebbe venuto dopo.
Claudio si accasciava a terra, raggomitolato su sé stesso. Le natiche strette, i muscoli delle gambe rigidi, Tiberio ebbe della resistenza nel cercare di crearsi un varco lì in mezzo. Trovò poi il buchino, depilato e serrato, che prese a massaggiargli con la propria virilità. Cercò di entrare dentro di lui, ma anche senza la volontà di Claudio, il buco era troppo stretto, la verginità del Moro sarebbe stata ardua da ottenere.
Tiberio sputò un rivolo di saliva nella fessura, ci tinse la punta del proprio membro e, almeno per pochi centimetri, riuscì a penetrarlo. Ci sputò ancora, e ancora, fino a quando non lo dominò completamente. Claudio schiamazzò, ma Tiberio non lo voleva sentire gemere, non voleva sentire i suoi sollazzi di godimento. Doveva pagarla. Gli tappò la bocca e lo sfondò con tutto sé stesso.
E intanto anche l’imperatore cominciò a dominare il suo servo. Il suo pene, gremito di saliva e umidità, entrava dentro Adriano, che mai si era abituato dalla sensazione di avere dentro di sé il capo del mondo.
Umidi schiocchi e latrati di piacere proruppero per la stanza, dissacrando l’aula regia con i peccati lussuriosi degli uomini, con l’orgia dell’imperatore.
«Ricordati bene, ragazzino» Tiberio continuava a rompere Claudio dall’interno. «Tu non mi potrai mai raggiungere.»
Le ultime parole calarono in strepiti confusi, poiché Tiberio ascese ad un canto di piacere. Riempì Claudio con il proprio seme, i propri umori, lasciandolo ancorato al suolo mentre il liquido biancastro cominciava a scendere lungo le sue gambe. Senza ascoltare le implorazioni di Claudio, Tiberio cominciò a lappare il suo buchino, pulendolo dal suo seme e idratandolo dal rossore che gli procurò mentre lo stava dominando.
E l’imperatore sfilò Adriano di dosso. La punta lucida, tumefatta, era sul punto di prorompersi in potenti zampilli bianchi. Costrinse il servo a prendere la coppa, poggiarla sotto la sua virilità, e toccarlo fino a quando non avrebbe colmato il bicchiere.
Nove getti bianchi, tre per ogni servo, si mischiarono al vino rimasto in fondo alla coppa.
«Bevete» L’imperatore ordinò. «E riservate il resto per gli altri.»
A turno, i tre servi bevvero il seme. Il primo fu Adriano, colui che aveva posseduto il suo padrone, poi Tiberio, il prediletto, e infine Claudio, che rimase estasiato dal sapore.
Si frapposero alcuni attimi, prima che la razionalità prese il sopravvento sul dionisiaco che aveva posseduto la stanza. Negli occhi di Tiberio che guardavano Claudio non sembrava più esserci furore, ma più un qualcosa simile alla compassione, forse alla fraternità. Chissà quanto sarebbe durato.
«Miei servi, miei amori» L’imperatore si stagliò di fronte ai loro corpi nudi. «Siete così belli questa sera. Tiberio, Adriano, sono contento che mi abbiate aiutato con Claudio e, in quanto a te, mio Moro, sappi che ho tanto da darti e tu mi dovrai dare altrettanto. Potete andare ora, siete congedati.»
I tre servi si riconciarono, porsero le dovute riverenze e si dileguarono dal fondo dell’aula regia, superando le guardie, sotto l’occhio attento e perverso dell’imperatore.
scritto il
2025-10-29
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