Eveline, il Furgone Nero
di
XXX-Comics
genere
dominazione
Mi chiama il lunedì mattina al lavoro.
“Scusa Eveline se ti disturbo, puoi dormire da me il prossimo weekend?”
Se non ho nessuno vicino che sente, gli rispondo:”Sì, papà.”
“Bene, passerà Carlo a prenderti.”
E parte la fibrillazione che durerà fino a venerdì. Una cosa che non ha senso, da Lui, da Doc, ci vado quasi tutte le sere e dormo anche con lui. Mi avvisa il lunedì e non me ne parla più.
Carlo è il suo factotum, il suo soldato.
Più maschio non potrebbe essere. Ha forse trentacinque anni, ha il culto del suo fisico. E' dannatamente orgoglioso dei suoi muscoli e del suo cazzo. Ne ho presi pochi come il suo. Gira con t-shirt nere attillate sugli addominali, strettissime sui bicipiti. Anche in inverno, t-shirt nera, jeans nero, giacca a vento slacciata e occhiali a specchio. È un vero coatto.
Le colleghe e quelle in palestra credono ormai che sia lui il mio uomo. Qualcuna fa commenti piccanti e mi prende in giro, non è certo il tipo di cui una come me può innamorarsi. “È solo per sesso”, le faccio schiattare. E il lunedì dopo avermi vista salire sul suo furgone mi chiedono com'è stato il weekend. Non posso raccontarlo.
Carlo ha un furgone nero luccicante. È un meccanico carpentiere, ha costruito o modificato lui tutto quello che c'è nel dungeon di Doc e fornisce anche il Convento ed i confratelli. Quest'anno il suo pezzo di successo è stato il cavalletto col fallo verticale, è imbottito nei punti giusti ed è perfettamente anatomico, hai un appoggio ideale con le gambe piegate inginocchiate e in quella posizione ci puoi resistere ore.
Come ogni sua maledetta creazione anche il cavalletto è multifunzione, il fallo è animato e può essere sostituito con cazzi di varie forme e dimensioni. Il cavalletto stesso vibra e fa movimenti che ti sembra di cavalcare ed ovviamente ha tutti gli attacchi per gli 'stimolatori' elettrici. Le pinzette alle dita dei piedi, figa e capezzoli sono difficili da reggere.
Ne ha venduti sei.
Io sono la cavia che testa da Doc tutte le sue invenzioni e modifiche. Me le fanno provare e riprovare finché non sono ergonomicamente perfette. Carlo è molto orgoglioso del suo cavalletto, ma preferisce le panche, le altalene e i costrittori fissi che mi obbligano in posizioni oscene e tremendamente scomode per subire meglio le penetrazioni. Ha il culto del suo cazzo, l'ho detto.
È talmente cazzocentrico che si fa legare lui stesso e tormentare cazzo e coglioni. Se lo fa fare solo dalle fighe, mai da maschi.
Io sono una figa e ho imparato a masturbarlo come gli piace. Glielo lego stretto con cinghiette elastiche nere, avvolto come un arrosto, e so dosare la forza di colpi e calci alle palle.
Doc al mio fianco mi passa cosa usare.
Ne sono affascinata, il suo cazzo così legato mi ipnotizza, non resisto dal toccarlo, ma la vera eccitazione e sapere che poi Doc mi metterà alla panca e libererà lui.
Sono figa.
Sono magra, dieta e palestra sono la mia fissazione. Forse troppo ma a Lui piaccio così, pelle tesa e muscoli lunghi. Al mare devo mettere il bikini basso che, teso sui fianchi, mi si stacca a ponticello appena sopra il pube.
A febbraio m'ha regalato le tette nuove, me le ha disegnate Lui e io le amo alla follia! Non ho più vergogna delle mie tettine quando sono nuda per Lui.
Per tre mesi mi sono rimaste sensibili. Formicolii e piccole fitte che gli regalavo facendo l'amore. Doc però è uno attento e coscienzioso, in quei mesi non ha mai esagerato e dentro me stessa imploravo di prendere lo staffile, quello lungo, sottile ed elastico. Sui capezzoli mi acceca e fa impazzire.
“È arrivato il sole, Eveline, perché venerdì invece di andare in palestra non vai a fare jogging verso ***?”
Mi sono bagnata all'istante. La sua voce mi penetra anche al cellulare.
Era maggio, i primi caldi. Ci ho pensato tre giorni. Anche il giovedì, mentre mi faceva la ceretta mi bagnavo al pensiero del jogging, mi strappava i peletti più nascosti, sapevo che mi stava preparando.
Finalmente ho augurato buon weekend ai colleghi, mi sono fiondata all'auto e via di corsa verso il parco, fuori città. Mi sono cambiata in auto, calzoncini elastici che mi entravano fra le natiche e top bianco sulle mie belle tette.
C'erano altri che correvano. Due chilometri e vedo il furgone nero parcheggiato. Le gambe mi cedono. Mi fermo un attimo, inspiro e riprendo a correre. Il bicipite di Carlo è fuori dal finestrino. Lo sorpasso. Mi fissa con gli occhiali a specchio. È un lampo. Mi sento afferrare alle spalle e trascinare verso il retro del furgone. M'ammanetta dietro e mi getta nel cassone. Nel buio ci sono altri due con passamontagna nero sul volto. A torso nudo. Giovani e forti come militari, uno è negro. M'incappucciano e mi legano anche i piedi. Il furgone riparte.
So che è una finzione e che questi non sono scemi, sarebbe imbarazzante essere fermati per strada. Non succede nulla, sono pronti a far sparire passamontagna, cappuccio e manette. Uno mi chiede addirittura se ci sto davvero, ha paura di finire in galera, non si fida molto di Carlo. Mi spingo verso lui come un bruco e tuffo il viso fra le sue cosce.
Finalmente il furgone scende lentamente uno scivolo, sento Carlo che apre un garage e poi entriamo. Il motore si spegne. So di essere nel garage di Doc. I due stronzi si svegliano, mi minacciano, slegano i piedi, strappano via i calzoncini. Non mi sono unta, avrei tradito Doc, e il cazzo in culo mi brucia maledetto come una punizione che mi sono cercata.
Sale dentro anche Carlo, il cappuccio me lo levano per scoparmi anche in gola. Nel buio ho tre cazzi che mi violentano. Non c'è Lui.
Mi trascinano giù, ho ancora il top, le mani ammanettate dietro. Aprono una porta e siamo già nello scantinato di Doc. Mi gonfiano senza interruzione, sono eccitati, io mi sento una figa, guardo verso le telecamere appese agli angoli: Lui mi sta guardando.
Mi fanno fica e bocca col gancio di metallo in culo, appesa al soffitto, costretta a stare a novanta gradi sulla punta dei piedi. Un orgasmo vergognoso. Sborrano ma non smettono. Sulla panca e sull'altalena. Li ho sempre tra le gambe aperte in spaccata. Altri orgasmi, deboli e ripetuti.
Non si sono levati il passamontagna nero dal volto, ce l'ha anche Carlo, è tutto terribilmente vero.
Carlo, solo lui, usa frustino, gatto e pungolo elettrico che mi morde come una tartaruga capezzoli e figa. Lo sento fino alle orecchie. Innesta sul suo cavalletto un dildo di gomma, rosso con nervature in rilievo, di misura umana, e mi ci mette impalata di figa. Sto in equilibrio poggiandomi con le ginocchia, le mani legate dietro le scapole sono appese la soffitto. Il dildo si anima, vibra e mi stantuffa dentro, ruota che mi si avvita mandandomi in panico, anche il cavalletto dondola. Mi mette le mollette alle dita dei piedi, alla fica e ai capezzoli, le collega e mi vibrano anche i gemiti, la ball gag stretta in bocca.
Si bevono una birra ammirandomi. Carlo passa il telecomando e mi fanno subire tutte le varianti, velocità e intensità.
Non ce la faccio più. Faccio di no due volte con la testa.
Carlo spegne e mi leva.
Succhio cazzi mentre cambia il dildo. Ne sceglie uno anatomico, nero e lucido. Mi lascia dieci minuti e mi ci rimette su impalata di culo. Un'altra cavalcata, ma più breve e più veloce. Carlo aizza il cavallo col frustino. Mi infiamma le natiche.
Poi non so quanto e per quanto tempo sono la loro bambola gonfiabile. Ne ho sempre uno che mi pompa mentre Carlo mi fa impazzire col pungolo. Mi pisciano.
In bocca e dentro.
Carlo mi lava.
Anche dentro con la canna.
Mi friziona con una spugna che mi risveglia ogni bruciore. Mi prende in braccio e mi porta sopra. Ha ancora il cazzo duro, ci stringo la mano, non riesco a chiuderla, ha il cazzo che pulsa.
Mi porta nella sua camera e mi depone sul letto bianco. Profumato. Io sono uno straccio senza forze, rivoltata come un guanto. Carlo se ne va.
Lui mi stava aspettando, è seduto nudo sulla poltrona. È eccitato, davanti al televisore con le immagini dello scantinato. I due stronzi si stanno facendo la doccia coi cazzi pendenti. Mi monta tra le gambe. Ce l'ha durissimo. So che non gli è bastato vedermi, ha preso anche il viagra.
“Sei stanca, Eveline?”
“No, papà, fammi male.”
Mi morde il seno.
Sarò sua per il resto della notte.
E poi dormirò due giorni.
Meravigliosamente in pace.
“Scusa Eveline se ti disturbo, puoi dormire da me il prossimo weekend?”
Se non ho nessuno vicino che sente, gli rispondo:”Sì, papà.”
“Bene, passerà Carlo a prenderti.”
E parte la fibrillazione che durerà fino a venerdì. Una cosa che non ha senso, da Lui, da Doc, ci vado quasi tutte le sere e dormo anche con lui. Mi avvisa il lunedì e non me ne parla più.
Carlo è il suo factotum, il suo soldato.
Più maschio non potrebbe essere. Ha forse trentacinque anni, ha il culto del suo fisico. E' dannatamente orgoglioso dei suoi muscoli e del suo cazzo. Ne ho presi pochi come il suo. Gira con t-shirt nere attillate sugli addominali, strettissime sui bicipiti. Anche in inverno, t-shirt nera, jeans nero, giacca a vento slacciata e occhiali a specchio. È un vero coatto.
Le colleghe e quelle in palestra credono ormai che sia lui il mio uomo. Qualcuna fa commenti piccanti e mi prende in giro, non è certo il tipo di cui una come me può innamorarsi. “È solo per sesso”, le faccio schiattare. E il lunedì dopo avermi vista salire sul suo furgone mi chiedono com'è stato il weekend. Non posso raccontarlo.
Carlo ha un furgone nero luccicante. È un meccanico carpentiere, ha costruito o modificato lui tutto quello che c'è nel dungeon di Doc e fornisce anche il Convento ed i confratelli. Quest'anno il suo pezzo di successo è stato il cavalletto col fallo verticale, è imbottito nei punti giusti ed è perfettamente anatomico, hai un appoggio ideale con le gambe piegate inginocchiate e in quella posizione ci puoi resistere ore.
Come ogni sua maledetta creazione anche il cavalletto è multifunzione, il fallo è animato e può essere sostituito con cazzi di varie forme e dimensioni. Il cavalletto stesso vibra e fa movimenti che ti sembra di cavalcare ed ovviamente ha tutti gli attacchi per gli 'stimolatori' elettrici. Le pinzette alle dita dei piedi, figa e capezzoli sono difficili da reggere.
Ne ha venduti sei.
Io sono la cavia che testa da Doc tutte le sue invenzioni e modifiche. Me le fanno provare e riprovare finché non sono ergonomicamente perfette. Carlo è molto orgoglioso del suo cavalletto, ma preferisce le panche, le altalene e i costrittori fissi che mi obbligano in posizioni oscene e tremendamente scomode per subire meglio le penetrazioni. Ha il culto del suo cazzo, l'ho detto.
È talmente cazzocentrico che si fa legare lui stesso e tormentare cazzo e coglioni. Se lo fa fare solo dalle fighe, mai da maschi.
Io sono una figa e ho imparato a masturbarlo come gli piace. Glielo lego stretto con cinghiette elastiche nere, avvolto come un arrosto, e so dosare la forza di colpi e calci alle palle.
Doc al mio fianco mi passa cosa usare.
Ne sono affascinata, il suo cazzo così legato mi ipnotizza, non resisto dal toccarlo, ma la vera eccitazione e sapere che poi Doc mi metterà alla panca e libererà lui.
Sono figa.
Sono magra, dieta e palestra sono la mia fissazione. Forse troppo ma a Lui piaccio così, pelle tesa e muscoli lunghi. Al mare devo mettere il bikini basso che, teso sui fianchi, mi si stacca a ponticello appena sopra il pube.
A febbraio m'ha regalato le tette nuove, me le ha disegnate Lui e io le amo alla follia! Non ho più vergogna delle mie tettine quando sono nuda per Lui.
Per tre mesi mi sono rimaste sensibili. Formicolii e piccole fitte che gli regalavo facendo l'amore. Doc però è uno attento e coscienzioso, in quei mesi non ha mai esagerato e dentro me stessa imploravo di prendere lo staffile, quello lungo, sottile ed elastico. Sui capezzoli mi acceca e fa impazzire.
“È arrivato il sole, Eveline, perché venerdì invece di andare in palestra non vai a fare jogging verso ***?”
Mi sono bagnata all'istante. La sua voce mi penetra anche al cellulare.
Era maggio, i primi caldi. Ci ho pensato tre giorni. Anche il giovedì, mentre mi faceva la ceretta mi bagnavo al pensiero del jogging, mi strappava i peletti più nascosti, sapevo che mi stava preparando.
Finalmente ho augurato buon weekend ai colleghi, mi sono fiondata all'auto e via di corsa verso il parco, fuori città. Mi sono cambiata in auto, calzoncini elastici che mi entravano fra le natiche e top bianco sulle mie belle tette.
C'erano altri che correvano. Due chilometri e vedo il furgone nero parcheggiato. Le gambe mi cedono. Mi fermo un attimo, inspiro e riprendo a correre. Il bicipite di Carlo è fuori dal finestrino. Lo sorpasso. Mi fissa con gli occhiali a specchio. È un lampo. Mi sento afferrare alle spalle e trascinare verso il retro del furgone. M'ammanetta dietro e mi getta nel cassone. Nel buio ci sono altri due con passamontagna nero sul volto. A torso nudo. Giovani e forti come militari, uno è negro. M'incappucciano e mi legano anche i piedi. Il furgone riparte.
So che è una finzione e che questi non sono scemi, sarebbe imbarazzante essere fermati per strada. Non succede nulla, sono pronti a far sparire passamontagna, cappuccio e manette. Uno mi chiede addirittura se ci sto davvero, ha paura di finire in galera, non si fida molto di Carlo. Mi spingo verso lui come un bruco e tuffo il viso fra le sue cosce.
Finalmente il furgone scende lentamente uno scivolo, sento Carlo che apre un garage e poi entriamo. Il motore si spegne. So di essere nel garage di Doc. I due stronzi si svegliano, mi minacciano, slegano i piedi, strappano via i calzoncini. Non mi sono unta, avrei tradito Doc, e il cazzo in culo mi brucia maledetto come una punizione che mi sono cercata.
Sale dentro anche Carlo, il cappuccio me lo levano per scoparmi anche in gola. Nel buio ho tre cazzi che mi violentano. Non c'è Lui.
Mi trascinano giù, ho ancora il top, le mani ammanettate dietro. Aprono una porta e siamo già nello scantinato di Doc. Mi gonfiano senza interruzione, sono eccitati, io mi sento una figa, guardo verso le telecamere appese agli angoli: Lui mi sta guardando.
Mi fanno fica e bocca col gancio di metallo in culo, appesa al soffitto, costretta a stare a novanta gradi sulla punta dei piedi. Un orgasmo vergognoso. Sborrano ma non smettono. Sulla panca e sull'altalena. Li ho sempre tra le gambe aperte in spaccata. Altri orgasmi, deboli e ripetuti.
Non si sono levati il passamontagna nero dal volto, ce l'ha anche Carlo, è tutto terribilmente vero.
Carlo, solo lui, usa frustino, gatto e pungolo elettrico che mi morde come una tartaruga capezzoli e figa. Lo sento fino alle orecchie. Innesta sul suo cavalletto un dildo di gomma, rosso con nervature in rilievo, di misura umana, e mi ci mette impalata di figa. Sto in equilibrio poggiandomi con le ginocchia, le mani legate dietro le scapole sono appese la soffitto. Il dildo si anima, vibra e mi stantuffa dentro, ruota che mi si avvita mandandomi in panico, anche il cavalletto dondola. Mi mette le mollette alle dita dei piedi, alla fica e ai capezzoli, le collega e mi vibrano anche i gemiti, la ball gag stretta in bocca.
Si bevono una birra ammirandomi. Carlo passa il telecomando e mi fanno subire tutte le varianti, velocità e intensità.
Non ce la faccio più. Faccio di no due volte con la testa.
Carlo spegne e mi leva.
Succhio cazzi mentre cambia il dildo. Ne sceglie uno anatomico, nero e lucido. Mi lascia dieci minuti e mi ci rimette su impalata di culo. Un'altra cavalcata, ma più breve e più veloce. Carlo aizza il cavallo col frustino. Mi infiamma le natiche.
Poi non so quanto e per quanto tempo sono la loro bambola gonfiabile. Ne ho sempre uno che mi pompa mentre Carlo mi fa impazzire col pungolo. Mi pisciano.
In bocca e dentro.
Carlo mi lava.
Anche dentro con la canna.
Mi friziona con una spugna che mi risveglia ogni bruciore. Mi prende in braccio e mi porta sopra. Ha ancora il cazzo duro, ci stringo la mano, non riesco a chiuderla, ha il cazzo che pulsa.
Mi porta nella sua camera e mi depone sul letto bianco. Profumato. Io sono uno straccio senza forze, rivoltata come un guanto. Carlo se ne va.
Lui mi stava aspettando, è seduto nudo sulla poltrona. È eccitato, davanti al televisore con le immagini dello scantinato. I due stronzi si stanno facendo la doccia coi cazzi pendenti. Mi monta tra le gambe. Ce l'ha durissimo. So che non gli è bastato vedermi, ha preso anche il viagra.
“Sei stanca, Eveline?”
“No, papà, fammi male.”
Mi morde il seno.
Sarò sua per il resto della notte.
E poi dormirò due giorni.
Meravigliosamente in pace.
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