Lo zio e le nipotine - Parte VI
di
michele90
genere
incesti
Eravamo agli ultimi giorni di permanenza in campeggio, e il tempo sembrava scivolare via come la sabbia tra le dita. Le nostre giornate erano un perfetto equilibrio di sole cocente, relax e quel pizzico di intimità che scaldava le notti. Eppure, io, Paola e Gianna sentivamo un vuoto, un desiderio inespresso che ci spingeva a cercare qualcosa di più, un’esperienza che potesse marchiare a fuoco questi momenti e renderli indimenticabili. Qualcosa di audace, che ci facesse tremare d’adrenalina e ci spingesse oltre ogni confine.
Seduti sotto il tendalino del mio caravan, con il sole che si tuffava all’orizzonte tingendo il cielo di arancio e una birra fresca tra le mani, lasciammo che i pensieri prendessero forma. L’idea era chiara: volevamo un’esperienza sessuale che ci coinvolgesse tutti, qualcosa di inaspettato, di selvaggio, che ci facesse sentire vivi come mai prima. Le proposte volavano leggere, alcune appena accennate, altre più sfacciate, finché Paola, la più giovane e quella che sembrava sempre tenere un piede nella riservatezza, lasciò cadere la bomba. “E se provassimo un rapporto a quattro?” disse, con un sorrisetto malizioso che le increspava le labbra, gli occhi che ci sfidavano a rispondere.
Un silenzio gelido calò tra noi. Io e Gianna ci scambiammo uno sguardo, un mix di stupore e una curiosità che già iniziava a bruciare dentro. “Con chi?” chiesi, la voce un po’ incerta, rompendo quella tensione. Il tempo stringeva, non potevamo permetterci di coinvolgere un estraneo, qualcuno che avrebbe potuto spezzare l’alchimia che avevamo creato. Fu Gianna a pronunciare il nome, con una calma disarmante: “Marco. Con lui c’è già un’intesa, non credete?” Paola annuì subito, entusiasta, e io, dopo un attimo di riflessione, dovetti ammettere che aveva senso. Marco era disinvolto, e con Paola e Gianna aveva già condiviso battute e flirt spinti nei giorni precedenti, sguardi che lasciavano poco spazio all’immaginazione.
L’occasione per parlargli arrivò nel tardo pomeriggio, quando lo vedemmo scendere verso la piscina del campeggio, asciugamano gettato sulla spalla e un’aria rilassata stampata in faccia. Gianna e Paola decisero di affrontarlo di petto, mentre io rimasi un passo indietro, appoggiato al tronco ruvido di un albero, scrutando la scena con un misto di curiosità e tensione. Si appartarono in un angolo, lontani da occhi e orecchie indiscrete, e iniziarono a parlare. Da lontano, potevo vedere l’espressione di Marco cambiare: prima sorpresa, poi quasi incredula, con le sopracciglia che si alzavano mentre il suo sguardo scivolava su di me, come se cercasse una conferma che fossi davvero parte di quell’idea folle. Sembrava quasi un’interrogatorio: ogni tanto scuoteva la testa, incrociava le braccia, e io mi chiedevo se stesse solo giocando a fare il difficile o se davvero nutrisse dei dubbi.
La discussione si protrasse per quasi un’ora, un vero e proprio assedio. Paola gli parlava con una sicurezza che non le avevo mai visto, gesticolando con decisione, come se non accettasse un no come risposta. Gianna, invece, giocava un ruolo più sottile, inclinando la testa, sfoderando quel sorriso che sapeva sciogliere chiunque, aggiungendo dettagli con un tono che sembrava quasi un sussurro seducente. Io, da parte mia, cercavo di decifrare ogni gesto, ogni sguardo, ma Marco restava un enigma. Alla fine, si separarono. Lui si allontanò verso la piscina con un’espressione impenetrabile, mentre Paola e Gianna tornarono da me. Cercai di leggere nei loro volti un indizio, ma nulla trapelava. Fu Paola a parlare per prima, guardandomi dritto negli occhi con un’intensità che mi fece quasi sobbalzare: “Ha accettato”.
Il giorno dopo, il sole era già alto nel cielo, bruciante e implacabile, quando Marco bussò alla porta del caravan. L’aria dentro era carica, un mix soffocante di aspettativa, eccitazione e un pizzico di imbarazzo che ci stringeva il petto. Il mio letto, un semplice matrimoniale, era decisamente troppo piccolo per quattro persone, ma proprio quella ristrettezza aggiungeva un sapore di sfida, una promessa di trasgressione. Ci sedemmo, un po’ goffi, chi sul bordo del materasso, chi sulle sedie pieghevoli, i nostri corpi già troppo vicini in quello spazio angusto. Nessuno apriva bocca, ma gli sguardi che ci scambiavamo erano un linguaggio a parte: desiderio, curiosità, un’ombra di incertezza.
Fu Marco a rompere il silenzio, la voce bassa, quasi un sussurro, ma carica di una curiosità che non riusciva a nascondere. “Non mi è mai capitata una proposta del genere, un rapporto di gruppo… e per di più con uno zio e le sue nipotine. Come diavolo vi è venuta in mente una cosa così?”
Sorrisi, scrollando le spalle, mentre cercavo le parole giuste. “Non è qualcosa che si pianifica, Marco. È successo e basta, in modo spontaneo. Gianna e Paola sono… beh, diverse, libere. E io? Non sono mai stato uno da regole ferree. Ci siamo lasciati andare, e ogni passo ci ha portati più lontano.”
Paola annuì, i suoi occhi maliziosi fissi su Marco, come se volesse scavargli dentro. “E poi, lo zio sa come farci sentire… speciali. Non c’è nulla di sbagliato nel volere qualcosa di diverso, no? E tu? Ti piace l’idea, vero? È per questo che sei qui, ammettilo.”
Marco ridacchiò, un po’ a disagio, ma con una scintilla negli occhi. “Diciamo che sono curioso. Molto curioso.”
“Basta chiacchiere, allora,” tagliò corto Paola, la voce carica di impazienza. Si avvicinò a Marco, posandogli una mano sul petto, il tocco deciso ma provocante. “Cominciamo piano, ok? Voglio sentire come sei.” Si sporse e lo baciò, un bacio lento, profondo, che sembrava voler esplorare ogni angolo della sua bocca. Nello stesso istante, Gianna si avvicinò a me, le sue mani che scivolavano sotto la mia maglietta, fresche contro la pelle accaldata. “Non startene lì impalato,” mi sussurrò, con un sorriso che prometteva guai.
La ristrettezza del letto ci obbligava a una vicinanza quasi soffocante: i nostri corpi si sfioravano, si urtavano, e ogni contatto accendeva una scintilla. Sentivo la pelle di Gianna sotto le dita, morbida e calda, mentre con la coda dell’occhio vedevo Paola intensificare il bacio con Marco, le sue mani che già gli accarezzavano il collo, scendendo piano verso il petto.
Non passò molto prima che gli abiti finissero sparsi sul pavimento del caravan, un caos di tessuti abbandonati. Eravamo tutti nudi, esposti, e lo spazio limitato ci spingeva l’uno contro l’altro in un intreccio di pelle e calore. Marco era sdraiato sul letto, con Paola sopra di lui, le sue mani che gli accarezzavano il torso mentre lo baciava con una foga che sembrava volerlo consumare. Io e Gianna, invece, eravamo avvinghiati, le mie mani che esploravano le sue curve, il suo corpo che si premeva contro il mio. “Non fermarti, ti prego,” mi sussurrò all’orecchio, la voce roca, mentre mi stringeva con una forza che mi faceva girare la testa. Il letto cigolava sotto di noi, ogni movimento sembrava amplificato in quel minuscolo spazio, ogni respiro un’eco.
“Facciamo cambio?” propose improvvisamente Paola, la voce carica di provocazione, un sorrisetto che le danzava sulle labbra mentre ci guardava. Marco rise, un po’ spiazzato, ma non disse di no. Ci scambiammo di posto con una goffaggine che ci fece ridere tutti, urtandoci, inciampando l’uno nell’altro. Ora ero con Paola, la sua pelle liscia e bollente sotto le mie dita. Mi guardava con occhi pieni di un desiderio che mi colpì come un pugno. “Non pensavo fossi così… deciso,” le dissi, e lei rispose con un ghigno: “Non hai ancora visto niente.” Il suo respiro si fece corto mentre le mie mani scivolavano lungo i suoi fianchi, stringendola più forte. Accanto a noi, Gianna e Marco si erano persi in un groviglio di baci e carezze, i loro sospiri che si intrecciavano ai nostri in una sinfonia di piacere.
La tensione saliva, il calore ci avvolgeva. Il letto, troppo piccolo, limitava i movimenti, ma quella costrizione non faceva che rendere tutto più intenso, più crudo. Ogni tocco, ogni sfioramento era come una scarica elettrica. Paola era sopra di me, i suoi movimenti ritmici mi stavano portando al limite, mentre con un braccio cercavo di non rotolare giù dal bordo. “Stai fermo,” mi sussurrò, ridendo, spingendomi contro la parete del caravan con una forza giocosa. Ma non era abbastanza per lei. Si voltò verso Marco, gli occhi che brillavano di desiderio puro. “Vieni qui. Voglio sentire anche te.” Allungò una mano, afferrandolo con decisione, portandolo a sé. Le sue labbra scivolarono lungo di lui, prima un tocco leggero, poi più profondo, prendendolo tutto con una lentezza che sembrava una tortura. Marco gemette, la testa reclinata all’indietro, mentre Gianna osservava, le sue mani che distribuivano carezze a chiunque riuscisse a raggiungere, alimentando il fuoco che ci divorava tutti.
“Vieni qui,” sussurrò Paola a Gianna, la voce spezzata dall’eccitazione. Le due si avvicinarono, proprio sopra me e Marco, e si scambiarono un bacio lungo, intenso, le loro lingue che si intrecciavano mentre noi guardavamo, ipnotizzati, incapaci di distogliere lo sguardo. Quel momento ci paralizzò, ma al tempo stesso ci spinse oltre. Approfittai della loro distrazione per afferrare Paola, tirandola di nuovo verso di me, e farla stendere sotto il mio peso. “Non mi sfuggi,” le dissi, mordicchiandole il collo mentre le sue gambe si stringevano intorno ai miei fianchi, guidandomi dentro di lei con un gemito che mi fece tremare. Accanto, Gianna si era avvicinata ancora a Marco, posizionandosi sopra di lui, le sue mani che gli stringevano le spalle mentre si muovevano insieme, il ritmo sempre più frenetico.
A un certo punto, decidemmo di spingerci oltre. “Proviamo qualcosa di diverso,” propose Gianna, con un sorriso che non lasciava spazio a dubbi. Si sdraiò su di me, di schiena, lasciandomi esplorare ogni parte di lei mentre Paola si chinava su di noi, le sue labbra che cercavano entrambi, i suoi tocchi che ci facevano impazzire. Marco, non da meno, si unì, trovando il suo spazio in quel caos di corpi, le sue mani che afferravano Gianna con una confidenza che non aveva avuto all’inizio. Eravamo un groviglio, un intreccio di sudore, gemiti e respiri spezzati. Lo spazio ristretto non era più un limite, ma un amplificatore di ogni sensazione, come se ogni contatto fosse inevitabile, necessario.
Il culmine arrivò come un’onda, travolgendoci quasi nello stesso istante. Io e Gianna ci stringemmo con forza, i nostri corpi che tremavano mentre ci lasciavamo andare, il suo respiro affannoso che mi riempiva l’orecchio. “Non fermarti ora,” mi pregò, la voce rotta dal piacere. Poco dopo, Paola e Marco esplosero insieme, i loro gemiti che riempivano il caravan, i corpi che si abbandonavano l’uno contro l’altro, esausti ma appagati. Restammo lì, ammassati su quel letto ridicolmente piccolo, ansimanti, le gambe intrecciate, le mani che ancora si cercavano. Nessuno parlava, ma i sorrisi che ci scambiavamo dicevano tutto. Era stato un addio al campeggio che sarebbe rimasto inciso nella nostra carne, un ricordo che avrebbe bruciato per sempre.
Continua nella PARTE VII....
Seduti sotto il tendalino del mio caravan, con il sole che si tuffava all’orizzonte tingendo il cielo di arancio e una birra fresca tra le mani, lasciammo che i pensieri prendessero forma. L’idea era chiara: volevamo un’esperienza sessuale che ci coinvolgesse tutti, qualcosa di inaspettato, di selvaggio, che ci facesse sentire vivi come mai prima. Le proposte volavano leggere, alcune appena accennate, altre più sfacciate, finché Paola, la più giovane e quella che sembrava sempre tenere un piede nella riservatezza, lasciò cadere la bomba. “E se provassimo un rapporto a quattro?” disse, con un sorrisetto malizioso che le increspava le labbra, gli occhi che ci sfidavano a rispondere.
Un silenzio gelido calò tra noi. Io e Gianna ci scambiammo uno sguardo, un mix di stupore e una curiosità che già iniziava a bruciare dentro. “Con chi?” chiesi, la voce un po’ incerta, rompendo quella tensione. Il tempo stringeva, non potevamo permetterci di coinvolgere un estraneo, qualcuno che avrebbe potuto spezzare l’alchimia che avevamo creato. Fu Gianna a pronunciare il nome, con una calma disarmante: “Marco. Con lui c’è già un’intesa, non credete?” Paola annuì subito, entusiasta, e io, dopo un attimo di riflessione, dovetti ammettere che aveva senso. Marco era disinvolto, e con Paola e Gianna aveva già condiviso battute e flirt spinti nei giorni precedenti, sguardi che lasciavano poco spazio all’immaginazione.
L’occasione per parlargli arrivò nel tardo pomeriggio, quando lo vedemmo scendere verso la piscina del campeggio, asciugamano gettato sulla spalla e un’aria rilassata stampata in faccia. Gianna e Paola decisero di affrontarlo di petto, mentre io rimasi un passo indietro, appoggiato al tronco ruvido di un albero, scrutando la scena con un misto di curiosità e tensione. Si appartarono in un angolo, lontani da occhi e orecchie indiscrete, e iniziarono a parlare. Da lontano, potevo vedere l’espressione di Marco cambiare: prima sorpresa, poi quasi incredula, con le sopracciglia che si alzavano mentre il suo sguardo scivolava su di me, come se cercasse una conferma che fossi davvero parte di quell’idea folle. Sembrava quasi un’interrogatorio: ogni tanto scuoteva la testa, incrociava le braccia, e io mi chiedevo se stesse solo giocando a fare il difficile o se davvero nutrisse dei dubbi.
La discussione si protrasse per quasi un’ora, un vero e proprio assedio. Paola gli parlava con una sicurezza che non le avevo mai visto, gesticolando con decisione, come se non accettasse un no come risposta. Gianna, invece, giocava un ruolo più sottile, inclinando la testa, sfoderando quel sorriso che sapeva sciogliere chiunque, aggiungendo dettagli con un tono che sembrava quasi un sussurro seducente. Io, da parte mia, cercavo di decifrare ogni gesto, ogni sguardo, ma Marco restava un enigma. Alla fine, si separarono. Lui si allontanò verso la piscina con un’espressione impenetrabile, mentre Paola e Gianna tornarono da me. Cercai di leggere nei loro volti un indizio, ma nulla trapelava. Fu Paola a parlare per prima, guardandomi dritto negli occhi con un’intensità che mi fece quasi sobbalzare: “Ha accettato”.
Il giorno dopo, il sole era già alto nel cielo, bruciante e implacabile, quando Marco bussò alla porta del caravan. L’aria dentro era carica, un mix soffocante di aspettativa, eccitazione e un pizzico di imbarazzo che ci stringeva il petto. Il mio letto, un semplice matrimoniale, era decisamente troppo piccolo per quattro persone, ma proprio quella ristrettezza aggiungeva un sapore di sfida, una promessa di trasgressione. Ci sedemmo, un po’ goffi, chi sul bordo del materasso, chi sulle sedie pieghevoli, i nostri corpi già troppo vicini in quello spazio angusto. Nessuno apriva bocca, ma gli sguardi che ci scambiavamo erano un linguaggio a parte: desiderio, curiosità, un’ombra di incertezza.
Fu Marco a rompere il silenzio, la voce bassa, quasi un sussurro, ma carica di una curiosità che non riusciva a nascondere. “Non mi è mai capitata una proposta del genere, un rapporto di gruppo… e per di più con uno zio e le sue nipotine. Come diavolo vi è venuta in mente una cosa così?”
Sorrisi, scrollando le spalle, mentre cercavo le parole giuste. “Non è qualcosa che si pianifica, Marco. È successo e basta, in modo spontaneo. Gianna e Paola sono… beh, diverse, libere. E io? Non sono mai stato uno da regole ferree. Ci siamo lasciati andare, e ogni passo ci ha portati più lontano.”
Paola annuì, i suoi occhi maliziosi fissi su Marco, come se volesse scavargli dentro. “E poi, lo zio sa come farci sentire… speciali. Non c’è nulla di sbagliato nel volere qualcosa di diverso, no? E tu? Ti piace l’idea, vero? È per questo che sei qui, ammettilo.”
Marco ridacchiò, un po’ a disagio, ma con una scintilla negli occhi. “Diciamo che sono curioso. Molto curioso.”
“Basta chiacchiere, allora,” tagliò corto Paola, la voce carica di impazienza. Si avvicinò a Marco, posandogli una mano sul petto, il tocco deciso ma provocante. “Cominciamo piano, ok? Voglio sentire come sei.” Si sporse e lo baciò, un bacio lento, profondo, che sembrava voler esplorare ogni angolo della sua bocca. Nello stesso istante, Gianna si avvicinò a me, le sue mani che scivolavano sotto la mia maglietta, fresche contro la pelle accaldata. “Non startene lì impalato,” mi sussurrò, con un sorriso che prometteva guai.
La ristrettezza del letto ci obbligava a una vicinanza quasi soffocante: i nostri corpi si sfioravano, si urtavano, e ogni contatto accendeva una scintilla. Sentivo la pelle di Gianna sotto le dita, morbida e calda, mentre con la coda dell’occhio vedevo Paola intensificare il bacio con Marco, le sue mani che già gli accarezzavano il collo, scendendo piano verso il petto.
Non passò molto prima che gli abiti finissero sparsi sul pavimento del caravan, un caos di tessuti abbandonati. Eravamo tutti nudi, esposti, e lo spazio limitato ci spingeva l’uno contro l’altro in un intreccio di pelle e calore. Marco era sdraiato sul letto, con Paola sopra di lui, le sue mani che gli accarezzavano il torso mentre lo baciava con una foga che sembrava volerlo consumare. Io e Gianna, invece, eravamo avvinghiati, le mie mani che esploravano le sue curve, il suo corpo che si premeva contro il mio. “Non fermarti, ti prego,” mi sussurrò all’orecchio, la voce roca, mentre mi stringeva con una forza che mi faceva girare la testa. Il letto cigolava sotto di noi, ogni movimento sembrava amplificato in quel minuscolo spazio, ogni respiro un’eco.
“Facciamo cambio?” propose improvvisamente Paola, la voce carica di provocazione, un sorrisetto che le danzava sulle labbra mentre ci guardava. Marco rise, un po’ spiazzato, ma non disse di no. Ci scambiammo di posto con una goffaggine che ci fece ridere tutti, urtandoci, inciampando l’uno nell’altro. Ora ero con Paola, la sua pelle liscia e bollente sotto le mie dita. Mi guardava con occhi pieni di un desiderio che mi colpì come un pugno. “Non pensavo fossi così… deciso,” le dissi, e lei rispose con un ghigno: “Non hai ancora visto niente.” Il suo respiro si fece corto mentre le mie mani scivolavano lungo i suoi fianchi, stringendola più forte. Accanto a noi, Gianna e Marco si erano persi in un groviglio di baci e carezze, i loro sospiri che si intrecciavano ai nostri in una sinfonia di piacere.
La tensione saliva, il calore ci avvolgeva. Il letto, troppo piccolo, limitava i movimenti, ma quella costrizione non faceva che rendere tutto più intenso, più crudo. Ogni tocco, ogni sfioramento era come una scarica elettrica. Paola era sopra di me, i suoi movimenti ritmici mi stavano portando al limite, mentre con un braccio cercavo di non rotolare giù dal bordo. “Stai fermo,” mi sussurrò, ridendo, spingendomi contro la parete del caravan con una forza giocosa. Ma non era abbastanza per lei. Si voltò verso Marco, gli occhi che brillavano di desiderio puro. “Vieni qui. Voglio sentire anche te.” Allungò una mano, afferrandolo con decisione, portandolo a sé. Le sue labbra scivolarono lungo di lui, prima un tocco leggero, poi più profondo, prendendolo tutto con una lentezza che sembrava una tortura. Marco gemette, la testa reclinata all’indietro, mentre Gianna osservava, le sue mani che distribuivano carezze a chiunque riuscisse a raggiungere, alimentando il fuoco che ci divorava tutti.
“Vieni qui,” sussurrò Paola a Gianna, la voce spezzata dall’eccitazione. Le due si avvicinarono, proprio sopra me e Marco, e si scambiarono un bacio lungo, intenso, le loro lingue che si intrecciavano mentre noi guardavamo, ipnotizzati, incapaci di distogliere lo sguardo. Quel momento ci paralizzò, ma al tempo stesso ci spinse oltre. Approfittai della loro distrazione per afferrare Paola, tirandola di nuovo verso di me, e farla stendere sotto il mio peso. “Non mi sfuggi,” le dissi, mordicchiandole il collo mentre le sue gambe si stringevano intorno ai miei fianchi, guidandomi dentro di lei con un gemito che mi fece tremare. Accanto, Gianna si era avvicinata ancora a Marco, posizionandosi sopra di lui, le sue mani che gli stringevano le spalle mentre si muovevano insieme, il ritmo sempre più frenetico.
A un certo punto, decidemmo di spingerci oltre. “Proviamo qualcosa di diverso,” propose Gianna, con un sorriso che non lasciava spazio a dubbi. Si sdraiò su di me, di schiena, lasciandomi esplorare ogni parte di lei mentre Paola si chinava su di noi, le sue labbra che cercavano entrambi, i suoi tocchi che ci facevano impazzire. Marco, non da meno, si unì, trovando il suo spazio in quel caos di corpi, le sue mani che afferravano Gianna con una confidenza che non aveva avuto all’inizio. Eravamo un groviglio, un intreccio di sudore, gemiti e respiri spezzati. Lo spazio ristretto non era più un limite, ma un amplificatore di ogni sensazione, come se ogni contatto fosse inevitabile, necessario.
Il culmine arrivò come un’onda, travolgendoci quasi nello stesso istante. Io e Gianna ci stringemmo con forza, i nostri corpi che tremavano mentre ci lasciavamo andare, il suo respiro affannoso che mi riempiva l’orecchio. “Non fermarti ora,” mi pregò, la voce rotta dal piacere. Poco dopo, Paola e Marco esplosero insieme, i loro gemiti che riempivano il caravan, i corpi che si abbandonavano l’uno contro l’altro, esausti ma appagati. Restammo lì, ammassati su quel letto ridicolmente piccolo, ansimanti, le gambe intrecciate, le mani che ancora si cercavano. Nessuno parlava, ma i sorrisi che ci scambiavamo dicevano tutto. Era stato un addio al campeggio che sarebbe rimasto inciso nella nostra carne, un ricordo che avrebbe bruciato per sempre.
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