Lo zio e le nipotine - Parte V

di
genere
incesti

Rimanemmo sbalorditi dall'intensità del racconto di Paola, non credevamo fosse così audace nel proporsi.
Il giorno seguente ci sarebbe stato l'incontro ufficiale tra Paola e Marco.
Anche in questo caso l'appuntamento fu subito dopo pranzo. Prima di lasciarci, augurammo Paola un buon divertimento con Marco. Ci Lascio sorridendo e mormorando "Sfrutterò l'occasione al massimo".
Questa volta toccava a Gianna farmi compagnia, e cosa potevamo fare se non trascorrere un oretta di sesso spontaneo. Il tempo di spogliarci ed eravamo entrambi l'uno dentro l'altro. L’aria era densa di un silenzio carico di tensione, spezzato all’improvviso dal trillo acuto del mio cellulare. Guardai lo schermo: era Claudia, mia sorella, che voleva aggiornamenti sulle sue figlie, che avevo portato con me in vacanza, e sul nostro soggiorno.
Risposi con voce calma, mentre un sorriso si insinuava sul mio viso.
“Ciao sorellona, tutto bene?”
“Ciao fratellino, dimmi un po’, come sta andando?”
“Alla grande, ci stiamo divertendo un sacco.”
“E le mie ragazze? Stanno bene?”
“Benissimo, da Dio. Paola è in spiaggia, ma Gianna è qui con me.”
“Ah, perfetto. Me la passi un attimo?”
Gianna, sdraiata sotto di me, con il respiro già corto, mi fece un cenno disperato con la mano, un chiaro “Fermati, per favore”. I suoi occhi erano un misto di panico e irritazione, ma io non avevo nessuna intenzione di rallentare. Anzi, la situazione mi eccitava da impazzire: il rischio, il taboo, il pensiero di essere a un passo dall’essere scoperti. Continuai a muovermi dentro di lei, con un ritmo deciso, ignorando i suoi segnali. Lei strinse i denti e afferrò il telefono, cercando di mantenere un tono normale.
“Ciao mammina, tutto okay qui,” disse, la voce leggermente tremula.
“Ma cos’hai, Gianna? Sembri senza fiato,” ribatté Claudia, con un tono di preoccupazione.
Gianna si morse il labbro, lanciandomi un’occhiata fulminante, mentre cercava di inventarsi una scusa al volo. “Sì, ho appena fatto una corsetta qui intorno, sono un po’ in affanno.”
I suoi occhi erano due lame, il messaggio era chiaro: “Smettila subito, idiota, sto parlando con mia madre!” Ma io non riuscivo a fermarmi. Ogni suo sguardo di disapprovazione, ogni suo tentativo di controllarsi, non faceva che alimentare il mio desiderio. Le sue parole al telefono erano sempre più spezzate, il tono sempre meno convincente. Ogni tanto un piccolo gemito le sfuggiva, e io sentivo l’adrenalina pomparmi nelle vene.
Poi, incapace di trattenersi oltre, Gianna si lasciò sfuggire un gemito forte, quasi un grido, che interruppe la conversazione.
Sentii Claudia dall’altro capo del telefono, la voce carica di apprensione:
“Gianna, cosa c'è? Perché gridi? Stai male?”
Gianna si portò una mano alla bocca, cercando di recuperare il controllo, il viso rosso per l’imbarazzo e la rabbia nei miei confronti. “No, no, mamma, niente di grave. Sono appena rientrata nel caravan e ho preso una storta. Mi fa un po’ male, tutto qui.”
Claudia, con il suo tipico tono da mamma premurosa, rispose: “Ah, poverina. Prenditi un antinfiammatorio, vedrai che passa. Riposati un po’.”
“Va bene, mamma. Dai, ci sentiamo un altro giorno.”
“Mi passi di nuovo allo zio?.”
"Dimmi sorellona"
"Mi raccomando ti ho affidato le mie figlie, tienile sotto controllo e trattale bene".
"Tranquilla sorellona sarà mia cura trattarle con sentimento.
Quando la chiamata terminò, Gianna si voltò verso di me, gli occhi che lanciavano fulmini. “Sei completamente pazzo! Volevi farci scoprire? Ma che problemi hai?”
Io sogghignai, senza alcun rimorso. “Dai, non fare la tragica. Ammettilo, è piaciuto pure a te.”
“Sei un idiota, zio! Un vero porco!” ribatté lei, la voce carica di esasperazione, ma con un lampo di malizia nello sguardo.
“E tu non sai quanto posso diventarlo,” risposi, avvicinandomi a lei con un sorrisetto.
Gianna scosse la testa, chiaramente contrariata, ma non riuscì a nascondere un accenno di eccitazione. “Meriti una lezione, sai? Non puoi fare sempre come ti pare. ” Mi lanciò uno sguardo che era un misto di sfida e disapprovazione, poi, senza dire altro, si avvicinò. Le sue mani scivolarono su di me, decise, e prima che potessi dire qualcosa, mi prese il pene con una presa salda e iniziò a succhiarmelo con una foga che mi fece quasi perdere l’equilibrio. Ogni suo movimento era carico di una rabbia controllata, come se stesse cercando di punirmi a modo suo, ma allo stesso tempo non potevo negare il piacere che mi stava dando.
“Vedi che sai essere convincente quando vuoi?” dissi tra un respiro e l’altro, con un ghigno.
Lei alzò gli occhi per un attimo, senza fermarsi, e mi lanciò un’occhiata che diceva tutto: “Non cantare vittoria, zio. Questo non cambia niente.” Ma il modo in cui continuava a muoversi mi fece capire che, in fondo, anche lei era dentro a questo gioco tanto quanto me.
Aspettammo che rientrasse Paola per farci raccontare la sua avventura. Aspettammo 3 ore prima che la vedessimo arrivare. Era soddisfatta in volto e sorridente. Ci sdraiammo sul letto, attenti ad ascoltarla.
RACCONTO DI PAOLA
Davanti alla roulotte c'era lui che già mi aspettava. Quando varcai la soglia della sua roulotte, l’aria era già carica di un’attesa palpabile. Lui chiuse la porta con un click sommesso, e senza preamboli mi attirò a sé. Il primo bacio non fu un assaggio, fu un’affermazione. Le sue labbra erano calde, sicure, e il sapore del caffè che aveva appena bevuto si mescolava al mio respiro. Le sue mani, larghe e callose, mi scivolarono sotto la maglia, i polpastrelli che tracciavano fuoco lungo la mia schiena.
Poi fu il suo turno. Si spogliò senza fretta, e io ebbi il tempo di ammirare il suo corpo: spalle larghe, addome scolpito, e quel suo sex, già eretto e imponente, che prometteva una pienezza che sapevo avrebbe riempito ogni parte di me
Poi si chinò, e la sua bocca calda trovò il mio collo, i miei capezzoli, la linea delicata del mio ventre. Ogni bacio, ogni leccata, ogni morso leggero era una promessa mantenuta. Sentivo le sue labbra tra le mie gambe, la sua lingua che esplorava con una precisione che mi fece urlare.
Scese ancora, baciando l’addome, i fianchi, l’interno delle cosce, fino a quando il suo respiro caldo non fu proprio lì, nel punto dove tutto il mio corpo sembrava concentrarsi. La sua lingua fu prima una carezza leggera, poi più decisa, poi abile e insistente, , facendomi gridare il suo nome.
"Dio, Marco..." gemetti, le dita che si intrecciarono nei suoi capelli, spingendolo più vicino, più profondamente.
Lui non si fermò, anzi, intensificò il ritmo, le mani che mi tenevano ferma sui fianchi mentre la sua lingua mi faceva perdere il senno. Era come essere al centro di una tempesta di sensazioni - ogni nervo del mio corpo era vivo, elettrico, e lui ne era il maestro assoluto. Quando il primo orgasmo mi travolse, fu con un'onda così potente che mi ritrovai a mordermi il labbro per non gridare troppo forte.
Senza darmi tregua, Marco si sollevò, liberandosi dei jeans con movimenti sicuri. Il suo membro era imponente, eretto e fiero, e per un attimo ebbi il fiato mozzato - non solo per la dimensione, ma per il modo in cui lui lo guardava, come se fosse uno strumento di cui andava fiero, da usare con perizia. "Sei pronta per me?" chiese, la voce roca, e io annuiti, incapace di parlare, desiderosa di sentirlo dentro di me.
Quando entrò, fu con una lentezza deliberata, facendomi assaporare ogni centimetro di quel riempimento che sembrava ridisegnarmi internamente. "Sei così stretta," sussurrò contro la mia bocca, i suoi fianchi che premevano contro i miei. "Così calda..." Iniziai a muovermi con un ritmo che era insieme potente e controllato, ogni spinta calibrata per toccare punti dentro di me che non sapevo nemmeno esistessero.
Le mie gambe si avvitavano intorno alla sua vita, attirandolo più profondamente, mentre le unghie gli graffiavano la schiena.
"Più forte," lo supplicai, e lui obbedì, afferrandomi i fianchi e portandomi sopra di sé. Ora ero io a cavalcarlo, a controllare il ritmo, ma i suoi occhi non mi abbandonavano mai, le sue mani mi guidavano, mi incoraggiavano. "Così, amore, così," mormorava.
Quando finalmente esplose, fu insieme. Lui si immerse in me fino all’ultimo centimetro, un grido soffocato uscì dalla sua gola, mentre il mio corpo era scosso da tremiti incontrollabili. Rimase dentro di me per lunghi istanti, mentre il nostro respiro affannoso si mischiava e il calore ci avvolgeva
Ci siamo abbracciati, sudati, esausti, completi.
Continua nella PARTE VI.....
scritto il
2025-10-12
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