Lo zio e le nipotine
di
michele90
genere
incesti
Sono Michele, 43 anni, single da sempre. Non che mi dispiaccia, anzi, mi sono costruito una reputazione da playboy, cambiando donna con una certa regolarità. Non cerco l’amore eterno, mi piace godermi il momento, la passione, la novità di ogni incontro. Mia sorella Claudia più grande di me di 4 anni, ha due figlie, gemelle eterozigote, Paola e Gianna, maggiorenni da qualche anno. Sono ragazze sveglie, curiose, con la mente aperta, anche nei discorsi che trattano argomenti della sfera sessuale.
Ogni estate, da anni, ho l’abitudine di prendere il mio caravan e partire per un paio di settimane in qualche campeggio. Cambio sempre località, perché non mi piace fossilizzarmi nello stesso posto. Adoro scoprire nuovi paesaggi, nuove spiagge, ma soprattutto nuove donne. E, diciamocelo, non mi è mai stato difficile intrecciare qualche relazione fugace con qualcuna del posto, single o sposata. Ho un modo di fare che attrae, un misto di sicurezza e ironia che funziona quasi sempre.
Un giorno ero a casa di mia sorella, intento a raccontare alle mie nipotine, così le chiamo anche se ormai adulte, le mie avventure estive. Non mi limito mai ai dettagli banali, racconto tutto, anche le sfaccettature più intime, quelle che riguardano le donne che incontro e tutto ciò che avviene sotto le lenzuola. Le ragazze non battono ciglio, non arrossiscono, non si scandalizzano. Al contrario, pendono dalle mie labbra, con occhi curiosi e un sorriso sornione.
Spesso Paola mi chiede, con una risata leggera "Ma zio, come fai ad abbordare tutte queste donne? Voglio dire, come ci arrivi?"
“Ci vuole un po’ di tattica. Le guardi negli occhi, capisci se c’è interesse, fai una battuta, offri un drink. E poi, sai, il camping ha un’atmosfera magica. Sei lontano da casa, libero, e la gente si lascia andare più facilmente.”
Anche Gianna scuote la testa. “Sei terribile, zio. Ma sai che ti invidiamo un po’? Sembra che vivi una vita da film. Sempre nuove emozioni, nuove persone. Noi invece stiamo ancora qui, a farci mille paranoie su tutto.”
“Non avete niente da invidiare,” ribatto. “Siete giovani, belle, intelligenti".
Ero ancora seduto nel salotto di mia sorella, con Paola e Gianna che pendevano dalle mie labbra mentre raccontavo le mie avventure estive in camping. Le loro domande erano sempre più dirette, i loro sguardi curiosi e pieni di un’energia che non passava inosservata, quando, Gianna svoltatosi verso di me, con quel sorrisetto malizioso dice qualcosa di provocatorio.
“Come sarebbe bello fare questo tipo di esperienze, in libertà, in buona compagnia,” disse, facendo una pausa significativa mentre mi fissava negli occhi. “Ma tanto tu, zio, non ci porteresti mai con te!”
Risi, scuotendo la testa. “Mi dispiace, Gianna. Le mie vacanze sono sacre, lo sai.
In quel momento, mia sorella Claudia che era lì nei paraggi, mentre mi portava il vassoio di caffè in mano, colse al volo l’ultima parte della conversazione. “Una volta tanto potresti portarle con te, Michele!” ha esclamato, appoggiando il vassoio sul tavolo con un’aria da mamma che non ammette repliche. “Fai sempre quello che vuoi, sempre in giro con il tuo caravan a divertirti. Un po’ di compagnia familiare non ti farebbe male, no?”
Risposi “Claudia, stiamo scherzando, vero? Le mie vacanze sono il mio momento di libertà assoluta dopo un anno di lavoro".
Gianna incrociò le braccia, mettendo su un broncio teatrale. “Dai, zio, non essere egoista. Pensa a quanto ci divertiremmo! Ti giuriamo che non saremo da intralcio, sappiamo stare al nostro posto… più o meno.” Paola, coprendosi la bocca con la mano, accennò ad una risatina soffocata.
Claudia rincarò la dose. “Michele, dai, sono maggiorenni, non sono bambine. Possono aiutarti, tenere tutto in ordine, e magari imparano qualcosa dalle tue… ehm, esperienze di vita. Non fare il solito lupo solitario!”
La loro opera di convincimento era un vero e proprio assedio. Paola mi guardava con occhi da cucciolo, Gianna continuava a stuzzicarmi con battutine, e mia sorella insistava con quella logica da sorella maggiore che mi faceva sentire quasi in colpa. Alla fine, ho ceduto un pochino. “Va bene, fatemi pensare. Non vi prometto niente, ci rifletterò.”
Mi presi un momento di riflessione mentre sorseggiavo il caffè, mentre nella mia testa elaboravo velocemente i pro e i contro. Il mio caravan non è un castello: c’è un solo letto a due piazze, il che significa che avremmo dovuto arrangiarci in tre in uno spazio ristretto. E poi c’era tutto il resto: condividere l’intimità di un ambiente così piccolo, con bagni e docce comuni nei camping, cambiarsi d’abito, dormire praticamente a contatto l'un l'altro. Non ero sicuro di come avrei gestito la situazione, soprattutto con due ragazze così avvenenti, aperte dal punto di vista sessuale. Sapevo che non si sarebbero imbarazzate per nulla, e una parte di me, lo ammetto, si chiedeva se questa convivenza forzata non potesse portare a qualcosa di… intrigante. Conoscevo i loro atteggiamenti, le loro curiosità, la loro volonta di esplorare la vita in tutte le sue sfaccettature. E se ci fosse stato spazio per qualcosa di più? Il pensiero mi sfiorava, carico di una certa malizia inusuale.
Dopo questa veloce riflessione, alzai lo sguardo verso di loro, che mi fissavano con ansia mista a speranza, nell'attesa di una risposta. “Mi avete convinto,” ho detto, con un sorrisetto. “Ma datemi il tempo di organizzare tutto. Non è una passeggiata, e voglio essere sicuro che fili tutto liscio. Preparatevi, perché se venite con me, sarà un’avventura… in tutti i sensi.”
Un'aria di euforia aleggiava nella stanza, Gianna eccitata battè le mani. “Oh sì, zio! Non te ne pentirai, vedrai che ci divertiremo un sacco!” Paola, a ruota si avvento verso di me e mi bacò piu volte in volto, con gli occhi che gli luccivano: “Grazie, davvero zio. Vedrai non ti pentirai".
I giorni volavano veloci, tra preparativi e un crescente entusiasmo che si respirava in casa. Finalmente, arrivò il momento della partenza. I bagagli erano pronti, stipati con cura nel mio caravan: vestiti leggeri, costumi da bagno, per affrontare due settimane di avventura. L’allegria era palpabile, quasi elettrica. Prima di partire salutammo Claudia con un abbraccio caloroso. Lei, con un sorriso, ci augurò: “Buon viaggio e divertitevi, mi raccomando!”
Gianna, con il suo solito tono sfacciato, rispose: “Ci puoi contare, mamma! Torneremo con un sacco di storie da raccontare!” Paola annuì, ridendo, mentre io feci cenno del pollice all'insù a Claudia, come a dire che avrei tenuto tutto sotto controllo… o quasi.
Il viaggio in caravan durò circa quattro ore, ma non è sembrato così lungo. La musica ci teneva compagnia, con la playlist che alternava pezzi rock a canzoni estive che cantavamo a squarciagola.
Arrivammo nel pomeriggio, con il sole ancora alto nel cielo. Parcheggiai il caravan nella piazzola assegnata, un angolo carino con un po’ d’ombra e vista su un prato verde che si perdeva verso il mare in lontananza. Il tempo di sistemarci, scaricare i bagagli, aprire il tendalino, sistemare il tavolo e le sedie da campeggio – e poi decidemmo di fare un giro per esplorare l’ambiente circostante.
Il campeggio era proprio come piaceva a noi: confortevole, ben organizzato, con tutti i servizi necessari.
Mentre camminavamo tra le piazzole e i vialetti, instaurammo i primi approcci con le persone del posto.
Gianna e Paola, al mio fianco, erano un'attrazione per i giovani campeggiatori che ci scrutavano con curiosità e interesse, soprattutto verso loro, giovani e belle.
Dentro di me, però, non potevo fare previsioni di come sarebbe andata questa convivenza con le due nipotine. Lo spazio ristretto del caravan, le loro personalità esuberanti, la loro curiosità… tutto questo prometteva scintille. E, in un angolo della mia mente, un pensiero malizioso si faceva strada: chissà dove ci avrebbe portato questa avventura.
Arrivammo a sera un po’ stanchi, dopo aver esplorato il campeggio. Era ora di riposare, ma sapevo che stavamo per sperimentare qualcosa di completamente nuovo. L’aria era ancora tiepida, quasi afosa, e quando entrammo per sistemarci per la notte, il calore sembrava amplificare ogni sensazione.
Iniziai a spogliarmi, rimanendo solo in boxer. Anche Paola e Gianna si sfilarono i vestiti con naturalezza, restando in intimo. Non potei fare a meno di notare i loro corpi, statuari, con curve che avrebbero fatto girare la testa a chiunque.
“Fa un caldo assurdo,” commentò Gianna, passandosi un fazzoletto di carta sul collo mentre si sistemava i capelli. Come faremo a dormire in tre su questo letto? È una mission impossible!”
Risi. “Ce la faremo, tranquilla. Domani attiverò il condizionatore, cosi potremo godere di un po di fresco". Continuai " Allora, per quanto riguarda la sistemazione io al centro, voi due ai lati.”
Paola sollevò un sopracciglio, con un sorrisetto. “Oh, che gentile, zio. Vuoi solo stare beato in mezzo alle donne”
“Esatto,” risposi, con un tono scherzoso ma complice. “Così vi tengo d’occhio.”
I corpi inevitabilmente si sfioravano, il contatto con la loro pelle liscia e calda contro la mia era come una scarica elettrica. Ogni movimento, anche il più piccolo tocco, sembrava amplificato: il braccio di Gianna che sfiorava il mio petto, la gamba di Paola che si appoggiava casualmente alla mia coscia. Sentivo il cuore battere forte, un senso di eccitazione che cercavo di controllare, ma che era difficile ignorare in una situazione del genere.
Come se non bastasse, le mie nipotine non sembravano affatto imbarazzate, anzi... Gianna, con quel suo modo di fare sfacciato, iniziò a giocherellare, dandomi una leggera spinta sulla spalla. “Zio, sei sicuro di stare comodo? Mi sembri un po’ teso,” disse, con una risata bassa e un tono che sembrava voler stuzzicare.
Paola, dall’altro lato, si unì al gioco, appoggiando una mano sul mio petto con una finta aria innocente. “Sì, zio, rilassati. Tanto siamo in vacanza, no? Non c’è niente di male se giochiamo un po’con te.”
Il loro atteggiamento, quel contatto fisico così ravvicinato, mi mandava in tilt. Nella mia testa frullava un pensiero che non avrei mai dovuto avere, ma che non riuscivo a scacciare: non mi sarebbe dispiaciuto spingermi oltre, solazzarmi con loro. Era un’idea sbagliata, lo sapevo, ma in quel momento, con i loro corpi così vicini e a contatto, e le loro provocazioni giocose, tutto sembrava confuso, quasi irresistibile.
“Basta così, ragazze, state ferme, dai,” “Se continuate così, non dormirà nessuno questa notte.”
Gianna si girò su un fianco, avvicinandosi ancora di più, e sussurrò con un tono malizioso: “E chi ha detto che vogliamo dormire, zio?”
Risi, ma dentro di me la tensione cresceva. Quella notte prometteva di essere tutto tranne che tranquilla, e io ero combattuto tra il mantenere le distanze e il lasciarmi trasportare da quelle emozioni che mi stavano travolgendo.
Per fortuna alla fine, ci addormentammo, un po’ per la stanchezza accumulata nella giornata, un po’ perché, a forza di scherzare e stuzzicarci, s’era fatto davvero tardi. Mi svegliai con una strana sensazione, un misto di relax e curiosità su come avrei trascorso i giorni successivi con questa convivenza così… ravvicinata.
Il mattino seguente, dopo una colazione veloce a base di caffè e brioche, consumate al bar del campeggio, ci dirigemmo tutti insieme verso la spiaggia. Il sole splendeva già alto, il mare era una distesa di blu che invitava a tuffarsi. Paola e Gianna si misero subito a fare quello che fanno i giovani: selfie con lo sfondo delle onde, partitelle di beach volley con un gruppetto di ragazzi appena conosciuti, e risate che si sentivano da metri di distanza.
“Zio, non vieni a giocare con noi?” Risposi con un sorriso, ammiccando. “No! Vado a fare un giro, voi divertitevi.”
In realtà, avevo voglia di staccarmi un attimo per fare il mio solito giro di perlustrazione. Conoscere gente nuova, soprattutto donne single disponibili, era parte del mio rituale vacanziero. Camminai lungo la spiaggia, salutando qua e là. Conobbi due ragazze, sembravano simpatiche, ma niente di più; una aveva il fidanzato che gironzolava nei paraggi, l’altra non sembrava particolarmente interessata. Proseguendo verso il chiosco sulla riva, incrociai un’altra tizia, capelli rossi e un sorriso intrigante, ma dopo un breve scambio di battute capii che non era il caso di insistere. Alla fine, a parte un paio di conoscenze superficiali, non trovai granché da segnalare.
Tornato da solo al caravan, decisi di approfittare del momento di tranquillità per sistemare un paio di cose. Il caldo iniziava a farsi sentire prepotentemente, così mi attivai per far funzionare il condizionatore portatile, un elemento essenziale per rendere il soggiorno più piacevole, soprattutto in uno spazio ristretto come il nostro. Dopo qualche minuto di smanettamenti, il fresco iniziò a diffondersi, e mi sedetti fuori sotto il tendalino con una birra in mano, aspettando il rientro delle mie signorine.
Verso mezzogiorno, Paola e Gianna tornarono, ancora cariche di energia e con la pelle arrossata dal sole. “Zio, la spiaggia è stupenda! Abbiamo conosciuto un sacco di gente!” esclamò Paola, asciugandosi i capelli con un telo.
“E tu? Trovato qualche preda interessante?” mi stuzzicò Gianna, con quel suo solito ghigno malizioso, appoggiandosi al tavolo.
“Macché, magari mi hanno visto in vostra compagnia e avranno pensato che eravate mie figlie. Si misero entrambe a ridere " Povero zio quanto ci dispiace, dobbiamo metterci una pezza noi". Risposi " Magari" con un sorrisino che dava un doppio significato.
Ci dirigemmo al piccolo ristorante vicino al bar, un posto semplice ma accogliente con vista sul mare. Mentre mangiavamo, mi raccontavano come avevano trascorso la giornata, e io, nel frattempo, elencavo tutti i pali che avevo beccato dal mattino, facendole ridere.
Dopo aver mangiato, decidemmo di ritirarci nel caravan per il classico riposino pomeridiano. “Un po’ di relax ci vuole, no?” dissi, mentre entravamo e chiudevamo la porta per tenere il fresco del condizionatore. “Ma niente scherzi come ieri sera, eh. Ho bisogno di dormire per davvero.”
Gianna mi guardò con un sorrisetto furbo. “Tranquillo, zio, oggi stiamo buoni… forse.”
Ridemmo, mentre ci sistemavamo di nuovo sul letto, con quella vicinanza inevitabile che ormai iniziava a svegliare in me istinti repressi.
I giorni trascorrevono veloci, un susseguirsi di sole, mare e risate. Le ragazze, Gianna e Paola, si erano integrate alla perfezione con l’ambiente, stringendo amicizie e vivendo la vacanza con spensieratezza giovanile. Ma per me, la situazione era diversa. Il digiuno sessuale iniziava a pesarmi come un macigno. Dopo settimane senza un contatto intimo, il desiderio si faceva sentire sempre più forte, un’urgenza che mi tormentava giorno e notte. E la presenza costante delle mie nipotine, con i loro corpi giovani e seducenti sempre sotto i miei occhi, e a mio contatto nelle ore di riposo, era diventata un ostacolo insormontabile.
Ogni volta che le vedevo in bikini, o quando ci sistemavamo insieme nel letto del caravan, il mio corpo reagiva in modo incontrollabile, ed ero costretto a nascondere la mia erezione. Non avevo grandi speranze di trovare sfogo con qualcun’altra; le mie perlustrazioni al campeggio non avevano dato frutti, e iniziavo a rassegnarmi all’idea di terminare le vacanze senza un nulla di fatto.
Una sera, dopo una giornata estenuante eravamo tutti e tre distesi sul letto a due piazze, come al solito, con me al centro e loro ai lati. Il caldo era ancora opprimente nonostante il condizionatore, e indossavamo solo l’intimo. Il silenzio della sera era rotto solo dal rumore lontano delle cicale, ma dentro di me ribolliva un desiderio che non riuscivo più a ignorare. Ad un certo punto Gianna rivolgendosi a me disse "Zio ti vedo triste, cosa c'è?" Non riuscivo più a tenermelo dentro e decisi di confidarmi con loro, pur sapendo che era un terreno pericoloso. “Ragazze, devo confessarvi una cosa,” iniziai, con la voce un po’ incerta, mentre fissavo il soffitto del caravan. “Questa vacanza… beh, non sta andando come speravo. Non fraintendetemi, mi piace stare con voi, ma… il fatto di non avere… ehm, uno sfogo, mi sta facendo impazzire. Non riesco a pensare ad altro.”
Ci fu un momento di silenzio, poi Paola, dal mio lato destro, si sollevò su un gomito e mi guardò con un’espressione seria. “Zio, ci dispiace. Non avevamo idea che fossi così… frustrato. Pensavamo ti stessi divertendo con noi.”
Gianna, dal lato sinistro, annuì. “Sì, non volevamo essere un peso. Ma… sai, un po ce ne siamo accorte, eh. Non sei proprio bravo a nascondere certe cose.” La sua voce aveva un tono dispiaciuto, ma anche malizioso, e quando abbassai lo sguardo notai che i suoi occhi erano puntati proprio lì, dove la mia eccitazione era evidente sotto il tessuto dei boxer.
Mi sentii colto in flagrante, il viso mi si scaldò per l’imbarazzo, ma prima che potessi dire qualcosa, Gianna si avvicinò di più, mi baciò sulla guancia, appoggiando una mano sulla mia coscia. “Non devi vergognarti, zio. È normale. Avevamo pensato di darti una mano!”. Il suo tono era basso, provocante, mentre le sue dita iniziavano ad accarezzarmi, risalendo piano verso l’inguine.
Sussultai al contatto, un’ondata di calore mi attraversò il corpo. “Gianna, cosa fai? mormorai, ma la mia voce tradiva il desiderio che provavo, e il mio corpo non accennava a opporre resistenza.
Paola, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò dall’altro lato, posando una mano sul mio petto e accarezzandomi lentamente, i suoi polpastrelli che sfioravano la mia pelle nuda e i capezzoli nascosti sotto la leggere peluria. “Zio, non ti sentire a disagio. Siamo adulti, no? E se ti fa stare meglio, io e Gianna ne avevamo pesati di esserti d'aiuto. E ci piace l’idea di scoprire le tue doti nascoste.”
Quelle parole furono come un’esplosione nella mia testa. Gianna, con un sorrisetto sfacciato, fece scivolare la mano dentro i miei boxer, avvolgendo il mio membro duro con le sue dita calde. “Cazzo, zio" esclamò constatando la sua consistenza, "Ora capisco perchè piaci alle donne. Tranquillo ci penso io a te,” sussurrò, iniziando a muovere la mano su e giù con una lentezza deliberata, facendomi gemere involontariamente.
“Ragazze, siete sicure di voler andare avanti?” chiesi con l’ultimo barlume di razionalità, mentre il piacere iniziava a offuscarmi la mente.
Paola si avvicinò ancora di più, il suo respiro caldo contro il mio orecchio. “Sicurissime. Fatti toccare, zio. Vogliamo sentirti soddisfatto.” Si abbassò, baciandomi il collo, mentre le sue mani scivolavano verso i miei fianchi, aiutando Gianna a liberarmi completamente dai boxer.
Gianna non perse tempo. Si posizionò meglio, inginocchiandosi sul letto, e senza esitazione prese il mio membro in bocca, la sua lingua che lo accarezzava con una maestria che non mi aspettavo. “Mmh, sei già pronto, vero?” mormorò tra un movimento e l’altro, alzando lo sguardo verso di me con occhi pieni di lussuria. Ogni suo gesto mi faceva contorcere dal piacere, il calore della sua bocca che mi avvolgeva completamente.
Nel frattempo, Paola si era sfilata il reggiseno con un gesto lento, lasciandolo cadere a terra senza fretta. I suoi seni pieni e sodi erano lì, esposti, con i capezzoli già turgidi che sembravano invitarmi. Si avvicinò al mio viso, il suo corpo a pochi centimetri dal mio, e mi guardò con un’espressione carica di desiderio, senza un’ombra di vergogna.
“Succhia, zio. Lo so che ti piacciono,” mi disse con voce roca, quasi un sussurro, ma carico di un’intensità che mi fece fremere. Non ci pensai due volte. Avvicinai la bocca a uno dei suoi capezzoli, prendendolo tra le labbra con delicatezza prima di iniziare a leccare, tracciando cerchi lenti con la lingua. Poi, spinto da un impulso, lo mordicchiai appena, sentendo la sua pelle reagire al contatto. Paola emise un gemito basso, un suono che mi attraversò come una scarica. Le sue mani si posarono sulla mia nuca, guidandomi, mentre io continuavo a dedicarmi a lei, alternando baci e piccoli morsi, sentendo i suoi respiri farsi sempre più corti e affannosi. Con la mano libera, accarezzai l’altro seno, pizzicando leggermente il capezzolo tra le dita, e lei si inarcò verso di me, come se volesse fondersi con il mio tocco. La situazione era ormai fuori controllo. La mia mente era annebbiata dal desiderio, ogni pensiero razionale svanito. “Ragazze, vi voglio… cazzo, vi voglio adesso".
“Allora prendici, zio. Siamo tue,”. Gianna togliendosi le mutandine e mostrando il suo corpo nudo, il sesso già visibilmente bagnato. Si sdraiò accanto a me, allargando le gambe in un invito esplicito. “Vieni, non farmi aspettare.”
Non ci pensai due volte. Mi posizionai sopra di lei, il cuore che batteva all’impazzata, e la penetrai con un movimento deciso, sentendo il suo calore stretto attorno a me. Gianna gemette forte, le unghie che mi graffiavano la schiena. “Sì, cazzo, così… più forte, zio!” ansimava, spingendo i fianchi contro i miei.
Mentre ero dentro di lei, Paola si era messa accanto, toccandosi da sola e guardandoci con occhi pieni di desiderio. “Non dimenticarti di me, eh, zio!” disse con un tono provocante.
“Non preoccuparti, verrà anche il tuo turno,” risposi, mentre continuavo a spingere dentro Gianna, ogni affondo che mi portava più vicino al limite. Dopo qualche minuto, sentii che non potevo resistere oltre. “Gianna, sto per venire,” la avvertii, con la voce tesa.
“Vienimi dentro, zio, non mi importa,” rispose lei tra i gemiti, stringendomi di più a sé. Con un ultimo affondo, esplosi dentro di lei, un’ondata di piacere che mi travolse completamente, mentre lei gridava il suo stesso orgasmo, tremando sotto di me.
Ansimando, mi tirai indietro, il corpo ancora scosso. Ma Paola non mi diede tregua. “Tocca a me, adesso,” disse, spingendomi a sdraiarmi e salendo sopra di me a cavalcioni. Nonostante fossi appena venuto, la vista del suo corpo nudo e il suo desiderio evidente mi fecero tornare duro in un istante. Si posizionò sopra il mio membro, calandosi giù lentamente, gemendo mentre mi accoglieva dentro di sé. “Cazzo, che sensazione stupenda, zio,” sussurrò, iniziando a muoversi su e giù, le mani appoggiate sul mio petto.
Guardavo il suo seno ondeggiare a ogni movimento, il suo viso distorto dal piacere. Le afferrai i fianchi, guidandola con forza, mentre Gianna, ancora sdraiata accanto a noi, ci osservava con un sorriso compiaciuto, toccandosi piano nelle parti intime. “Falla godere, zio, falla urlare,” mi incitò, e io non mi tirai indietro, spingendo verso l’alto per incontrare i movimenti di Paola.
Poi si mise a quattro zampe davanti a me, voltandosi a guardarmi da sopra la spalla. “Prendimi così, zio. Forte, come piace a me,” ordinò, la voce che trasudava impazienza. Mi posizionai dietro di lei, afferrandola per i fianchi, e con un movimento deciso la penetrai, facendola gemere rumorosamente. “Cazzo, sì, proprio così!” gridò, spingendosi indietro contro di me, il ritmo che diventava subito frenetico. E Gianna “Falla gridare ancora, zio,” mi incitò, poi si chinò a baciare Paola sulla bocca, un bacio profondo e appassionato, mentre io continuavo a spingere con forza. Sentivo i gemiti di Gianna soffocati contro le labbra di Paola, e la scena mi mandava fuori di testa, portandomi sempre più vicino al limite. “Riempimi, dai, fammi sentire tutta tua,” mi sussurrò, con la voce carica di eccitazione. E con un ultima spinta, sentii Gianna irrigidirsi, un lungo gemito che le sfuggiva mentre raggiungeva l’orgasmo, trascinandomi con lei in un’esplosione di piacere.
Crollammo tutti e tre sul letto, sudati e senza fiato, i corpi intrecciati in un groviglio di pelle nuda. Il silenzio del caravan era rotto solo dai nostri respiri pesanti. Gianna si girò verso di me, un sorrisetto sazio sul viso. “Beh, zio, speriamo di esserti stati d'aiuto, no? "
Con affare soddisfatto, e ancora stordito dal piacere, rispose “Direi di sì. Ma… non vorrei che fosse un momento isolato, avrò bisogno ancora di altro affetto, ragazze.” Paola, accoccolata dall’altro lato, mi accarezzò il petto. “E chi vuole fermarsi? Ti abbiamo scoperto, abbiamo ancora tanti giorni davanti.”
Sapevo che quello che era appena successo avrebbe potuto dare una svolta positiva al resto delle mie vacanze. In quel momento, con loro due accanto a me, capii che erano diventate il mio nuovo obiettivo. Il desiderio era stato placato, ma la fame, lo sentivo, non si sarebbe placata tanto facilmente.
Dal giorno seguente, l’aria sembrava davvero diversa, più carica di un’energia che non riuscivo a ignorare. Ogni mattina, il mio primo pensiero era di stringerle tra le braccia, di sfiorare le loro labbra con un bacio e di accarezzare i loro corpi con gesti affettuosi. Però, nonostante questo desiderio, facevo attenzione a non invadere i loro spazi. Le lasciavo libere di trascorrere il tempo con i loro amici, perché era giusto che avessero la possibilità di scegliere come vivere le loro giornate.
Ogni estate, da anni, ho l’abitudine di prendere il mio caravan e partire per un paio di settimane in qualche campeggio. Cambio sempre località, perché non mi piace fossilizzarmi nello stesso posto. Adoro scoprire nuovi paesaggi, nuove spiagge, ma soprattutto nuove donne. E, diciamocelo, non mi è mai stato difficile intrecciare qualche relazione fugace con qualcuna del posto, single o sposata. Ho un modo di fare che attrae, un misto di sicurezza e ironia che funziona quasi sempre.
Un giorno ero a casa di mia sorella, intento a raccontare alle mie nipotine, così le chiamo anche se ormai adulte, le mie avventure estive. Non mi limito mai ai dettagli banali, racconto tutto, anche le sfaccettature più intime, quelle che riguardano le donne che incontro e tutto ciò che avviene sotto le lenzuola. Le ragazze non battono ciglio, non arrossiscono, non si scandalizzano. Al contrario, pendono dalle mie labbra, con occhi curiosi e un sorriso sornione.
Spesso Paola mi chiede, con una risata leggera "Ma zio, come fai ad abbordare tutte queste donne? Voglio dire, come ci arrivi?"
“Ci vuole un po’ di tattica. Le guardi negli occhi, capisci se c’è interesse, fai una battuta, offri un drink. E poi, sai, il camping ha un’atmosfera magica. Sei lontano da casa, libero, e la gente si lascia andare più facilmente.”
Anche Gianna scuote la testa. “Sei terribile, zio. Ma sai che ti invidiamo un po’? Sembra che vivi una vita da film. Sempre nuove emozioni, nuove persone. Noi invece stiamo ancora qui, a farci mille paranoie su tutto.”
“Non avete niente da invidiare,” ribatto. “Siete giovani, belle, intelligenti".
Ero ancora seduto nel salotto di mia sorella, con Paola e Gianna che pendevano dalle mie labbra mentre raccontavo le mie avventure estive in camping. Le loro domande erano sempre più dirette, i loro sguardi curiosi e pieni di un’energia che non passava inosservata, quando, Gianna svoltatosi verso di me, con quel sorrisetto malizioso dice qualcosa di provocatorio.
“Come sarebbe bello fare questo tipo di esperienze, in libertà, in buona compagnia,” disse, facendo una pausa significativa mentre mi fissava negli occhi. “Ma tanto tu, zio, non ci porteresti mai con te!”
Risi, scuotendo la testa. “Mi dispiace, Gianna. Le mie vacanze sono sacre, lo sai.
In quel momento, mia sorella Claudia che era lì nei paraggi, mentre mi portava il vassoio di caffè in mano, colse al volo l’ultima parte della conversazione. “Una volta tanto potresti portarle con te, Michele!” ha esclamato, appoggiando il vassoio sul tavolo con un’aria da mamma che non ammette repliche. “Fai sempre quello che vuoi, sempre in giro con il tuo caravan a divertirti. Un po’ di compagnia familiare non ti farebbe male, no?”
Risposi “Claudia, stiamo scherzando, vero? Le mie vacanze sono il mio momento di libertà assoluta dopo un anno di lavoro".
Gianna incrociò le braccia, mettendo su un broncio teatrale. “Dai, zio, non essere egoista. Pensa a quanto ci divertiremmo! Ti giuriamo che non saremo da intralcio, sappiamo stare al nostro posto… più o meno.” Paola, coprendosi la bocca con la mano, accennò ad una risatina soffocata.
Claudia rincarò la dose. “Michele, dai, sono maggiorenni, non sono bambine. Possono aiutarti, tenere tutto in ordine, e magari imparano qualcosa dalle tue… ehm, esperienze di vita. Non fare il solito lupo solitario!”
La loro opera di convincimento era un vero e proprio assedio. Paola mi guardava con occhi da cucciolo, Gianna continuava a stuzzicarmi con battutine, e mia sorella insistava con quella logica da sorella maggiore che mi faceva sentire quasi in colpa. Alla fine, ho ceduto un pochino. “Va bene, fatemi pensare. Non vi prometto niente, ci rifletterò.”
Mi presi un momento di riflessione mentre sorseggiavo il caffè, mentre nella mia testa elaboravo velocemente i pro e i contro. Il mio caravan non è un castello: c’è un solo letto a due piazze, il che significa che avremmo dovuto arrangiarci in tre in uno spazio ristretto. E poi c’era tutto il resto: condividere l’intimità di un ambiente così piccolo, con bagni e docce comuni nei camping, cambiarsi d’abito, dormire praticamente a contatto l'un l'altro. Non ero sicuro di come avrei gestito la situazione, soprattutto con due ragazze così avvenenti, aperte dal punto di vista sessuale. Sapevo che non si sarebbero imbarazzate per nulla, e una parte di me, lo ammetto, si chiedeva se questa convivenza forzata non potesse portare a qualcosa di… intrigante. Conoscevo i loro atteggiamenti, le loro curiosità, la loro volonta di esplorare la vita in tutte le sue sfaccettature. E se ci fosse stato spazio per qualcosa di più? Il pensiero mi sfiorava, carico di una certa malizia inusuale.
Dopo questa veloce riflessione, alzai lo sguardo verso di loro, che mi fissavano con ansia mista a speranza, nell'attesa di una risposta. “Mi avete convinto,” ho detto, con un sorrisetto. “Ma datemi il tempo di organizzare tutto. Non è una passeggiata, e voglio essere sicuro che fili tutto liscio. Preparatevi, perché se venite con me, sarà un’avventura… in tutti i sensi.”
Un'aria di euforia aleggiava nella stanza, Gianna eccitata battè le mani. “Oh sì, zio! Non te ne pentirai, vedrai che ci divertiremo un sacco!” Paola, a ruota si avvento verso di me e mi bacò piu volte in volto, con gli occhi che gli luccivano: “Grazie, davvero zio. Vedrai non ti pentirai".
I giorni volavano veloci, tra preparativi e un crescente entusiasmo che si respirava in casa. Finalmente, arrivò il momento della partenza. I bagagli erano pronti, stipati con cura nel mio caravan: vestiti leggeri, costumi da bagno, per affrontare due settimane di avventura. L’allegria era palpabile, quasi elettrica. Prima di partire salutammo Claudia con un abbraccio caloroso. Lei, con un sorriso, ci augurò: “Buon viaggio e divertitevi, mi raccomando!”
Gianna, con il suo solito tono sfacciato, rispose: “Ci puoi contare, mamma! Torneremo con un sacco di storie da raccontare!” Paola annuì, ridendo, mentre io feci cenno del pollice all'insù a Claudia, come a dire che avrei tenuto tutto sotto controllo… o quasi.
Il viaggio in caravan durò circa quattro ore, ma non è sembrato così lungo. La musica ci teneva compagnia, con la playlist che alternava pezzi rock a canzoni estive che cantavamo a squarciagola.
Arrivammo nel pomeriggio, con il sole ancora alto nel cielo. Parcheggiai il caravan nella piazzola assegnata, un angolo carino con un po’ d’ombra e vista su un prato verde che si perdeva verso il mare in lontananza. Il tempo di sistemarci, scaricare i bagagli, aprire il tendalino, sistemare il tavolo e le sedie da campeggio – e poi decidemmo di fare un giro per esplorare l’ambiente circostante.
Il campeggio era proprio come piaceva a noi: confortevole, ben organizzato, con tutti i servizi necessari.
Mentre camminavamo tra le piazzole e i vialetti, instaurammo i primi approcci con le persone del posto.
Gianna e Paola, al mio fianco, erano un'attrazione per i giovani campeggiatori che ci scrutavano con curiosità e interesse, soprattutto verso loro, giovani e belle.
Dentro di me, però, non potevo fare previsioni di come sarebbe andata questa convivenza con le due nipotine. Lo spazio ristretto del caravan, le loro personalità esuberanti, la loro curiosità… tutto questo prometteva scintille. E, in un angolo della mia mente, un pensiero malizioso si faceva strada: chissà dove ci avrebbe portato questa avventura.
Arrivammo a sera un po’ stanchi, dopo aver esplorato il campeggio. Era ora di riposare, ma sapevo che stavamo per sperimentare qualcosa di completamente nuovo. L’aria era ancora tiepida, quasi afosa, e quando entrammo per sistemarci per la notte, il calore sembrava amplificare ogni sensazione.
Iniziai a spogliarmi, rimanendo solo in boxer. Anche Paola e Gianna si sfilarono i vestiti con naturalezza, restando in intimo. Non potei fare a meno di notare i loro corpi, statuari, con curve che avrebbero fatto girare la testa a chiunque.
“Fa un caldo assurdo,” commentò Gianna, passandosi un fazzoletto di carta sul collo mentre si sistemava i capelli. Come faremo a dormire in tre su questo letto? È una mission impossible!”
Risi. “Ce la faremo, tranquilla. Domani attiverò il condizionatore, cosi potremo godere di un po di fresco". Continuai " Allora, per quanto riguarda la sistemazione io al centro, voi due ai lati.”
Paola sollevò un sopracciglio, con un sorrisetto. “Oh, che gentile, zio. Vuoi solo stare beato in mezzo alle donne”
“Esatto,” risposi, con un tono scherzoso ma complice. “Così vi tengo d’occhio.”
I corpi inevitabilmente si sfioravano, il contatto con la loro pelle liscia e calda contro la mia era come una scarica elettrica. Ogni movimento, anche il più piccolo tocco, sembrava amplificato: il braccio di Gianna che sfiorava il mio petto, la gamba di Paola che si appoggiava casualmente alla mia coscia. Sentivo il cuore battere forte, un senso di eccitazione che cercavo di controllare, ma che era difficile ignorare in una situazione del genere.
Come se non bastasse, le mie nipotine non sembravano affatto imbarazzate, anzi... Gianna, con quel suo modo di fare sfacciato, iniziò a giocherellare, dandomi una leggera spinta sulla spalla. “Zio, sei sicuro di stare comodo? Mi sembri un po’ teso,” disse, con una risata bassa e un tono che sembrava voler stuzzicare.
Paola, dall’altro lato, si unì al gioco, appoggiando una mano sul mio petto con una finta aria innocente. “Sì, zio, rilassati. Tanto siamo in vacanza, no? Non c’è niente di male se giochiamo un po’con te.”
Il loro atteggiamento, quel contatto fisico così ravvicinato, mi mandava in tilt. Nella mia testa frullava un pensiero che non avrei mai dovuto avere, ma che non riuscivo a scacciare: non mi sarebbe dispiaciuto spingermi oltre, solazzarmi con loro. Era un’idea sbagliata, lo sapevo, ma in quel momento, con i loro corpi così vicini e a contatto, e le loro provocazioni giocose, tutto sembrava confuso, quasi irresistibile.
“Basta così, ragazze, state ferme, dai,” “Se continuate così, non dormirà nessuno questa notte.”
Gianna si girò su un fianco, avvicinandosi ancora di più, e sussurrò con un tono malizioso: “E chi ha detto che vogliamo dormire, zio?”
Risi, ma dentro di me la tensione cresceva. Quella notte prometteva di essere tutto tranne che tranquilla, e io ero combattuto tra il mantenere le distanze e il lasciarmi trasportare da quelle emozioni che mi stavano travolgendo.
Per fortuna alla fine, ci addormentammo, un po’ per la stanchezza accumulata nella giornata, un po’ perché, a forza di scherzare e stuzzicarci, s’era fatto davvero tardi. Mi svegliai con una strana sensazione, un misto di relax e curiosità su come avrei trascorso i giorni successivi con questa convivenza così… ravvicinata.
Il mattino seguente, dopo una colazione veloce a base di caffè e brioche, consumate al bar del campeggio, ci dirigemmo tutti insieme verso la spiaggia. Il sole splendeva già alto, il mare era una distesa di blu che invitava a tuffarsi. Paola e Gianna si misero subito a fare quello che fanno i giovani: selfie con lo sfondo delle onde, partitelle di beach volley con un gruppetto di ragazzi appena conosciuti, e risate che si sentivano da metri di distanza.
“Zio, non vieni a giocare con noi?” Risposi con un sorriso, ammiccando. “No! Vado a fare un giro, voi divertitevi.”
In realtà, avevo voglia di staccarmi un attimo per fare il mio solito giro di perlustrazione. Conoscere gente nuova, soprattutto donne single disponibili, era parte del mio rituale vacanziero. Camminai lungo la spiaggia, salutando qua e là. Conobbi due ragazze, sembravano simpatiche, ma niente di più; una aveva il fidanzato che gironzolava nei paraggi, l’altra non sembrava particolarmente interessata. Proseguendo verso il chiosco sulla riva, incrociai un’altra tizia, capelli rossi e un sorriso intrigante, ma dopo un breve scambio di battute capii che non era il caso di insistere. Alla fine, a parte un paio di conoscenze superficiali, non trovai granché da segnalare.
Tornato da solo al caravan, decisi di approfittare del momento di tranquillità per sistemare un paio di cose. Il caldo iniziava a farsi sentire prepotentemente, così mi attivai per far funzionare il condizionatore portatile, un elemento essenziale per rendere il soggiorno più piacevole, soprattutto in uno spazio ristretto come il nostro. Dopo qualche minuto di smanettamenti, il fresco iniziò a diffondersi, e mi sedetti fuori sotto il tendalino con una birra in mano, aspettando il rientro delle mie signorine.
Verso mezzogiorno, Paola e Gianna tornarono, ancora cariche di energia e con la pelle arrossata dal sole. “Zio, la spiaggia è stupenda! Abbiamo conosciuto un sacco di gente!” esclamò Paola, asciugandosi i capelli con un telo.
“E tu? Trovato qualche preda interessante?” mi stuzzicò Gianna, con quel suo solito ghigno malizioso, appoggiandosi al tavolo.
“Macché, magari mi hanno visto in vostra compagnia e avranno pensato che eravate mie figlie. Si misero entrambe a ridere " Povero zio quanto ci dispiace, dobbiamo metterci una pezza noi". Risposi " Magari" con un sorrisino che dava un doppio significato.
Ci dirigemmo al piccolo ristorante vicino al bar, un posto semplice ma accogliente con vista sul mare. Mentre mangiavamo, mi raccontavano come avevano trascorso la giornata, e io, nel frattempo, elencavo tutti i pali che avevo beccato dal mattino, facendole ridere.
Dopo aver mangiato, decidemmo di ritirarci nel caravan per il classico riposino pomeridiano. “Un po’ di relax ci vuole, no?” dissi, mentre entravamo e chiudevamo la porta per tenere il fresco del condizionatore. “Ma niente scherzi come ieri sera, eh. Ho bisogno di dormire per davvero.”
Gianna mi guardò con un sorrisetto furbo. “Tranquillo, zio, oggi stiamo buoni… forse.”
Ridemmo, mentre ci sistemavamo di nuovo sul letto, con quella vicinanza inevitabile che ormai iniziava a svegliare in me istinti repressi.
I giorni trascorrevono veloci, un susseguirsi di sole, mare e risate. Le ragazze, Gianna e Paola, si erano integrate alla perfezione con l’ambiente, stringendo amicizie e vivendo la vacanza con spensieratezza giovanile. Ma per me, la situazione era diversa. Il digiuno sessuale iniziava a pesarmi come un macigno. Dopo settimane senza un contatto intimo, il desiderio si faceva sentire sempre più forte, un’urgenza che mi tormentava giorno e notte. E la presenza costante delle mie nipotine, con i loro corpi giovani e seducenti sempre sotto i miei occhi, e a mio contatto nelle ore di riposo, era diventata un ostacolo insormontabile.
Ogni volta che le vedevo in bikini, o quando ci sistemavamo insieme nel letto del caravan, il mio corpo reagiva in modo incontrollabile, ed ero costretto a nascondere la mia erezione. Non avevo grandi speranze di trovare sfogo con qualcun’altra; le mie perlustrazioni al campeggio non avevano dato frutti, e iniziavo a rassegnarmi all’idea di terminare le vacanze senza un nulla di fatto.
Una sera, dopo una giornata estenuante eravamo tutti e tre distesi sul letto a due piazze, come al solito, con me al centro e loro ai lati. Il caldo era ancora opprimente nonostante il condizionatore, e indossavamo solo l’intimo. Il silenzio della sera era rotto solo dal rumore lontano delle cicale, ma dentro di me ribolliva un desiderio che non riuscivo più a ignorare. Ad un certo punto Gianna rivolgendosi a me disse "Zio ti vedo triste, cosa c'è?" Non riuscivo più a tenermelo dentro e decisi di confidarmi con loro, pur sapendo che era un terreno pericoloso. “Ragazze, devo confessarvi una cosa,” iniziai, con la voce un po’ incerta, mentre fissavo il soffitto del caravan. “Questa vacanza… beh, non sta andando come speravo. Non fraintendetemi, mi piace stare con voi, ma… il fatto di non avere… ehm, uno sfogo, mi sta facendo impazzire. Non riesco a pensare ad altro.”
Ci fu un momento di silenzio, poi Paola, dal mio lato destro, si sollevò su un gomito e mi guardò con un’espressione seria. “Zio, ci dispiace. Non avevamo idea che fossi così… frustrato. Pensavamo ti stessi divertendo con noi.”
Gianna, dal lato sinistro, annuì. “Sì, non volevamo essere un peso. Ma… sai, un po ce ne siamo accorte, eh. Non sei proprio bravo a nascondere certe cose.” La sua voce aveva un tono dispiaciuto, ma anche malizioso, e quando abbassai lo sguardo notai che i suoi occhi erano puntati proprio lì, dove la mia eccitazione era evidente sotto il tessuto dei boxer.
Mi sentii colto in flagrante, il viso mi si scaldò per l’imbarazzo, ma prima che potessi dire qualcosa, Gianna si avvicinò di più, mi baciò sulla guancia, appoggiando una mano sulla mia coscia. “Non devi vergognarti, zio. È normale. Avevamo pensato di darti una mano!”. Il suo tono era basso, provocante, mentre le sue dita iniziavano ad accarezzarmi, risalendo piano verso l’inguine.
Sussultai al contatto, un’ondata di calore mi attraversò il corpo. “Gianna, cosa fai? mormorai, ma la mia voce tradiva il desiderio che provavo, e il mio corpo non accennava a opporre resistenza.
Paola, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò dall’altro lato, posando una mano sul mio petto e accarezzandomi lentamente, i suoi polpastrelli che sfioravano la mia pelle nuda e i capezzoli nascosti sotto la leggere peluria. “Zio, non ti sentire a disagio. Siamo adulti, no? E se ti fa stare meglio, io e Gianna ne avevamo pesati di esserti d'aiuto. E ci piace l’idea di scoprire le tue doti nascoste.”
Quelle parole furono come un’esplosione nella mia testa. Gianna, con un sorrisetto sfacciato, fece scivolare la mano dentro i miei boxer, avvolgendo il mio membro duro con le sue dita calde. “Cazzo, zio" esclamò constatando la sua consistenza, "Ora capisco perchè piaci alle donne. Tranquillo ci penso io a te,” sussurrò, iniziando a muovere la mano su e giù con una lentezza deliberata, facendomi gemere involontariamente.
“Ragazze, siete sicure di voler andare avanti?” chiesi con l’ultimo barlume di razionalità, mentre il piacere iniziava a offuscarmi la mente.
Paola si avvicinò ancora di più, il suo respiro caldo contro il mio orecchio. “Sicurissime. Fatti toccare, zio. Vogliamo sentirti soddisfatto.” Si abbassò, baciandomi il collo, mentre le sue mani scivolavano verso i miei fianchi, aiutando Gianna a liberarmi completamente dai boxer.
Gianna non perse tempo. Si posizionò meglio, inginocchiandosi sul letto, e senza esitazione prese il mio membro in bocca, la sua lingua che lo accarezzava con una maestria che non mi aspettavo. “Mmh, sei già pronto, vero?” mormorò tra un movimento e l’altro, alzando lo sguardo verso di me con occhi pieni di lussuria. Ogni suo gesto mi faceva contorcere dal piacere, il calore della sua bocca che mi avvolgeva completamente.
Nel frattempo, Paola si era sfilata il reggiseno con un gesto lento, lasciandolo cadere a terra senza fretta. I suoi seni pieni e sodi erano lì, esposti, con i capezzoli già turgidi che sembravano invitarmi. Si avvicinò al mio viso, il suo corpo a pochi centimetri dal mio, e mi guardò con un’espressione carica di desiderio, senza un’ombra di vergogna.
“Succhia, zio. Lo so che ti piacciono,” mi disse con voce roca, quasi un sussurro, ma carico di un’intensità che mi fece fremere. Non ci pensai due volte. Avvicinai la bocca a uno dei suoi capezzoli, prendendolo tra le labbra con delicatezza prima di iniziare a leccare, tracciando cerchi lenti con la lingua. Poi, spinto da un impulso, lo mordicchiai appena, sentendo la sua pelle reagire al contatto. Paola emise un gemito basso, un suono che mi attraversò come una scarica. Le sue mani si posarono sulla mia nuca, guidandomi, mentre io continuavo a dedicarmi a lei, alternando baci e piccoli morsi, sentendo i suoi respiri farsi sempre più corti e affannosi. Con la mano libera, accarezzai l’altro seno, pizzicando leggermente il capezzolo tra le dita, e lei si inarcò verso di me, come se volesse fondersi con il mio tocco. La situazione era ormai fuori controllo. La mia mente era annebbiata dal desiderio, ogni pensiero razionale svanito. “Ragazze, vi voglio… cazzo, vi voglio adesso".
“Allora prendici, zio. Siamo tue,”. Gianna togliendosi le mutandine e mostrando il suo corpo nudo, il sesso già visibilmente bagnato. Si sdraiò accanto a me, allargando le gambe in un invito esplicito. “Vieni, non farmi aspettare.”
Non ci pensai due volte. Mi posizionai sopra di lei, il cuore che batteva all’impazzata, e la penetrai con un movimento deciso, sentendo il suo calore stretto attorno a me. Gianna gemette forte, le unghie che mi graffiavano la schiena. “Sì, cazzo, così… più forte, zio!” ansimava, spingendo i fianchi contro i miei.
Mentre ero dentro di lei, Paola si era messa accanto, toccandosi da sola e guardandoci con occhi pieni di desiderio. “Non dimenticarti di me, eh, zio!” disse con un tono provocante.
“Non preoccuparti, verrà anche il tuo turno,” risposi, mentre continuavo a spingere dentro Gianna, ogni affondo che mi portava più vicino al limite. Dopo qualche minuto, sentii che non potevo resistere oltre. “Gianna, sto per venire,” la avvertii, con la voce tesa.
“Vienimi dentro, zio, non mi importa,” rispose lei tra i gemiti, stringendomi di più a sé. Con un ultimo affondo, esplosi dentro di lei, un’ondata di piacere che mi travolse completamente, mentre lei gridava il suo stesso orgasmo, tremando sotto di me.
Ansimando, mi tirai indietro, il corpo ancora scosso. Ma Paola non mi diede tregua. “Tocca a me, adesso,” disse, spingendomi a sdraiarmi e salendo sopra di me a cavalcioni. Nonostante fossi appena venuto, la vista del suo corpo nudo e il suo desiderio evidente mi fecero tornare duro in un istante. Si posizionò sopra il mio membro, calandosi giù lentamente, gemendo mentre mi accoglieva dentro di sé. “Cazzo, che sensazione stupenda, zio,” sussurrò, iniziando a muoversi su e giù, le mani appoggiate sul mio petto.
Guardavo il suo seno ondeggiare a ogni movimento, il suo viso distorto dal piacere. Le afferrai i fianchi, guidandola con forza, mentre Gianna, ancora sdraiata accanto a noi, ci osservava con un sorriso compiaciuto, toccandosi piano nelle parti intime. “Falla godere, zio, falla urlare,” mi incitò, e io non mi tirai indietro, spingendo verso l’alto per incontrare i movimenti di Paola.
Poi si mise a quattro zampe davanti a me, voltandosi a guardarmi da sopra la spalla. “Prendimi così, zio. Forte, come piace a me,” ordinò, la voce che trasudava impazienza. Mi posizionai dietro di lei, afferrandola per i fianchi, e con un movimento deciso la penetrai, facendola gemere rumorosamente. “Cazzo, sì, proprio così!” gridò, spingendosi indietro contro di me, il ritmo che diventava subito frenetico. E Gianna “Falla gridare ancora, zio,” mi incitò, poi si chinò a baciare Paola sulla bocca, un bacio profondo e appassionato, mentre io continuavo a spingere con forza. Sentivo i gemiti di Gianna soffocati contro le labbra di Paola, e la scena mi mandava fuori di testa, portandomi sempre più vicino al limite. “Riempimi, dai, fammi sentire tutta tua,” mi sussurrò, con la voce carica di eccitazione. E con un ultima spinta, sentii Gianna irrigidirsi, un lungo gemito che le sfuggiva mentre raggiungeva l’orgasmo, trascinandomi con lei in un’esplosione di piacere.
Crollammo tutti e tre sul letto, sudati e senza fiato, i corpi intrecciati in un groviglio di pelle nuda. Il silenzio del caravan era rotto solo dai nostri respiri pesanti. Gianna si girò verso di me, un sorrisetto sazio sul viso. “Beh, zio, speriamo di esserti stati d'aiuto, no? "
Con affare soddisfatto, e ancora stordito dal piacere, rispose “Direi di sì. Ma… non vorrei che fosse un momento isolato, avrò bisogno ancora di altro affetto, ragazze.” Paola, accoccolata dall’altro lato, mi accarezzò il petto. “E chi vuole fermarsi? Ti abbiamo scoperto, abbiamo ancora tanti giorni davanti.”
Sapevo che quello che era appena successo avrebbe potuto dare una svolta positiva al resto delle mie vacanze. In quel momento, con loro due accanto a me, capii che erano diventate il mio nuovo obiettivo. Il desiderio era stato placato, ma la fame, lo sentivo, non si sarebbe placata tanto facilmente.
Dal giorno seguente, l’aria sembrava davvero diversa, più carica di un’energia che non riuscivo a ignorare. Ogni mattina, il mio primo pensiero era di stringerle tra le braccia, di sfiorare le loro labbra con un bacio e di accarezzare i loro corpi con gesti affettuosi. Però, nonostante questo desiderio, facevo attenzione a non invadere i loro spazi. Le lasciavo libere di trascorrere il tempo con i loro amici, perché era giusto che avessero la possibilità di scegliere come vivere le loro giornate.
3
voti
voti
valutazione
5
5
Commenti dei lettori al racconto erotico