Lo zio e le nipotine - Parte VII ed ultima

di
genere
incesti

Restammo lì, ammassati su quel letto ridicolmente piccolo, ansimanti, le gambe intrecciate, i corpi ancora caldi e lucidi di sudore. I respiri erano irregolari, ma un silenzio soddisfatto ci avvolgeva. I sorrisi che ci scambiavamo dicevano tutto: avevamo vissuto qualcosa di unico, un addio al campeggio che ci avrebbe segnato per sempre. Ma non era ancora finita.
Paola si voltò verso di me, i suoi occhi ancora accesi da un desiderio che sembrava non spegnersi mai. Si avvicinò piano, strisciando sul materasso con un movimento felino, un sorrisetto malizioso sul viso. “Non pensi che abbiamo finito, vero?” mi chiese, la voce bassa e roca, carica di promesse.
“Cosa hai in mente?” risposi, già sentendo un nuovo calore montare dentro di me, nonostante la stanchezza.
“Voglio darti qualcosa di speciale,” disse, posizionandosi tra le mie gambe. Le sue mani mi sfiorarono le cosce, leggere ma decise, facendomi rabbrividire. Mi guardò dritto negli occhi, mantenendo il contatto mentre si chinava su di me. “Rilassati,” sussurrò, prima di prendermi con la bocca.
Il calore delle sue labbra mi colpì come una scarica, facendomi irrigidire per un attimo. La sua lingua si muoveva lenta, esplorando ogni centimetro con una precisione che mi faceva impazzire. “Cazzo, Paola,” mormorai, afferrandole piano i capelli mentre lei iniziava a muoversi, un ritmo costante che mi toglieva il fiato.
“Ti piace, eh?” disse per un attimo, sollevando lo sguardo con un ghigno, prima di tornare al suo lavoro. Sentivo la sua bocca stringersi intorno a me, calda e bagnata, mentre le sue mani mi accarezzavano alla base, intensificando ogni sensazione. Accanto a noi, Gianna e Marco ci guardavano, i loro respiri ancora pesanti, ma con un interesse che bruciava nei loro occhi.
“Non fermarti,” le dissi, la voce spezzata, mentre sentivo la tensione crescere dentro di me, sempre più vicina al limite. Lei annuì appena, senza interrompersi, aumentando il ritmo. Ogni movimento era più deciso, più profondo, e io non riuscivo più a trattenermi.
“Sto per venire,” le avvertii, ma lei non si tirò indietro. Continuò, guardandomi con quegli occhi pieni di sfida, come se volesse dimostrarmi qualcosa. Quando finalmente esplosi, lei non si mosse, prendendomi tutto, ingoiando con un movimento lento e deliberato. Mi guardò di nuovo, le labbra lucide, un sorriso soddisfatto che diceva tutto.
“Ecco il tuo regalo di addio,” sussurrò, pulendosi l’angolo della bocca con un dito, prima di sdraiarsi accanto a me. Restammo lì, esausti ma appagati, i nostri corpi ancora intrecciati in quel minuscolo spazio. Era stato un finale che non avremmo mai dimenticato, un sigillo perfetto a un’esperienza che avrebbe bruciato nei nostri ricordi per sempre.
Arrivò il giorno della partenza, e non potevo desiderare un epilogo migliore per questa vacanza. Mentre lasciavamo il campeggio, gli altri vacanzieri ci salutarono con sorrisi complici. Non erano ingenui, avevano intuito che tipo di dinamiche ci legavano, e in molti sembravano quasi rammaricati di vederci andare via. Marco, in particolare, aveva un’aria soddisfatta, forse perché, subito dopo di me, era stato quello che aveva approfittato di più di quei giorni incandescenti.
Dopo cinque ore di viaggio, stanchi ma ancora carichi di emozioni, arrivammo a casa di mia sorella Claudia per riportare le mie nipotine. Appena scese dall’auto, Gianna e Paola, con espressioni radiose che sembravano brillare, corsero verso la loro mamma, gettandosi tra le sue braccia con risate squillanti. Claudia, con un sorriso caldo e accogliente, le strinse forte. “Vi vedo così allegre e contente! Cos’è che vi rende così luminose, eh?” disse, accarezzando loro i capelli mentre lanciava uno sguardo curioso nella mia direzione.
Poi si voltò verso di me, gli occhi che scintillavano di una malizia appena accennata. “Che fratellino fantastico che ho! Hai davvero badato bene alle mie ragazze, vero? Si vede che le hai… coccolate a dovere.”
Io ricambiai il sorriso, appoggiandomi con noncuranza allo stipite della porta, lasciandomi sfuggire un tono che giocava tra l’innocente e il provocatorio. “Era il minimo che potessi fare, sorellina. Sai quanto le tengo strette al cuore, queste due. Mi sono assicurato che avessero tutto… quello di cui avevano bisogno, e l'hanno saputo cogliere.”
Claudia rise piano, inclinando la testa come a soppesare le mie parole. “Oh, non ne dubito. Sei sempre stato uno che sa come prendersi cura di chi gli sta intorno. Le hai proprio viziate, eh?”
Paola, con un sorrisetto furbo, si intromise, stringendosi al braccio della mamma. “Zio è stato bravissimo, sai? Ci ha fatto provare un sacco di cose nuove… esperienze che non dimenticheremo mai.”
Gianna annuì, mordendosi il labbro per trattenere una risata. “Sì, ci ha tenute sempre occupate. Non ci siamo mai annoiate, vero zio? Ci hai fatto… sudare parecchio.”
Ci scambiammo un ultimo sguardo, un mix di risate soffocate e intese non dette, mentre seguivamo Claudia in casa. La vacanza era finita, ma il calore di quei giorni, e le promesse velate di ciò che sarebbe potuto succedere ancora, bruciavano sottopelle come una brace che non si spegne.





scritto il
2025-10-17
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