Mara. Da moglie a troia. 8. Amalia

di
genere
dominazione

L’appartamento di Amalia era un altro mondo.
Pavimenti lucidi, tappeti spessi, luci basse. Odore di legno, fiori freschi e un sentore di pelle cara. Non un rumore fuori posto. Sapevo di essere entrata in una tana e che lì dentro le regole erano sue.

Mi tolse il cappotto con un gesto rapido, lo lasciò a una donna che comparve dal corridoio: pelle candida, capelli biondi raccolti in uno chignon, uniforme scura.
«Irina» disse Amalia, la voce tagliente. «Prepara un bagno. Grande.»

La cameriera abbassò lo sguardo. «Sì, signora.»
E sparì verso l’interno.

Amalia mi prese per mano senza dire altro. La sua presa era calda, decisa. Mi trascinò in una camera da letto ampia, pareti chiare, tende pesanti, un letto enorme coperto di seta color crema. La luce filtrava morbida, come in un albergo caro.

Mi spinse contro il letto e mi baciò.
Non un bacio da donna elegante.
Un bacio da predatrice.
La lingua dentro. I denti che mordevano.
Io le risposi allo stesso modo, senza più freni.
Le nostre bocche si cercavano, si divoravano.

Mi spogliò. Io spogliai lei.
I vestiti cadevano come scarti di pelle.

Il corpo di Amalia era una sorpresa: tonico, perfetto, pelle calda e profumata, seni grandi, sodi, capezzoli scuri e duri. I fianchi pieni, il ventre piatto, cosce ancora solide. Non c’era niente di vecchio in lei. Solo potere.

«Vieni» disse.
Mi prese per mano di nuovo, nuda, e mi trascinò nella stanza accanto.

Una porta scorrevole si aprì su una sala da bagno immensa. Pavimento di pietra chiara, luci calde, una grande jacuzzi incassata al centro. L’acqua scendeva dai bocchettoni, formando una schiuma leggera. Vapore, odore di oli.

Irina era lì.
Non più in uniforme.
Nuda.

Un corpo completamente diverso da quello di Amalia: minuta, seni piccoli, pelle chiara, bionda naturale con una peluria dorata tra le cosce. Occhi azzurri abbassati. Un manichino di porcellana pronto per essere toccato.

Amalia non disse nulla. Si chinò sulla consolle e aggiunse gocce di un’essenza nell’acqua. Poi si voltò verso di me.

«Dentro» ordinò.
Scese per prima nella jacuzzi, i capelli sciolti sulle spalle, il seno che affiorava appena sopra la schiuma. Mi tese una mano.
La presi. Entrai.
L’acqua era calda, profumata, avvolgente.
Mi arrivava alla pancia. Mi faceva tremare.

Irina entrò dopo di noi, senza bisogno di ordini. Scivolò nell’acqua lentamente, la pelle candida che diventava rosa per il calore. Si sedette di fronte a me, gli occhi bassi. Le gocce le correvano sui capezzoli piccoli, rigidi.

Amalia si appoggiò allo schienale, un braccio attorno alle mie spalle, l’altro teso verso Irina. La sua mano afferrò la mia nuca e mi guidò verso di sé. Mi baciò di nuovo, più lento, più profondo. Io le risposi. La lingua che affondava, il sapore misto di acqua, oli e pelle.

L’altra mano di Amalia scivolò lungo la coscia di Irina, la risalì fino al pube, accarezzò la peluria bionda. La ragazza tremò appena. Non protestò.

Io guardavo.
E mi accorgevo di quanto mi eccitasse non solo essere toccata, ma guardare Amalia che prendeva l’iniziativa su Irina.
Era un quadro perverso e bellissimo: tre donne nell’acqua calda, una mano che accarezza, bocche che si sfiorano, pelle contro pelle.

Amalia si staccò dal mio bacio e mi sussurrò all’orecchio:
«Vuoi giocare, Mara?»

Il cuore mi martellava.
Non ero più la moglie fedele.
Non ero più solo la troia di Riccardo.
Stavo diventando altro.
Qualcosa che cominciava a piacermi.
scritto il
2025-09-29
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