Mara. Da moglie a troia 1

di
genere
dominazione

Mi chiamo Mara e fino a pochi giorni fa ero una moglie fedele. Lo dico senza ironia. Una di quelle donne che credono davvero alla favola dell’amore per sempre, che fanno la spesa con la lista scritta a penna, che tengono i conti in ordine e si accontentano di un pompino una volta ogni morte di papa per far contento il marito.

Avevo costruito la mia vita dentro quella gabbia di normalità e ci stavo anche comoda. O almeno così mi raccontavo. Poi è arrivato lui.

Non lo nomino ancora. Non me la sento. Perché solo a pensare al suo nome sento la figa stringersi, e non voglio che sembri poesia. Non c’è niente di poetico in quello che mi ha fatto. È sporco, animalesco, volgare. E io non solo l’ho accettato: l’ho voluto, l’ho chiesto, l’ho goduto.

Com’è cominciato? Con un caffè. Sempre così: le cose più estreme iniziano in modo banale. Un bar, due chiacchiere, uno sguardo. Io che abbasso gli occhi come una brava signora, lui che sorride come uno che sa già di avermi in pugno.

«Sei annoiata, Mara» mi ha detto.
Niente complimenti, niente frasi dolci. Solo quella pugnalata. Annoiata.
Cazzo se aveva ragione.

Da quel momento ho smesso di fingere con me stessa. Ho capito che i pensieri che mi attraversavano la testa la notte, quando mio marito dormiva accanto a me, non erano solo fantasie sporche. Erano desideri. Veri. Fame.

Mi immaginavo piegata, presa a schiaffi, frustata come una puttana. Mi immaginavo aperta in due da cazzi grossi, sconosciuti, senza amore e senza carezze. Pensieri che mi facevano bagnare e che poi cancellavo al mattino, mentre preparavo il caffè come una mogliettina modello.

Con lui non potevo cancellarli. Lui li aveva tirati fuori. E io avevo già deciso che li avrei vissuti.

Sono andata a casa sua. Ho mentito a mio marito con una facilità che mi ha spaventata. Una scusa qualunque: «Devo passare al supermercato, torno più tardi». Invece entravo nella tana del lupo, con la figa già calda e la paura che mi mozzava il respiro.

La porta si è chiusa alle mie spalle. Lui non ha perso tempo. «Spogliati» ha detto.
Così, secco. Io non ho protestato. Ho tolto i vestiti uno a uno, tremando. Mi sono vista riflessa nello specchio dell’ingresso: una donna di trent’anni, con le guance arrossate e i capezzoli duri come pietre. Una sconosciuta che ero io.

Poi ho visto la cinghia nella sua mano.
Ho pensato: adesso scappo. Ma le gambe non mi hanno obbedito. La figa, invece, ha gocciolato.

Il primo colpo è stato un lampo di dolore. Ho urlato. Non di piacere, ma di shock.
Il secondo mi ha fatto gemere. Non so perché.
Al terzo avevo già le cosce bagnate.

Ogni frustata cancellava un pezzo della moglie fedele che ero stata. Ogni colpo era un chiodo nella bara della donna che cucinava, che stirava, che faceva l’amore solo al buio.

«Brava ragazza» ha sibilato dopo l’ennesima.
Io ansimavo, piegata, con le chiappe rigate di rosso e il cuore che impazziva. Brava ragazza.
Io, Mara, che fino a due giorni prima ero la regina del controllo, ora mi godevo la pelle in fiamme e supplicavo dentro di me che non si fermasse.

E poi è arrivato il momento.
Mi ha piegata sul tavolo della cucina. Mi ha tenuto ferma la nuca con una mano e con l’altra ha guidato il suo cazzo tra le mie labbra gonfie. Non è entrato subito. Mi ha tormentata. Scivolava, premeva, si fermava. Io gemevo come una troia in calore.

«Hai guadagnato la tua scopata» ha ringhiato.

Quando è entrato ho urlato. Forte. Non c’era dolcezza, non c’era carezza. C’era solo lui che mi sfondava, e io che lo accoglievo come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ogni colpo era un terremoto. Il tavolo sbatteva contro il muro, io sbattevo contro di lui.

«Troia» mi ha sussurrato.
E io ho ansimato: «Sì».
Non mi sono difesa. Non ho negato. Ho accettato.

Non so quanto sia durato. Ho perso il conto. So solo che ad un certo punto non distinguevo più il dolore dal piacere. Ero tutta un nodo di nervi e di umori. Venivo, e piangevo, e ridevo. Venivo come non mi era mai successo in vita mia.

Quando lui ha sbor­rato dentro, ho sentito la lava calda esplodermi nell’utero. E ho goduto ancora. Ho goduto come una cagna che non chiede amore, solo cazzo.

In quel momento ho capito che non sarei più tornata indietro.
La moglie fedele era morta.
Io ero rinata troia.

E questa è solo la prima pagina della mia nuova vita.
scritto il
2025-09-26
5 . 3 K
visite
8 8
voti
valutazione
7.3
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto sucessivo

Mara. Da moglie a troia 2
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.