La bocca perversa della giovane Serena – Il delirio finale
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Capitolo 3 – Il delirio in piscina
Ultimo pomeriggio di vacanza a Rimini. Il sole picchiava, il mare brillava, ma io vedevo solo lei.
Serena, 24 anni, pelle baciata dal sole, occhi da troia consapevole, e un costume bianco intero così sottile che era più indecente che nuda.
I capezzoli si vedevano. La figa pure.
Camminava come se volesse farmi impazzire. E io, Angelo, 59 anni, lo ero già.
Si tuffò in piscina, poi mi raggiunse nuotando piano. Si avvicinò sotto il pelo dell’acqua e si incollò a me.
— Dai, fammi godere qui… sott’acqua… nessuno ci vede.
— Vuoi le dita?
— No. Voglio il tuo cazzo. Subito. Mi scoppia la figa da quanto ti voglio.
Mi tirò giù il costume e il mio cazzo saltò fuori, duro come acciaio.
Lo prese tra le dita, poi se lo fece scivolare dentro da sola, salendo su di me come una sirena affamata.
La sua fica calda mi avvolse, stretta, viva. Si mosse piano, in silenzio, solo il rumore dell’acqua e i suoi gemiti soffocati.
— Oh sì… me lo sento tutto… ti voglio dentro finché non mi svieni…
I nostri corpi si muovevano sott’acqua. Lei cavalcava lenta, decisa, sensuale.
Ogni spinta era un colpo al cuore. Ogni goccia di piacere, un urlo trattenuto.
— Fammi venire… fammi squirtare qui… sotto il sole… davanti al cielo!
Tremò. Venne come una fontana, il corpo che si spezzava in mille brividi.
Poi si voltò, appoggiò le braccia al bordo della piscina e mi offrì il culo.
— Ora fammi male. Spaccami il buco.
— Qui?
— Qui. Subito. Ho voglia di sentirmi sfondata.
Le allargai le chiappe, le infilai la punta con calma.
Il suo ano si aprì con un gemito profondo.
— Così… fammi il culo… fammi sentire che sono tua… tutta…
Le diedi colpi lenti, profondi. Lei si toccava davanti, godeva ovunque.
— Sto venendo ancora… sto impazzendo…
Quando sentii che stavo per esplodere, le tirai i capelli.
— Bocca. Subito.
Si voltò, si inginocchiò sull’acqua e aprì la bocca.
— Vieni… vieni nella mia bocca, bastardo…
Glielo diedi con tutto me stesso. Sborrai forte, tanto, in gola.
Lei ingoiò tutto. E sorrise.
— Domani… voglio scopare nella sauna.
⸻
Capitolo finale – Il bagno del ristorante
L’ultima sera. Ristorante elegante, vino rosso, abito nero su di lei.
Corto. Senza mutandine.
Ogni suo movimento sapeva di sfida. E di sesso.
Mi guardava mentre mangiava con le gambe accavallate.
— Lo senti? Sono bagnata anche adesso. Fammi la bocca prima del dolce.
— Dove?
— Seguimi.
Si alzò e andò verso i bagni. Io dietro, duro da far male.
Chiuse la porta, si inginocchiò.
— Fammi tacere con il tuo cazzo.
Glielo tirai fuori. Lei lo prese in gola, con bava, lingua, gola aperta.
Me lo scopava con la bocca.
— Mmm… così… fammi affogare… fammi tua… fammi schifo…
Mi stava facendo impazzire. Poi si alzò, si voltò verso lo specchio e si piegò.
Vestito alzato, culo in vista.
— Scopami. Fammi venire come una puttana.
Le infilai due dita nella fica: gocciolava.
Glielo misi dentro con forza.
Colpi secchi. Schiaffi sul culo. Pugni al piacere.
Lei si guardava nello specchio, gemeva come una porca.
— Sì! Così! Spaccami! Fammi volare!
Poi venne. Urlando.
Mi voltò, prese il cazzo in bocca e disse:
— Vieni. Vieni sulla mia lingua, vecchio bastardo. Riempimi.
E lo feci.
Sborrai in gola, tremando, mentre lei ingoiava tutto come un dono.
Si pulì, si rimise in ordine.
— Ora possiamo tornare al tavolo.
— Ma stanotte… ti voglio sul balcone. Nudo. Legato. A mia completa disposizione.
⸻
Epilogo – Serena, la rovina dolce
Serena non era solo una ragazza.
Era una malattia. Una benedizione sporca. Una bomba di lussuria.
Mi prese, mi svuotò, mi marchiò.
Ogni buco, ogni notte, ogni parola sporca.
E io? Io l’ho lasciata fare.
Perché certe bocche non si dimenticano.
Si desiderano. Per sempre.
Ultimo pomeriggio di vacanza a Rimini. Il sole picchiava, il mare brillava, ma io vedevo solo lei.
Serena, 24 anni, pelle baciata dal sole, occhi da troia consapevole, e un costume bianco intero così sottile che era più indecente che nuda.
I capezzoli si vedevano. La figa pure.
Camminava come se volesse farmi impazzire. E io, Angelo, 59 anni, lo ero già.
Si tuffò in piscina, poi mi raggiunse nuotando piano. Si avvicinò sotto il pelo dell’acqua e si incollò a me.
— Dai, fammi godere qui… sott’acqua… nessuno ci vede.
— Vuoi le dita?
— No. Voglio il tuo cazzo. Subito. Mi scoppia la figa da quanto ti voglio.
Mi tirò giù il costume e il mio cazzo saltò fuori, duro come acciaio.
Lo prese tra le dita, poi se lo fece scivolare dentro da sola, salendo su di me come una sirena affamata.
La sua fica calda mi avvolse, stretta, viva. Si mosse piano, in silenzio, solo il rumore dell’acqua e i suoi gemiti soffocati.
— Oh sì… me lo sento tutto… ti voglio dentro finché non mi svieni…
I nostri corpi si muovevano sott’acqua. Lei cavalcava lenta, decisa, sensuale.
Ogni spinta era un colpo al cuore. Ogni goccia di piacere, un urlo trattenuto.
— Fammi venire… fammi squirtare qui… sotto il sole… davanti al cielo!
Tremò. Venne come una fontana, il corpo che si spezzava in mille brividi.
Poi si voltò, appoggiò le braccia al bordo della piscina e mi offrì il culo.
— Ora fammi male. Spaccami il buco.
— Qui?
— Qui. Subito. Ho voglia di sentirmi sfondata.
Le allargai le chiappe, le infilai la punta con calma.
Il suo ano si aprì con un gemito profondo.
— Così… fammi il culo… fammi sentire che sono tua… tutta…
Le diedi colpi lenti, profondi. Lei si toccava davanti, godeva ovunque.
— Sto venendo ancora… sto impazzendo…
Quando sentii che stavo per esplodere, le tirai i capelli.
— Bocca. Subito.
Si voltò, si inginocchiò sull’acqua e aprì la bocca.
— Vieni… vieni nella mia bocca, bastardo…
Glielo diedi con tutto me stesso. Sborrai forte, tanto, in gola.
Lei ingoiò tutto. E sorrise.
— Domani… voglio scopare nella sauna.
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Capitolo finale – Il bagno del ristorante
L’ultima sera. Ristorante elegante, vino rosso, abito nero su di lei.
Corto. Senza mutandine.
Ogni suo movimento sapeva di sfida. E di sesso.
Mi guardava mentre mangiava con le gambe accavallate.
— Lo senti? Sono bagnata anche adesso. Fammi la bocca prima del dolce.
— Dove?
— Seguimi.
Si alzò e andò verso i bagni. Io dietro, duro da far male.
Chiuse la porta, si inginocchiò.
— Fammi tacere con il tuo cazzo.
Glielo tirai fuori. Lei lo prese in gola, con bava, lingua, gola aperta.
Me lo scopava con la bocca.
— Mmm… così… fammi affogare… fammi tua… fammi schifo…
Mi stava facendo impazzire. Poi si alzò, si voltò verso lo specchio e si piegò.
Vestito alzato, culo in vista.
— Scopami. Fammi venire come una puttana.
Le infilai due dita nella fica: gocciolava.
Glielo misi dentro con forza.
Colpi secchi. Schiaffi sul culo. Pugni al piacere.
Lei si guardava nello specchio, gemeva come una porca.
— Sì! Così! Spaccami! Fammi volare!
Poi venne. Urlando.
Mi voltò, prese il cazzo in bocca e disse:
— Vieni. Vieni sulla mia lingua, vecchio bastardo. Riempimi.
E lo feci.
Sborrai in gola, tremando, mentre lei ingoiava tutto come un dono.
Si pulì, si rimise in ordine.
— Ora possiamo tornare al tavolo.
— Ma stanotte… ti voglio sul balcone. Nudo. Legato. A mia completa disposizione.
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Epilogo – Serena, la rovina dolce
Serena non era solo una ragazza.
Era una malattia. Una benedizione sporca. Una bomba di lussuria.
Mi prese, mi svuotò, mi marchiò.
Ogni buco, ogni notte, ogni parola sporca.
E io? Io l’ho lasciata fare.
Perché certe bocche non si dimenticano.
Si desiderano. Per sempre.
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