Scoperta da Lei”
di
F.I
genere
bisex
Il momento arrivò in silenzio, come una lama calda sulla pelle nuda.
La porta del bagno si aprì senza preavviso.
Rita alzò la testa di scatto, il cuore che sembrava fermarsi.
Sullo stipite, in piedi, c’era Lei.
Tacchi neri, sguardo tagliente, sopracciglia immobili.
Un sorriso beffardo sulle labbra.
Non disse nulla.
Perché non c’era bisogno.
Rita era lì, ancora a quattro zampe, con le mutandine nere strette nel culo, il volto rosso di vergogna e i suoi umori che colavano lungo le cosce.
Era nuda, scoperta, esposta come una bestia.
Lei fece un passo dentro.
Solo uno.
E parlò con voce lenta, glaciale:
— “Così ti piace, eh? Metterti in mostra come una troia da bagno? Credevi di essere sola?”
Rita abbassò lo sguardo.
Le venne da piangere.
Da ridere.
Da supplicare.
— “Ti stavo osservando da un pezzo,” continuò Lei. “Dal riflesso dello specchio del corridoio. So tutto, Rita. So chi sei, so cosa fai, so cosa desideri.”
Fece un altro passo.
Il suono dei suoi tacchi sul pavimento sembrava un martello.
Poi si chinò.
Le afferrò i capelli.
Non con forza, ma con precisione.
Fece in modo che Rita si guardasse di nuovo nello specchio, riflessa in ginocchio, umiliata, con Lei dietro di sé come un’ombra dominante.
— “Guarda quanto sei ridicola. Guarda cosa sei diventata.
Una bocca aperta e un buco da riempire.
Una Lingua, come ti fai chiamare.
E adesso… parla.
Chiedi.
Supplica.
Dì cosa vuoi da me.”
Rita tremava.
Ogni fibra del suo corpo chiedeva punizione.
Ogni goccia del suo essere voleva essere presa.
Sussurrò:
— “Usami… fammi tua… fammi bere, fammi leccare… fammi schifo…”
Lei sorrise.
Aveva vinto.
— “Brava cagna. E questa è solo l’iniziazione.”
La porta del bagno si aprì senza preavviso.
Rita alzò la testa di scatto, il cuore che sembrava fermarsi.
Sullo stipite, in piedi, c’era Lei.
Tacchi neri, sguardo tagliente, sopracciglia immobili.
Un sorriso beffardo sulle labbra.
Non disse nulla.
Perché non c’era bisogno.
Rita era lì, ancora a quattro zampe, con le mutandine nere strette nel culo, il volto rosso di vergogna e i suoi umori che colavano lungo le cosce.
Era nuda, scoperta, esposta come una bestia.
Lei fece un passo dentro.
Solo uno.
E parlò con voce lenta, glaciale:
— “Così ti piace, eh? Metterti in mostra come una troia da bagno? Credevi di essere sola?”
Rita abbassò lo sguardo.
Le venne da piangere.
Da ridere.
Da supplicare.
— “Ti stavo osservando da un pezzo,” continuò Lei. “Dal riflesso dello specchio del corridoio. So tutto, Rita. So chi sei, so cosa fai, so cosa desideri.”
Fece un altro passo.
Il suono dei suoi tacchi sul pavimento sembrava un martello.
Poi si chinò.
Le afferrò i capelli.
Non con forza, ma con precisione.
Fece in modo che Rita si guardasse di nuovo nello specchio, riflessa in ginocchio, umiliata, con Lei dietro di sé come un’ombra dominante.
— “Guarda quanto sei ridicola. Guarda cosa sei diventata.
Una bocca aperta e un buco da riempire.
Una Lingua, come ti fai chiamare.
E adesso… parla.
Chiedi.
Supplica.
Dì cosa vuoi da me.”
Rita tremava.
Ogni fibra del suo corpo chiedeva punizione.
Ogni goccia del suo essere voleva essere presa.
Sussurrò:
— “Usami… fammi tua… fammi bere, fammi leccare… fammi schifo…”
Lei sorrise.
Aveva vinto.
— “Brava cagna. E questa è solo l’iniziazione.”
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