Milano - Parte 2

di
genere
gay

La mattina dopo, il sole filtrava timido dalle persiane socchiuse. Lorenzo si svegliò prima. Per un attimo restò lì, a fissare il soffitto, il respiro lento di Andrea accanto a lui, il calore ancora addosso. Avrebbe voluto restare, ma qualcosa dentro gli diceva che era meglio uscire. Fare un passo indietro, almeno per ora.

Si alzò piano, si vestì in silenzio, cercando di non svegliarlo. Lasciò la porta socchiusa, come se non volesse chiuderla del tutto. E forse, inconsciamente, era davvero così.

In ufficio arrivò in orario, come sempre. Si immerse subito nel lavoro, tenendo lo sguardo basso, le mani occupate. Andrea entrò poco dopo, con la solita camicia appena sgualcita e lo sguardo neutro. Nessun cenno. Nessuna parola fuori posto. Solo la consueta distanza tra capo e collaboratore. Per tutto il giorno recitarono il copione alla perfezione.

Ma c’era qualcosa di diverso nei silenzi, nei momenti in cui si sfioravano passando tra i tavoli, in certi sguardi trattenuti. Una tensione sottile, come una corda tesa che nessuno voleva toccare troppo forte.
Poi, verso le sette, quando l’ufficio iniziava a svuotarsi, Andrea si affacciò dalla porta del suo studio.

«Lorenzo, puoi fermarti un attimo? Vorrei chiudere insieme il layout del progetto di Via Volta. Ci vorrà poco.»

Lorenzo alzò lo sguardo. Sapeva che non era per il layout.

«Certo» disse, con voce calma. «Arrivo subito.»

Quando gli altri se ne furono andati, e il silenzio calò sull’ufficio, Andrea chiuse la porta e si sedette accanto a lui, davanti allo schermo. Per un po’ parlarono davvero di lavoro. Schermate, prospetti, dettagli da sistemare. Ma poi le parole cominciarono a rallentare. Andrea si voltò verso di lui.

«Ieri sera…» Cominciò, senza finire la frase.

Lorenzo lo guardò, serio. «Lo so.»

Un istante di silenzio, poi Andrea fece un mezzo sorriso, stanco. «Non riesco a far finta di niente.»

«Nemmeno io.»

Si guardarono. L’ufficio sembrava diverso ora, più intimo, protetto. Fu Andrea a spezzare la distanza, questa volta con calma, senza urgenza. Una mano che scivolò leggera sulla spalla di Lorenzo, come a chiedere il permesso prima di ogni cosa.

E il resto… poteva ancora succedere.

Lorenzo non si mosse subito. Sentiva la mano di Andrea sulla spalla, il suo tocco incerto ma carico, come se in quell’attimo stesse ancora decidendo se andare avanti o tirarsi indietro. Ma poi, quando Lorenzo si voltò verso di lui, non ci fu più spazio per esitazioni.

I loro sguardi si incrociarono, e questa volta il desiderio era esplicito, senza alcuna barriera. Andrea si avvicinò e lo baciò, un bacio più urgente di quello della sera prima, più affamato. Era il bisogno accumulato durante l’intera giornata, represso tra tabelle Excel e file CAD, ora esploso tutto insieme.
Lorenzo lo afferrò per la camicia, tirandolo a sé. Si baciarono di nuovo, con forza, tra le scrivanie e le luci soffuse dei neon ancora accesi. Si spogliarono più in fretta che potevano. Andrea spinse via con un gesto secco alcuni fogli dal tavolo, facendoli volare a terra. Lorenzo si voltò e si poggiò con i gomiti sopra quel tavolo, senza smettere di guardarlo. Allargò leggermente le gambe e gli mostro il culo con un chiaro ed esplicito invito.

«Non ho i preservativi qui. Tu li hai?» Chiese Andrea.

«Non servono stavolta» fu come un invito a nozze. Si avvicinò a Lorenzo con il cazzo in mano, lo puntò contro quelle chiappe oscenamente aperte e lo inculò quasi con un solo colpo. Lorenzo dovette mordersi la lingua per non urlare.

«Cazzo!!»

«Ti ho fatto male?»

«Un po’. Ma non preoccuparti. Continua.» Andrea afferrò Lorenzo per i fianchi e iniziò un lento movimento di bacino. Ad ogni affondo Lorenzo rispondeva con un verso di piacere, sentiva ogni centimetro di quel cazzo dentro di sé, e lì sotto i colpi incessanti di Andrea si chiedeva perché avesse aspettato tanto per provare un piacere del genere. Senza allentare minimamente il ritmo Andrea si chinò verso Lorenzo e iniziò a baciargli il collo, mordicchiargli le orecchie.

«Dimmi che sei la mia troia» Lorenzo rimasse sorpreso da quelle parole. Ma infondo è così che si sentiva. Una troia che stava offrendo il culo per soddisfare il suo uomo.

«Sono la tua troia» sussurrò.

«Non ho capito»

«Sono la tua troia. Sono la tua troia.» disse Lorenzo quasi urlando. Più Lorenzo ripeteva quelle parole più Andrea affondava dentro di lui il cazzo con più forza.

«Ti prego scopami più forte, ne voglio ancora, ancora…ti prego» si trovò quasi ad implorare. Di tutta risposta Andrea iniziò a scoparlo senza sosta. Non stava capendo più niente, sentiva le palle di Andrea sbattere contro il suo culo. Sentiva dei formicolii percorrergli tutto il corpo. Sentiva che stava per esplodere e così fu. Venne. Schizzò una quantità enorme di sborra senza nemmeno toccarsi. Andrea sentiva il culo di Lorenzo contarsi e stringersi intorno al suo cazzo ad ogni sborrata. Non ce la faceva più.

«Sto per venire. Girati.» sentenziò.

«No. Continua. Sborrami dentro.» Andrea assestò gli ultimi due colpi e si lasciò andare. La sensazione di calore che la sborra provocava all’interno del suo culo era indescrivibile.

Quando fu finita, restarono lì immobili per qualche secondo, sudati, ancora con il cazzo di Andrea piantato nel culo di Lorenzo che non accennava a perdere minimamente l’erezione. Quando Andrea uscì Lorenzo sentì tutta la sborra di Andrea colargli lungo le gambe, si passò una mano sul culo. Era aperto e intriso di umori. Andrea gli sorrise, appena, come chi ha fatto qualcosa di sbagliato che però non rimpiange.

«Questa volta… sarà più difficile far finta di niente.»

Lorenzo rise piano. «Forse è il momento di smettere di provarci.»
scritto il
2025-05-10
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