La sorella e lo zio - Flashback 2

di
genere
incesti

Il rapporto tra Francesca e lo zio Carlo si stava gradualmente intensificando. Non era più solo una questione di saluti affettuosi e di complimenti a ogni incontro. Con il passare dei mesi, Francesca aveva iniziato a cercare sempre più il suo consiglio. Quando aveva dei dubbi, quando la confusione sulla sua identità o sul suo corpo la opprimeva, era sempre lo zio che si presentava come il punto di riferimento solido, quello che sapeva ascoltare senza giudicare.

Le sue amiche parlavano spesso di cose che Francesca non riusciva a comprendere completamente. Parlavano di ragazzi, di serate al cinema, di prime cotte e di come ci si doveva comportare con un ragazzo che ti piaceva. Ma Francesca, più che della loro curiosità per i maschi, si sentiva spesso fuori luogo. C'era in lei una strana inquietudine legata al corpo che stava cambiando: le sue forme si facevano più definite, ma non sapeva come adattarsi a questa nuova versione di sé stessa. Non si sentiva mai abbastanza "femminile" come le altre, che già portavano i tacchi e si truccavano con maestria.

Un pomeriggio d’estate, durante una visita alla nonna, Francesca si ritrovò a chiacchierare con lo zio, come sempre. Erano soli in cucina, la nonna stava preparando la marmellata e il profumo di pesche mature invadeva l'aria.
"Zio," iniziò Francesca, timidamente, "mi chiedevo… secondo te, questo vestito mi sta bene? Non so… mi sembra troppo largo da sotto." Era il primo vestito che aveva acquistato da sola, un po' più femminile del solito, ma aveva paura di sembrare troppo fuori posto.
Lo zio Carlo la guardò con attenzione, senza fretta di rispondere. "Vieni qui," disse, prendendola per mano e facendola girare davanti allo specchio grande nel soggiorno. "Dobbiamo vederlo bene."

Francesca si guardò riflessa e sentì subito una sensazione di incertezza. Non era abituata a vedersi in quel modo, non conosceva ancora la sua forma, né come adattarsi ai cambiamenti che stava vivendo. Ma lo zio la guardò con uno sguardo tranquillo e sorrise.
"Ti sta benissimo," disse con sicurezza. "Non è la taglia o il taglio che fa la bellezza, ma come te lo senti addosso. Se tu ti senti a posto, è quello che conta."
Le sue parole, che potevano sembrare semplici, avevano il potere di rassicurare Francesca in un modo che nessuno altro riusciva a fare. Lo zio non si concentrava sui difetti o sui dettagli insignificanti, ma sul modo in cui lei si sentiva in quel momento.
Francesca non aveva mai pensato che qualcuno, al di fuori della sua famiglia, potesse dirle quelle cose senza giudizio, senza intromettersi nelle sue insicurezze. Quella fiducia che lo zio le trasmetteva non era solo una rassicurazione superficiale, ma un conforto profondo che le dava la forza di affrontare la propria evoluzione.
Nei mesi successivi, il rapporto tra Francesca e lo zio diventò ancora più stretto. Non era solo una questione di complimenti, ma di piccole cose quotidiane. Un giorno, mentre passeggiavano nel centro commerciale, Francesca si fermò davanti a una vetrina di scarpe. "Zio, che ne pensi di queste?" chiese, indicando un paio di sandali con il tacco basso, eleganti ma semplici.
Lo zio Carlo si fermò accanto a lei, studiando le scarpe per un attimo, poi la guardò e sorrise. "Se ti piacciono, prendile. La cosa più importante è che ti senta te stessa. Se ti senti pronta per sperimentare qualcosa di più audace, prova!"
Francesca provò le scarpe e, guardandosi nello specchio, si sentì per un attimo più grande, come se stesse finalmente facendo un passo verso la donna che stava diventando. Ma più di tutto, si sentì apprezzata per ciò che era, senza fretta di dover cambiare o diventare qualcun altro.
"Grazie, zio," disse con un sorriso, felice di condividere quel piccolo momento con lui. "A volte mi sembra che le altre ragazze sappiano già tutto, ma io sono contenta di poter chiedere a te."
"Non c'è mai una domanda sbagliata, Francesca. E ricordati che crescere è un viaggio, non una corsa. Non devi fare tutto subito."


Era passato circa un anno da quel giorno in cui Francesca si era guardata allo specchio con addosso il primo vestito comprato da sola. Tante cose erano cambiate: la scuola, le amiche, il corpo. Le sue gambe si erano allungate, i fianchi erano diventati più evidenti e il suo viso si era ammorbidito, perdendo quei tratti infantili che ormai non le appartenevano più. Ma soprattutto la peluria tra le gambe e il suo seno che improvvisamente si era gonfiato e risaltava sul suo corpo magro diventando oggetti di sguardo anche tra i ragazzi.

Il rapporto con lo zio Carlo, invece, era rimasto una delle sue poche certezze. Avevano continuato a vedersi spesso: una passeggiata, un film insieme, chiacchiere al telefono nei pomeriggi più silenziosi. Non c’era nessun bisogno di spiegare troppo: bastava uno sguardo perché lui capisse.
Quel sabato pomeriggio, Francesca si era chiusa in camera con il cuore che le batteva forte. Aveva accettato l'invito di Matteo, un ragazzo della classe accanto, a prendere un gelato insieme. Niente di speciale, in fondo. Ma per lei era la prima volta. E anche se avrebbe potuto parlarne con le amiche, sentiva che in quel momento aveva bisogno di qualcun altro.
Mandò un messaggio allo zio:
"Se hai tempo oggi, potresti aiutarmi a scegliere un vestito? Ho fatto un pasticcio."
Lui rispose dopo pochi secondi:
"Certo, arrivo tra poco. Mettiti comoda e tira fuori tutto."
Quando Carlo arrivò, Francesca lo accolse con un sorriso nervoso e un mucchio di vestiti sparsi sul letto. "Non riesco a capire cosa va e cosa no. Mi sembrano tutti... troppo."
Carlo diede un’occhiata attenta alla selezione: una gonna troppo corta, una camicetta troppo larga, un vestito rosso con lo spacco che Francesca guardava con occhi sospettosi.
"Posso farti una domanda?" chiese lui, sedendosi.
Lei fece un cenno timido.
"Per che occasione stai scegliendo il vestito?"
Francesca si fece rossa in viso e abbassò lo sguardo. "Solo... una cosa tra amici."
Carlo sorrise, ma non insistette. "Va bene. Allora facciamo così: dimmi tu come vorresti sentirti con questo vestito."
Lei lo guardò. Per un momento restò in silenzio, poi disse piano: "Vorrei... stupirlo. Ma senza sembrare una che finge di essere un’altra."
Lo zio annuì lentamente. "Allora iniziamo da lì."

In tutto questo è sempre rimasta solo in intimo, noncurante di avere lì lo zio. Lui era la prima volta che la vedeva così e non potè non stupirsi del suo bel corpo e cercò di scacciare quel desiderio maschile che cominciava a dominarlo.

Francesca indossò prima il vestito rosso, ma le spalline le cadevano e non si sentiva a suo agio. Poi provarono una camicetta leggera con jeans a vita alta, ma sembrava troppo da tutti i giorni. “Vedi Francesca, il tuo corpo è cambiato - e con una mano partendo dalla schiena scende - rimane piatto e poi il tuo culetto fa una bella curva e poi davanti le tue gambe slanciate da pallavolista, una pancia piattissima e poi salendo, hai questa dunetta bellissima - passa una mano anche sul suo seno - devi accettare queste tue curve sono molto belle e vestirti di conseguenza ovviamente senza esagerare.” Alla fine tirarono fuori un vestitino blu, semplice ma con un piccolo nodo in vita e una scollatura lieve, che le dava un’aria elegante senza essere esagerata.
Carlo si alzò, le aggiustò leggermente le spalle e si mise di lato per guardarla meglio. "Questo... ti sta proprio bene. È tuo, ti somiglia. E ti farà sentire sicura. - con un dito passa sulla scollatura del vestito - Questa le esalta, senza essere provocante, come quel legger stringersi in vita fa notare la tua femminilità"
Francesca si guardò allo specchio e annuì. Per la prima volta, non sentiva il bisogno di nascondersi dietro un vestito. Quel vestito non diceva “guardami”, ma “eccomi”.
"E se poi non gli piaccio?" chiese, abbassando di nuovo lo sguardo.
Carlo le prese la mano, con quella calma che la rassicurava ogni volta. "Allora non è quello giusto. Ma tu, oggi, piaci a te stessa. E questo è già un buon inizio."


Francesca in quei tocchi dello zio non aveva visto nulla di innaturale, mentre Carlo era eccitato e con la scusa di un impegno di cui si era dimenticato esce di casa e appena torna alla sua non può che farsi una sega per sfogare la sua eccitazione. Al termine i sensi di colpa affiorano: come poteva provare quello per la sua nipotina?


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scritto il
2025-05-09
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