La sorella e lo zio - Flashback

di
genere
incesti

Tutto era iniziato molti anni prima, quando Francesca aveva ancora il fisico acerbo e l’insicurezza tipica dell’adolescenza. I suoi capelli ricci le sembravano ingestibili, le gambe troppo lunghe, e il suo sorriso le pareva sempre fuori posto. Si sentiva un brutto anatroccolo in un mondo di cigni sicuri e radiosi.
Lo zio Carlo, fratello della mamma, abitava non lontano dalla nonna paterna, che Francesca andava a trovare spesso dopo la scuola. La casa della nonna aveva l’odore del tempo che passa lentamente: biscotti al burro, lavanda e legna secca. Lì, con una tazza di tè e il rumore lieve della TV accesa in sottofondo, Francesca si sentiva al sicuro.

Zio Carlo compariva spesso nel tardo pomeriggio, bussando leggero e annunciandosi con il suo vocione bonario: “Permesso, donne di casa?” Entrava sempre con un sorriso, il maglione un po’ sgualcito e la barba che pareva avere una vita propria. Aveva la pancia di chi non ha mai saputo dire di no a un piatto di lasagne, e rideva con tutto il corpo, come se ogni battuta fosse un dono.
Salutava sempre Francesca con entusiasmo, stringendola in un abbraccio caloroso e dicendo cose come: “Ma come sei cresciuta! Ogni giorno più bella!” oppure “Sai che oggi sembri proprio una regina?” Francesca arrossiva, protestava timidamente, ma dentro di sé quelle parole accendevano qualcosa. Nessuno la vedeva davvero come lo zio. A scuola si sentiva invisibile, a casa spesso si sentiva giudicata. Ma lui… lui sembrava vedere oltre.
Quei pomeriggi semplici, fatti di chiacchiere leggere, partite a carte con la nonna, risate e complimenti sinceri, rimasero impressi nel cuore di Francesca più di quanto avrebbe immaginato.

Francesca non riusciva più a far finta di niente. Aveva sentito tanto parlare di ragazze e fidanzatini, dei primi baci, delle storie fatte di cuoricini e promesse. Tutte le sue amiche sembravano avere una vita sentimentale che si evolverà naturalmente, mentre lei si sentiva come se fosse rimasta indietro. I suoi compagni la guardavano, ma sembrava che non la vedessero davvero. Quella solitudine adolescenziale la faceva sentire invisibile, come se i complimenti dello zio fossero semplicemente parole gentili, un modo per consolarla e nient’altro.
Un giorno, durante una di quelle visite a casa della nonna, decise di fargli una domanda che le bruciava dentro da troppo tempo. Erano seduti sul divano, lei con le mani incrociate sulle ginocchia, nervosa. Lo zio stava leggendo il giornale e ogni tanto lanciava qualche battuta, ma Francesca non riusciva a concentrarsi su niente. La mente le era fissa su quella domanda, sul perché lui fosse sempre così… diverso dagli altri.
"Zio," disse, rompendo il silenzio. "Perché dici sempre che sono bella, che diventerò ancora più bella tra qualche anno? Nessuno degli altri ragazzi lo dice mai. Anzi, sembrano non vedermi nemmeno. E… e non ho nemmeno il mio primo fidanzatino, come tutte le altre. Perché dici queste cose? Non pensi che siano solo parole gentili, per farmi sentire meglio?"
Lo zio abbassò il giornale e la guardò con gli occhi più dolci che avesse mai visto. La sua barba, che un tempo le sembrava quasi spaventosa, adesso sembrava quasi un rifugio sicuro. Fece un piccolo gesto con la mano, come per invitarla a sedersi vicino, accanto a lui. Francesca, pur essendo ancora un po’ imbarazzata, si spostò accanto a lui, il cuore che batteva forte.
"Francesca," cominciò lo zio, la voce calda e rassicurante, "i tuoi compagni guardano solo al momento, e non riescono a vedere oltre. Guardano il qui e ora, il corpo che sta cambiando, quello che appare. Ma io vedo già la ragazza che sarai fra qualche anno. E ti prometto che, quando crescerai, senza più quell'apparecchio che ti fa sentire a disagio, con il tuo fisico che prenderà la forma che deve avere, tutto cambierà. Ti accorgerai che gli altri ti guarderanno in un modo diverso. Ti vorranno."

Francesca rimase in silenzio, assorbendo quelle parole. Non sapeva se credergli, se fosse una frase fatta, una di quelle cose che si dicono per consolare qualcuno. Ma c’era qualcosa nella sua voce che la faceva sentire davvero ascoltata, come se lo zio vedesse qualcosa in lei che lei stessa non riusciva ancora a vedere.
"Ma io non sono come le altre," disse infine, con un filo di voce, "Non sono bella come le mie amiche. E non so nemmeno se lo diventerò."
Lo zio sorrise, una risata morbida, come una carezza. "Non devi essere come gli altri, Francesca. Essere te stessa è la cosa più importante. Sei un po’, come posso dirlo, più lenta delle altre ad apparire, ma quando appariranno in modo definitivo le tue curve, ti assicuro che pochi ti resisteranno"
Francesca si sentì sollevata, anche se non capiva del tutto. La sua mente adolescente, ancora alle prese con dubbi e incertezze, non riusciva a immaginarsi tra qualche anno, quando il suo corpo sarebbe cambiato, quando le cose sarebbero state diverse. Ma la dolcezza dello zio, il suo modo di guardarla senza giudizio, l’aiutò a mettere da parte le sue paure, anche solo per un po’.
"Grazie, zio," sussurrò, gli occhi lucidi. "Credo che tu abbia ragione. Forse dovrei smettere di preoccuparmi tanto e godermi il presente."
"Esattamente," rispose lo zio, abbracciandola di nuovo con quell’affetto che sentiva sempre così sincero. "Ogni momento ha il suo tempo, e tu stai crescendo in modo straordinario, a modo tuo. Non dimenticarlo mai."

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scritto il
2025-05-07
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