Sara capitolo 4 La fine di sara

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dominazione

Nelle settimane successive, Tom diventò più audace nel suo dominio. La portava a passeggio al parco, nuda e a quattro zampe, costringendola a fare i suoi bisogni davanti a lui. All'inizio, l'umiliazione era insopportabile, le guance le bruciavano a ogni goccia di urina che cadeva a terra. Ma con il passare dei giorni, iniziò a trovare uno strano conforto in quel rituale. Il freddo metallo del guinzaglio, il morso del collare, il modo in cui la guardava con un misto di desiderio e possesso: tutto divenne parte di lei.

Tom cominciò ad apprezzare la sua ritrovata obbedienza, lodandola quando si comportava in modo soddisfacente. Le portava dei dolcetti, piccoli pezzi di carne secca che aveva imparato a desiderare, e lei glieli prendeva avidamente dalla mano, leccandogli le dita con un gemito di sottomissione. L'altra parte della sua mente, quella che era ancora Sara, urlava di indignazione per le sue azioni. Ma lei scacciò quei pensieri, concentrandosi invece sul presente.

Una sera, mentre tornavano dalla loro solita passeggiata, notò un pezzo di filo metallico staccato a terra. Fece finta di non vederlo, ma il suo cuore batteva all'impazzata per l'eccitazione. Era un potenziale strumento, un modo per tagliare il cuoio che la legava a lui. Attese il momento giusto, con gli occhi che tornavano a posarsi sul punto in cui si trovava il filo. Era un rischio, ma era un'opportunità che doveva correre. Mentre Tom le voltava le spalle, si avventò su di lui, afferrando il metallo con una velocità sorprendente.

Lui si voltò di scatto, socchiudendo gli occhi con sospetto, ma lei lo represse con un atteggiamento sottomesso. "Cosa stai facendo, tesoro?" chiese, con voce intrisa di minaccia.

Sara sollevò il filo, con voce tremante. "È... è solo spazzatura", mormorò, lasciandolo cadere a terra.

Tom la studiò a lungo prima che un sorriso crudele gli si diffondesse sul viso. "Brava ragazza", disse, accarezzandole la testa. "Ma non dimenticare il tuo posto."

E con ciò, la tirò di nuovo in piedi e la ricondusse al recinto. Ma Sara ora aveva il filo, la chiave della sua libertà nascosta nella terra. E mentre giaceva lì, ad ascoltare il canto dei grilli, sapeva di essere un passo più vicina a riprendersi la sua vita.

Tom continuava a portarle dolcetti, ad addestrarla, a usarla nei suoi giochi perversi. E Sara, da sempre sopravvissuta, stava al gioco. Imparò ad apprezzare la sensazione del cuoio sulla pelle, la sensazione della sua mano sul suo collo. Traeva piacere dal potere che aveva su di lui, dal modo in cui lui desiderava la sua sottomissione. Era una danza pericolosa, che poteva finire in un disastro da un momento all'altro.

Una notte, mentre lui dormiva nel capanno che era diventato la sua prigione, lei fece scorrere il filo contro il cuoio del suo collare. Il metallo era affilato, le tagliava la pelle, ma a lei non importava. Il sangue era un piccolo prezzo da pagare per quello che l'aspettava. Centimetro dopo centimetro, la pelle cedette, finché finalmente fu libera. Il collare cadde a terra con un tonfo leggero, simbolo della sua ritrovata libertà.

Sara aspettò fino all'alba, finché Tom non fu immerso nel suo sonno più profondo. Poi scivolò fuori dal recinto, i piedi nudi silenziosi sull'erba rugiadosa. Il mondo fuori era immobile e silenzioso, in netto contrasto con la tempesta che si stava preparando dentro di lei. Sapeva di non poter semplicemente scappare, non senza un piano. Così aspettò, guardando il sole sorgere sul parco che aveva imparato a conoscere così bene.

E man mano che la luce si faceva più forte, si faceva più forte anche la sua determinazione. Sarebbe scappata, avrebbe trovato aiuto e avrebbe fatto pagare a Tom quello che aveva fatto. Con un respiro profondo, entrò nel sole, il calore del nuovo giorno sul viso, e scomparve tra le ombre degli alberi, il guinzaglio ancora attaccato al collo, a ricordo della battaglia che doveva ancora vincere.

Sara si muoveva con una grazia ritrovata, il guinzaglio di cuoio che le pendeva dietro come una coda macabra. Aveva imparato a comprendere i desideri di Tom e sapeva che se fosse riuscita a usarli contro di lui, avrebbe potuto trovare la via d'uscita da quell'inferno. Così aspettò, aspettando il momento giusto, recitando la parte dell'animale domestico obbediente. Accettava i suoi dolcetti con entusiasmo, senza mai staccare gli occhi dai suoi, sempre in attesa di un'opportunità.

I giorni diventarono settimane e Tom si assuefece al suo dominio. La portava a fare passeggiate più lunghe, allentando la presa sul guinzaglio mentre lei lo seguiva senza protestare. Il parco era il loro mondo ora, un Eden contorto dove lei era la sua Eva, vincolata dalla sua volontà. Ma sapeva di non poter essere sua per sempre. Il filo era ancora nascosto, ancora affilato, simbolo della ribellione che le ardeva nel cuore.

Una sera, mentre si avvicinavano al lago, lo vide. Il filo scintillava al chiaro di luna, una promessa di fuga. Sapeva che quella era la sua occasione. Con un gesto rapido, afferrò il filo, sentendo il freddo metallo nella mano, e con un movimento rapido lo portò al cuoio che la teneva prigioniera. Il suono dello schiocco fu come uno sparo nel silenzio della notte, e gli occhi di Tom si spalancarono per lo stupore. Ma lei era pronta. Era diventata più forte, più intelligente, e non era più la ragazza indifesa che lui aveva catturato. Con un ringhio, si lanciò verso di lui, il filo nella sua mano ora un'arma.Tom barcollò all'indietro, la mano che cercava la cintura. Ma Sara fu più veloce, i suoi movimenti erano alimentati dalla disperazione e dalla rabbia. Gli avvolse il filo intorno al collo, stringendo forte. I suoi occhi si spalancarono, e lui ebbe un conato di vomito, le mani che si grattavano il collo. Lei lo guardò mentre il colore svaniva dal suo viso, la presa sul guinzaglio si allentava. Con un ultimo, violento strattone, lo liberò, il collare cadde a terra con un tintinnio.

Ansimando, lei gli stava sopra, con il filo ancora stretto intorno al collo. Lui alzò lo sguardo verso di lei, con gli occhi pieni di paura e confusione. Sara provò uno strano brivido, un misto di trionfo e disgusto. Era diventata ciò che lui l'aveva resa, e ora aveva il potere di porre fine a tutto. Ma invece di ucciderlo, fece un passo indietro, lasciandolo ansimare. "Te ne pentirai", gracchiò, la sua voce era un sussurro.

Sara si limitò a sorridere, un sorriso freddo e duro che non le raggiunse gli occhi. "No", disse con voce ferma. "Non credo che lo farò." Detto questo, si voltò e corse via, il sapore della libertà dolce sulle labbra. Il parco non era più la sua prigione, ma un parco giochi per la sua ritrovata forza.

La notte era lunga e piena di pericoli, ma lei non vacillò. I suoi piedi nudi la portavano attraverso il sottobosco, il filo ancora stretto in mano. Il guinzaglio era diventato ormai un simbolo del suo dominio, un trofeo della guerra che aveva combattuto dentro di sé. E mentre raggiungeva il limite del parco, vide le luci della città, che la chiamavano come un faro nel buio.

Il cuore le batteva forte nel petto, l'adrenalina le scorreva nelle vene. Era libera, ma sapeva che non sarebbe mai potuta veramente sfuggire ai ricordi di ciò che era successo lì. Il parco l'aveva cambiata, l'aveva trasformata in qualcosa di nuovo, qualcosa di selvaggio. Ma quando uscì nel mondo, giurò di usare quella natura selvaggia a suo vantaggio. Non sarebbe più stata una vittima.
scritto il
2025-04-28
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