Ricordi animaleschi 1
di
Troy2a
genere
zoofilia
Sono cresciuta in una famiglia agiata e bacchettona. Era mio nonno, il padre di mio padre. ha reggere le redini: era lui che aveva dato impulso all’attività di famiglia e che ora consentiva alla stessa di prosperare. Mio padre non era tagliato per gli affari, sicché, quando un infarto si portò via il nonno, lui non seppe fare altro che guardare la nostra fortuna andare a picco.
“Devi prendere marito!”
Tre parole per dirmo che mi aveva venduta: mi aveva ceduta insieme all’azienda ad un uomo facoltoso che aveva più del doppio dei miei anni.
Osvaldo era un uomo di poche parole e di tanti fatti, proprio come il nonno. Fatti che avevano il suono di monete nel borsellino e d il profumo dell’inchiostro sui borderò. Non era brutto, ma tremendamente vecchio per i miei vent’anni. Troppo preso dagli affari non aveva mai avuto tempo per trovare moglie; così l’aveva comprata, come al mercato. Era il primo di tre fratelli, o meglio di una sorella di 6 anni più giovane e di un fratello che aveva appena 18 anni, per il quale stravedeva.
Quel giorno, il primo a casa del mio futuro marito, io e lui rimane,,o da soli, con il suo cane: dopo la cena, la sorella era andata via, a casa sua. Mia madre ne aveva approfittato, per farsi dare un passaggio con la loro carrozza. Osvaldo e mio padre si erano chiusi nello studio, per mettere apunto gli ultimi dettagli, che vedevano le nostre proprietà confluire nel pacchetto che avrei portato in dote, in cambio di un sostanzioso versamento.
Eravamo soli, io e Riccardo… e Pento, il loro bellissimo pastore tedesco. Lui mi girava intorno, annusandomi, leccandomi le mani ed i piedi e puntando spesso il muso tra le mie gambe, lì dove convergono.
“A quanto pare gli piaci proprio tanto!” alzai gli occhi ed incrociai quelli splendidamente neri di Riccardo. Mi sembrò di vederlo solo in quel momento, persa come ero stata a maledire il mio destino. Aveva il bellissimo volto incorniciato da una magnifica capigliatura, lunga. E nera, come gli occhi; le labbra sembravano prese da un quadrio.
“Dici?”
“E lo capisco anche! Sei così bella!”
“Grazie!”
“E poi sembra che senta un buon profumo, lì, tra le gambe!” arrossii violentemente, mentre lui continuava “Sembri una dea, una ninfa partorita dalle acque.”
“Invece, sono solo una donna e, per di più, la idanzata di tuo fratello. Non dimenticarlo! Pensi che gli farebbe piacere sapere in che modo mi parli?”
“Perdonami, ma davvero sei molto bella!”
“Il cane continuava a muoversi intorno a me, sembrava quasi mi corteggiasse. Più lp accarezzavo, più sembrava diventare audace ed intrufolava il suo muso tra le mie gambe. Riccardo si muoveva sulla sua poltrona in maniera molto leggibile: si stava eccitando.
Ed anche io, devo dire. Accolsi il ritorno di mio padre e del mio futuro marito con sollievo. Avevano fissato tutto, anche le nozze. L’agnello era pronto per il sacrificio, pensai.
Poco più di un mese dopo, ero una donna maritata e anche incinta, ma questo lo avrei scoperto dopo. Quello che scoprii subito fu che mio marito sarebbe partito per un lungo viaggio di lavoro: uno dei tanti che era abituato a fare.
Nella grande casa, rimanemmo io, Riccardo e Pento: 2 ragazzi che si piacevano, anche se io a lui non lo avevo detto. Ed un cane che diventava ogni giorno più invadente, arrivando ad intrufolarsi sotto la mia gonna. Io con il mio ricamo, lui che centellinava un bicchiere di brandy dopo cena, seduti nei pressi del caminetto: non potei non pensare che sembrava fossimo noi marito e moglie. E quanto avrei voluto fosse così, anche se lui veva un paio di anni meno di me.
“Non ti fa pena?”
Lo guardai meravigliata.
“Scusa?”
“Non ti fa pena, Pento?”
“In che senso?”
“Non mi dire che non hai capito che vorrebbe una carezza… più intima, diciamo!”
“Ma ti ha dato di volta il cervello? Che discorsi fai?” mi sentivo offesa.
“Non c’è nulla di male a fargli una carezza sull’addome. Magari un po’ più giù.”
Ancora una volta si stava eccitando. Ed io con lui. Come se avesse capito, Pento si sdraio sul dorso, presentandomi un addome bianchissimo, che finiva dove cominciava una sacca rigonfia, da cui faceva capolino la punta del pene. Mi inginocchiai, dando un’ukima occhiata a Riccardo, che sembrava accompagnarmi con lo sguardo verso quell’tto che ancora mi sembrava innaturale. Presi ad accarezzare il cane sul petto, per poi scendere: lui guaiva e mi guardava implorante. Sentivo un lago tracimare tra le mie cosce, sentivo il respiro di Riccardo farsi sempre più pesante. Raggiunsi ko scroto e presi a massaggiargli i coglioni: dalla sacca, il cazzo emerse in tutta la sua lunghezza, mentre le mie carezze diventavano sempre più convinte. Quello che facevo, mi stava piacendo: mi piaceva pensare che Pento godeva, che Riccardo godeva nel guardarmi. Diventai più intraprendente: stavo proprio facendo una sega al cane, che in pochi minuti mi riempii la mano di sborra calda. Solo allora mi accorsi che Riccardo si era avvicinato ed era al mio fianco: brache calate e cazzo in mano. Feci una sega anche a lui e lasciai che la sua sborra mi finisse un po’ sul viso e sul vestito.
Quella notte, dormimmo insieme per la prima volta, anche se non accadde nulla: ma sapevamo entrambi che gli argini erano rotti.
“Devi prendere marito!”
Tre parole per dirmo che mi aveva venduta: mi aveva ceduta insieme all’azienda ad un uomo facoltoso che aveva più del doppio dei miei anni.
Osvaldo era un uomo di poche parole e di tanti fatti, proprio come il nonno. Fatti che avevano il suono di monete nel borsellino e d il profumo dell’inchiostro sui borderò. Non era brutto, ma tremendamente vecchio per i miei vent’anni. Troppo preso dagli affari non aveva mai avuto tempo per trovare moglie; così l’aveva comprata, come al mercato. Era il primo di tre fratelli, o meglio di una sorella di 6 anni più giovane e di un fratello che aveva appena 18 anni, per il quale stravedeva.
Quel giorno, il primo a casa del mio futuro marito, io e lui rimane,,o da soli, con il suo cane: dopo la cena, la sorella era andata via, a casa sua. Mia madre ne aveva approfittato, per farsi dare un passaggio con la loro carrozza. Osvaldo e mio padre si erano chiusi nello studio, per mettere apunto gli ultimi dettagli, che vedevano le nostre proprietà confluire nel pacchetto che avrei portato in dote, in cambio di un sostanzioso versamento.
Eravamo soli, io e Riccardo… e Pento, il loro bellissimo pastore tedesco. Lui mi girava intorno, annusandomi, leccandomi le mani ed i piedi e puntando spesso il muso tra le mie gambe, lì dove convergono.
“A quanto pare gli piaci proprio tanto!” alzai gli occhi ed incrociai quelli splendidamente neri di Riccardo. Mi sembrò di vederlo solo in quel momento, persa come ero stata a maledire il mio destino. Aveva il bellissimo volto incorniciato da una magnifica capigliatura, lunga. E nera, come gli occhi; le labbra sembravano prese da un quadrio.
“Dici?”
“E lo capisco anche! Sei così bella!”
“Grazie!”
“E poi sembra che senta un buon profumo, lì, tra le gambe!” arrossii violentemente, mentre lui continuava “Sembri una dea, una ninfa partorita dalle acque.”
“Invece, sono solo una donna e, per di più, la idanzata di tuo fratello. Non dimenticarlo! Pensi che gli farebbe piacere sapere in che modo mi parli?”
“Perdonami, ma davvero sei molto bella!”
“Il cane continuava a muoversi intorno a me, sembrava quasi mi corteggiasse. Più lp accarezzavo, più sembrava diventare audace ed intrufolava il suo muso tra le mie gambe. Riccardo si muoveva sulla sua poltrona in maniera molto leggibile: si stava eccitando.
Ed anche io, devo dire. Accolsi il ritorno di mio padre e del mio futuro marito con sollievo. Avevano fissato tutto, anche le nozze. L’agnello era pronto per il sacrificio, pensai.
Poco più di un mese dopo, ero una donna maritata e anche incinta, ma questo lo avrei scoperto dopo. Quello che scoprii subito fu che mio marito sarebbe partito per un lungo viaggio di lavoro: uno dei tanti che era abituato a fare.
Nella grande casa, rimanemmo io, Riccardo e Pento: 2 ragazzi che si piacevano, anche se io a lui non lo avevo detto. Ed un cane che diventava ogni giorno più invadente, arrivando ad intrufolarsi sotto la mia gonna. Io con il mio ricamo, lui che centellinava un bicchiere di brandy dopo cena, seduti nei pressi del caminetto: non potei non pensare che sembrava fossimo noi marito e moglie. E quanto avrei voluto fosse così, anche se lui veva un paio di anni meno di me.
“Non ti fa pena?”
Lo guardai meravigliata.
“Scusa?”
“Non ti fa pena, Pento?”
“In che senso?”
“Non mi dire che non hai capito che vorrebbe una carezza… più intima, diciamo!”
“Ma ti ha dato di volta il cervello? Che discorsi fai?” mi sentivo offesa.
“Non c’è nulla di male a fargli una carezza sull’addome. Magari un po’ più giù.”
Ancora una volta si stava eccitando. Ed io con lui. Come se avesse capito, Pento si sdraio sul dorso, presentandomi un addome bianchissimo, che finiva dove cominciava una sacca rigonfia, da cui faceva capolino la punta del pene. Mi inginocchiai, dando un’ukima occhiata a Riccardo, che sembrava accompagnarmi con lo sguardo verso quell’tto che ancora mi sembrava innaturale. Presi ad accarezzare il cane sul petto, per poi scendere: lui guaiva e mi guardava implorante. Sentivo un lago tracimare tra le mie cosce, sentivo il respiro di Riccardo farsi sempre più pesante. Raggiunsi ko scroto e presi a massaggiargli i coglioni: dalla sacca, il cazzo emerse in tutta la sua lunghezza, mentre le mie carezze diventavano sempre più convinte. Quello che facevo, mi stava piacendo: mi piaceva pensare che Pento godeva, che Riccardo godeva nel guardarmi. Diventai più intraprendente: stavo proprio facendo una sega al cane, che in pochi minuti mi riempii la mano di sborra calda. Solo allora mi accorsi che Riccardo si era avvicinato ed era al mio fianco: brache calate e cazzo in mano. Feci una sega anche a lui e lasciai che la sua sborra mi finisse un po’ sul viso e sul vestito.
Quella notte, dormimmo insieme per la prima volta, anche se non accadde nulla: ma sapevamo entrambi che gli argini erano rotti.
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