L'adulterio di Franco Bianchi - Ep.6. “E lei volò tra le sue braccia”

di
genere
tradimenti

Il lavoro filò via senza pensieri, ma quando tornò a casa e la trovò vuota, si rese conto di quanto gli mancasse Ludovica. Pensò anche di chiamarla, cosa strana visto che per lui il telefono era solo un attrezzo di lavoro molto poco amato. Gli era arrivato un messaggino in cui lei scriveva che non sarebbe rientrata per alcuni giorni e per lui andava bene. Gli bastava sapere che sua moglie stava bene, che stava facendo il suo importante lavoro, che era realizzata. Così decise di uscire, vedere gli amici del suo giro, mangiare qualcosa al bar dove c’era una partita di Champions da vedere.
Ma dopo i supplementari al bancone, aveva dovuto tornare di nuovo nella casa vuota. Si era addormentato pensando che senz’altro il giorno dopo l’avrebbe chiamata.
Invece il giorno dopo, quando tornò da lavoro, lei era a casa. La vide alla finestra (lo stava aspettando). Si sorrisero, lei alla finestra della cucina, lui sul vialetto, poi lei corse alla porta e volò tra le sue braccia come una rondine. Doveva essere rientrata nel pomeriggio, perché aveva ancora i capelli bagnati ed era avvolta nell'accappatoio fregato in quell’albergo in Austria, quello con le saune. Lo baciò con foga, poi prese a dargli buffi bacetti su tutto il viso, mentre lui rideva. Poi si fermò, e lo guardò seria. Prese a indietreggiare verso la porta tenendolo per mano, senza smettere di guardarlo in quel modo, con i suoi occhi blu. Franco pensò che quel pianeta andava salvato anche solo per quegli occhi blu.
Ludovica spinse con il fondo schiena la porta d’ingresso e con una mano sciolse l’accappatoio, ma nemmeno allora Franco distolse i suoi occhi da quelli di lei, né li distolse quando, una volta dentro, lei lasciò scivolare a terra l’accappatoio. Però la baciò con tutta la passione del mondo, con tutto il piacere strano di chi ama rivedere un vecchio film, già visto più e più volte fino a impararne le battute, che però ad ogni visione sorprende.
Mentre lei si abbandonava sul divano per farsi adorare come una diva del muto, lui prese ad onorarne con la bocca i seni, i fianchi, l’ombelico, il collo, i piedi, l’incavo del ginocchio, le cosce e prima ancora che le mani di lei l’avessero liberato dai vestiti, fu finalmente dentro di lei, dentro il suo nido caldo, la sua tana. Ed erano le labbra di Ludovica, i fianchi di Ludovica, i seni di Ludovica, le ginocchia di Ludovica. Ludovica, Ludovica e ancora Ludovica. Gli erano mancate le sue mani sulla schiena, le sue cosce attorno ai suoi fianchi da sciatore, il corpo agile di Ludovica sotto il suo, la sua fica, la sua fica, la sua fica, come ripeteva ad ogni colpo. Sentiva i suoi gridolini, e li conosceva bene, e tra quei gridolini le scappò un “ti amo” e lui lo sentì bene, come se non ci fosse altro al mondo da sentire, e ripeté anche lui, quella frase, e poi la baciò, e la scopò ancora, e ancora, e poi lo ridisse ancora, e anche lei lo fece, e poi tutto scoppiò, lui scoppiò, lei scoppiò, e furono ancora baci, e poi solo riposo, e una strana euforia placida, che si trasmetteva da un cuore all’altro, mentre i due muscoli cardiaci si calmavano ascoltandosi l’un l’altro attraverso i petti.


continua...

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scritto il
2023-04-17
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