La signorina handicappata

Scritto da , il 2012-10-03, genere prime esperienze

LA SIGNORINA HANDICAPPATA
Giorno di Febbraio, tetro, freddo e piovoso. Per consegnare i dattiloscritti da tradurre vado dalla Signora Julia. La signora abita al quinto piano di un grosso condominio. È separata da alcuni anni e vive con la figlia Anne Liese.
Suono il citofono, salgo al pianerottolo e aspetto l’ascensore. Questo ambiente pieno di marmi e ringhiere è squallido e triste come un cimitero.
Arrivato al quinto piano, la porta dell’appartamento si apre e sono accolto in salotto. La signora, biondissima, indossa un vestitino corto e mi fa sedere sul divano accanto a lei. Mi è molto vicina e accavalla le gambe guardando i fogli che ho portato da tradurre. Mi versa del whisky, beviamo, fumiamo, poi la signora, accostandosi di più a me, mi dice:
“Avrei da chiederle una cosa, ma non so se posso...”
Sento l’alito profumato della signora.
“Mi dica pure. Se ha bisogno di qualche lavoro, sono a disposizione.”
Suppongo che ci sia la tapparella da aggiustare, o il rubinetto che perde. È già successo altre volte.
“No. No. Non si tratta di lavori in casa. Sapesse, è una cosa delicata.” Fa una pausa poi mi chiede: “Lei ha una mentalità aperta vero?”
“Oh sì, molto. Sono anticonformista per natura.”
“Non si scandalizza di niente? Non si stupisce di niente?”
“Sono stato capellone, hippy, bohemien...”
“Oh, come mi sento sollevata... Lei mi toglie un peso dal cuore. Sa, si tratta di mia figlia...”
“Anne Liese?”
“Sì, proprio lei. Vi siete salutati la settimana scorsa e adesso... Ella ha delle... idee fisse, ma è intelligente e brava nonostante il suo handicap.”
“Sì. Lo so, ne ho conosciuto altri come lei che mi hanno stupito per la loro ricchezza interiore.!
“Oh! Cosa mi dice! Sapesse. Lei è proprio la persona che ci voleva... Perchè, vede, Anne Liese ha un debole per lei; sì proprio così, ha preso una cotta. Poverina, nelle sue condizioni, capisce? Lei è l’unico amico che ha. Le sue compagne la deridono, la prendono in giro. Con i maschi non parla mai, non ha conoscenze né amicizie...”
“Beh, io non ho fatto niente di speciale...”
“Non dica così. Lei è l’unico che le sorride, che la saluta, che le dà la mano quando la incontra. Allora Anne Liese è felice. Sapesse che ragazza timida, vergognosa e schiva che è... A causa del suo handicap... Lei capisce vero?”
“Sì. Certo.”
“Lei è l’unico amico che mia figlia conosce. E non ci sono possibilità che qualcun altro la frequenti.”
“Ma no, non dica così.”
“Chi suppone che arrivi? Un fidanzato? Nelle sue condizioni... No! Resterà sola e zitella... per tutta la vita”
La signora Julia tira fuori il fazzoletto e si asciuga le lacrime. Io, sempre più imbarazzato, non so cosa dire.
Poi lei riprende a parlare: “Eppure è una bella ragazza sa? Nel fisico, intendo... Non badando all’handicap...”
“Sì, è molto bella.”
“Lei è troppo buono. Comunque io posso dirlo perchè le faccio il bagno tutti i giorni... E ha anche il suo ciclo, sa?”
Rimango silenzioso, non sapendo cosa dire. La signora Julia riprende: “Eh già! La natura fa strani scherzi. Prima condanna una ragazza alla solitudine, facendola nascere deforme. E poi le dà esigenze e desideri come una ragazza normale... o forse di più ancora... Lei capisce vero?”
“Sì.” Annuisco.
“No. Non può capire. In certi giorni, dopo il ciclo intendo, Anne Liese va in... escandescenze... e si contorce, chiama, desidera... spasima... Eh sì! Vorrebbe un maschio. Peccato che non lo avrà mai. E per tutta la vita sarà così. È terribile vero?”
Silenzio. Poi riprende sottovoce: “Se almeno una volta, una volta sola nella sua giovinezza conoscesse... l’amore... Ma no! Cosa dico! È impossibile! Nessuno mai la vorrà. Nessuno...”
E riprende a piangere. Poi mormora sottovoce: “Se qualcuno vedesse quello che vedo io quando Anna Liese ha le crisi... No, il mio ex marito è sempre all’estero e non sa... Ma io... Tocca a me calmarla...”
E poi alzando la voce: “E’ peggio di una cavalla! Certe volte... scalcia, urla e si inarca sul letto. Suda, schiuma come una cavalla. Ha provato anche il dottore con i tranquillanti. Niente da fare. Così io, a volte, per calmarla... la devo toccare in quel punto... Lei capisce vero? Ma ci vorrebbe un uomo, un maschio, almeno una volta nella vita. Invece non lo troverà mai!”
La signora Julia appare sconsolata e riprende a bere il suo whisky. Io penso. Cosa vorrà dire con tutti questi discorsi? Così provo a dire: “Signora, la prego, si calmi. A quanto ho capito Anne Liese avrebbe bisogno di un fidanzato e io...” stavo per dire che potrei cercarne uno.
Ma la signora si alza e mi abbraccia contenta: “Oh! Lei! È il cielo che lo manda! Veramente lei si sentirebbe di...”
“Sì.” Rispondo senza sapere bene cosa bisogna fare.
“Grazie. Grazie. Grazie.” Dice commossa fino alle lacrime. Poi riprendendosi: “Sa, la mia bambina è ancora... vergine... e ci vuole molta cautela... capisce...”
“Sì, certo.” Rispondo sempre più sbalordito.
“E poi io dovrei vedere... capisce... come e fino a che punto... oh! Stando nascosta... per non disturbare... capisce?”
“Sì, certo.”
“Bene. Quando crede che si possa fare? Domani?... O adesso?”
“Anche adesso...”
“Ohhhh! Venga con me allora. Prego.”
Mi guida in un’altra stanza e poi in un corridoio. Apre una porta: un bagno.
“Se prima volesse...”
Entro nella toilette e faccio scorrere un po’ l’acqua. Ma cosa sta succedendo? Giuro che non lo racconterò a nessuno altrimenti mi crederanno pazzo. Dopo un po’ esco e il corridoio è vuoto. No. la signora Julia esce da una stanza e chiama: “Venga. Venga. Prego. Prego. Entri” dice tirandosi da parte e poi: “Anne Liese, cara, guarda chi è venuto a trovarti.”
Un po’ emozionato entro in una stanza da letto, semioscurata. Odore aspro di sudore. La ragazza sta seduta sul letto con la schiena appoggiata al cuscino.
“Le ho fatto prendere la pillola... Lei capisce... così adesso è al sicuro...”
Un po’ imbarazzato mi avvicino al letto. Accarezzo i bei capelli neri della ragazza e lei con uno scatto mi graffia a sangue la mano. Mi tiro indietro e rimango vicino alla porta.
Sua madre interviene: “Vergognosa! È peggio di una gatta in calore... Ci penso io... la ammansisco io questa selvaggia... Una bella sculacciata la renderà più mansueta e ragionevole...”
Volta la ragazza a pancia in giù, tira su la sottoveste e giù le mutandine di pizzo. Io, che intravedo qualcosa, ho un brivido. Cribbio! Che culetto! Soffice, morbido, bianco, paffuto. Che chiappe! Che culo nascondeva questa qui sotto alle mutandine. Il culetto è sporgente, bianchissimo; ma non rimane bianco per molto tempo.
La signora Julia incomincia a sculacciarlo vigorosamente. La stanza si riempi di schiocchi, di strilli e di sussulti. Io, mi sento tutto emozionato e mi allontano.
Quando la signora smette, la ragazza continua a pianger; poi emette una scoreggia e ride divertita.
La signora Julia si arrabbia ancora di più. “Ah! Piccola sporcacciona, sudiciona...”
E così dicendo prende dal comò una spazzola col lungo manico e incomincia a batterlo sul sederino nudo gridando: “Ti faccio vedere io.” Ciack
“Ahi!”
“Adesso ti insegno io.”
Ciack
“Ahi!”
“Se te le meriti te le dò sante.”
Ciack
“Ahi!”
“Anzi sacrosante.”
Ciack
“Ahi!”
“E di più ancora.”
Ciack
“Ahi!”
È tale la furia con cui colpisce, che la spazzola le sfugge di mano e va a rotolare sul pavimento. Allora la signora Julia prende un battipanni e prosegue l’educazione della figlia.
Dopo un simile esercizio, Anne Liese appare più ammorbidita. Sua mamma le ricompone i vestiti parlando forte: “Questa bambina è troppo focosa... Ha troppi ardori... Ci vuole qualcosa che la calmi... Ci vuole una bella doccia...”
La signora Julia pettina sua figlia, ancora piangente, la mette composta sul letto e mi dice: “Ecco. Adesso questa bella bambina è tutta sua.”
Poi a passi svelti esce dalla stanza. Siamo rimasti soli, io e la ragazza. Io guardo Anne Liese. Ha il viso un po’ storto, la bocca ha una smorfia. Non è certo una bellezza, no. poi guardo più in giù. E qui le cose vanno meglio. Che gran pezzo di gnocca!
Anne Liese indossa una camicia bianca di pizzo. Si vede la forma dei seni sotto la camicia; si vedono i capezzoli erti e duri. Mai visto capezzoli così, per diavolo!
Mi volto indietro; la signora Julia ha chiuso la porta e adesso siamo soli, io e Anne Liese. Mi avvicino di più al letto. La ragazza mugola qualcosa, poi ride. Io mi avvicino e le prendo la mano. È una mano rattrappita, con le dita storte dalla poliomielite. Ma è ugualmente una bella manina femminile.
“Ciao Anne Liese, come stai?”
“Aaahhh...”
Le tette sono gonfie e dure e le sfioro. Poi sollevo gentilmente le tette da sotto e le lascio cadere... Cazzo! Che tettona!
La ragazza adesso ride, mi prende la mano, la mette sopra alle tette e la tiene lì...
“Che pezzo di gnocca questa ragazzona! Che gran bernarda! Ma adesso? Con la mano libera le accarezzo i ginocchi, poi risalgo le gambe... La camicia si apre. Vedo le mutande, vedo il rigonfiamento del pube... Vedo le cosce bianche... mamma mia, mi sento male. Un odore caldo di femmina sana proviene da sotto la camicia.
Per non apparire troppo precipitoso provo ad accarezzarle il corpo, il viso, i capelli. La ragazza seguita a mugolare.
A questo punto vorrei metterla più comoda, ma non si può. La ragazza è semiparalizzata in quella posizione ed è come una bambola di vetro. Non so come muoverla, come farle cambiare posizione. Allora le bacio la parte superiore delle tette, sopra alla scollatura. Anne Liese lancia un urlo. Io mi stacco. La ragazza mi tira la mano verso di lei. Tira. Tira. I seni di Anne Liese si alzano e si abbassano col suo respiro ansante.
Fa caldo. Riproviamo. Per far meglio tiro giù il reggiseno e le tette saltano fuori, bianche, gonfie e dure. Adesso accarezzo le tette nude e sento un gran caldo. Sollevo le tette da sotto... le lascio cadere... le risollevo... Le tette saltano, vibrano, si ergono sotto le mie carezze. Anne Liese diventa rossa in faccia e straluna gli occhi...
Emh... Mi sento tutto eccitato. Non vorrei che sua mamma intervenisse proprio adesso... Beh... Intanto diamo un’occhiata alle gambe. Tiro su la camicia... Dio che lampo bianco. Le cosce biancheggiano fra i pizzi bianchi. Leccherei il culo a questa qui. Beh. Calma. La ragazza si dimena, arrossisce, sospira...
Anne Liese mugola, si agita, dice frasi incomprensibili. Capisco che vuole uscire dal letto e mettersi in piedi. La aiuto, abbracciandola e palpandola bene. Seguono risatine e gridolini.
Quando è in piedi, sul tappeto, vedo che è storta, semiparalizzata e si regge appoggiandosi al letto o a me. Il suo sedere è sferico, morbido, sporgente.
Tiro su la sottoveste e lo palpo bene. Poi tiro giù le mutandine e mi chino per baciarlo. Mi piace molto baciare i culetti femminili. Lo farei con tutte. Bacio e lecco il buchino di Anne Liese. È umiliante per i maschi, è antigenico, ma è così piacevole.
Apro bene le cosce. Lecco. Spingo la punta della lingua dentro il buchino. Che bello! Ci infilo un po’ il dito, poi torno a leccare. Che bel culo! E più in là c’è quell’altra cosa... Da dietro vedo il pelo folto e nero... Che pezzo di fica! Poi la vestaglia della ragazza cade giù e non vedo più niente.
Allora mi alzo e vado davanti per baciare Anne Liese. Mi piace sempre baciare la bocca delle donne dopo averle baciato il culo. È una piccola vendetta, un po’ di sadismo dopo il masochismo. Così se hanno il culo sporco lo sentono sulle labbra.
Gioco con le tette di Anne Liese. Sono morbide, grosse, bianche. I capezzoli si allungano e si drizzano. Questa qui fra poco farà il latte...
Le tette ballano fra le mie mani. Il cazzo si contorce nei pantaloni.
Mi giro indietro e vedo che siamo soli. La stanza è vuota e in penombra. Allora mi arrischio a tirarmi giù i pantaloni per mettere il cazzo in libertà. Fa troppo caldo. In un attimo sono nudo e denudo la ragazza.
La stringo forte a me fino a toglierle il respiro. L’abbraccio con il corpo e con l’anima sentendomi svenire. Anne Liese mugola, grida, ride, balbetta... Dio! Dio! Resterei abbracciato a lei per l’eternità. Sento le tettone schiacciate contro di me. Sento le cosce morbide sotto le mani; accarezzo schiena, capelli, culo; e poi ancora schiena, capelli, culo...
La prendo in braccio e la deposito sul letto. Poi le apro le gambe e immergo la faccia nei peli del pube; la sua peluria è morbidissima, sottile, sembra di seta. Continuando ad accarezzare il monte di venere, arrivo alla fica. Aveva detto giusto sua mamma; la fica di Anne Liese fa schiuma e palpita. È rossa, umida e si contrae.
Salgo sul letto; con una mano le apro la fica; con l’altra mano mi prendo il cazzo e tento di infilarlo. Devo fare tutto da solo perchè lei non mi aiuta. Il pelo si intromette e lo sento sul glande. Riprendiamo. Apro la fica scostando il pelo.
Dopo due o tre tentativi riesco... spingo... Lei manda un grido acuto e aspro. Un mugolio, una risatina. Io chiudo gli occhi e monto... monto... Sento gridi, risatine, urli e ondate di piacere che vorrei non finissero mai.
Invece tutto finisce: la sborrata e poi il vuoto, lo sfinimento, la stanchezza....
Stordito e sfinito mi alzo dal letto e vedo la macchia di sangue sul lenzuolo. Sua mamma aveva detto la verità.
Imbarazzato mi alzo in piedi e incomincio a rivestirmi. Ho appena tirato su i pantaloni quando sento la voce della signora Julia: “Vuole lavarsi? Il bagno è di qua. Vuole un caffé? Uno zabaione?”
Io mi abbottono malamente la camicia e seguo la signora; mi sento imbarazzato e vergognoso.
Ritorniamo in salotto per bere il tè. Io sembro reduce da un combattimento, ansante, sudato, spettinato, col vestito in disordine...
La signora Julia è molto diplomatica e finge di non accorgersene. Parla del tempo, delle stagioni, delle notizie alla radio; fa discorsi generici che non sfiorano quello che è appena successo. Io per togliermi dall’imbarazzo fingo di avere molta fretta, di essere in ritardo.
Mi infilo il cappotto nella saletta. La voce della signora Julia mi arriva inaspettata alle mie spalle: “Grazie, anche a nome di Anne Liese. Adesso la bambina starà calma. Se vuole, venga a trovarla ancora, una volta alla settimana...”
L’ascensore è occupato e scendo cinque piani di scale a piedi. Fuori dall’androne, esco nella via fredda, nebbiosa e cammino pensando a quello che è appena successo. La vita è strana, imprevedibile; tutto è stato molto facile. La mia parte di salvatore di femmine, l’ho fatta.

Traduzione Febbraio 2009
FINE



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