L'ascensore
di
Vandal
genere
etero
L’ASCENSORE
Luglio. Afa. Il ventilatore che non smuove aria tiepida neanche a pregarlo. Condizionatore rotto. Fuori, il cemento del condominio è una piastra rovente. Sembra che il cielo stia bruciando. E non solo quello.
Orologio. Devo sbrigarmi. Colloquio di lavoro. Mi lavo, mi vesto, affronto il calore. In giro nemmeno un cane. Salgo sull’auto, aria condizionata a manetta. Via, sulle strade deserte e l’umidità che accartoccia l’illusione. Semaforo rosso. Due auto in transito. La città deserta come un film sull’apocalisse.
Eccolo, il palazzone con le vetrate scure, simile ad un monolite apparso da chissà quale epoca. Trovo parcheggio all’ombra di una tettoia a due isolati di distanza. Diavolo, avrei preferito più vicino. Percorro le zone d’ombra, respiro piano. Sembra che l’ossigeno se ne sia andato in vacanza. Invidio tutti quelli che hanno svuotato la città per andarsene al mare o in montagna.
Porta a vetri, apro. Stanza un po’ meno rovente. Un tizio grasso e pelato dietro il bancone con le mostrine di una guardia di sicurezza. Mi presento e dico che ho un colloquio al quindicesimo piano: “Virgin Tapes”. Quello mi osserva bene, annuisce, ammicca.
“Ascensore. Sul corridoio gira destra e contra tre porte” ringrazio e mi avvio agli ascensori. Tipo di lavoro? Sono stati piuttosto vaghi. Cercano uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 35 anni, prestanza fisica buona “Ma di cosa si tratta?” avevo chiesto
“Le faremo sapere dopo il colloquio” avevano risposto. Criptici e misteriosi. Spero non sia una di quelle società che coprono certi illeciti.
E si entra. Bello largo, pareti dorate, pure uno specchio. Arriva di corsa una donna. Galantemente le blocco le porte e la faccio salire. Ringrazia e si mette a fianco a me “Piano” faccio il galante esibendo uno dei miei sorrisi più carismatici
“Quindicesimo” dice lei. Non è tanto alta, porta i capelli neri a caschetto e ha una pelle liscia, quasi bianca. Gli occhi sono un netto contrasto, un bel azzurro cielo. Indossa un tayeur, con gonna fino al ginocchio e una giacchetta larga, aperta su una camicetta bianca. Potrebbe avere trent’anni. Belle forme anche.
Al settimo piano, l’ascensore ha uno scossone e si blocca “Ma cazzo” pigiò il bottone ma, nulla di che
“Questo è un bel guaio” dice la donna “Ma, si rimedia” schiaccia il pulsante della campanella.
Poco dopo, la voce metallica di un uomo, forse la guardia grassa vista poco fa “Ah, scusate il disagio. Siamo spiacenti ma, pare che l’ascensore si sia guastato”
“MA dai?” faccio sarcastico
“Può ripararlo?” chiede la donna
“Beh, non sono un meccanico. Devo chiamare qualcuno”
“Beh, si sbrighi, ho un appuntamento di lavoro tra un quarto d’ora”
“Beh, mi spiace ma, credo ci vorrà più di un quarto d’ora per far intervenire qualcuno”
“Cosa?”
“Sabato è una questione delicata. Sento se c’è qualcuno che non è andato in ferie”
“Magnifico” fa lei lasciandosi cadere contro la parete
Io, impassibile in un angolo “Almeno c’è l’aria condizionata”
“Diavolo” fa lei
“Anche lei alla Virgin Tapes?” chiedo
Lei mi squadra e annuisce “Colloquio?”
“Sì. Spero siano magnanimi e non ci dicano di passare un’altra volta”
“No, per questo no”
“Li conosce? Sa di cosa si occupano?”
“Ha accettato il lavoro alla cieca?”
“Beh, sono un po’ a corto”
“Beh, vedrà che si troverà bene. Il fisico ce l’ha”
“Mi sento come se fossi un prodotto da vetrina”
Lei sorride. Sta per dire qualcosa ma, la voce metallica si fa sentire “Allora, ho trovato un tecnico ma si trova in una città a circa venti chilometri da qui. Ci vorrà un po’ perché ora, è impegnato da un’altra parte”
“Un po’ quanto?” chiedo
“Un paio d’ore”
“Oh, cavoli” fa’ la donna
“Mi spiace ma non c’è altra soluzione” dice l’uomo al microfono
“Bene, pare che dovremo condividere lo stesso spazio per un po’” dico tendendole la mano “Mauro Zaverdo”
Lei ricambia “Berenice Milani”
“Non trovi che faccio un po’ caldo qui?” fa lei sventolandosi con le mani “Sembra una sauna”
In effetti fa caldo. Arriverò al colloquio conciato come Spongebob “Spero non finisca l’ossigeno” commento. Intanto la guardo questa donna di successo. O, almeno, credo lo sia. Sembra una top manager più che un’impiegata. Indovino le sue linee sotto la camicetta e la sua gonna e mi trovo a pensare com’è nuda.
Non realizzo subito. Lei si è tolta la giacchetta e l’ha appesa ad un gancio sulla parete “Allora, visto che siamo qui, chiacchieriamo un po’” dice lei slacciandosi i polsini della camicia “Sei single?”
“Lo sono”
“L’ultima fidanzata che hai avuto?”
“Beh, una certa Marisa ma, non la definirei una ragazza da fidanzamento”
Si slaccia il primo bottone. Il mio cervello realizza che la tipa è in calore e non solo per l’aumento di temperatura dell’ascensore. Si slaccia il secondo e poi il terzo. Sfila le scarpe “Qualcosa mi dice che hai voglia di generare altro calore”
“Tu non hai caldo?”
Mi sembra di essere in un film porno. Uno di quegli episodi dove due tizi si conoscono in maniera casuale e,poi, finisco per scopare ovunque capiti.
Lei ha finito i bottoni. Frammenti di pelle nuda si intravedono. Lei sorride. Incomincia a slacciarsi la cintura “Credo faresti meglio a toglierti i vestiti: tra poco farà caldo”
Bizzarra situazione. Se è un sogno non svegliatemi. Tolgo la giacca e l’appendo anch’io. Mi slaccio la cinta e comincio a slacciarmi la camicia.
Lei si gira, movimenti sensuali. Si estrae i lembi della camicia, fa scivolare le spalline. Pelle liscia, nuda. Si gira verso di me, la camicia che vola sul pavimento. Un reggiseno di pizzo nero che contiene delle bocce misura tre. Il mio cazzo si irrigidisce, vuole uscire.
La sua gonna scivola a terra. Altro pizzo nero, ventre piatto. Io rimango in boxer. Lei si avvicina, mi osserva. Io sento il suo corpo pieno premuto contro di me “Fa caldo”
“Molto caldo” annuisco
Lei si toglie il reggiseno, liberando le tette. Belle, piene, capezzoli di un color caffè. Le sue mani scendono e si infilano nei boxer, me lo stringono. Incomincia a masturbarmi in maniera lieve “Vuoi scoparmi?”
“Arrivati a questo punto, potrei rifiutarmi?” le afferro le tette, gliele strizzo, le pizzico i capezzoli
Via i boxer. Via le sue mutandine. Fica perfetta, peluria appena accennata. Ci baciamo, ci avvinghiamo, finiamo contro la parete a specchio “Scopami” La penetro. Fanculo il caldo. Ogni colpo la sbatto contro lo specchio, sperando non si rompa. Fanculo lo specchio. Via, lei che si avvinghia sulle spalle, affonda le unghie. La bocca sul collo come una ventosa, le sue tette che mi fanno la spagnola sulla faccia “Scopami! Scopami! Scopami!”
BANG!
L’ascensore si mette in movimento “Cazzo” facciamo insieme
“Stavo per avere un orgasmo” dice lei
“Io sto venendo” dico reprimendo il getto
Lei si abbassa di colpo e me lo ingoia. Mi libero dentro di lei
Le porte si aprono che lei si sta mettendo a posto il rossetto e io sto recuperando il fiato. Davanti a noi una donna sui cinquanta, una milf con un corpo da urlo “Signor Zaverdo” mi tende la mano “Veronica Zlatan, titolare dell’agenzia”
“Ah, piacere mio.. Mi scusi ma, l’ascensore..”
“Lo sappiamo” si rivolge a Berenice “Com’è andata?”
“Direi che va bene” si volge verso di me “E’ adatto”
Non capisco, mi sento confuso. “Adatto a che?”
“Ad essere una delle nuove star della nostra Casa di produzione”
Solo allora mi accorgo di quello che c’è alle spalle della milf. Manifesti di donne e uomini nudi, alcuni in atteggiamento di sesso anale, orale e vaginale “Fate porno”
“Sì, è lei è stato appena provinato” sorride la milf “Venga, mi segua nel mio ufficio. Stabiliremo i termini di contratto”
Berenice passa vicino a me e mi molla un biglietto da visita “Quando finisci, vieni a trovarmi. Stavolta, senza pubblico”
Beh.. è saltato fuori che l’ascensore bloccato era una scusa, un metodo per provinare gli ipotetici e futuri attorni delle porno produzioni.
Sì, ho accettato di diventare un porno attore. Si, ho rivisto in privato Berenice. Sì, la milf si è fatta un giro con il sottoscritto ma, teniamoci queste altre avventure erotiche per un’altra volta.
((p.s:poi, Idea Clito, darà una sua versione sulla storia dell'ascensore))
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