“Com’ è difficile restare padre quando i figli crescono e le madri imbiancano”

Scritto da , il 2022-01-01, genere etero

Che troia! E com’è stato?

Una figata! Ero un po’ inibita all’inizio, poi un paio di cannette hanno sciolto i tabù e mi sono lasciata andare. Ed è stato piacevolissimo !

Così rispondeva la mia dolce figliola Agata alla domanda della sua migliore amica Clizia.
Ero rientrato dal lavoro nel pomeriggio e ne avevo approfittato per schiacciare una piccola pennichella ristoratrice. Mia figlia mi aveva avvisato che nel pomeriggio sarebbe venuta a trovarla la sua amica per ripetere insieme filosofia. Entrambe frequentano l’ultimo anno di liceo, si sono incontrate durante il loro percorso scolastico nel biennio, Clizia quell’anno era stata bocciata e si ritrovò in seconda superiore nella stessa classe di Agata, da allora sono diventate inseparabili. Oggi hanno raggiunto entrambe la maggiore età, Agata 18 e Clizia 19, tuttavia per un genitore, come molti lettori converranno, staccarsi dall’idea di avere a che fare con delle sempiterne bimbe non è facile, per noi padri poi loro sono e rimarranno bimbe per tutta la vita e io francamente non faccio certo eccezione rispetto a tale convinzione, quindi potete figurarvi il mio stupore quando per caso mi trovai dinanzi alla immediata realizzazione del caso.
Alle 16:00 il campanello che annunciava l’arrivo di Clizia mi fece destare dal mio riposo, dopo pochi secondi le voci in salotto tra le due ragazze fecero il resto e quindi decisi di abbandonare il mio comodo giaciglio. Prima di alzarmi, attesi che le ragazze si dirigessero nella camera di Agata e quando lo fecero andai a prepararmi un buon e fumante caffè. Rifocillatomi a dovere guadagnai il bagno, mi feci una doccia con molta calma e al termine in accappatoio ritornai in camera. Il bagno in casa nostra è situato nell’ultima porta del lungo corridoio e per raggiungerlo bisogna attraversarlo tutto, questo vuol dire passare accanto alle altre stanze lì ubicate, tra cui quella di mia figlia. Arrivato all’altezza della sua porta udì le ragazze conversare a voce alta, in un primo momento pensai stessero litigando, stranito mi fermai di colpo per capire cosa stesse succedendo. Poi le voci si fecero più nitide e in realtà scoprì che stavano solo scherzando tra loro. Rassicurato mi accinsi a ritornare in camera se solo non fosse stato per quelle paroline uscite dalla bocca della mia “candida” figlia Agata.

C :-Che troia! E com’è stato?

A : -Una figata! Ero un po’ inibita all’inizio, ma un paio di cannette hanno sciolto i tabù e mi sono lasciata andare. Ed è stato piacevolissimo !

Incuriosito mi accostai in punta di piedi alla porta.

C:- Ti sei anticipata il regalo di Natale, brutta sgualdrinella … Dai ora non fare la stronza e raccontami tutto, ti sei fata penetrare anche dietro? Dai racconta stronza …

A:- Allora cara la mia amica curiosa! Io non avevo assolutamente voglia di farmi sodomizzare, ma sai … in quei momenti si ragiona poco, ci si abbandona al piacere più totale e basta. Perciò dopo mille baci, carezze e orgasmi continui, bhe ho ceduto alla tentazione e così, si. Ho concesso il mio culo prima a Diego e poi a Giuliano.

C:- Wow! Che insaziabile zoccolona…

Ero impietrito e a fatica trattenevo il respiro, si lo so, me lo sono sentite dire tante volte:

“un giorno diventerà una donna e…”

lo dicevano in tanti, forse anche scherzando, ma scoprirlo così, all’improvviso e in questo modo barbaro mi lasciò interdetto. Intanto le due continuavano a parlare liberamente come due comuni “scaricatrici di porto”

C:- Hai capito, la secchiona Agata, con i suoi occhialini il capo sempre chino sui libri cosa combina alle feste private dei rampolli della città bene …

Di tutta risposta, ridendo, Agata le fece eco:

A:- Senti chi parla, la puttanella che si fa chiavare dall’amico di famiglia, sposato con due figli di cui uno nostro compagno di classe.

A questo punto risero tra loro, lasciandomi davvero di sasso.

Possibile che fossero le attrici di un universo così indecente?

Ero inquietato e anche incazzato, ma non era affatto finita. Dopo quelle risatine Clizia riprese il discorso:

C:- Ti invidio stronza! A proposito, lo sai che ormai sono 3 mesi che non scopo? Il paparino appunto mi ha scritto che ha bisogno di un momento di pausa perché è in crisi con la cornuta e quindi deve risolvere qualche incomprensione. Guarda leggi cosa mi ha scritto. Patetico!

Dopo un attimo di silenzio, riprese Agata:

A:- Ah finalmente la moglie ha fiutato qualcosa! E Rudi?

C:- Quello è uno stronzo! Ora sta frequentando Paola quella sgallettata insignificante e non ha tempo per me.

A:- Ah! Povera amica sei rimasta senza cazzo?

C:- Aaaaah! Lasciamo perdere … mi farò qualcuno presto, magari il Prof. di filosofia, un bono lui!

A:- Mmmmh! Sarà dura quello ha troppi principi morali.

C:- Vero! Che palle. Assomiglia tra l’altro a tuo padre, anche lui un bell’uomo eh!

A:- Eccola là ! Ogni volta che devi fare un parallelo con qualcuno tiri fuori mio padre!

C:- Lo sai! Te l’ho detto un sacco di volte da lui mi farei scopare in tutte le posizioni e al contrario di te non esiterei a dargli il culo nemmeno per un attimo ,ioooo!

Aspettavo una reazione da Agata a quelle parole, ma forse abbozzò soltanto una smorfia, infatti Clizia proseguì:

C:- Non fare quella faccia, dai! Lo sai che è molto carino, infatti la bellissima donna di tua madre avrà avuto sicuramente delle ragioni grandi quanto una casa per lasciarlo. Non puoi assolutamente dire che non è figo.

Lo ammetto, queste parole aumentarono a dismisura la mia autostima, anche se ero sconcertato perché stavo scoprendo un mondo che non immaginavo, per mia figlia, così scandaloso.

A:- Mmh! Si è vero è bono, ma è pur sempre mio padre, scema!

C:- Te lo devo dire amica mia, io qualche volta nel letto mi sono masturbata pensando a lui.

Agata ridendo:

A:- Dai smettilaaaaaaa!

C:- Te lo devo proprio chiedere, amica mia, dimmi la verità cosa ne pensi del cazzo di tuo padre?

Agata tentennò per un attimo prima di rispondere, poi in un misto di imbarazzo e divertimento, rispose

A:- Diciamo che da quello che ho visto è messo abbastanza bene, contenta?

C: Lo immaginavooo!! Mmmh!!

Ora basta parlare di cazzi e pensiamo a filosofia? Che dici?

Dopo le ultime rivelazioni ero ufficialmente terrorizzato!
Mi mossi velocemente verso la mia stanza, chiusi a chiave e mi buttai sul letto rielaborando tutto ciò che avevo ascoltato. Era da non crederci la mia piccola Agata che si vantava di essere stata inculata ad una festa da due ragazzetti ed estimatrice delle dimensioni del mio uccello, la sua migliore amica che si scopa il padre di un loro compagno di classe e che pensa a me quando si masturba. No, no … troppe informazioni in una volta sola, avevo bisogno di una birra. Mi rivestì veloce ed uscì, raggiunsi il mio solito bar e ordinai la mia fottuta birra. Mi guardavo intorno senza fare caso alle decorazioni natalizie all’interno del locale, compreso il mega albero alle mie spalle che mi fece notare solo Alessandra la cameriera, la quale serviva le ordinazioni tra gli avventori in cerca di complimenti per quella che considerava la sua monumentale opera. Nella testa svolazzavano ancora le parole di mia figlia e della sua amica e di conseguenza iniziai a farmi una serie di interrogativi sul fatto che forse avrei dovuto insegnarle a rispettare di più il proprio corpo e perché no anche qualche lezione circa l’educazione sessuale.

-Com’è che sono arrivate a tanto?

-I tempi sono così cambiati da disinibirle fino a questo punto?

-Io ho sbagliato qualcosa?

Ovviamente a tutte queste domande non trovai molte riposte e dopo una seconda birra, uscì dal bar con molti più pensieri di prima. Durante il tragitto pensai se non fosse il caso di parlare con Agata della sua vita privata, forse una cenetta tra me e lei toccando le giuste corde e usando le eque parole avrebbe aperto l’argomento sesso. Mi convinsi a farlo. Rincasai poco prima dell’ora di cena e rientrato mi diressi in cucina per preparare qualcosa di sfizioso, armeggiavo già con le padelle quando Agata e Clizia si presentarono insieme in cucina entrambe con in testa un cappello da Babbo Natale canticchiando canzoncine natalizie, terminato l’intermezzo si avvicinarono ai fornelli e Clizia mi salutò disinvolta:

C:- Salve Andrea

I:- Oh ciao Clizia, pensavo fossi già andata via.

Rispose mia figlia:

A:- No papi, stasera Clizia, rimane a cena con noi se non ci sono problemi, dobbiamo finire una traduzione di latino.

Mi tonarono alla mente i suoi appetiti nei confronti del sottoscritto, ma feci finta di nulla e voltandomi verso il forno, risposi che ovviamente non c’erano problemi.

A:- Ok, noi torniamo a studiare papi, a dopo!

C:- A dopo Andrea

Le salutai e ritornai a trafficare in cucina.

E ora? Che cazzo faccio?
Mi sento lievemente imbarazzato ad avere al mio stesso tavolo l’amica di mia figlia che spasima per me e che magari sotto la doccia o in camera sotto le coperte si masturba pensando a me, inoltre sapere che mia figlia lo sappia e che la assecondi non mi aiuta. Tra l’altro questa Clizia non è per niente male: lunghi capelli biondi, occhi chiari, fisico asciutto ma molto notevole. Poi devo ammettere che quella sera i jeans stretti le fasciavano un culo indubbiamente tondeggiante e le sue tette, anche se piccole, apparivano ben distribuite e distinte sotto quel maglioncino colorato. Concentrai la mia attenzione sui preparativi della cena, e sfornai una serie di antipasti sfiziosi prima di lanciarmi su uno dei miei classici da cucina: il pollo al curry. Alla fine dei preparativi chiamai le due ragazze che affamate si riversarono velocemente in sala. La cena fu gradita da entrambe e Clizia ad ogni porzione non si faceva sfuggire occasione per complimentarsi riguardo le mie doti culinarie disinteressandosi delle occhiate stizzite di Agata a quei stucchevoli complimenti. Alle 21:00 terminata la cena liberai il tavolo, Clizia si offrì di aiutarmi ma rifiutai la sua assistenza con cortesia adducendo che per me non era una difficoltà rigovernare il tutto da solo. Convinte le due ragazze si diressero verso la camera di Agata lasciandomi solo. Mentre rigovernavo, pensai che per tutta la cena ero stato costretto a ignorare le occhiate fugaci di Clizia, infatti appena mia figlia si distraeva i suoi occhi si stampavano su di me e quando i nostri sguardi si incrociavano i suoi occhi divenivano radiosi e fioccavano abbondanti sorrisi che si interrompevano repentinamente appena mia figlia si voltava verso di lei. Per tutta la cena cercai di non abboccare alle sue provocazioni, mi contenevo ed evitavo di chiacchierare di argomenti che riguardassero solo lei. Clizia nonostante il mio disinteresse non si perse d’animo e in un occasione riuscì anche ad avvicinarsi e ad accarezzarmi le spalle. Lo fece prontamente e nel momento in cui posai sul forno la pietanza da riscaldare, Agata era impegnata a fare zapping in tv e quindi voltata in tutt’altra direzione, velocemente con la scusa di prendere una posata dal ripiano affianco a me, ne approfittò, passandomi dietro le spalle. Si poggiò su di esse per passare tra me e lo schienale della sedia dietro e con forza le palpò, massaggiandole per qualche secondo, quando mi voltai mi sorrise con dolcezza e poi prese le posate di cui abbisognava, allontanandosi fisicamente, ma mantenendo il suo sguardo vigile addosso a me con un sorriso. Quello sguardo ammetto che mi turbò intimamente e sinceramente non mi lasciò privo di suggestione. Caricata la lavastoviglie raggiunsi il salotto e mi sistemai sul divano. Clizia sarebbe andata via a breve, il giorno dopo le ragazze avevano scuola e così in attesa che lei andasse via mi dedicai allo ricerca di qualche programma interessante in tv, ma il vero film lo avrei vissuto da lì a poco. Infatti mentre continuavo a fare zapping squillò il telefono era Vera la mia ex moglie, dal tono di voce sembrava leggermente nervosa. Mi spiegò che il suo compagno aveva avuto un sinistro e doveva raggiungerlo in ospedale, ma per farlo aveva bisogno di mia figlia Agata in quel momento. Mi chiedeva infatti se la potesse raggiungere a casa per dormire con la sua piccola creatura di 5 anni in modo da permetterle di raggiungere l’ospedale. Le dissi che avrei parlato con Agata e che l’avrei accompagnato immediatamente in auto da lei, ma Vera mi fece notare che nostra figlia avrebbe fatto prima a raggiungere il suo appartamento a piedi. La mia ex compagna, con cui ho mantenuto dopo il nostro divorzio buoni e civili rapporti, non si è trasferita molto lontana dalla zona dove abito attualmente con mia figlia, infatti vive con il suo nuovo compagno nella zona centrale della città a pochi minuti da casa nostra, in pratica si fa prima ad arrivare a piedi che con l’auto, così considerato il fatto che viviamo in una città davvero tranquilla, considerato che non fosse un orario così tardo, e che effettivamente tra traffico e semafori in auto ci avremmo messo mezz’ora, le dissi che avrei chiesto ad Agata di raggiungerla il prima possibile. Messo giù il telefono avvisai subito mia figlia di quanto accaduto e lei, molto legata alla piccola sorellastra, ovviamente si riordinò e si precipitò di corsa in suo aiuto. In pochissimi minuti era già sull’uscio della porta.

I:- Dov’è Clizia?

Le chiesi prima che uscisse

A:- E’ in balcone al telefono papi, non ho tempo di aspettarla. Vado da mamma. Se non dovesse riuscire a prendere il bus accompagnala tu a casa per piacere. Ti chiamo dopo!

E sparì sul pianerottolo, lasciandomi con questa mezza svitata in casa. Ritornai in salotto in attesa che la ragazza finisse di interloquire al cellulare e dopo quasi 10 minuti, la vidi comparire in soggiorno.

C:- Andrea, dov’è Agata? L’avevo lasciata in camera, ma ora non la trovo più.

I:- E’ andata di corsa a casa di sua madre per accudire la piccola, perché il compagno di Vera ha avuto un piccolo incidente e le ha chiesto di passare la notte con la bambina.

C:- Mi spiace … spero non sia nulla di grave!

I:- Tranquilla a quanto ho capito non dovrebbe essere nulla di grave. Mi ha detto Agata che hai bisogno di un passaggio per tornare a casa perché forse a quest’ora non faresti in tempo per la prossima corsa in bus, quindi ti accompagno in auto se per te va bene.

Cercavo di mantenere un sguardo stabile e verosimile nonostante tutto ciò che avessi udito uscire dalla sua bocca durante il pomeriggio sul mio conto.

C:- Si, va bene, sei gentile. Dobbiamo andare adesso? Perché avrei bisogno di qualche minuto per finire di copiare la traduzione. Posso chiedere ancora 10 minuti?

I:- Certo, figurati. Quando hai finito vieni direttamente in salotto e ti riaccompagno.

C:- Ok, grazie. A tra poco

Clizia, lasciò la stanza per recarsi in camera, aveva retto la conversazione con naturalezza, come se durante la cena non si fosse comportata nei miei riguardi in quel modo insolente e provocatorio. Rimasto solo pensai che forse avevo dato un po’ troppa importanza a quegli sguardi e a quei sorrisini considerati smaliziati probabilmente da quello che avevo origliato qualche ora prima. Mi convinsi che mi ero fatto fuorviare da questo preconcetto e che conseguentemente stavo paragonando un atteggiamento innocente di una ragazzetta a quello di una ragazza da strada. Quella breve conversazione con lei mi rasserenerò e mi convinse che avevo esaminato la ragazza in modo troppo frettoloso, così attesi che finisse il suo compito sul divano. Avevo chiuso gli occhi forse da qualche minuto, quando dei passi nel corridoio mi destarono nuovamente. Dischiusi gli occhi e vidi Clizia varcare la porta di ingresso del salotto con addosso soltanto il cappellino da Babbo Natale, un reggiseno nero, un perizoma nero e le scarpe sportive. Mi fregai gli occhi con le mani cercando di capire se fosse un sogno, ma non lo era, lei avanzava sicura, in silenzio e con lo sguardo fisso su di me come una leonessa predatrice nella savana. I suoi occhioni erano dei fari e non dissuadevano lo sguardo dai miei. Giunta di fronte a me si fermò con le mani sui fianchi scrutandomi con uno sguardo quasi minaccioso. Ho incontrato diverse donne mature con quello sguardo energico e deciso, ma non mi era mai capitato di percepirlo tramite gli occhi di una ragazzina della sua età. Dopo uno scambio di occhiate, Clizia, fece un giro su se stessa mostrandomi le sue sinuose gambe e il suo pezzo forte un culo magro di forma geometrica perfetta. Una sfera scolpita da Michelangelo. Ero basito

I: - Cliz … ia cosa stai facendo?

Le chiesi paralizzato. La sua risposta sfrontata non si fece attendere:

C:- Quello che ho sempre desiderato fare.

Una volta in piedi a pochi passi da me si piegò per recuperare il telecomando che giaceva accanto a me e con esso spense il televisore, lasciandolo poi ricadere sulla poltrona più distante. Mi sollevai in piedi per allontanarmi da lei, ma una volta alzatomi, con naturalezza si passò le mani dietro la schiena e con naturalezza si liberò del ferretto del reggiseno nero, scoprendo i suoi seni rotondi e bianchi che mi frenarono dal mio intento. Erano bellissimi, a pera, candidi, bianchi e con areole di colore rosa abbagliante. Provai a supplicarla:

I:- Clizia, non fare così, ti prego …

Cercai di mantenere le braccia incollate al corpo e vi assicuro che non fu semplice. Avevo una voglia matta di palpare quei seni giovani e delicati con tutta la robustezza dei miei 40 anni. Mi trattenni, ma se quel petto roseo, che accendeva i miei istinti mi mise esageratamente alla prova, più difficile fu resistere al richiamo della sua topa. Vedendomi ancora titubante dinanzi a cotanta giovinezza, Clizia, non esitò ad abbassarsi le mutandine rendendomi consapevole del fatto di avere il monte di venere completamente raso. Lasciò il bordo delle mutandine appena adagiato sulle grandi labbra della vagina, mentre quello sguardo giovane continuava a istillare dentro di me morbosa lussuria e bramosia. Davanti alle mie blande rimostranze aveva scelto di far parlare il suo corpo, infatti continuò a presenziare in quella stanza senza dire una parola. Ero davvero in difficoltà. Se non fosse stata l’amica di mia figlia, che per certi versi avevo visto crescere, le sarei già saltato addosso, ma non potevo farlo o almeno dovevo trovare il modo per resistere a questo basso desiderio. Vedendomi ancora perplesso, spalancò le gambe allargandole come per fare una spaccata, il velo del perizoma elastico si allargò permettendo alla copertura di scivolare poco sotto la bocca della sua fica mettendo in mostra tutte le grandi labbra. Continuò indifferente a distendere le gambe verso l’esterno finché il rigido elastico del perizoma non resse più spezzandosi da un lato e facendola rimanere praticamente con la fica scoperta. Quel gesto, fatto senza arrecarle scompenso alcuno, mi eccitò tantissimo, tanto che iniziarono a palesarsi istintivi segnali della mia mascolinità. Senza tradire alcuna emozione, mi si accostò con le mani ancora sui fianchi e una volta davanti si voltò di schiena per poi impattare strusciando il suo culo nudo sulla patta dei miei pantaloni dai quali fuoriusciva una protuberanza ormai difficile da nascondere. Di spalle iniziò a strusciare il suo culo sulla patta rigonfia.

I:- Clizia, ora bast …

Le sussurrai all’orecchio con voce afona, ma lei mise fine ad a qualsiasi mia rinuncia in maniera lapidaria e priva di imbarazzo:

C:- Non ci capiterà mai più un’occasione migliore di questa, perciò esci dai panni del papino premuroso e prendimi come un uomo vero.

Per fugare ogni dubbio, prese le mie mani e le portò lungo i suoi magri e nudi fianchi. Quelle sue parole risolute mi colpirono nell’orgoglio e dopo pochi secondi le mie mani scivolarono sotto di lei solcandole le labbra gonfie e già umide, il tocco la fece sussultare, inarcò la schiena in avanti schiacciando in questo modo tutto il suo culo contro la mia erezione. Affondai le dita all’interno delle sue piccole labbra facendo scorrere all’interno l’indice e il medio, in modo da sottoporla ad uno sfrenato ditalino. Da dietro, le sue braccia si avvinghiarono al mio collo e inevitabilmente i suoi capelli lunghi, rimasti fuori dal cappellino rosso e bianco, mi invasero il volto. L’odore mi inebriò e accese i sensi, istigando dei forti istinti animaleschi che non tardarono a palesarsi. Interruppi con prepotenza il ditalino e l’afferrai per le braccia facendola voltare nella mia direzione, tet a tet mi accorsi ancora di più della sua bellezza acerba, del colore dei suoi occhi verde acqua, del suo viso pulito da adolescente, della sua pelle fresca e chiara, tutto ciò accese in me una violenta voglia di possederla. Le posai le mani sui glutei nudi e sodi palpandoli con vigore mentre allo stesso tempo le facevo sentire il mio gonfiore, all’interno dei miei calzoni, strusciandolo sulla passera nuda. Ciò che mi eccitava oltre ad avere davanti un corpo così sbarazzino era il suo sguardo lascivo, totalmente smarrito e in balia degli eventi che la stavano sovrastando. Mi osservava muta, e nel silenzio, i suoi occhi trasparivano una sensazione di insicurezza mista a un’appagante sottomissione, tutto ciò mentre continuava a mordersi le labbra dall’eccitazione e questo mi causava smisurati turbamenti. Mi fiondai su quelle labbra chiare e piccole per assaporarne il sapore, il contatto con la sua saliva mi esaltò aveva un sapore così buono che appena mi avvicinai nuovamente le riservai il più romantico francesismo che potessi esprimere, un bacio lungo e coinvolgente. Tenni stretto il suo corpo nudo contro il mio per non so quanto tempo mentre lei stringeva i miei fianchi e io i suoi glutei. Aveva ottenuto ciò che voleva: scatenare il toro da monta che aveva sempre sognato di cavalcare, però adesso, dopo aver acceso il motore era frenata e aveva deciso nel suo impaccio di lasciarsi sovrastare dalla mia esperienza ed età. Il fatto di vederla confusa non mi frenava, anzi mi eccitava e mi spingeva a metterla in condizioni ancor più disagevoli. La spinsi contro il divano, lei scivolò su di esso, e mi ritrovai davanti a lei in piedi con il cazzo che stava per forare i pantaloni, la guardai nella sua bellezza sollevarsi con la schiena contro lo schienale e ristabilita una posizione a lei più congeniale, con naturalezza, stese le braccia in avanti. Mi sbottonò i calzoni, i quali scivolarono in un attimo per terra lasciandomi in boxer. La protuberanza era indecente ed effettivamente credo che l’erezione di quella sera sia stata la più importante di tutta la mia vita, drogata da quella vista, mi frizionò il cazzo con la mano destra continuando a molestarmi con i suoi occhioni indecenti, lanciandomi sguardi da cerbiatta provocanti.
Auguro a tutti voi di godere di una visione come quella che ho provato quella sera.
Rimasi immobile a fissarla con il fiatone, mentre il cazzo continuava a pulsare all’interno dei boxer. Mi ritrassi dalla sua invasione di territorio con foga e con veemenza le spalancai le gambe. Non c’era un centimetro della sua pelle che non mi eccitasse, affondavo la bocca tra le morbide e setose cosce percorrendole con la lingua l’intero polpaccio fino all’inguine ricoprendola di baci e quando mi avvicinai al piatto forte ne riconobbi subito l’odore frizzante e intenso. Non persi tempo e mi tuffai tra i suoi umori che stavano già inondando la tappezzeria del divano. Leccare la sua passera fu qualcosa di sublime il suo odore acre e pungente mi esaltava, la leccai per non so quanto tempo, succhiandole avidamente il clitoride e infarcendomi il viso di tutti i suoi sapori e umori. Clizia gemeva, sentivo il respiro affannato e avvertivo le contrazioni muscolari, la mia lingua attraversava tutta la cavità della sua fica, baciava, leccava e succhiava tutto ciò con cui entrava in contatto in quella fucina di sapori. Prigioniero del suo profumo non volevo più staccarmene. Avvertì che anche lei era ne era appagata e la sua mano che spingeva la mia faccia dentro il suo sesso lo confermava. Con piacere mi lasciai calcare contro quel canale muscolare carnoso e odoroso. Il divano era diventato una diga e Clizia iniziava a dimenarsi e a gemere a voce alta. Dopo qualche altra generosa leccata, mi separai da quel tempio sacro e mi riversai sul resto di quel giovanile e tenero corpo, in particolare sui suoi acerbi seni. La lingua colma di sapori leccava e mordeva quei capezzoli semi adulti con dovizia e il mio viso, colmo del suo seme, sprofondava a intervalli regolari tra le piccole tette profanando la sua carnagione chiara con la mia ispida barba. Sollazzarmi su quel corpo mi arrapava tantissimo, tuttavia non riuscivo a tenerle lontane le mani da quella piccola fica grondante, pretendevo ogni parte di quel corpo e così mentre allappavo quei piccoli monti rosa le mie dita si insinuarono sotto la sua pancia e sprofondarono nuovamente nella passera che ripresi a tormentare. Mentre indice e medio correvano veloci, le nocche del dorso della mano, rivolte in senso contrario, sfioravano il cuscino bagnato sotto di lei costatando quanto stesse gradendo quel mio trattamento. Le sue gambe in aria, mi permettevano di scorgere in effetti una abbondante patacca estesa e viscosa scivolare sotto il suo culo e inondare il cuscino in pelle sistemato sotto di lei. L’odore del sesso nell’aria cresceva investendomi e attecchendo su tutti i lobi cerebrali, l’impatto con quella fragranza era devastante e agiva peggio di una droga producendo un carico di dopamina incontenibile. Non lo so che faccia avessi in quell’attimo magniloquente tuttavia ricordo benissimo la forte sottomissione al richiamo di quell’irresistibile scrigno occultato tra quelle cosce setose e bianche a cui immantinente replicai. Difatti appigliatomi alle sue sode cosce la trascinai verso di me, lasciandola scivolare verso il bordo del divano. Morivo ancora dalla voglia di intingere la mia lingua in quel mare di umori e lo feci fiondandomi su quella gustosa patata scoperta. Inevitabilmente il mio naso si impantanò su di essa e ne odorai quel sapido sapore, quel tanto che bastò per permettere al mio cazzo di esplodere nuovamente. Clizia iniziò a contorcersi sotto i colpi della mia lingua e dei miei baci tanto da abbandonarsi ad un timido e inatteso, quanto da me anelato, silenzioso turpiloquio. Iniziava così a distaccarsi progressivamente dalla sua comfort zone, ma prima di prendere iniziativa mi “obbligò”, stringendomi il capo, ad annusarle ancora per bene il suo sesso fradicio. Ero davvero rapito da quella fica, bagnata e calda che non mi rendevo conto che anche lei forse iniziava a desiderare qualcosa di più mmh… diciamo sostanzioso. Infatti fu lei a prendere iniziativa, all’improvviso riportò le gambe per terra, si tirò su con la schiena, e portò le mani in basso alla ricerca dei miei boxer, mi alzai per facilitarle l’azione e una volta in piedi, si ritrovò con una dardo a forma di fungo puntato nella sua direzione. Lei se ne compiacque e senza perdere tempo abbassò i boxer liberando il pene fremente. Una volta penzolante lo osservò compiuta, ed ho motivo di credere che le misure siano state di suo soddisfacimento visto gli sguardi di approvazione lanciati. Inumiditesi le labbra con la sua piccola lingua, si avvicinò per odorarlo e poi baciarlo e prima di prenderlo in bocca, lo impugnò tra le sue affusolate mani sottomettendolo ad una violenta sega, mi faceva male, la sua mano era un po’ grezza, ma era troppo affaccendata per interromperla. La osservavo estasiato mentre la sua manina continuava a correre avanti e indietro lungo l’asta del mio pene procurandomi un lieve fastidio per la foga, misto ad un intenso piacere. Resasi conto dell’erezione massima raggiunta chinò il capo sul cazzo e con ancora in testa il cappellino da Babbo Natale inglobò il membro tra quelle sue turgide labbra, risucchiando lentamente l’asta facendola poi sparire lentamente nella calda cavità orale. Era un pompino bramato e perciò avvenne in maniera lenta, ma energica, in pratica me lo divorò letteralmente. Succhiava e sollazzava il corpo del mio uccello facendolo sparire sotto la lingua per poi farlo riemergere tumido e ricolmo di saliva. Lo faceva con abilità e dopo averlo ripetuto più volte regalandomi gioie che soli i miei rantoli riuscivano a esprimere, si soffermò sul glande dove con grande padronanza ciucciò quel fungo gonfio con decisa gradevolezza. Per quanto godessi non volevo più indugiare, così cavai via da quella bocca calda e spumosa la verga vibrante, lessi nei suoi occhi chiari lo stupore per tale scelta, ma non mi ci soffermai, perché l’afferrai con forza trascinandola contro di me. Ci ritrovammo attaccati l’uno sull’altra, la baciai con passione mentre le mie mani afferravano i suoi glutei, l’odore del mio cazzo albergava nella sua bocca e questo aumentava il mio appetito nei suoi confronti. Colpì le sue chiappe con i palmi delle mani, lo feci per un paio di volte, sembrò non dolersi, e questo mi fece piacere, aumentai l’intensità dei colpi senza udire nuovamente alcun guaito, rimase ferma, invischiata, nella mia bocca. La colpì ancora, questa volta con prestante energia e finalmente sussultò tentando di dimenarsi, ma non avevo voglia di placare le mie tendenze autoritarie sulla sua persona, perciò continuai a farlo con impeto sempre maggiore, tutto ciò mentre le continuavo a sbatacchiare il cazzo ben serrato tra le cosce, contro la figa rasa. Le sberle sempre più fragorose aumentavano come anche la sua intensità di soglia del dolore, ma la sua lingua serrata nella mia non era in gradi di farle esprimere pienamente la sua sofferenza. Irruento le tirai fuori la lingua e la voltai con desiderio, la spinsi contro il divano costringendola a porre le mani sullo schienale del sedile del divano per non scivolare. Avevo il suo culo a mandorla innanzi e scrutandolo mi accorsi di avere davvero esagerato. Quel colore innaturale causatole dalle sberle però mi provocò appetiti più brutali, così ripresi a sculacciarla con forza, lei iniziò a strillare, ma non mi era sufficiente e continuai ad assecondare i miei istinti. Nonostante provasse a muovere quel culo martoriato, cercando di scampare ai miei colpi furiosi, non le lasciai modo di sottrarsi alla mia violenza. Ad ogni schiaffo provava a ritrarre il culetto in avanti, ma poi tornava necessariamente ad arretrare rimettendolo sotto il tiro delle mie mani. Godevo a castigarla in quel modo e anche lei lo percepiva, tuttavia riuscì nuovamente a stupirmi. nonostante il supplizio, si voltò con il capo e con voce sommessa ammise di essere una cattiva bambina:

C:- Sono stata cattiva, puniscimi, me lo merito!

Da quella sua ammissione capì quanto la eccitasse essere sottomessa e dominata e ne approfittai per riaffermare la mia superiorità incastrando il mio cazzo in mezzo alle sue cosce sfregandole l’uccello contro le labbra della passera ormai grondanti con più veemenza. La volgarità a cui stavo sottoponevo quel corpo così giovane, non la infastidiva minimamente dal punto di vista morale, anzi finalmente iniziai a percepire i suoi primi gemiti che spronarono subito la voglia di penetrarla. Lo feci in principio con delicatezza, senza interrompere la cadenza delle sculacciate. La mia carne venne accolta in uno spazio stretto e molto caloroso, lo esplorai con garbo, cercando di capire sin dove potessi spingermi, percepivo la sua cavità stretta e lunga per questo la mia cappella sguazzava perfettamente in quello stagno gonfio di odori sapidi e di secrezioni mucose. Spinsi il mio cazzo fino a premere i miei gonfi coglioni sulle sue chiappe vermiglio e una volta appurato lo spazio da deflorare nella sua giovane fica, mi preparai ad una scarica di colpi di reni prepotente, ovviamente senza smettere di torturarle le chiappe. Questa combinazione perversa fatta di passione e brutalità la infiammava e non le consentiva di contenere più quelle silenziose e rassegnate smorfie di dolore. Nella stanza risuonava il fragore dei miei reni che sbattevano nettamente contro le sue nude natiche. La situazione si fece coinvolgente e leggermente rumorosa, così approssimai il culo di Cliza al mio addome, non volevo assolutamente venir fuori da quel bel microclima umidiccio che sentivo sbattere all’interno. Lei mi assecondò sospesa permettendomi così di stendere la mano sul tavolino dietro di noi da cui feci cadere tutto ciò che era presente sul piano, finché non tastai la forma dell’oggetto che stavo cercando: il telecomandino dello stereo. Velocemente azionai il pulsante play lasciando così partire il cd del maestro Battiato al suo interno. Clizia continuava a godere ad alta voce, prima di liberarmi del telecomando tirai su il volume per camuffare i suoi vagiti con la musica del brano. Riuscì a farlo giusto in tempo proprio quando lei iniziò a strillare come una sirena, pensai di tapparle la bocca ma udire urlare il suo gradimento nei confronti di quella cavalcata mi soddisfaceva, perciò la lasciai continuare, pregando che la voce del Maestro potesse in qualche modo sovrastare la sua.

“Es un sentimiento nuevo che mi tiene alta la vita. La passione nella gola, L'eros che si fa parola…”

E di passione nella gola ce n’era, così tanta che continuavo a deglutire ancora il suo sapore mentre continuavo a sottoporla a ripetuti colpi di verga.

“Tutti i muscoli del corpo pronti per l’accoppiamento, nel Giappone delle geishe si abbandonano all’amore”

Non vi nascondo che quelle parole mi fecero volare di fantasia immaginandola al mio servizio come la più giovane delle geishe e forte di tale immagine continuai ad aumentare le mie stantuffate, cavalcandola come una giumenta in calore. Sotto quei colpi, Clizia, iniziò a divaricare le gambe e a stringere allo stesso tempo la pelle della schienale del divano tra le dita con forza.

“Ed è’ bellisismo perdersi in questo incantesimo ooh ooooh”

In pochi istanti, i suoi muscoli si irrigidirono sprigionando nell’aria un urlo di compiacimento fenomenale che mi rese fiero di me stesso. Esausta poi capitolò, chinando la schiena in avanti e poggiando le ginocchia sul divano porgendomi così il culo purpureo e rovente davanti. Mentre paga tentava di riprendere fiato, il mio cazzo tuonava ancora e non vedeva l’ora di innaffiare quel giovane corpo. Brutalmente mi fiondai su di lei e da dietro le spalancai ancora le cosce, le puntellai la cappella sul suo piccolo ano e con fermezza la spinsi dentro penetrandola di pochi millimetri. Lei capì e, con mio grande stupore, veicolò la sua mano in mio aiuto e afferrato il mio pezzo di carne da dietro lo impugnò e lo avvicinò al suo buco, la cappella entrò in contatto con quel suo piccolo e delicato buco e lei la spinse contro il suo canale facendola sprofondare in esso come un grissino nel burro. Il fastidio non la interruppe nella sua azione e continuò a calcare, ma la cappella nonostante tutto non ne voleva sapere ancora di entrare. Serviva un aiuto, le venni fuori e Clizia portò la mano alla bocca e la impiastrò di saliva che spalmò attorno e sul buco del culo. Lo voleva dentro e non batté ciglio, mentre continuava ad umettare il suo ano, anch’io lasciai cadere un quantità abnorme di saliva dalla mia bocca centrando in pieno il glande infuocato, mentre il resto insozzò il divano unendosi ai liquidi già presenti. Cosparsolo di saliva riportai il cazzo in posizione. Il buco era ben umettato e la mia asta ben lubrificata entrò più agile, spinsi con decisione e finalmente la penetrai decisamente. Clizia strinse i denti e non solo, i suoi glutei erano tesi, i muscoli rigidi, mi aiutai con le mani dilatandole di più le chiappe e una volta trovata una posizione comoda affondai al centro con brutalità. Sapevo perfettamente di farle male, ma non mi importava. Lei lo aveva capito e si arrese ad ogni reticenza, e finalmente la sodomizzai. Appena il cazzo entrò completamente dentro, lei lanciò un urlo acutissimo, ma stavolta pronto le tappai le labbra con la mano, le dita scomparvero nella sua bocca semichiusa e i suoi denti strinsero le falangi come una cagnetta fa con l’osso. Quel culo martoriato all’esterno sprigionava un gran calore ora anche al suo interno e ciò mi irrobustì il cazzo che pulsava incontenibile dentro di lei. La montai con veemenza sin dall’inizio e dopo pochi secondi nella stanza già riecheggiava lo stantuffo dei coglioni contro le sue natiche. Soggiogata si accasciò con la testa sulla spalliera del divano ora più predisposta a quella monta primitiva, in contemporanea quel dolore chiamiamolo introduttivo lasciò il passo ad un disturbo o ad un fastidio più tollerabile, che sarebbe stato foriero di un’emozione più entusiasmante. Ciò mi rincuorò e mi sentì meno in colpa a montarla, o se preferite a smontarla, come un bruto. Le cinsi le mani attorno ai fianchi mentre la sottoponevo a vergate profonde, Clizia sottolineava la mia virilità sostenendo di sentire la mia lancia addirittura trapassarle la pancia, ma allo stesso tempo mi pregava con voce sommessa di non smettere, e io non avevo assolutamente voglia di farlo e rincuorato dalle sue assicurazioni continuai. La tastavo e palpavo ovunque dal basso all’alto di tutto il suo cazzo di corpo, abbandonai la presa lungo i fianchi per tornare sulle sue piccole ma soddisfacenti mammelle. Le afferravo, le palpavo, e sadicamente schiacciavo con il pollice e l’indice i chiodi di quei candidi capezzoli. Lei urlava inarcando la schiena, ma aveva altri cazzi a cui pensare, nel curvarsi il cappellino da Babbo natale le cadde per terra liberando la sua folta chioma bionda. Non riuscì a trattenere la mia bestialità perversa e ne approfittai. Le tirai i capelli e avvicinai il suo faccino al mio volto, avevo voglia di starle con il fiato addosso, di nutrire il contatto con la sua carne giovane e soprattutto sentire il suo fiato pieno del mio intimo sapore. Le passai in rassegna la guancia con la lingua, mentre continuavo a tenerla per i lisci e lunghi capelli. Al colmo della mia eccitazione percepì le sue difficoltà rispetto a quello che le stavo riservando, ma avvertì anch’io qualcosa. Una gran botta di calore si impossessò di me attraversandomi il corpo e poco dopo sentì un irrefrenabile abbondante fiotto di sperma attraversare il fungo della mia cappella inondando l’interno delle sue terga. Da parte mia un urlo animalesco carico di soddisfazione si librò nell’aria. In seguito a quell’orgasmo selvaggio anche Il palo depositato nel suo culo perse di volubilità come anche la presa della capigliatura venne meno permettendole così di conquistare lo schienale del divano con il petto e lasciarsi cadere esausta con le braccia penzoloni. L’uccello si ammosciò scivolando lentamente fuori dall’ano e con delicatezza lo estrassi della mia spasimante non senza prima procurarle un’ ultima fitta. Sul corpo del pene e sul glande ci ritrovai attaccato una piccola sorpresa, ma non importava, la monta era stata selvaggia e soddisfacente. Cercai di prendere congedo dal suo corpo evitando di sporcare lei e il divano. Dalla posizione oscena in cui si trovava la povera Clizia, con il culo in aria, potevo notare scorrere fuori dal suo posteriore ancora i rivoli della mia sborra. Afferrai un fazzoletto sul tavolo e tamponai l’impiastro che le colava. Placati poi i miei istinti animali, mi avvicinai e l’abbracciai da dietro, lei apprezzò, mi carezzò le mani. Voltandosi mi baciò sulla guancia teneramente, per poi domandarmi se potesse fare una doccia. Le feci cenno di si e la guardai allontanarsi, nuda in tutta la sua cruda bellezza dei sui vent’anni, in direzione del bagno in cerca di una meritata e ristoratrice doccia.
Il disco del Maestro intanto continuava ad andare:

“Com’ è difficile restare padri quando i figli crescono e la madri imbiancano”

e solo allora idealizzai il significato di quelle parole. Lì in quella stanza carica di odori e di emozioni seduto compiuto sul quel divano potevo sventolare, soddisfatto e da solo, la mia bandiera bianca.

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