Running on empty

Scritto da , il 2020-11-13, genere saffico

“Sveglia, sveglia pigrona!”
Adelina spalanca gli occhi e intravede la figura di Mia, inginocchiata nello spazio angusto della tenda ad igloo, l’apertura a cerniera è spalancata, la forte luce del sole che si sta alzando oltre l’orizzonte, tra la spiaggia e il mare, per un attimo la acceca.
Riesce a realizzare per un istante quello che sta succedendo, ma la donna è già scattata fuori, attraverso lo spacco ovale, e la vede allontanarsi di corsa lungo il grande bagnasciuga verso la direzione del sole che sta mettendo fuori il suo faccione luminoso.
Mentre si tira fuori dal leggero sacco lenzuolo vede il biglietto scritto a pennarello rosso,
“Quando mi prenderai, SE mi prenderai, potrai fare di me tutto quello che vuoi”.
Esce dalla tendina, e osserva per qualche istante il mondo circostante, la spiaggia è enorme, verso terra grandi dune di sabbia impediscono la visuale del mondo , il visibile è la superficie blu dell’oceano, che si perde verso ovest in una bruma sottile, verso est nella luce accecante, divisa in due dal contorno netto dell’orizzonte.
Mia è ormai un puntino che si perde sempre più lontano.
Adelina indossa un calzoncino da runner e una canottiera, sono dello stesso colore di quelli che aveva visto poco prima alla fuggitiva.
Parte di corsa all’inseguimento della sua preda.
I primi passi sono legati, sa che all’inizio non deve forzare, cerca di essere leggera, ha già individuato quella zona del bagnasciuga, dove la sabbia ha la giusta consistenza, la stessa dove ci sono le orme di Mia, che in qualche punto un onda di risacca più ampia delle altre, ha già iniziato a cancellare.
L’oceano è una tavola piatta, il sole ora è tutto fuori dall’orizzonte, le lenti polarizzate che ha indossato,
le permettono di vedere il contrasto tra il giallo della sabbia, e il blu, Mia è scomparsa, quel puntino non è più visibile, per seguirla non resteranno che le orme.
Lei è molto veloce, proviene dal mezzofondo, la sua specialità erano i tremila siepi.
Adelina no, ha sempre e solo fatto lunghe distanze, parte piano, poi a mano a mano che inizia a riscaldarsi,
è come un diesel, trova la sua cadenza, e aumenta lentamente, è sempre stata una specialista dei recuperi finali.
Ora è bella calda, dà un occhiata allo smart watch, il battito cardiaco è perfetto, si gira e la tendina non è più visibile, Mia pure, ora è sola con se stessa, deve estraniarsi ,pensare solo alla corsa, un passo dopo l’altro, restare leggera, ma la mente vaga, si sofferma sui dettagli, sul perché sta correndo su di una spiaggia oceanica, inseguendo una donna, a quello che potrà farle quando la raggiungerà, allo scopo ultimo di questa corsa.
L’orologio inizia a trillare, tra non molto apparirà la tenda ad igloo posizionata dopo cinquemila metri.
Le orme di Mia indicano che ha deviato dalla sua linea di corsa, è andata a rifornirsi, forse a bere, Adelina lo vede mentre passa non lontano dalla postazione, il piccolo deposito di acqua, la tenda chiusa, tutto è in ordine, avrà prelevato una delle borracce piene, forse anche lei avrebbe sete, ma ha deciso che berrà tra cinque chilometri, sicuramente senza fermarsi ha ricuperato terreno, l’idea la fa accelerare, le sembra di vedere il blu e rosso dei calzoncini e della maglietta di Mia, apparire in lontananza, ora potrà controllare lo svantaggio a vista.
La corsa ora è piena, è entrata in quella fase in cui non si sente ancora la fatica, la muscolatura è calda, una leggera brezza mantiene ancora fresca l’aria, l’umidità relativa è bassa, sta raggiungendo il punto di massima efficienza, tra energie consumate e chilometri macinati.
Il puntino colorato che ha iniziato ad intravedere improvvisamente sparisce.
O si è nascosta, o si è spogliata.
Fa partire il cronometro parziale, e cerca di concentrarsi soltanto sulla corsa, sa che tra non molto troverà sul percorso i calzoncini e la maglietta colorati, uno stratagemma per non farsi individuare, togliere un punto di riferimento all’inseguitore, ma anche un modo per sapere la distanza, che le separa.
Adelina quando raggiunge i due capi di abbigliamento ferma il cronometro, un rapido calcolo sul quanto ha percorso in quel tempo, quasi millecento metri, Mia ha smesso di guadagnare terreno, alla prossima tendina, si dovrà fermare, tra due postazioni l’avrà raggiunta.

Ora la corsa è diventata un rapido martellare nelle meningi, dopo la quarta postazione di rifornimento, ha bevuto e si è rifocillata con le barrette energetiche, i primi segni della fatica iniziano ad affacciarsi, la figura di Mia è sempre più a portata di sguardo, il sole è ben alto sull’orizzonte, una brezza marina ha increspato l’oceano, le prime onde iniziano a frangersi sul bagnasciuga, qualche pozza interrompe il susseguirsi dei passi sul bagnasciuga umido, l’acqua salata schizza sotto ai piedi, Adelina si è liberata della maglietta, osserva i suoi capezzoli turgidi mentre si bagnano, e il sedere abbronzato di Mia, qualche decina di metri avanti, il respiro deciso che ne controlla la cadenza, tra non molto la donna sarà sua.
Hanno superato la sesta tenda, nessuna delle due si è fermata, il ritmo è diventato forsennato, sono sempre più vicine, Mia ha accelerato, sta bruciando le ultime energie, Adelina sa che ormai non le può più sfuggire. Con un ultimo balzo felino, e un placcaggio degno di rugbista afferra la donna per la vita, entrambe rotolano nella sabbia, Mia in un ultimo tentativo disperato corre verso il mare, cadono nell’acqua, la sabbia appiccicata sulla pelle sudata scivola via, i capelli e i volti si scompigliano, finiscono abbracciate sul bagnasciuga, riprendono fiato, i pantaloncini di Adelina magicamente si dissolvono nell’aria fresca del mattino inoltrato, le due misteriose e oscure parti nascoste sono a contatto, Mia sente l’onda che la bagna, il corpo della sua avversaria la sovrasta, una nuova voglia di fuggire, bloccata dalla improvvisa volontà di essere posseduta, l’oceano schiumoso le avvolge , rotolano per qualche metro, un cormorano curioso osserva la scena, il tempo per qualche istante si è fermato.
Il brusio delle cicale la risveglia, sente una mano appoggiata sulla vagina, un cesto di capelli ricci che le si sono mezzi appiccicati sul petto nudo, l’odore del sesso consumato nella notte, la lingua di Mia che inizia a scorrere sulla sua pelle sudata e salata.
“cazzo Mia ho rifatto quel sogno assurdo, quello in cui corriamo sulla spiaggia”
“ mi hai presa questa volta?”
“certo che ti ho presa”
“E cosa mi hai fatto?”
“Ti ho mangiata viva, fino a quando non mi hai implorata di smettere, ora ti faccio vedere”.

Questo racconto di è stato letto 3 4 7 7 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.