Il Lupo e le Mantidi - Match Pari

Scritto da , il 2017-06-10, genere pulp

Ci voleva.
E’ tutta la notte che mi monta dentro la rabbia, e finalmente mi sono sfogato…
Devo dire che è stato anche più piacevole di quanto avessi immaginato: la biondona ha davvero un culo notevole, anche se decisamente troppo usato… Giurerei che a dispetto del suo atteggiamento sprezzante è piaciuto anche a lei.
E se non le è piaciuto, chi se ne frega: se lo è abbondantemente meritato in ogni caso.

Il tipo castrato ha smesso di contorcersi. Gli sento il polso: è ancora vivo, ma ne ha per poco. Fra la ferita alla bocca e quella ai genitali si sta dissanguando abbastanza in fetta e fra poco non sarà più un problema.
L’amica di Pat invece sta abbastanza bene: ondeggia appena appesa per i polsi a pochi centimetri da terra. E’ nuda e bendata, ma per ora non se la passa troppo male.
Per un momento accarezzo l’idea di farmi anche lei: in fondo non è male. Sui quaranta anche lei, un po’ troppo legnosa e muscolosa come la Visentin (in fondo sono gli inconvenienti del mestiere); una tipa slavata, palliduccia, ma una botta se la meriterebbe anche.
Poi ci rinuncio: le palle me le sono già svuotate, e non sarebbe una cosa seria fare la festa a una moritura.

Controllo le sue cose: abiti che non danno nell’occhio, comprati parte a Mosca e parte a Belgrado, rigorosamente “made in PRC”.
Un po’ di contanti nel portafoglio, ma niente carte di credito. Patente e portafoglio russi, sicuramente falsi. Un cellulare cinese: niente elenco indirizzi, peccato… Un momento, c’è una sorpresa!
Ma guarda, è proprio vero che i professionisti non sono più quelli di una volta: tanta fatica per cancellare indirizi e numeri recenti, e sullo screen saver c’è il logo della ditta. Sono circondato da dilettanti, davanti e dietro.
Osservo lo scudetto bianco rosso e blu con le inscrizioni in cirillico: RSB, il gruppo del vecchio Krinitsin… La Blackwater russa.
Una specie di collega, anche lei. Ci sono sempre più femmine nel nostro mestiere… E infatti la qualità è in caduta libera.
Lo sguardo mi cade sulle sue parti intime e mi viene da sorridere: è una finta bionda; finta fino alla fine…

Il maccabeo patriottico è più interessante. Deve esserlo, visto che non lo hanno eliminato.
Si sta risvegliando, e chiaramente non apprezza di essere incaprettato sul materasso.
Deve ringraziare la sua stazza: non mi va di spaccarmi la schiana per appendere anche lui.
Mi rivolgo all’accademica: - Tu: vieni qui!
Jelena si affretta ad avvicinarsi; ha ancora gli occhi sgranati e le trema leggermente il labbro inferiore. Spero che non si faccia prendere da un’altra crisi isterica.
Potrei interrogarlo da solo, ma il mio serbocroato è arrugginito quindi perché sforzarsi quando c’è un’interprete disponibile?

All’inizio il barba cerca di fare l’eroe.
E’ davvero ostile al suo attuale governo, e i russi lo hanno anche montato un po’.
Basta tirargli una ciocca di capelli lunghi dietro l’orecchio e si ricorda di essere solo una guida turistica e non una spia, e mi racconta anche quello che non voglio sapere.
Insomma, è evidente che lui non c’entra niente… Quasi niente.
Era davvero la guida dei due guaglioncelli arrapati, e si è trovato coinvolto anche lui solo per colpa della Visentin.
Solo che – sorpresa! – i due guaglioncelli non erano solo due sfigati in caccia di milfone esotiche.
No: i due erano emissari di un clan del caseratno che importa robaccia dall’Afghanistan attraverso la rotta dell’Asia centrale e dei Balcani.
Guarda tu quanto è piccolo il mondo… Questa a Vittorio piacerà davvero molto: potrà rivendersela a quelli degli Interni, e loro glie ne dovranno una.
Hmmm… Quelli della camorra non viaggiano mai da soli. Forse è il caso di toglierci di qui prima possibile.
E di cancellare le nostre tracce…

La Visentin mi si accoscia accanto, mettendo una mano sulla spalla tremula dell’accademica.
- Scoperto qualcosa?
- Qualcosa – le faccio io, seccato.
Lei fa una smorfia, ma afferra l’antifona. Sbuffa, si rialza e va dalla russa.
Vedo che si è presa una delle pistole dei maccabei defunti; speriamo che la sappia usare.
La vedo frugare anche lei nelle cose della russa, e osservo con curiosità le sue mosse: è un modo abbastanza semplice per capire le qualità di un “collega” e vedere se è capace di fare il suo lavoro.
Trova i documenti; li osserva e li mette da parte.
Poi passa al cellulare e lo controlla come ho fatto io; smanetta un po’, fa una smorfia quando si accorge che gli elenchi indirizzi sono vuoti, poi mi guarda e fa la domanda stupida che mi aspettavo.
- Che roba è l’RSB?
Sospiro, disgustato da cotanta ignoranza: - Mercenari di una compagnia di sicurezza privata russa… Sono al soldo dell’FSB, ma soprattutto del GRU: lavoretti sporchi per cinquecento dollari al giorno, sono “a perdere”… Un po’ come la tua tipa appesa al soffitto, e i suoi defunti colleghi.
Lei annuisce con aria impassibile.
Poi raccoglie un pacchetto di sigarette dalle cose della russa; ne estrae una e l’accende con un accendino mezzo vuoto che stava nei pantaloni della tipa.
Storco il naso infastiditto: la puzza lì dentro è davvero abbastanza senza aggiungere anche il lezzo di una fetida sigaretta russa.
- Fuma?
- No – fa lei - Ho smesso da diversi anni.
Infatti non inala.
Si rivolge alla russa e le chiede qualcosa che non capisco.
La russa risponde qualcosa che invece capisco benissimo… Vediamo come se la cava adesso la Visentin?
Rimane impassibile anche dopo essere stata qualificata dalla russa secondo parametri morali e sessuali sui quali non posso che convenire.
Poi solleva la sigaretta accesa e la schiaccia sul capezzolo sinistro della donna, che caccia un urlo lacerante e mi assorda per un momento.
OK, prendo nota che la Visentin non ama essere definita una puttana anche se fa di tutto per dimostrarsi tale. Permalosetta.
L’odore di carne bruciata si agiunge al lezzo del sangue, della carne decomposta, e degli escrementi che ormai pervade la stanza.
Il fumo tutto sommato non è una cattiva idea…
Un’altra domanda, e questa volta afferro la parola “cetnici”.
Cosa c’entrano gli estremisti di destra serbi? Sono anche loro della partita? Potrebbero… Sono sicuramente ostili anche loro all’ingresso del Montenegro nell’orbita occidentale.
Questa volta la disgraziata appesa al soffitto risponde abbastanza in fretta.
La Visentin annuisce soddisfatta. Fa un altro paio di domande sui nazionalisti serbi, cui la russa si affretta a rispondere di getto, poi aspira un po’ di fumo per ravvivare il fuoco e spegne la cicca sull’altro capezzolo della donna.
Un altro urlo rimbomba nella stanza, e la tipa nuda si contorce tutta per il dolore. La puzza di carne bruciata aumenta.
- La pianti, mi fa venire il mal di testa – le dico, un po’ scocciato.
- Non preoccuparti, ho finito. Mi ha detto quello che volevo sapere.
- Perché ti interessano i cetnici?
Lei scrolla le spalle: - Una vecchia storia.
Va bene, che si tenga pure i suoi segreti.

Mi alzo in piedi e la guardo dritta in faccia, mentre alle sue spalle la cazzara nuda scalcia e si dimena ancora per il dolore.
- Dobbiamo ucciderli entrambi, ed in fretta: potrebbero venirne altri a controllare il lavoro, e farsi trovare sarebbe difficile da spiegare a chiunque…
In particolare alla camorra, mi viene da pensare, ma tengo il dettaglio per me.
Patrizia mi guarda impassibile.
Annuisce, poi mi chiede: - Perchè non chiamiamo le Pulizie?
Scocciato, le rispondo che uno staff di sanitizzazione di norma può operare solo in Italia; all'estero, se qualcuno ci resta, resta là per sempre. La logistica sarebbe costosa ed i risultati tutto sommato non valgono lo sforzo.
Lei, forse non convinta, azzarda un: - Vittorio...
La zittisco subito: niente nomi, sia pure finti. Due dei presenti stanno per morire, ma sarebbe un peccato silenziare definitivamente anche la nostra fonte, dopo quello che ho rischiato per salvarla…
La discrezione è un'arma , l'unica che si può utilizzare in queste situazioni…

Guardo il maccabeo, guardo la cazzara: ho pochissimi colpi, non mi va di sprecarli. Non si trovano sugli alberi, e poi il rimbombo nello scantinato mi fa venire il mal di testa.
Una volta di più rimpiango di portarmi in servizio la pistola nuda senza un caricatore di scorta e il silenziatore.
Forse è rimasto un poco di cianuro nei dardi… La prova può essere fatta rapidamente.
Tolgo un dardo e lo caccio nel sedere dell'uomo; quello mugola, ma l'effetto non si vede.
Provo un secondo dardo: ancora niente. Provo il terzo, l’ultimo, e stavolta il maccabeo patriottico si irrigidisce di colpo e poi finalmente si affloscia sul materasso sudicio.
Mi resta un solo dardo per la donna, e mi soffermo un istante a pensare.
Per assurdo, io non amo fare male: sono un assassino, non sono un carnefice.
E poi ho un mio codice; ammazzare le donne non è nel mio stile… Se posso evitarlo.
Sospiro: stavolta non posso.

Un altro lamento dalla russa alle mie spalle; mi alzo in piedi e rimango di sasso.
La Visentin non sembra avere i miei stessi scrupoli etici: si direbbe proprio che a lei fare del male alle altre donne non dispiaccia per niente.
Ha infilato la canna della pistola nella vagina della cazzara, e a me viene la nausea all’idea del dolore che la disgraziata deve provare per via del mirino…
Quella stronza della mia cosiddetta collega si sta divertendo a masturbare la cazzara con la pistola, come se fosse un vibratore.
La donna si dimena, mugola, geme: si agita in maniera isterica.
Ha capito di essere arrivata al capolinea, ma probabilmente si aspettava una conclusione più rapida e civile...
Vorrei intervenire e mettere fine a questa oscenità così poco professionale, ma l’atteggiamento della Visentin mi affascina: sono curioso di vedere fin dove può arrivare.
In fondo poi posso anche capire che sia un po’ arrabbiata: in fondo la banda della russa l’ha rapita e violentata dopo aver fatto fuori i suoi amici camorristi (lei non lo sa, che i guaglioncelli erano camorristi), e soprattutto la sua amichetta accademica se l’è vista davvero brutta…

Assisto alla scena: la canna brunita della pistola entra e esce dal sesso della donna, che continua a contorcersi e a gemere di dolore mentre viene abusata in quel modo ripugnante.
Poi mi accorgo di una cosa.
Patrizia indossa solo una canottiera sportiva: piatta com’è, non usa il reggiseno. I suoi capezzoli sono eretti e duri come quando stavamo facendo sesso mezz’ora fa…
Quella pazza è eccitata.
La sua mano sinistra è scivolata fra le sue gambe, e si sta toccando mentre tortura e masturba allo stesso tempo la sua vittima.
Ho a che fare con una pervertita.
Il pensiero, invece di disturbarmi, mi diverte.
Di solito ho la sensazione di essere io, l’assassino, quello che è caduto in basso e cerca di giustificare con la necessità i suoi delitti.
Invece oggi è la vittima che sono venuto a salvare, quella che ha l’anima più nera di tutti…

- Ti piace, stronza? – la sento sussurrare alla sua vittima – Ti sei divertita quando ero io a essere appesa, e il tuo scagnozzo mi sfondava il culo… Ti sei divertita mentre la mia amica veniva stuprata da quattro energumeni tutti insieme, vero? E i nostri amici, magari li hai ammazzati proprio tu… Bene, adesso tocca a te. Dimmelo, che i piace…
- Aahhh! – urla la cazzara – Basta… Basta, ti prego! Ammazzami e falla finita…
- Ammazzarti? – un sogghigno satanico – Ma certo, tesoro. Come vuoi tu…
Patrizia continua ad affondare la pistola nella vagina della donna, e all’improvviso lascia partire un colpo.
Ammetto che non me l’aspettavo.
La detonazione cancella l’urlo agghiacciante della disgraziata, ed è seguita da altre due, assolutamente inutili.
Le grida della donna ferita a morte si spengono in un rantolo di agonia, mentre i suoi occhi sembrano schizzare via dalle orbite.
Almeno uno dei proiettili deve averle perforato lo stomaco, perchè la bocca le si riempie di sangue che comincia a scolarle sul mento e sul petto nudo.
La cazzara si contorce ancora debolmente, mentre dopo che Patrizia ha estratto la pistola dal suo corpo, il sangue comincia a fiottare dalla vagina squarciata.
Pochi sussulti, un ultimo rantolo strozzato, e la cazzara smette di fare rumore.
La Visentin la osserva intenta; i suoi capezzoli sono così duri che sembrano sul punto di bucare il tessuto della canottiera.
Uccidere la eccita, è evidente. E’ un’assassina nata.

Mentre la donna nuda si dissangua rapidamente appesa al soffitto, Patrizia si piega sull’altra sua vittima e gli sente la pulsazione del collo.
Aspetta un secondo poi si alza e mi guarda: - Anche questo è andato. Direi che abbiamo finito…
Non sono sicuro se vomitare o essere soddisfatto: questa pazza ha le palle per il mestiere… Ma è sicuramente meglio starle alla larga.
Annuisco: - Raccogliete le vostre cose, io salgo un momento a fare un’ultima cosa e poi possiamo andarcene… Mi presta quell’accendino per piacere?
L’accademica è livida: sembra sul punto di svenire.
Il puzzo nello scantinato ormai è insopportabile, e uscirne è un sollievo.

Controllo con calma gli altri corpi sparsi in giro, ma non trovo niente di utile. I due sfortunati guaglioncelli hanno i telefonini pieni di indirizzi e numeri. Potranno essere utili a “Vittorio”…
Raggiungo il cucinino del cazzo che ho visto prima e trovo la bombola del gas.
Non è difficile preparare dei fuochi d’artificio con una bombola vecchio tipo, un accendino, un telefono cellulare, un cavetto elettrico e pochi pezzi di stoppino… Un gioco da ragazzi.

Quando raggiungo le donne di sotto, vedo che la Visentin ha tirato giù dal soffitto la cazzara, che adesso giace nella pozza del suo stesso sangue.
La caduta le ha fatto allargare le cosce, esponendo il sesso...
Curioso.
Jelena e Patrizia stanno versando a terra i pochi combustibili che hanno trovato; Jelena mi dice che purtroppo sono pochi, e io le rispondo che basteranno per celare le nostre tracce organiche.
La Visentin si accorge delle occhiate che continuo a gettare fra le gambe della cazzara, e fa una smorfia.
Mi chiede se voglio scoparmi anche la morta, visto che se ne sta così comodamente a cosce aperte…
Per un attimo prendo in considerazione la cosa: probabilmente non è neanche ancora morta del tutto.
La violenza non mi eccita quanto Patrizia, però una donna nuda è una donna nuda… Anche se coperta di sangue.
Poi il buon senso prevale e scrollo le spalle.
- Signora Visentin, non mi faccia perdere la pazienza. Qui, il maniaco sessuale non sono io.

Usciamo nella notte.
Un sollievo respirare l’aria pulita e fresca che arriva dalle montagne.
Jelena quasi inciampa sul cadavere del cazzaro che avevo ammazzato per primo sulla terrazza, e Patrizia la deve sostenere.
Poi raggiungiamo la strada.
E’ l’alba, e tra poco cominceranno a passare auto e camion…
Mi rendo conto di essere stanco morto.
Sto per rilassarmi, quando vedo i fari di due auto in arrivo. Ho un brutto presentimento e metto mano alla pistola nella fondina ascellare.
Due Mercedes lanciate a tutta velocità arrivano e inchiodano proprio davanti a noi.
Quattro tipi loschi saltano a terra e ci puntano contro le pistole prima che noi si abbia il tempo di dire “bah”.
- Non vi muovete!
Accento napoletano.
Cazzo, i cellulari dei guaglioncelli! Quando li ho controllati, li ho anche attivati… Devono aver rilevato la loro posizione: evidentemente sono bene organizzati e stavano cercando i loro compagni.
Se non fossi stato così stanco non avrei fatto una simile fesseria.
Sono in quattro.
Non posso farcela da solo… E dubito che Patrizia possa aiutarmi, impacciata com’è da Jelena che si regge a stento… Ammesso che sappia usare la pistola in una situazione del genere.
Siamo fottuti.
E pensare che io non ho mai avuto noie con l’onorata società, sia essa siciliana, campana o calabrese…

Ci provo: - State calmi ragazzi. Se volete i nostri portafogli…
- Zitto, nonno. Le domande le facciamo noi.
C’è qualcosa di strano sulla faccia di quello che ha parlato.
Ha un puntino rosso sulla fronte.
Un puntatore laser.
- Niente affatto, terrone – ringhia la Visentin, cogliendomi di sorpresa – Credo proprio che le domande le facciamo noi, invecie.
Sei sotto tiro.
Quello accanto a lui si volta, lo guarda, e sbianca.
- Ha ragione lei, capo… Hai un puntatore dritto sulla fronte.
Il capo impreca in vernacolo napoletano, ma non abbassa l’arma.
- Forse siamo sotto tiro, puttana. Ma lo sei anche tu.
Forse è il momento di prendere in mano la situazione.
Mi schiarisco la voce: - Sentite, ragazzi… Sappiamo che siete qui per cercare i vostri amici. Non siamo stati noi a rapirli: le signore sono state rapite assieme a loro, e il colpevole è la loro guida locale. Troverete tutti e tre dentro al casolare. A me interessano le signore, a voi i vostri amici… Cosa ne dite di farci tutti gli affari nostri?
E’ il linguaggio che loro capiscono.
Quello con il bollino rosso in fronte annuisce nervosamente.
- Chamate i vostri amici e ditegli di lasciarci andare dentro, e voi andatevene subito.
Patrizia tira fuori il cellulare e chiama un numero memorizzato.
- Eva? Ora i nostri amici andranno tutti dentro… Tu lascia che vadano e coprici mentre ci allontaniamo. Avverti anche gli altri.
I camorristi si rilassano un attimo, ma il bollino non si spegne.
- Andate.
Lentamente ci muoviamo tutti: noi verso la strada, loro verso la casa.
- Vi dispiace se prendiamo una delle auto? – faccio io con tono ironico.
- Accomodati, guagliò. Tanto sono rubate in città…
Saliamo a bordo.
- Guidi lei, signora – faccio io aprendole lo sportello – Io devo fare un’altra cosa…
Patrizia siede al volante con una smorfia e mette in moto.
Jelena sale dietro e io mi metto accanto alla guidatrice mentre estraggo il mio cellulare.
Osservo i quattro camorristi sparire dentro la casa, poi conto dieci secondi e faccio la mia chiamata.
La bombola del gas doveva essere quasi piena: l’esplosione scoperchia letteralmente il tetto e fa scoppiare all’istante tutte le finestre.
Il boato mi fa riesplodere il mal di testa, mentre i primi calcinacci comiciano a cadere sulla carrozzeria della macchina che Patrizia ha appena messo in moto.
- Cosa cazzo… - fa la mia sprovveduta collega, sempre piuttosto sboccata – Hai fatto esplodere il gas!
- Già. E con i liquidi infiammabili che avete sparso nello scantinato, non rimarrà molto da investigare alla polizia locale. Almeno per un po’ di tempo… Ci vorranno settimane a sgombrare le macerie.

Patrizia ferma dietro la prima curva, dove avevo lasciato la mia Yaris in affitto.
- Bene signore: noi ci salutiamo qui.
Patrizia mi guarda con espressione indecifrabile. Non credo sia molto propensa a ringraziarmi… Anche se mi devono la pelle tutte e due.
Beh, il mio ringraziamento me lo sono preso da solo. In fondo non l’ho certo fatto per loro…
Scendo dalla Mercedes. Peccato, finalmente sedevo in una macchina decente… I camorristi hanno buon gusto in fatto di auto.
Mi accontenterò della Yaris. Quel che adesso veramente mi serve è un letto…
- Ehi, Lupo!
Mi giro. Perché diavolo mi chiama così?
Patrizia è scesa dall’auto e mi guarda con un sorriso un po’ forzato.
- Sei uno stronzo. Un giorno me la pagherai… Ma per adesso, grazie.
Sono troppo stanco per ribattere a tono. Chissà, forse la lezione le è servita; la stoffa per il mestiere ce l’ha… La stoffa dell’assassina nata.
- Signora Visentin… - la saluto – Non posso dire che sia stato un piacere conoscerla. Però lei ha uno splendido fondoschiena!
La vedo palesemente irritata, e questo mi diverte.
- Lo so, me lo dicono spesso… Però quelli che se lo sono presi con la forza, sono tutti morti. Pensaci.
Il gioco mi annoia. Ho sonno e voglio andare a letto.
- Signora, questo è un mestiere pericoloso. Non faccia minacce che non è in grado di portare a termine.
- Non sono in grado? – un sorrisetto divertito – Non sono io quella con un puntatore laser sul petto.
Questo risveglia la mia attenzione.
Abbasso lo sguardo e vedo il bollino rosso sul secondo bottone della mia camicia: fermo e immobile.
Il cecchino di prima ci ha raggiunti, e chiaramente sa impugnare bene il suo fucile.
Non posso trattenere un sorriso compiaciuto: la professionalità è una cosa che non so fare a meno di apprezzare, quando la incontro.
- Un punto per le Mantidi, signora… - sorrido soddisfatto – Quando è giuto, è giusto. Allora… Alla prossima?
- Solo se la pianti di chiamarmi “signora”, Lupo. Non lo sopporto.
Adesso scoppio proprio a ridere: - E va bene… Patrizia. Lei però può continuare a chiamarmi “Lupo”: mi piace.
Lei annuisce ed estrae il cellulare dalla tasca.
- Va bene, Eva: lascialo andare. Il Lupo se ne torna nella sua tana…

Metto in moto la Yaris e mi dirigo verso Podgorica, rassegnato al traffico che incontrerò entrando in città.
Il sole sta sorgendo.
Oggi ci sono le elezioni… Chissà come andranno a finire?

Questo racconto di è stato letto 4 9 9 7 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.