Il cornuto accetta
di
Lisa1997
genere
corna
CAPITOLO SEI – Il cornuto accetta
Quando Michele varcò la porta di casa, il cuore gli batteva all’impazzata. Sentiva che nell’aria c’era qualcosa di diverso. L’odore di sesso impregnava tutto l’appartamento, la loro casa. Camminava quasi in trance verso la camera da letto, verso qualcosa che sapeva avrebbe cambiato per sempre il suo rapporto con la donna che amava.
La porta della camera era socchiusa e la spinse con le mani che gli tremavano. Quello che vide gli tolse il fiato: io, Lisa, sdraiata sul letto, le gambe spalancate, due cuscini sotto il bacino. La figa rossa, gonfia, lucida di sperma. E lì ai piedi del letto c’era Jamal, che si massaggiava il cazzo nero e grosso, guardandomi con una fame quasi animalesca. Il suo cazzo era ancora più grosso di quanto Michele avesse mai immaginato.
«Bentornato a casa,» dissi con voce roca di desiderio. «Jamal si è preso cura di me. Ora vai a sederti nell’angolo, sulla tua sedia da cuck, e guarda come un uomo vero mi scopa.»
Vidi Michele che quasi vacillava sulle gambe mentre si avvicinava alla sedia nell’angolo della stanza, lo sguardo incollato alla mia figa spalancata e piena di sperma. Si lasciò cadere pesantemente, il suo cazzo già duro che premeva contro i pantaloni, già sporco di liquido preseminale.
«Bravo ragazzo,» gli dissi, con un sorriso da gatta. «Puoi toccarti mentre ci scopiamo. Ma non devi venire.»
Michele annuì, la mano che scivolava tra le gambe. Si sbottonò i pantaloni e tirò fuori il cazzo, già duro come il ferro. Guardò in basso, il suo cazzo piccolo e sottile che sembrava davvero insignificante in confronto. Cominciò a masturbarsi lentamente, cercando di ignorare la fitta alle palle e il desiderio che gli bruciava dentro.
«Guarda lì,» disse Jamal, con una risata bassa e divertita. «Il tuo ragazzino bianco non può resistere a guardarmi mentre ti scopo. Bravo, continua a giocare col tuo pisello. È tutto quello che potrai fare quando ci sarò io in questa stanza.»
Michele non toglieva gli occhi dal cazzo di Jamal e annuiva, sottomesso, accettando tutto quello che stava succedendo.
Jamal si chinò su di me, i muscoli che gli si tendevano mentre posizionava il cazzo all’ingresso della mia figa ancora bagnata. Entrò con una spinta lunga e potente, riempiendomi tutta. Ero talmente bagnata – e piena delle sue precedenti sborrate – che scivolò dentro con facilità. Gli occhi mi si rovesciarono, un gemito mi sfuggì dalle labbra mentre sentivo che mi allargava di nuovo.
«Dio, Jamal,» sussurrai, la voce roca. «Sei molto più grosso di Michele. Più spesso. Migliore.»
Vidi Michele arrossire in faccia, una miscela di umiliazione e eccitazione mentre sentiva le mie parole. Continuava a masturbarsi, lentamente, guardando il cazzo enorme di Jamal scomparire nella mia figa. Avevo ragione io: Jamal era molto più grande, e il modo in cui il mio corpo reagiva glielo dimostrava. I miei gemiti si facevano sempre più forti a ogni colpo, il mio corpo si arcuava sotto Jamal come se non potessi averne mai abbastanza.
«Guardati,» lo punzecchiai, gli occhi puntati su Michele mentre mi facevo scopare da Jamal. «Non potrai mai riempirmi così. Sei solo un giocattolo in confronto a lui. Dillo. Dì che non sei degno della mia figa. Dillo, Michele.»
La mano di Michele si fermò per un attimo sul suo cazzo, gli occhi persi, pieni di vergogna. Tutto stava succedendo in fretta. Dentro di sé l’aveva sempre saputo, ma ora era tutto reale. Non era degno. Io avevo bisogno di un vero uomo. «Non sono degno,» mormorò, quasi senza voce. «Non posso competere con Jamal.»
Sorrisi felice di vederlo cedere. «Bravo, tesoro,» dissi con voce dolce ma canzonatoria. «Non sei abbastanza grande per soddisfarmi ormai. Ora dì a Jamal che vuoi che mi scopi.»
Michele riprese a muovere la mano sul cazzo, più lentamente, costringendosi a pronunciare le parole. «Jamal, scopala,» disse, la voce tesa tra eccitazione e sconfitta. «Ti prego.»
Jamal sorrise. «Con piacere,» disse, e mi penetrò senza fatica, la mia figa lurida e fradicia che lo accoglieva tutta. Mi afferrò per i fianchi, tirandomi contro di sé mentre aumentava subito il ritmo.
I miei gemiti ripresero forti, le mani che gli correvano lungo i fianchi.
Michele guardò almeno un quarto d’ora di scopata selvaggia, la mano che si muoveva svogliata sul cazzo mentre sentiva di sprofondare sempre di più nel ruolo di cuckold. Era strano: guardare la propria ragazza che si faceva scopare da un altro uomo. Pensava che avrebbe provato gelosia, invece sentiva solo soddisfazione e una strana, fredda lucidità. Era colpito dalla resistenza di Jamal: la stava scopando da più tempo di quanto lui riuscisse mai a fare, e sapeva che erano andati avanti così tutta la notte. Avevo ragione io: non era all’altezza.
I miei gemiti crescevano di intensità mentre Jamal andava sempre più forte. I miei occhi erano incollati su quelli di Michele, che ci guardava. Vedevo il desiderio nei suoi occhi, la voglia di partecipare, e questo mi eccitava ancora di più. «Dimmi che mi ami, Michele,» ansimai, la voce spezzata dal piacere. «Dimmi che mi ami e che ti piace vedermi scopata da un altro.»
«Sì, ti amo,» riuscì a dire. «Ti amo, amore. Mi eccita vederti scopata da un altro uomo.» La mano cominciò a muoversi più veloce, i colpi sempre più disperati mentre guardava il cazzo di Jamal scomparire dentro di me ancora e ancora.
Mentre continuavamo, sentii l’orgasmo salire impetuoso, e lasciai andare un lungo gemito che riecheggiò nella stanza. «Oh Jamal, sì, sì!» Il mio corpo si contrasse mentre venivo, la figa che stringeva il suo cazzo. Jamal grugnì per il piacere, i colpi che si fecero ancora più forti mentre sentiva il mio corpo stringersi su di lui.
Michele guardava stupito la mia figa che si stringeva sul cazzo di Jamal, spremendolo fino all’ultima goccia. Non poteva credere di essere lì a masturbarsi mentre un altro uomo mi prendeva, ma invece di rabbia sentiva una soddisfazione strana, la sensazione di darmi finalmente ciò che volevo.
«Cazzo, piccola,» grugnì Jamal, i muscoli contratti. «Sto per venire. Sto per svuotarmi nella tua figa bianca.»
Gli occhi mi si spalancarono mentre guardavo Michele. «Sì,» ansimai. «Fallo. Vienimi dentro ancora. Fecondami. Fammi un figlio.»
La mano di Michele si bloccò sul cazzo mentre sentiva queste parole e, con un’ultima spinta profonda, Jamal venne. Michele vide il culo di Jamal contrarsi, le palle stringersi mentre mi riempiva di sperma. Quella scena gli rimase impressa nella mente: la sua ragazza, il suo amore, riempita da un altro uomo.
Quando l’orgasmo di Jamal si placò, si tirò fuori, il cazzo lucido di sperma e dei nostri umori. Mi baciò veloce, poi disse: «Bene. Vi lascio per la vostra riunione.»
Michele lo vide rivestirsi, mentre io continuavo a massaggiarmi distrattamente la pancia, le anche ancora sollevate sui cuscini. Nessuna goccia di sperma fuori dalla mia figa.
Jamal si fermò sulla soglia, ci guardò entrambi. Fece un cenno a Michele e poi si rivolse a me: «Ci vediamo molto presto.» E uscì di casa. Il rumore della porta che si chiudeva segnò la sua uscita.
Mi voltai verso Michele, gli occhi pieni di soddisfazione. «Sei stato bravo, Michele. Sei rimasto sulla tua sedia da cuck. Ora vuoi le mie “sloppy seconds”… o meglio, le “sloppy fourths”?» sussurrai, prendendolo in giro.
Vidi la sua bocca seccarsi, non sapeva cosa rispondere. Si alzò, mentre io continuavo a parlare.
«Ma voglio che tu sappia una cosa: se mi scopi adesso, Michele, per me sarà come sfidare Jamal, come sfidare il suo seme. Non posso permettere che tu lo sfidi. Se vuoi provarci, allora butta subito tutte le mie pillole anticoncezionali. Vuoi scoparmi, vero? Vuoi sentire la mia figa dopo che Jamal mi ha aperta, vero?»
Vidi il cuore di Michele crollare e il suo cazzo fremere. Era così eccitato, così arrapato che avrebbe fatto qualsiasi cosa gli chiedessi, pur di scoparmi, pur di “riprendermi”. Qualsiasi cosa.
«Okay,» sussurrò, la voce appena un soffio. Si avvicinò al mio comodino, prese la scatola delle pillole. Le rovesciò tutte nel bagno vicino, guardandole sparire nello scarico. Era un gesto simbolico, l’accettazione della nuova realtà. E lui lo sapeva.
«Bravo ragazzo,» lo lodai, la figa ancora aperta. «Ora vieni qui e riprenditi la tua donna.»
Lo vidi avvicinarsi al letto, gli occhi puntati sulla mia figa gonfia e ancora spalancata, le anche in alto. Aveva bisogno di riprendersi quello che era suo. Si mise tra le mie gambe, il cazzo talmente duro da fargli male. Mi baciò piano sulle labbra, sentendo ancora il sapore salato dello sperma di Jamal, e questo lo eccitò ancora di più.
Mi penetrò, sentendo tutto il calore e la pienezza dentro di me. Ero così larga, così bagnata che quasi non sentivo nulla. Michele gemette, si buttò sopra di me e venne quasi subito.
Non poteva credere a quanto fosse diversa la mia figa. Quasi non sentiva nulla, era così bagnata e allargata. E adorava questa sensazione. Sapeva che era stata usata.
«Ci sei già dentro?» chiesi.
Feci il broncio e lo guardai. «Dai, amore, scopami davvero. Non farmi aspettare. Voglio sentire il tuo cazzo. Riempi la mia figa. Non farmi aspettare.» Mi mossi un po’ sotto di lui. «Dai, prenditi la mia figa.»
Michele sapeva che lo stavo prendendo in giro. Sapeva di essere molto più piccolo di Jamal. Cercò di spingere più forte, provò a uscire tutto e poi rientrare.
«Oh, credo di sentire qualcosa ora,» dissi, la voce sempre più provocatoria. «Qualcosina.»
Lo vidi arrossire. Sapeva di non poter competere, ma era deciso. Continuò a spingere, a scoparmi, cercando disperatamente di farmi sentire qualcosa.
«Vieni qui, ometto mio,» sussurrai, divertita, afferrandolo per la testa e baciandolo. Poi gli sussurrai all’orecchio: «So che vuoi, ma non venire ancora, amore. So che ci stai provando. Voglio leccare un po’ di sperma di Jamal dal tuo cazzo. Ti piacerebbe?»
Gli occhi gli si spalancarono, ma il corpo era in automatico. Si tirò fuori, il cazzo coperto dei nostri umori e di quello di Jamal. Scivolò sul letto verso di me, e presi il suo cazzo in bocca. Le anche ancora in alto sul cuscino, la lingua che girava intorno alla punta e poi giù, pulendo tutto il cazzo dal seme di Jamal. Gemetti attorno a lui, le vibrazioni gli scossero il corpo. Michele mi teneva la testa, guidando i miei movimenti, mentre guardava il suo cazzo sparire e riapparire tra le mie labbra. Gli avevo sempre fatto dei bei pompini, ma quella sera era speciale.
«Mm, che buono,» mormorai, gli occhi nei suoi. «Sembri lui.»
«Oh, cazzo,» ansimò Michele, gli occhi che si chiudevano. Sapere che assaggiavo Jamal su di lui era troppo. Sentì l’orgasmo arrivare, le palle stringersi. «Sto venendo.» Cercò di tirarsi via, ma io lo trattenni e cominciai a succhiare ancora più forte, con i rumori che sapevo gli piacevano.
«Sto… sto venendo,» disse, spingendo il cazzo più a fondo. Mi venne in bocca, il mio orgasmo che mi riempì la gola.
Mi tirai via, un filo di sperma dalla bocca al suo cazzo ormai moscio.
«Bravo ragazzo, grazie che mi hai fatto assaggiare ancora Jamal,» dissi, leccando tutto. «Vedi, puoi ancora soddisfarmi a modo tuo.»
Michele guardò il suo sperma in gola, quello di Jamal nella mia figa. Avrebbe dovuto riprendermi! Aveva buttato via la mia pillola! Aveva guardato la sua donna farsi ingravidare da un altro uomo con palle grosse il doppio delle sue. Era successo tutto così in fretta, ora non sapeva più cosa fare. Cercò di parlare.
«E se…» iniziò, ma lo zittii con un dito sulle labbra.
«Shh amore. Era quello che volevi, vero?» chiesi, gli occhi pieni di malizia. «Vedermi ingravidata da un uomo vero. Lo sai che era anche quello che volevo io.»
Michele annuì, senza parole, guardando la mia mano che mi accarezzava la pancia. Non so neanche se si rendesse conto di quello che facevo: massaggiavo il grembo, sperando che lo sperma di Jamal andasse più in profondità. «Sei stato bravissimo, amore. Ti prendi sempre cura di me. E lo farai sempre.»
Michele annuì di nuovo. Sapeva che era vero. Era il mio custode, il mio protettore. Il suo posto era al mio fianco, sempre. «Vuoi che ti porti qualcosa?» chiese con voce più tenera.
«No, amore,» risposi, un sorriso pigro sulle labbra. «Andiamo a dormire. Perché non spegni la luce così riposiamo un po’.»
Michele obbedì, la testa ancora piena degli eventi della notte. Era stanco, confuso, ma provava un’eccitazione che non aveva mai conosciuto. Quando le luci si spensero, si infilò nel letto accanto a me. Io non mi mossi, le anche ancora sollevate sui cuscini. In fondo alla mente, Michele si immaginava tutto quello sperma che, con l’aiuto della gravità, scendeva dentro di me. Nel mio grembo. Sorrise e mi baciò sulla guancia.
«Buonanotte, Lisa,» disse. «Ti amo.»
«Anch’io ti amo, Michele,» risposi, e mi addormentai, la mano ancora sulla pancia…
Quando Michele varcò la porta di casa, il cuore gli batteva all’impazzata. Sentiva che nell’aria c’era qualcosa di diverso. L’odore di sesso impregnava tutto l’appartamento, la loro casa. Camminava quasi in trance verso la camera da letto, verso qualcosa che sapeva avrebbe cambiato per sempre il suo rapporto con la donna che amava.
La porta della camera era socchiusa e la spinse con le mani che gli tremavano. Quello che vide gli tolse il fiato: io, Lisa, sdraiata sul letto, le gambe spalancate, due cuscini sotto il bacino. La figa rossa, gonfia, lucida di sperma. E lì ai piedi del letto c’era Jamal, che si massaggiava il cazzo nero e grosso, guardandomi con una fame quasi animalesca. Il suo cazzo era ancora più grosso di quanto Michele avesse mai immaginato.
«Bentornato a casa,» dissi con voce roca di desiderio. «Jamal si è preso cura di me. Ora vai a sederti nell’angolo, sulla tua sedia da cuck, e guarda come un uomo vero mi scopa.»
Vidi Michele che quasi vacillava sulle gambe mentre si avvicinava alla sedia nell’angolo della stanza, lo sguardo incollato alla mia figa spalancata e piena di sperma. Si lasciò cadere pesantemente, il suo cazzo già duro che premeva contro i pantaloni, già sporco di liquido preseminale.
«Bravo ragazzo,» gli dissi, con un sorriso da gatta. «Puoi toccarti mentre ci scopiamo. Ma non devi venire.»
Michele annuì, la mano che scivolava tra le gambe. Si sbottonò i pantaloni e tirò fuori il cazzo, già duro come il ferro. Guardò in basso, il suo cazzo piccolo e sottile che sembrava davvero insignificante in confronto. Cominciò a masturbarsi lentamente, cercando di ignorare la fitta alle palle e il desiderio che gli bruciava dentro.
«Guarda lì,» disse Jamal, con una risata bassa e divertita. «Il tuo ragazzino bianco non può resistere a guardarmi mentre ti scopo. Bravo, continua a giocare col tuo pisello. È tutto quello che potrai fare quando ci sarò io in questa stanza.»
Michele non toglieva gli occhi dal cazzo di Jamal e annuiva, sottomesso, accettando tutto quello che stava succedendo.
Jamal si chinò su di me, i muscoli che gli si tendevano mentre posizionava il cazzo all’ingresso della mia figa ancora bagnata. Entrò con una spinta lunga e potente, riempiendomi tutta. Ero talmente bagnata – e piena delle sue precedenti sborrate – che scivolò dentro con facilità. Gli occhi mi si rovesciarono, un gemito mi sfuggì dalle labbra mentre sentivo che mi allargava di nuovo.
«Dio, Jamal,» sussurrai, la voce roca. «Sei molto più grosso di Michele. Più spesso. Migliore.»
Vidi Michele arrossire in faccia, una miscela di umiliazione e eccitazione mentre sentiva le mie parole. Continuava a masturbarsi, lentamente, guardando il cazzo enorme di Jamal scomparire nella mia figa. Avevo ragione io: Jamal era molto più grande, e il modo in cui il mio corpo reagiva glielo dimostrava. I miei gemiti si facevano sempre più forti a ogni colpo, il mio corpo si arcuava sotto Jamal come se non potessi averne mai abbastanza.
«Guardati,» lo punzecchiai, gli occhi puntati su Michele mentre mi facevo scopare da Jamal. «Non potrai mai riempirmi così. Sei solo un giocattolo in confronto a lui. Dillo. Dì che non sei degno della mia figa. Dillo, Michele.»
La mano di Michele si fermò per un attimo sul suo cazzo, gli occhi persi, pieni di vergogna. Tutto stava succedendo in fretta. Dentro di sé l’aveva sempre saputo, ma ora era tutto reale. Non era degno. Io avevo bisogno di un vero uomo. «Non sono degno,» mormorò, quasi senza voce. «Non posso competere con Jamal.»
Sorrisi felice di vederlo cedere. «Bravo, tesoro,» dissi con voce dolce ma canzonatoria. «Non sei abbastanza grande per soddisfarmi ormai. Ora dì a Jamal che vuoi che mi scopi.»
Michele riprese a muovere la mano sul cazzo, più lentamente, costringendosi a pronunciare le parole. «Jamal, scopala,» disse, la voce tesa tra eccitazione e sconfitta. «Ti prego.»
Jamal sorrise. «Con piacere,» disse, e mi penetrò senza fatica, la mia figa lurida e fradicia che lo accoglieva tutta. Mi afferrò per i fianchi, tirandomi contro di sé mentre aumentava subito il ritmo.
I miei gemiti ripresero forti, le mani che gli correvano lungo i fianchi.
Michele guardò almeno un quarto d’ora di scopata selvaggia, la mano che si muoveva svogliata sul cazzo mentre sentiva di sprofondare sempre di più nel ruolo di cuckold. Era strano: guardare la propria ragazza che si faceva scopare da un altro uomo. Pensava che avrebbe provato gelosia, invece sentiva solo soddisfazione e una strana, fredda lucidità. Era colpito dalla resistenza di Jamal: la stava scopando da più tempo di quanto lui riuscisse mai a fare, e sapeva che erano andati avanti così tutta la notte. Avevo ragione io: non era all’altezza.
I miei gemiti crescevano di intensità mentre Jamal andava sempre più forte. I miei occhi erano incollati su quelli di Michele, che ci guardava. Vedevo il desiderio nei suoi occhi, la voglia di partecipare, e questo mi eccitava ancora di più. «Dimmi che mi ami, Michele,» ansimai, la voce spezzata dal piacere. «Dimmi che mi ami e che ti piace vedermi scopata da un altro.»
«Sì, ti amo,» riuscì a dire. «Ti amo, amore. Mi eccita vederti scopata da un altro uomo.» La mano cominciò a muoversi più veloce, i colpi sempre più disperati mentre guardava il cazzo di Jamal scomparire dentro di me ancora e ancora.
Mentre continuavamo, sentii l’orgasmo salire impetuoso, e lasciai andare un lungo gemito che riecheggiò nella stanza. «Oh Jamal, sì, sì!» Il mio corpo si contrasse mentre venivo, la figa che stringeva il suo cazzo. Jamal grugnì per il piacere, i colpi che si fecero ancora più forti mentre sentiva il mio corpo stringersi su di lui.
Michele guardava stupito la mia figa che si stringeva sul cazzo di Jamal, spremendolo fino all’ultima goccia. Non poteva credere di essere lì a masturbarsi mentre un altro uomo mi prendeva, ma invece di rabbia sentiva una soddisfazione strana, la sensazione di darmi finalmente ciò che volevo.
«Cazzo, piccola,» grugnì Jamal, i muscoli contratti. «Sto per venire. Sto per svuotarmi nella tua figa bianca.»
Gli occhi mi si spalancarono mentre guardavo Michele. «Sì,» ansimai. «Fallo. Vienimi dentro ancora. Fecondami. Fammi un figlio.»
La mano di Michele si bloccò sul cazzo mentre sentiva queste parole e, con un’ultima spinta profonda, Jamal venne. Michele vide il culo di Jamal contrarsi, le palle stringersi mentre mi riempiva di sperma. Quella scena gli rimase impressa nella mente: la sua ragazza, il suo amore, riempita da un altro uomo.
Quando l’orgasmo di Jamal si placò, si tirò fuori, il cazzo lucido di sperma e dei nostri umori. Mi baciò veloce, poi disse: «Bene. Vi lascio per la vostra riunione.»
Michele lo vide rivestirsi, mentre io continuavo a massaggiarmi distrattamente la pancia, le anche ancora sollevate sui cuscini. Nessuna goccia di sperma fuori dalla mia figa.
Jamal si fermò sulla soglia, ci guardò entrambi. Fece un cenno a Michele e poi si rivolse a me: «Ci vediamo molto presto.» E uscì di casa. Il rumore della porta che si chiudeva segnò la sua uscita.
Mi voltai verso Michele, gli occhi pieni di soddisfazione. «Sei stato bravo, Michele. Sei rimasto sulla tua sedia da cuck. Ora vuoi le mie “sloppy seconds”… o meglio, le “sloppy fourths”?» sussurrai, prendendolo in giro.
Vidi la sua bocca seccarsi, non sapeva cosa rispondere. Si alzò, mentre io continuavo a parlare.
«Ma voglio che tu sappia una cosa: se mi scopi adesso, Michele, per me sarà come sfidare Jamal, come sfidare il suo seme. Non posso permettere che tu lo sfidi. Se vuoi provarci, allora butta subito tutte le mie pillole anticoncezionali. Vuoi scoparmi, vero? Vuoi sentire la mia figa dopo che Jamal mi ha aperta, vero?»
Vidi il cuore di Michele crollare e il suo cazzo fremere. Era così eccitato, così arrapato che avrebbe fatto qualsiasi cosa gli chiedessi, pur di scoparmi, pur di “riprendermi”. Qualsiasi cosa.
«Okay,» sussurrò, la voce appena un soffio. Si avvicinò al mio comodino, prese la scatola delle pillole. Le rovesciò tutte nel bagno vicino, guardandole sparire nello scarico. Era un gesto simbolico, l’accettazione della nuova realtà. E lui lo sapeva.
«Bravo ragazzo,» lo lodai, la figa ancora aperta. «Ora vieni qui e riprenditi la tua donna.»
Lo vidi avvicinarsi al letto, gli occhi puntati sulla mia figa gonfia e ancora spalancata, le anche in alto. Aveva bisogno di riprendersi quello che era suo. Si mise tra le mie gambe, il cazzo talmente duro da fargli male. Mi baciò piano sulle labbra, sentendo ancora il sapore salato dello sperma di Jamal, e questo lo eccitò ancora di più.
Mi penetrò, sentendo tutto il calore e la pienezza dentro di me. Ero così larga, così bagnata che quasi non sentivo nulla. Michele gemette, si buttò sopra di me e venne quasi subito.
Non poteva credere a quanto fosse diversa la mia figa. Quasi non sentiva nulla, era così bagnata e allargata. E adorava questa sensazione. Sapeva che era stata usata.
«Ci sei già dentro?» chiesi.
Feci il broncio e lo guardai. «Dai, amore, scopami davvero. Non farmi aspettare. Voglio sentire il tuo cazzo. Riempi la mia figa. Non farmi aspettare.» Mi mossi un po’ sotto di lui. «Dai, prenditi la mia figa.»
Michele sapeva che lo stavo prendendo in giro. Sapeva di essere molto più piccolo di Jamal. Cercò di spingere più forte, provò a uscire tutto e poi rientrare.
«Oh, credo di sentire qualcosa ora,» dissi, la voce sempre più provocatoria. «Qualcosina.»
Lo vidi arrossire. Sapeva di non poter competere, ma era deciso. Continuò a spingere, a scoparmi, cercando disperatamente di farmi sentire qualcosa.
«Vieni qui, ometto mio,» sussurrai, divertita, afferrandolo per la testa e baciandolo. Poi gli sussurrai all’orecchio: «So che vuoi, ma non venire ancora, amore. So che ci stai provando. Voglio leccare un po’ di sperma di Jamal dal tuo cazzo. Ti piacerebbe?»
Gli occhi gli si spalancarono, ma il corpo era in automatico. Si tirò fuori, il cazzo coperto dei nostri umori e di quello di Jamal. Scivolò sul letto verso di me, e presi il suo cazzo in bocca. Le anche ancora in alto sul cuscino, la lingua che girava intorno alla punta e poi giù, pulendo tutto il cazzo dal seme di Jamal. Gemetti attorno a lui, le vibrazioni gli scossero il corpo. Michele mi teneva la testa, guidando i miei movimenti, mentre guardava il suo cazzo sparire e riapparire tra le mie labbra. Gli avevo sempre fatto dei bei pompini, ma quella sera era speciale.
«Mm, che buono,» mormorai, gli occhi nei suoi. «Sembri lui.»
«Oh, cazzo,» ansimò Michele, gli occhi che si chiudevano. Sapere che assaggiavo Jamal su di lui era troppo. Sentì l’orgasmo arrivare, le palle stringersi. «Sto venendo.» Cercò di tirarsi via, ma io lo trattenni e cominciai a succhiare ancora più forte, con i rumori che sapevo gli piacevano.
«Sto… sto venendo,» disse, spingendo il cazzo più a fondo. Mi venne in bocca, il mio orgasmo che mi riempì la gola.
Mi tirai via, un filo di sperma dalla bocca al suo cazzo ormai moscio.
«Bravo ragazzo, grazie che mi hai fatto assaggiare ancora Jamal,» dissi, leccando tutto. «Vedi, puoi ancora soddisfarmi a modo tuo.»
Michele guardò il suo sperma in gola, quello di Jamal nella mia figa. Avrebbe dovuto riprendermi! Aveva buttato via la mia pillola! Aveva guardato la sua donna farsi ingravidare da un altro uomo con palle grosse il doppio delle sue. Era successo tutto così in fretta, ora non sapeva più cosa fare. Cercò di parlare.
«E se…» iniziò, ma lo zittii con un dito sulle labbra.
«Shh amore. Era quello che volevi, vero?» chiesi, gli occhi pieni di malizia. «Vedermi ingravidata da un uomo vero. Lo sai che era anche quello che volevo io.»
Michele annuì, senza parole, guardando la mia mano che mi accarezzava la pancia. Non so neanche se si rendesse conto di quello che facevo: massaggiavo il grembo, sperando che lo sperma di Jamal andasse più in profondità. «Sei stato bravissimo, amore. Ti prendi sempre cura di me. E lo farai sempre.»
Michele annuì di nuovo. Sapeva che era vero. Era il mio custode, il mio protettore. Il suo posto era al mio fianco, sempre. «Vuoi che ti porti qualcosa?» chiese con voce più tenera.
«No, amore,» risposi, un sorriso pigro sulle labbra. «Andiamo a dormire. Perché non spegni la luce così riposiamo un po’.»
Michele obbedì, la testa ancora piena degli eventi della notte. Era stanco, confuso, ma provava un’eccitazione che non aveva mai conosciuto. Quando le luci si spensero, si infilò nel letto accanto a me. Io non mi mossi, le anche ancora sollevate sui cuscini. In fondo alla mente, Michele si immaginava tutto quello sperma che, con l’aiuto della gravità, scendeva dentro di me. Nel mio grembo. Sorrise e mi baciò sulla guancia.
«Buonanotte, Lisa,» disse. «Ti amo.»
«Anch’io ti amo, Michele,» risposi, e mi addormentai, la mano ancora sulla pancia…
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