Il patto
di
Lisa1997
genere
corna
CAPITOLO TRE – Il patto
Dopo cena, sparecchiammo e ci spostammo in camera da letto. Avevo già preparato la scena: candele accese e musica soft in sottofondo. Avevo scelto con cura la lingerie, un completo di pizzo che a stento conteneva le mie tette piccole, i capezzoli già in bella mostra sotto il tessuto. Il mio culo sembrava spettacolare nel perizoma abbinato, e sapevo che a Jamal sarebbe piaciuto da morire.
«Ok, Michele,» cominciai. «Ho messo una sedia nell’angolo apposta per te. Sai perché l’ho messa lì, vero?»
Michele annuì. «Certo. Quella è la sedia del cuckold, dove dovrei sedermi a guardarti mentre ti scopa un altro.»
«Esatto!» confermai, eccitata dal sentirglielo dire. «Quello è il tuo posto, perché questo sei: un piccolo cuckold.»
Michele si schiarì la voce. «Sì… cioè, sì, solo nel gioco di ruolo, vero?»
Sorrisi. «Certo, amore, solo nel gioco di ruolo.»
Michele si sedette nella sua “sedia da cuck”, nell’angolo, il cazzo già duro che tirava contro i boxer, mentre io iniziavo uno striptease per lui. Sapevo che mi stava guardando, gli occhi incollati addosso mentre mi muovevo al ritmo della musica. Vedevo la fame nei suoi occhi, ma sapevo anche che stava recitando la parte, guardandomi come se fossi lo spettacolo più erotico mai visto.
Piano, abbassai il perizoma, mostrando la figa rasata, già lucida di desiderio. Salii sul letto e spalancai le gambe, la figa in bella vista.
Michele mi guardò e disse: «Ora dimmelo, tesoro, dimmi cosa vuoi che succeda. Dimmi come vuoi che il nostro grande ospite nero ti scopi.»
La mia mano scivolò tra le gambe, le dita a disegnare i contorni delle labbra prima di infilarsi dentro. Gemetti piano, cominciando a scoparmi con le dita. «Voglio che mi prenda, forte. Voglio che mi butti giù, mi spalanchi le gambe. Voglio sentire il suo cazzo nero che mi preme contro la figa, che bussa per entrare. Voglio che mi faccia supplicare, che mi faccia sentire che ne ho bisogno più di ogni altra cosa al mondo.»
Michele si sporse in avanti, la mano che si strofinava il cazzo sopra i boxer. «Oh, cazzo, tesoro, che roba. Dimmi ancora.»
«Voglio che mi riempia, che mi faccia urlare a ogni colpo. Voglio sentire la sua forza, il suo dominio, la sua potenza. Voglio che mi usi come una puttana, che mi faccia diventare la sua troia, la sua piccola sacca di sperma, la sua fabbrica di figli. Voglio che mi ingravidi, che venga dentro di me così a fondo che tu possa sentirlo quando mi scopi dopo.»
La mano si muoveva più veloce, le dita che scivolavano dentro e fuori dalla figa bagnata. Sentivo l’orgasmo salire, il mio corpo che reagiva alle parole sporche che dicevo.
«Così, tesoro, dimmi quanto lo vuoi. Dimmi quanto vuoi il suo cazzo dentro di te.»
«Oh Michele, lo voglio da morire. Voglio sentirlo in profondità, il suo sperma che mi riempie. Voglio essere sua, completamente, finché non ci sarà parte di me che non sia marchiata dal suo seme. Voglio che tu torni a casa e senta la mia figa rovinata, larga, ancora piena del suo sperma.»
Le mie parole erano puro desiderio, e vedevo che l’effetto su Michele era devastante. La sua mano si muoveva più veloce sul cazzo, senza mai staccare gli occhi da me. Continuai a parlare, la voce un sussurro caldo. «Voglio che mi possieda, che mi renda sua. Che mi dimostri che nessuno può soddisfarmi come lui. Che nessun altro cazzo è abbastanza grande per riempirmi come fa lui.»
Il respiro di Michele era pesante, gli occhi annebbiati dalla lussuria. Stava al gioco, ma ormai era dentro la sua fantasia. Non sapeva quanto davvero desiderassi il cazzo di Jamal, quanto lo volessi che mi ingravidasse, ma presto lo avrebbe capito.
«Imploralo, tesoro. Dimmi quanto vuoi il suo sperma dentro, dimmi quanto vuoi essere la mia piccola troia.»
La mano era ormai una frusta fra le gambe, la figa che stringeva le dita mentre arrivavo al limite. «Ti prego Michele, ti prego lasciami farmi ingravidare da un nero. Ne ho bisogno, non ce la faccio più. Sono così bagnata, così pronta per lui. Lascia che mi prenda, che mi ingravidi. Voglio che mi allarghi così tanto che quando mi scopi tu non sentirai più niente. Non lo vuoi anche tu, tesoro? Non vuoi che io sia larga e mollata? Un buco da scopare solo da chi ha un cazzo più grosso del tuo? Lo sai che ho bisogno di più di quello che puoi darmi tu. Lo sai che sei troppo piccolo. Lo sai, vero Michele?»
Gli occhi di Michele si allargarono ancora, deglutì, il cazzo che gli pulsava in mano. Non mi aveva mai sentita parlare così e questo lo mandava fuori di testa. «Lo so, tesoro. Lo so che hai bisogno di qualcosa di grande. Non vedo l’ora di tornare a casa e trovare la tua figa distrutta da qualche negro, ancora piena del suo sperma.»
Gli occhi mi si rovesciarono all’indietro mentre godevo, il corpo che si contorceva sul letto. Sapevo di giocare col fuoco, ma era troppo eccitante per smettere. «Dammi il permesso, tesoro. Dimmi che posso avere cazzo nero quando voglio.»
Il respiro di Michele si interruppe, vederla – la sua ragazza solitamente riservata – supplicare di farsi riempire da un altro lo stava uccidendo. «Sì, tesoro, puoi averlo. Puoi averlo quando vuoi. Basta che torni sempre da me, che mi ricordi quanto lui è più grosso, quanto è meglio, quanto ti piace il suo cazzo.»
Quelle parole mi fecero venire forte, la figa che si stringeva sulle dita, il corpo scosso dall’orgasmo. Lo guardai, ansimante e sudata, e capii che ormai l’avevo dove volevo. «Grazie, tesoro.»
Gli occhi di Michele erano neri di desiderio mentre si sfilava i boxer, il cazzo dritto e teso. Allargai le gambe per lui, la figa ancora che pulsava dopo l’orgasmo. «Vieni qui, scopami,» sussurrai.
Si mise sopra di me, il cazzo che scivolava tra le mie labbra. Era più spesso del solito, segno che il gioco lo stava mandando fuori di testa, ma sempre troppo piccolo. Gli avvolsi le gambe intorno alla vita, tirandolo dentro più a fondo. «Ricorda,» gli sussurrai, ancora ansimante, «stai solo prendendo una figa usata. Voglio che mi scopi come se sapessi che prima c’era già passato qualcun altro.»
Lui gemette, cominciò a spingere dentro di me con una foga nuova. Sentivo il cazzo entrare, ma la sensazione era attenuata da quanto ero bagnata. «Sei così bagnata,» sussurrò, la voce tirata.
«È perché sono piena di sperma, tesoro. Stai prendendo i miei avanzi.» Gli occhi negli occhi. «Ti piace, eh? Scopare la mia figa piena di sperma? La mia figa larga, avara, sempre in cerca di cazzi più grossi.»
Le mie parole lo mandarono fuori di testa e cominciò a scoparmi più forte. Io mi sentivo sempre più bagnata, la figa che gli si stringeva intorno mentre continuavo a sussurrargli di quanto fosse piccolo in confronto. «Jamal è molto più grosso di te, Michele,» gemevo. «Mi riempie, mi allarga. Non c’è paragone. Il tuo cazzo non basta. Ho bisogno di altro.»
I colpi di Michele diventavano sempre più irregolari, sapevo che era vicino. Gli presi la faccia tra le mani.
«Guardami, Michele. Guardami negli occhi. Stai scopando una figa usata, amore. Una figa che ha già preso un cazzo nero gigantesco, che mi ha fatto godere come tu non potrai mai.» Gli sussurrai, senza mai staccargli gli occhi di dosso. «Lo senti quanto sono larga?»
Lui gemette, non smettendo di guardarmi mentre mi scopava. Stava provando a competere, ma non c’era gara con Jamal.
«Vieni sulle mie tette, Michele,» gli comandai, la voce rovente. «Vieni su di me.»
Con un ultimo colpo, Michele si tolse e venne sulle mie tette, lo sperma caldo a colarmi sulla pelle. Lo guardai con un sorriso soddisfatto, mentre l’orgasmo mi risuonava ancora nel corpo dopo la scossa di poco prima.
Quando finì, lo spinsi via, il suo sperma che scivolava giù per il petto e la pancia. Non mi preoccupai di pulirmi, invece ci infilai le dita e le portai alla bocca, succhiando via tutto senza staccargli gli occhi di dosso.
«Mi sa che mi piace. La mia figa è per il seme nero, le mie tette per quello bianco. Che ne dici, tesoro?»
Gli occhi di Michele si spalancarono. Non mi aveva mai sentita così esplicita, e la cosa lo mandava ancora più fuori di testa. Mi guardò mentre giocavo con le tette ancora sporche di sperma, le dita che giravano intorno ai capezzoli duri, gonfi di piacere.
«Ti piace, vero?» lo presi in giro, la voce bassa. «Ti eccita l’idea di vedermi riempita da un nero, mentre tu puoi solo guardare e ripulire il casino.»
Michele annuì, il cazzo ancora duro anche se era appena venuto. «Sì,» riuscì a mormorare, la voce impastata di lussuria.
«Non basta, tesoro.» risposi. «Dillo forte. Dì che ti piace vedermi ingravidata da un nero. Dì che vorresti guardare.»
Michele deglutì e cominciò a rispondere: «Io…»
«Tu cosa?» lo incoraggiai.
«Voglio vederti farti ingravidare da un cazzo nero. Vorrei guardare. L’ho sempre desiderato, solo che non ho mai saputo come dirtelo. Sarebbe fantastico vederlo.»
Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse fermarsi. L’eccitazione, il tabù, lo stavano facendo impazzire. Il cuore gli batteva a mille, il cazzo già stava tornando duro solo all’idea di vedermi presa da un altro, molto più dotato di lui.
«Aspetta, davvero lo vuoi?» chiesi, la voce che tremava per l’eccitazione.
Michele mi guardò. Io mi avvicinai. «Va bene tesoro, dimmelo: è davvero quello che vuoi? Vuoi che succeda davvero?»
Michele annuì, «È sempre stata la mia fantasia, amore. Lo faresti davvero? Nella realtà, non solo nella fantasia?»
Presi fiato e finsi di pensarci. Poi lo guardai dritto: «Oh sì, tesoro, ma solo se è quello che vuoi tu. Lo faccio per te. Posso essere la tua troia.»
Sentii il suo cazzo fremere di nuovo. «Non so,» ammise, «non ho mai… è solo che… l’ho sempre desiderato, solo che non pensavo sarebbe mai successo. L’ho visto nei porno, mi sono sempre masturbato su quella roba, ma non pensavo che anche tu ci saresti stata. Avevo paura di dirtelo.»
«Davvero?» dissi io, la voce carica di malizia. Gli poggiai una mano sul petto, le dita che scendevano verso il cazzo ormai di nuovo duro. «Beh, a me piace. Solo l’idea mi fa impazzire. Secondo me dovremmo provarci.»
Il suo cazzo si fece ancora più duro sotto la mia mano. Pensava a me con un altro. «Credo… credo che sarebbe una buona idea. Mi ecciterebbe vederti con un cazzo nero.»
I miei occhi si illuminarono. Lo avevo in pugno. «Oh, tesoro, non so se ce la faresti a vedere la prima volta. Dovrei provare da sola. E poi magari, dopo, potresti tornare a casa da me.» Gli sussurrai, la voce roca. «E allora, vorresti ripulirmi? Sentire il suo sperma su di me? O vuoi scoparmi subito dopo?»
Il suo cazzo sussultò ancora, le immagini che gli si affollavano in testa. Mi guardava mentre gli prendevo la mano e la guidavo verso la mia figa ancora bagnata. «Immagina che sia il suo sperma. Cosa faresti, tesoro?»
Con le dita tremanti, Michele mi toccò la figa, sentendo il calore appiccicoso dei nostri umori. Mi toccò il clitoride, cominciando a strofinare piano. «Io… io lo assaggerei,» mormorò. «Vorrei pulirti, sentirne il gusto.»
Gemetti alle sue parole. «Ecco vedi. Sei un po’ cuckold anche tu. Ti chiedo se vuoi scoparmi e tu rispondi che preferisci sentire il sapore del suo sperma. Tesoro, hai proprio bisogno che un vero uomo mi scopi.»
Il suo cuore batteva forte. Era sempre stato un po’ sottomesso, ma non aveva mai realizzato quanto lo fosse fino a quel momento. Bruciava di desiderio, voleva davvero vedermi con un altro o sentirmi piena del suo sperma.
«Ma tesoro,» cominciò, la voce tesa, «e se poi ti piace più di me? Se il suo cazzo ti piace più del mio?»
Mi avvicinai, ora o mai più. «Tesoro, il suo cazzo mi piacerà più del tuo. È più grosso, più spesso, dura di più, mi scoperà più forte. Hai un cazzo piccolo. Lo sai. Non farmelo ripetere. Ma io dormirò con te, è questo che conta?»
Michele prese fiato, elaborando tutto quello che gli stavo dicendo. Lo sapeva, non poteva darmi quello che volevo davvero. Il suo cazzo era sotto la media, e lui si era sempre sentito inadeguato. Ma l’idea di tornare a casa e trovarmi piena del seme di un altro lo eccitava da morire. «Ma se…» iniziò, ma io lo zittii con un bacio.
«Ti amo, tesoro.» lo rassicurai. «Sempre.»
Sentii la sua ansia sciogliersi sotto il mio tocco. «Ti amo anch’io, Lisa. Più di ogni altra cosa.» La voce carica di emozione. «Voglio farlo per te.»
«Bene,» mormorai, la mano che gli accarezzava la guancia mentre lo baciavo. «Allora voglio che mi trovi un uomo nero, grande, forte, che mi dia quello che mi serve. Qualcuno che renda reale la tua fantasia. È questa la tua fantasia, Michele. L’hai sempre voluta.»
Continuai: «Non lo farò se non sei tu a portarlo qui, a presentarmelo, a dargli il permesso di scoparmi davanti a te. Gli dirai che sono la sua troia, che può usare la mia figa come vuole. Perché è questo di cui parliamo qui. Pensaci bene. Se lo facciamo, lui mi ingraviderebbe, proprio qui, in questo letto. Ce la fai a reggerla?»
Era il momento della verità. Tutto o niente. O accettava davvero il suo ruolo di cuckold, oppure no.
Il respiro di Michele era corto, il cuore impazzito. L’idea di un altro uomo che mi scopava nel nostro letto, vedermi godere mentre prendevo un cazzo nero enorme, lo eccitava e lo terrorizzava allo stesso tempo. Sentiva già il cazzo indurirsi, la testa invasa dalle immagini di me usata, allargata fino al limite da uno sconosciuto. Deglutì, mi guardò negli occhi. «Penso di potercela fare. Ma solo se poi dormi sempre con me.»
Il mio sorriso si allargò, la vittoria negli occhi. «Certo, tesoro. Questa è la regola. Scopo con lui, ma dormo con te. Voglio rendere reale la tua fantasia. Tu sei l’unico che amo.» Mi chinai a baciarlo e aggiunsi: «Pensaci stanotte. Non è che andiamo subito ad Harlem. Domani lo decidiamo.» Lo baciai piano, la lingua a leccargli l’angolo della bocca.
Michele sentiva un miscuglio di emozioni: eccitazione, paura, e una voglia profonda che non sapeva spiegare. Sapeva che era un momento decisivo, ma il brivido era troppo forte per ignorarlo.
«Ok, tesoro,» sussurrai, la voce morbida. «Pensaci stanotte. Immaginami con un vero Adone nero, la mia figa stretta che si allarga per il suo cazzo enorme.» Gli passai le dita sui fianchi. «Solo pensaci. Immagina la mia figa piena di sperma, così tanto che non saprai nemmeno da dove cominciare a pulirmi.»
Michele gemette, il cazzo che si induriva a ogni parola. Provava anche orgoglio, a vedere quanto lo stava eccitando l’idea. Non era mai stato un cuckold, ma ora era ubriaco di eccitazione. Non voleva che la conversazione finisse. Stava vivendo la sua fantasia in tempo reale.
«Ma come lo troviamo uno?» chiese, tra l’eccitato e l’ansioso.
«Non noi, tesoro. Tu. Devi trovare tu il tipo che mi scoperà. Uno di cui ci si possa fidare. Deve essere atletico. Resistente. E nero come la notte. Ci riuscirai.» Avevo steso la trappola. Sapevo che Michele ci sarebbe cascato.
Michele ci pensò un attimo. «E Jamal? Il mio amico Jamal? È nero, single, atletico, e… beh, l’ho visto per sbaglio una volta negli spogliatoi della palestra: da moscio aveva il cazzo più grosso di me da duro! All’epoca lo invidiavo. Ma adesso…»
«Chi?» chiesi, il cuore che mi batteva forte. Era il momento.
«Ti ricordi, Jamal! Ci hai parlato ieri.»
«Oh! Non avevo capito parlassi di lui!» risposi, fingendo sorpresa. «Certo. Era sexy. Penso che sarebbe perfetto. Mi sembra uno affidabile.»
Il cuore di Michele fece un salto. Non credeva che stava davvero per organizzare tutto questo per me. Ma l’idea di vedermi prendere un cazzo così grande era troppo forte.
«Pensi che Jamal lo farebbe?» chiese, provando a mascherare l’eccitazione.
«Oh, secondo me non ci penserebbe due volte,» risposi, con gli occhi che brillavano di malizia. «Portalo fuori per un aperitivo domani e chiediglielo.»
Michele sentì un’ondata di eccitazione al pensiero. Ormai era fatta. «E se dice di no?»
«Si passa al prossimo,» risposi, facendo spallucce. «Ma ho il sospetto che sarà molto contento.» Mi sdraiai sul letto, le gambe spalancate, la figa gonfia e rosa in mostra, ancora lucida dei nostri umori. «Ma devi essere tu a chiederglielo, tesoro. Voglio che sia tu a organizzare tutto. Fai in modo che Jamal si scopi questa figa stretta.»
Michele annuì. «Ok, ci parlo io,» cercò di sembrare disinvolto. «Ma solo se sei sicura.»
«Sono sicurissima,» risposi, la voce carica di desiderio. Gli accarezzai il cazzo, duro come il ferro. «Ma ricordati: niente gelosia. Devi sapere che, quando torno da te è perché sei tu quello che amo.»
Michele annuì, la testa che correva alle conseguenze di quello che stavamo dicendo. Fece un respiro profondo per calmarsi. «Ok. Ci parlo domani.»
Ritirai la mano, mi sedetti, l’eccitazione che si tagliava a fette nell’aria. «Bene,» dissi, la voce leggermente tremante. «Digli le regole. Niente innamoramenti, niente legami. Tu sei il mio uomo, lui è solo un cazzo da farmi e ingravidare.»
Michele annuì, il cuore a mille pensando a come sarebbe stata la conversazione con Jamal. Non credeva che davvero avrebbe organizzato tutto questo per me. Ma il modo in cui lo guardavo, la fame nei miei occhi, lo faceva sentire che voleva farlo più di ogni altra cosa.
Dopo cena, sparecchiammo e ci spostammo in camera da letto. Avevo già preparato la scena: candele accese e musica soft in sottofondo. Avevo scelto con cura la lingerie, un completo di pizzo che a stento conteneva le mie tette piccole, i capezzoli già in bella mostra sotto il tessuto. Il mio culo sembrava spettacolare nel perizoma abbinato, e sapevo che a Jamal sarebbe piaciuto da morire.
«Ok, Michele,» cominciai. «Ho messo una sedia nell’angolo apposta per te. Sai perché l’ho messa lì, vero?»
Michele annuì. «Certo. Quella è la sedia del cuckold, dove dovrei sedermi a guardarti mentre ti scopa un altro.»
«Esatto!» confermai, eccitata dal sentirglielo dire. «Quello è il tuo posto, perché questo sei: un piccolo cuckold.»
Michele si schiarì la voce. «Sì… cioè, sì, solo nel gioco di ruolo, vero?»
Sorrisi. «Certo, amore, solo nel gioco di ruolo.»
Michele si sedette nella sua “sedia da cuck”, nell’angolo, il cazzo già duro che tirava contro i boxer, mentre io iniziavo uno striptease per lui. Sapevo che mi stava guardando, gli occhi incollati addosso mentre mi muovevo al ritmo della musica. Vedevo la fame nei suoi occhi, ma sapevo anche che stava recitando la parte, guardandomi come se fossi lo spettacolo più erotico mai visto.
Piano, abbassai il perizoma, mostrando la figa rasata, già lucida di desiderio. Salii sul letto e spalancai le gambe, la figa in bella vista.
Michele mi guardò e disse: «Ora dimmelo, tesoro, dimmi cosa vuoi che succeda. Dimmi come vuoi che il nostro grande ospite nero ti scopi.»
La mia mano scivolò tra le gambe, le dita a disegnare i contorni delle labbra prima di infilarsi dentro. Gemetti piano, cominciando a scoparmi con le dita. «Voglio che mi prenda, forte. Voglio che mi butti giù, mi spalanchi le gambe. Voglio sentire il suo cazzo nero che mi preme contro la figa, che bussa per entrare. Voglio che mi faccia supplicare, che mi faccia sentire che ne ho bisogno più di ogni altra cosa al mondo.»
Michele si sporse in avanti, la mano che si strofinava il cazzo sopra i boxer. «Oh, cazzo, tesoro, che roba. Dimmi ancora.»
«Voglio che mi riempia, che mi faccia urlare a ogni colpo. Voglio sentire la sua forza, il suo dominio, la sua potenza. Voglio che mi usi come una puttana, che mi faccia diventare la sua troia, la sua piccola sacca di sperma, la sua fabbrica di figli. Voglio che mi ingravidi, che venga dentro di me così a fondo che tu possa sentirlo quando mi scopi dopo.»
La mano si muoveva più veloce, le dita che scivolavano dentro e fuori dalla figa bagnata. Sentivo l’orgasmo salire, il mio corpo che reagiva alle parole sporche che dicevo.
«Così, tesoro, dimmi quanto lo vuoi. Dimmi quanto vuoi il suo cazzo dentro di te.»
«Oh Michele, lo voglio da morire. Voglio sentirlo in profondità, il suo sperma che mi riempie. Voglio essere sua, completamente, finché non ci sarà parte di me che non sia marchiata dal suo seme. Voglio che tu torni a casa e senta la mia figa rovinata, larga, ancora piena del suo sperma.»
Le mie parole erano puro desiderio, e vedevo che l’effetto su Michele era devastante. La sua mano si muoveva più veloce sul cazzo, senza mai staccare gli occhi da me. Continuai a parlare, la voce un sussurro caldo. «Voglio che mi possieda, che mi renda sua. Che mi dimostri che nessuno può soddisfarmi come lui. Che nessun altro cazzo è abbastanza grande per riempirmi come fa lui.»
Il respiro di Michele era pesante, gli occhi annebbiati dalla lussuria. Stava al gioco, ma ormai era dentro la sua fantasia. Non sapeva quanto davvero desiderassi il cazzo di Jamal, quanto lo volessi che mi ingravidasse, ma presto lo avrebbe capito.
«Imploralo, tesoro. Dimmi quanto vuoi il suo sperma dentro, dimmi quanto vuoi essere la mia piccola troia.»
La mano era ormai una frusta fra le gambe, la figa che stringeva le dita mentre arrivavo al limite. «Ti prego Michele, ti prego lasciami farmi ingravidare da un nero. Ne ho bisogno, non ce la faccio più. Sono così bagnata, così pronta per lui. Lascia che mi prenda, che mi ingravidi. Voglio che mi allarghi così tanto che quando mi scopi tu non sentirai più niente. Non lo vuoi anche tu, tesoro? Non vuoi che io sia larga e mollata? Un buco da scopare solo da chi ha un cazzo più grosso del tuo? Lo sai che ho bisogno di più di quello che puoi darmi tu. Lo sai che sei troppo piccolo. Lo sai, vero Michele?»
Gli occhi di Michele si allargarono ancora, deglutì, il cazzo che gli pulsava in mano. Non mi aveva mai sentita parlare così e questo lo mandava fuori di testa. «Lo so, tesoro. Lo so che hai bisogno di qualcosa di grande. Non vedo l’ora di tornare a casa e trovare la tua figa distrutta da qualche negro, ancora piena del suo sperma.»
Gli occhi mi si rovesciarono all’indietro mentre godevo, il corpo che si contorceva sul letto. Sapevo di giocare col fuoco, ma era troppo eccitante per smettere. «Dammi il permesso, tesoro. Dimmi che posso avere cazzo nero quando voglio.»
Il respiro di Michele si interruppe, vederla – la sua ragazza solitamente riservata – supplicare di farsi riempire da un altro lo stava uccidendo. «Sì, tesoro, puoi averlo. Puoi averlo quando vuoi. Basta che torni sempre da me, che mi ricordi quanto lui è più grosso, quanto è meglio, quanto ti piace il suo cazzo.»
Quelle parole mi fecero venire forte, la figa che si stringeva sulle dita, il corpo scosso dall’orgasmo. Lo guardai, ansimante e sudata, e capii che ormai l’avevo dove volevo. «Grazie, tesoro.»
Gli occhi di Michele erano neri di desiderio mentre si sfilava i boxer, il cazzo dritto e teso. Allargai le gambe per lui, la figa ancora che pulsava dopo l’orgasmo. «Vieni qui, scopami,» sussurrai.
Si mise sopra di me, il cazzo che scivolava tra le mie labbra. Era più spesso del solito, segno che il gioco lo stava mandando fuori di testa, ma sempre troppo piccolo. Gli avvolsi le gambe intorno alla vita, tirandolo dentro più a fondo. «Ricorda,» gli sussurrai, ancora ansimante, «stai solo prendendo una figa usata. Voglio che mi scopi come se sapessi che prima c’era già passato qualcun altro.»
Lui gemette, cominciò a spingere dentro di me con una foga nuova. Sentivo il cazzo entrare, ma la sensazione era attenuata da quanto ero bagnata. «Sei così bagnata,» sussurrò, la voce tirata.
«È perché sono piena di sperma, tesoro. Stai prendendo i miei avanzi.» Gli occhi negli occhi. «Ti piace, eh? Scopare la mia figa piena di sperma? La mia figa larga, avara, sempre in cerca di cazzi più grossi.»
Le mie parole lo mandarono fuori di testa e cominciò a scoparmi più forte. Io mi sentivo sempre più bagnata, la figa che gli si stringeva intorno mentre continuavo a sussurrargli di quanto fosse piccolo in confronto. «Jamal è molto più grosso di te, Michele,» gemevo. «Mi riempie, mi allarga. Non c’è paragone. Il tuo cazzo non basta. Ho bisogno di altro.»
I colpi di Michele diventavano sempre più irregolari, sapevo che era vicino. Gli presi la faccia tra le mani.
«Guardami, Michele. Guardami negli occhi. Stai scopando una figa usata, amore. Una figa che ha già preso un cazzo nero gigantesco, che mi ha fatto godere come tu non potrai mai.» Gli sussurrai, senza mai staccargli gli occhi di dosso. «Lo senti quanto sono larga?»
Lui gemette, non smettendo di guardarmi mentre mi scopava. Stava provando a competere, ma non c’era gara con Jamal.
«Vieni sulle mie tette, Michele,» gli comandai, la voce rovente. «Vieni su di me.»
Con un ultimo colpo, Michele si tolse e venne sulle mie tette, lo sperma caldo a colarmi sulla pelle. Lo guardai con un sorriso soddisfatto, mentre l’orgasmo mi risuonava ancora nel corpo dopo la scossa di poco prima.
Quando finì, lo spinsi via, il suo sperma che scivolava giù per il petto e la pancia. Non mi preoccupai di pulirmi, invece ci infilai le dita e le portai alla bocca, succhiando via tutto senza staccargli gli occhi di dosso.
«Mi sa che mi piace. La mia figa è per il seme nero, le mie tette per quello bianco. Che ne dici, tesoro?»
Gli occhi di Michele si spalancarono. Non mi aveva mai sentita così esplicita, e la cosa lo mandava ancora più fuori di testa. Mi guardò mentre giocavo con le tette ancora sporche di sperma, le dita che giravano intorno ai capezzoli duri, gonfi di piacere.
«Ti piace, vero?» lo presi in giro, la voce bassa. «Ti eccita l’idea di vedermi riempita da un nero, mentre tu puoi solo guardare e ripulire il casino.»
Michele annuì, il cazzo ancora duro anche se era appena venuto. «Sì,» riuscì a mormorare, la voce impastata di lussuria.
«Non basta, tesoro.» risposi. «Dillo forte. Dì che ti piace vedermi ingravidata da un nero. Dì che vorresti guardare.»
Michele deglutì e cominciò a rispondere: «Io…»
«Tu cosa?» lo incoraggiai.
«Voglio vederti farti ingravidare da un cazzo nero. Vorrei guardare. L’ho sempre desiderato, solo che non ho mai saputo come dirtelo. Sarebbe fantastico vederlo.»
Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse fermarsi. L’eccitazione, il tabù, lo stavano facendo impazzire. Il cuore gli batteva a mille, il cazzo già stava tornando duro solo all’idea di vedermi presa da un altro, molto più dotato di lui.
«Aspetta, davvero lo vuoi?» chiesi, la voce che tremava per l’eccitazione.
Michele mi guardò. Io mi avvicinai. «Va bene tesoro, dimmelo: è davvero quello che vuoi? Vuoi che succeda davvero?»
Michele annuì, «È sempre stata la mia fantasia, amore. Lo faresti davvero? Nella realtà, non solo nella fantasia?»
Presi fiato e finsi di pensarci. Poi lo guardai dritto: «Oh sì, tesoro, ma solo se è quello che vuoi tu. Lo faccio per te. Posso essere la tua troia.»
Sentii il suo cazzo fremere di nuovo. «Non so,» ammise, «non ho mai… è solo che… l’ho sempre desiderato, solo che non pensavo sarebbe mai successo. L’ho visto nei porno, mi sono sempre masturbato su quella roba, ma non pensavo che anche tu ci saresti stata. Avevo paura di dirtelo.»
«Davvero?» dissi io, la voce carica di malizia. Gli poggiai una mano sul petto, le dita che scendevano verso il cazzo ormai di nuovo duro. «Beh, a me piace. Solo l’idea mi fa impazzire. Secondo me dovremmo provarci.»
Il suo cazzo si fece ancora più duro sotto la mia mano. Pensava a me con un altro. «Credo… credo che sarebbe una buona idea. Mi ecciterebbe vederti con un cazzo nero.»
I miei occhi si illuminarono. Lo avevo in pugno. «Oh, tesoro, non so se ce la faresti a vedere la prima volta. Dovrei provare da sola. E poi magari, dopo, potresti tornare a casa da me.» Gli sussurrai, la voce roca. «E allora, vorresti ripulirmi? Sentire il suo sperma su di me? O vuoi scoparmi subito dopo?»
Il suo cazzo sussultò ancora, le immagini che gli si affollavano in testa. Mi guardava mentre gli prendevo la mano e la guidavo verso la mia figa ancora bagnata. «Immagina che sia il suo sperma. Cosa faresti, tesoro?»
Con le dita tremanti, Michele mi toccò la figa, sentendo il calore appiccicoso dei nostri umori. Mi toccò il clitoride, cominciando a strofinare piano. «Io… io lo assaggerei,» mormorò. «Vorrei pulirti, sentirne il gusto.»
Gemetti alle sue parole. «Ecco vedi. Sei un po’ cuckold anche tu. Ti chiedo se vuoi scoparmi e tu rispondi che preferisci sentire il sapore del suo sperma. Tesoro, hai proprio bisogno che un vero uomo mi scopi.»
Il suo cuore batteva forte. Era sempre stato un po’ sottomesso, ma non aveva mai realizzato quanto lo fosse fino a quel momento. Bruciava di desiderio, voleva davvero vedermi con un altro o sentirmi piena del suo sperma.
«Ma tesoro,» cominciò, la voce tesa, «e se poi ti piace più di me? Se il suo cazzo ti piace più del mio?»
Mi avvicinai, ora o mai più. «Tesoro, il suo cazzo mi piacerà più del tuo. È più grosso, più spesso, dura di più, mi scoperà più forte. Hai un cazzo piccolo. Lo sai. Non farmelo ripetere. Ma io dormirò con te, è questo che conta?»
Michele prese fiato, elaborando tutto quello che gli stavo dicendo. Lo sapeva, non poteva darmi quello che volevo davvero. Il suo cazzo era sotto la media, e lui si era sempre sentito inadeguato. Ma l’idea di tornare a casa e trovarmi piena del seme di un altro lo eccitava da morire. «Ma se…» iniziò, ma io lo zittii con un bacio.
«Ti amo, tesoro.» lo rassicurai. «Sempre.»
Sentii la sua ansia sciogliersi sotto il mio tocco. «Ti amo anch’io, Lisa. Più di ogni altra cosa.» La voce carica di emozione. «Voglio farlo per te.»
«Bene,» mormorai, la mano che gli accarezzava la guancia mentre lo baciavo. «Allora voglio che mi trovi un uomo nero, grande, forte, che mi dia quello che mi serve. Qualcuno che renda reale la tua fantasia. È questa la tua fantasia, Michele. L’hai sempre voluta.»
Continuai: «Non lo farò se non sei tu a portarlo qui, a presentarmelo, a dargli il permesso di scoparmi davanti a te. Gli dirai che sono la sua troia, che può usare la mia figa come vuole. Perché è questo di cui parliamo qui. Pensaci bene. Se lo facciamo, lui mi ingraviderebbe, proprio qui, in questo letto. Ce la fai a reggerla?»
Era il momento della verità. Tutto o niente. O accettava davvero il suo ruolo di cuckold, oppure no.
Il respiro di Michele era corto, il cuore impazzito. L’idea di un altro uomo che mi scopava nel nostro letto, vedermi godere mentre prendevo un cazzo nero enorme, lo eccitava e lo terrorizzava allo stesso tempo. Sentiva già il cazzo indurirsi, la testa invasa dalle immagini di me usata, allargata fino al limite da uno sconosciuto. Deglutì, mi guardò negli occhi. «Penso di potercela fare. Ma solo se poi dormi sempre con me.»
Il mio sorriso si allargò, la vittoria negli occhi. «Certo, tesoro. Questa è la regola. Scopo con lui, ma dormo con te. Voglio rendere reale la tua fantasia. Tu sei l’unico che amo.» Mi chinai a baciarlo e aggiunsi: «Pensaci stanotte. Non è che andiamo subito ad Harlem. Domani lo decidiamo.» Lo baciai piano, la lingua a leccargli l’angolo della bocca.
Michele sentiva un miscuglio di emozioni: eccitazione, paura, e una voglia profonda che non sapeva spiegare. Sapeva che era un momento decisivo, ma il brivido era troppo forte per ignorarlo.
«Ok, tesoro,» sussurrai, la voce morbida. «Pensaci stanotte. Immaginami con un vero Adone nero, la mia figa stretta che si allarga per il suo cazzo enorme.» Gli passai le dita sui fianchi. «Solo pensaci. Immagina la mia figa piena di sperma, così tanto che non saprai nemmeno da dove cominciare a pulirmi.»
Michele gemette, il cazzo che si induriva a ogni parola. Provava anche orgoglio, a vedere quanto lo stava eccitando l’idea. Non era mai stato un cuckold, ma ora era ubriaco di eccitazione. Non voleva che la conversazione finisse. Stava vivendo la sua fantasia in tempo reale.
«Ma come lo troviamo uno?» chiese, tra l’eccitato e l’ansioso.
«Non noi, tesoro. Tu. Devi trovare tu il tipo che mi scoperà. Uno di cui ci si possa fidare. Deve essere atletico. Resistente. E nero come la notte. Ci riuscirai.» Avevo steso la trappola. Sapevo che Michele ci sarebbe cascato.
Michele ci pensò un attimo. «E Jamal? Il mio amico Jamal? È nero, single, atletico, e… beh, l’ho visto per sbaglio una volta negli spogliatoi della palestra: da moscio aveva il cazzo più grosso di me da duro! All’epoca lo invidiavo. Ma adesso…»
«Chi?» chiesi, il cuore che mi batteva forte. Era il momento.
«Ti ricordi, Jamal! Ci hai parlato ieri.»
«Oh! Non avevo capito parlassi di lui!» risposi, fingendo sorpresa. «Certo. Era sexy. Penso che sarebbe perfetto. Mi sembra uno affidabile.»
Il cuore di Michele fece un salto. Non credeva che stava davvero per organizzare tutto questo per me. Ma l’idea di vedermi prendere un cazzo così grande era troppo forte.
«Pensi che Jamal lo farebbe?» chiese, provando a mascherare l’eccitazione.
«Oh, secondo me non ci penserebbe due volte,» risposi, con gli occhi che brillavano di malizia. «Portalo fuori per un aperitivo domani e chiediglielo.»
Michele sentì un’ondata di eccitazione al pensiero. Ormai era fatta. «E se dice di no?»
«Si passa al prossimo,» risposi, facendo spallucce. «Ma ho il sospetto che sarà molto contento.» Mi sdraiai sul letto, le gambe spalancate, la figa gonfia e rosa in mostra, ancora lucida dei nostri umori. «Ma devi essere tu a chiederglielo, tesoro. Voglio che sia tu a organizzare tutto. Fai in modo che Jamal si scopi questa figa stretta.»
Michele annuì. «Ok, ci parlo io,» cercò di sembrare disinvolto. «Ma solo se sei sicura.»
«Sono sicurissima,» risposi, la voce carica di desiderio. Gli accarezzai il cazzo, duro come il ferro. «Ma ricordati: niente gelosia. Devi sapere che, quando torno da te è perché sei tu quello che amo.»
Michele annuì, la testa che correva alle conseguenze di quello che stavamo dicendo. Fece un respiro profondo per calmarsi. «Ok. Ci parlo domani.»
Ritirai la mano, mi sedetti, l’eccitazione che si tagliava a fette nell’aria. «Bene,» dissi, la voce leggermente tremante. «Digli le regole. Niente innamoramenti, niente legami. Tu sei il mio uomo, lui è solo un cazzo da farmi e ingravidare.»
Michele annuì, il cuore a mille pensando a come sarebbe stata la conversazione con Jamal. Non credeva che davvero avrebbe organizzato tutto questo per me. Ma il modo in cui lo guardavo, la fame nei miei occhi, lo faceva sentire che voleva farlo più di ogni altra cosa.
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