Il ritorno di Jamal
di
Lisa1997
genere
corna
CAPITOLO CINQUE – Il ritorno di Jamal
Appena arrivarono a casa, vidi Michele con le mani che tremavano mentre cercava di infilare la chiave nella serratura. Dietro di lui c’era Jamal, pronto a scoparmi. Il mio ragazzo, l’uomo che mi amava, stava davvero per consegnarmi a un altro. Non ci credevo neanche io che tutto stava succedendo così in fretta.
Li aspettavo nel salotto, vestita con un completo di lingerie trasparente che non copriva nulla: le mie tette piccole ma sode sembravano voler saltare fuori a ogni respiro. Il mio culo, grande rispetto al mio corpo, era completamente scoperto. Mi sentivo una troia, e mi piaceva.
«Buonasera, signori,» dissi con un sorriso, osservandoli uno dopo l’altro. «Che succede?» chiesi, facendo la finta ingenua.
«Abbiamo parlato,» iniziò Michele, la voce che gli tremava. «E credo… credo che abbiamo trovato un accordo.»
«E quale sarebbe questo accordo, Michele?» Era il momento della verità: doveva dirlo davanti a entrambi.
Michele prese un bel respiro, le mani che ancora tremavano. «Jamal… Jamal si occuperà dei tuoi… bisogni,» balbettò, senza riuscire a guardarmi negli occhi.
«Che bisogni, Michele?» lo incalzai. Doveva impegnarsi fino in fondo. Doveva dirmelo chiaro e tondo.
Michele deglutì, lo sguardo fisso su di me. «Il tuo… il tuo bisogno di un… cazzo più grande. Un cazzo nero. Voglio che lui ti scopi. Che ti riempia. Che ti ingravid…» Riuscì a dirlo solo con un filo di voce.
Sentii il sangue scorrere più veloce. Gli occhi mi si allargarono per l’eccitazione. «Oh, amore,» sussurrai, camminando verso di lui, le anche che oscillavano apposta, «vuoi davvero che mi faccia scopare da Jamal? Da un vero uomo, con un vero cazzo?»
«Sì… sì, lo voglio,» ammise Michele, la voce arrochita dal desiderio. «Voglio che tu sia felice.»
«Allora perché non torni al bar? Fatti due birre, così io e Jamal possiamo parlare e vedere se siamo… compatibili.» Non era una richiesta, era un ordine. «Ci vediamo quando il bar chiude, amore. Così io e Jamal abbiamo… quattro ore per parlare. Se mi piace quello che trovo tra le sue gambe, avrà abbastanza tempo per riempirmi la figa di sperma più volte. Ok?»
Michele annuì, il cuore che gli batteva a mille. Stava davvero lasciando la sua ragazza con un altro uomo. Uno che poteva darle quello che lui non era mai riuscito a darle. Prese il cappotto, si voltò e uscì dall’appartamento, sospeso tra la paura e l’eccitazione. Sentii la porta chiudersi dietro di lui e subito Jamal si rivolse a me.
«Stai benissimo con quell’outfit,» disse, il tono leggero solo finché non sentì la macchina di Michele partire. Poi il suo sorriso si allargò. «Non posso credere che tu sia riuscita a convincerlo a lasciarti scopare da me. Nel vostro letto.»
Sorrisi di rimando, sentendo il cuore esplodermi di eccitazione. «Non è stato difficile, tesoro. Mi ama e vuole che sia felice. E niente mi rende più felice del tuo cazzo nero e grosso.» Lo dissi guardandolo dritto negli occhi, lasciando che la voce colasse di desiderio. Allungai la mano e gli accarezzai il cazzo attraverso i pantaloni. Era già duro, e lo sentivo crescere ancora.
«Allora perché non mi mostri quanto ti sono mancato?»
Jamal non aveva bisogno di altre parole. Si avvicinò, mi prese il mento, mi sollevò il viso e mi baciò, forte, la lingua che mi invadeva la bocca, assaporando il mio sapore. Mi sciolsi contro di lui, il corpo che reagiva d’istinto. Sentivo il suo cazzo duro premuto contro il mio stomaco e un gemito mi sfuggì dalle labbra.
Senza staccare gli occhi da me, iniziò a spogliarmi, sbranando ogni centimetro della mia pelle pallida con lo sguardo. Lo faceva con calma, gustandosi il momento. Le mie tette piccole, ma con i capezzoli grandi e scuri, erano tesi, duri, già pronti per lui. Li pizzicò, li strinse tra le dita, e io gemetti. Il mio ventre piatto, le curve dei fianchi, il mio culo rotondo: Jamal sembrava voler toccare ogni millimetro di pelle.
«Cazzo, sei bellissima,» sussurrò contro il mio collo, il respiro caldo e affamato.
Il mio cuore correva più forte, il suo tocco che mi bruciava sulla pelle. Le sue dita scivolarono giù verso la mia figa, già bagnata e gonfia di desiderio. Sentii un dito entrare, sentii la mia stretta e il calore che esplodeva.
«Mmm, sei già pronta per me,» disse, la voce carica di lussuria.
«Portami a letto,» gli dissi. «Prendimi, fammi tua.»
Jamal non esitò. Mi prese in braccio, forte, e mi portò nella camera da letto. Mi adagiò con delicatezza sul letto, le gambe ancora divaricate, la mia figa umida in bella vista per lui. Si prese un attimo per guardarmi, il suo sguardo che mi divorava il clitoride gonfio e le labbra lucide di umori.
«Sei stata una cattiva ragazza, vero?» mi prese in giro, la voce bassa e ruvida.
Annuii, gli occhi spalancati dall’attesa. «Sì, Jamal. Sono stata molto cattiva.»
Si stese sopra di me, il suo corpo massiccio che mi sovrastava. Il cazzo ormai era fuori dai boxer, enorme, scuro, con la vena gonfia che pulsava a ogni battito. Ancora adesso, vederlo mi toglieva il fiato: era semplicemente troppo per me, ma era quello che desideravo.
«Mi sei mancata,» disse, la voce rauca mentre sfilava i boxer e il suo cazzo saltava fuori, dritto e minaccioso. «Mi è mancato riempirti. Sapevo che, una volta provato il mio cazzo, ne saresti diventata dipendente.»
Sentii la figa stringersi solo a guardarlo. Ero drogata di lui. Il suo cazzo era talmente più grosso di quello di Michele che quasi mi sentivo male dal desiderio. Avevo bisogno di sentirlo dentro, di essere allargata, riempita, usata.
«Prendimi,» sussurrai, accarezzando la punta del suo cazzo con le dita. «Ti aspetto da troppo.»
Jamal non aspettò altro. Si sistemò tra le mie gambe, la testa del cazzo che premeva contro la mia figa bagnata. Mi prese un attimo per guardare, gustandosi la vista della mia figa rosa e gonfia, pronta solo per lui. Iniziò a strofinare la punta contro il clitoride, aprendomi le labbra, facendomi agitare, spingendomi a supplicare.
«Ti prego, Jamal,» gemetti, la voce già roca. «Ne ho bisogno. Dammi tutto.»
«Supplica, piccola. Dimmi esattamente di cosa hai bisogno.»
Gli occhi mi si capovolsero mentre il corpo si contorceva sotto il suo tocco. «Il tuo cazzo,» ansimai. «Ho bisogno del tuo cazzo nero, enorme, che mi riempia e mi faccia urlare. Ho bisogno del tuo sperma, ho bisogno di te. Ti prego, fammelo.»
Jamal non poteva resistere oltre. «Mmm, sembri una matricola in calore. Ti do solo la punta.»
Fece scivolare solo la testa dentro. Sentivo la mia figa stringerlo forte, come se volessi trattenerlo per sempre. Mi guardò negli occhi mentre entrava, lento, prendendosi ogni centimetro di me. Sentivo la figa dilatarsi, quasi faceva male da quanto era grosso, ma era quello che volevo: più ne prendevo, più ne desideravo.
«Dio, è così bello,» ansimai, le unghie che scavavano nel materasso. «Di più, ti prego.»
Jamal sogghignò, la voce calda e profonda. «Sei proprio una troia golosa,» mormorò, spingendo ancora un po’, facendomi arrotolare gli occhi dal piacere.
«Non hai idea,» risposi, i fianchi che si sollevavano per sentirlo più dentro.
Mi torturò ancora per qualche secondo, la punta del cazzo che mi apriva e mi faceva gocciolare sempre di più. «Che c’è, piccola?» chiese, la voce un graffio. «Di più,» implorai, la voce quasi un soffio. «Dammi tutto. Ne ho bisogno.»
Si abbassò su di me e mi baciò, spingendo il cazzo ancora più dentro. La stanza risuonava del suono bagnato e osceno di lui che entrava e usciva dalla mia figa. Il corpo rispondeva a ogni suo movimento: lo volevo dentro, lo volevo tutto.
«Avrai tutto, piccola,» promise, spingendo ancora un centimetro, facendomi spalancare gli occhi. «Tutto il mio cazzo, e tutto il mio sperma.»
Mi sentivo già piena, la figa spalancata al massimo, non potevo prendere altro e invece lui non smetteva di entrare. Quando fu completamente dentro di me, il cazzo fino in fondo, urlai senza riuscire a trattenermi.
Jamal si fermò un attimo per godersi la sensazione di essere completamente dentro, la mia figa che gli stringeva il cazzo come una morsa. Poi cominciò a muoversi, lento, profondo, attento, aspettando il minimo segnale di dolore. Ma io provavo solo piacere, puro, selvaggio.
«Cazzo,» ansimai quando mi colpì il punto giusto, gli occhi serrati dal piacere. «Sei enorme, Jamal. È fantastico.»
Lui aumentò il ritmo, più forte, più veloce. Le mie urla si facevano più forti a ogni colpo.
«Non fermarti,» gli dissi, la voce che si spezzava dal piacere. «È molto meglio di Michele. Molto più grosso.»
Gli occhi di Jamal si illuminarono d’orgoglio, e cominciò a scoparmi con una foga animalesca. La mia figa si stringeva su di lui, il mio corpo gli chiedeva sempre di più. Era il paradiso.
«Ti piace, eh?» grugnì, i colpi sempre più intensi. «Ti piace come ti scopa un vero uomo?»
«Sì, sì, scopami più forte,» gemetti, la voce che tremava. Sentivo l’orgasmo crescere, il ventre che si stringeva. «Dio, Jamal, sto per venire.»
Jamal grugnì, i fianchi che mi colpivano con una forza che faceva tremare il letto. Sentivo la figa stringersi, i miei umori che gli colavano sul cazzo. Mi stava portando al limite, voleva farmi venire ancora. «Vieni per me, piccola,» ringhiò, la voce tesa. «Vieni sul mio cazzo.»
«Sto… sto venendo,» riuscii a sussurrare, il corpo che si piegava alle onde di piacere. Non mi ero mai sentita così piena, così presa, così posseduta. Michele non mi aveva mai fatto sentire così. Gli occhi mi si rovesciarono all’indietro, urlai dentro il cuscino per non farmi sentire dai vicini.
Jamal mi guardava con soddisfazione mentre il mio corpo era scosso dagli spasmi, la figa che gli stringeva il cazzo. Sapeva che mi stava dando esattamente quello di cui avevo bisogno. «Sei mia,» ringhiò. «Questa è la mia figa.»
Annuii, il respiro corto. «Sì,» sussurrai, la voce tremante. «Tua.»
Jamal si tirò fuori, facendomi gemere per il vuoto improvviso. Mi girò a pancia sotto, il culo all’aria, pronto per essere scopato di nuovo. Mi afferrò i fianchi, mi abbassò la testa. «Faccia a terra, culo in aria. Come una brava troia.»
Obbedii, sentendo un brivido salirmi lungo la schiena. Non mi ero mai sentita chiamare così, ma con Jamal sembrava la cosa più giusta al mondo. Mi spalancò ancora le gambe, godendosi la vista della mia figa bagnata e del mio buco stretto. Pensai per un attimo che potesse scoparmi anche lì, ma sapevo che non era ancora il momento.
Jamal si allineò alla mia figa grondante e mi entrò dentro di nuovo, stavolta con forza. Urlai nel cuscino, sentendo la presa delle sue mani sui miei fianchi mentre mi scopava senza pietà. Sentivo il cazzo battermi sul collo dell’utero, onde di piacere mi attraversavano. Non mi ero mai sentita così scopata, così usata, e mi piaceva da impazzire.
«Prenditelo, troia,» grugnì Jamal, il piacere che cresceva in lui. «Prendi il mio cazzo nero da puttana.»
La cattiveria delle sue parole mi mandava fuori di testa. Mai sentita così usata, così proprietà di qualcuno, ed era esattamente quello che volevo. La mia figa era ormai un lago, le sue mani mi stringevano forte mentre il suo cazzo mi sbatteva senza pietà.
«Ti piace quando ti parlo sporco, eh?» mi provocò, stringendomi ancora di più. «Ti piace sapere che sei solo carne bianca da conquistare.»
«S-sì,» balbettai, la voce soffocata dal cuscino. «Mi piace.»
I colpi di Jamal diventarono ancora più selvaggi, quasi bestiali. Lui era il predatore e io la preda, e mi piaceva. Sentivo che mi stava aprendo tutta, che nessuno mi aveva mai posseduta così. Era quasi dolore, ma ne volevo sempre di più. Spingevo il culo contro di lui, sentivo la figa battere a ogni colpo.
Sapevo che sarebbe durato più di Michele, sapevo che non era neanche a metà. La sua resistenza era incredibile, mi scopava come una macchina. Arrivai ancora, e ancora, e ancora. Ero nel mio paradiso.
«Oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo,» urlai mentre mi spingeva più a fondo, il suo cazzo che mi toccava ogni punto giusto. Chiusi gli occhi, persa nel piacere.
«Guardami, troia,» mi ordinò, schiaffeggiandomi il culo forte. «Guarda l’uomo che ti scopa come Michele non potrebbe mai. Dimmi chi è meglio.»
Aprii gli occhi e lo guardai dritto nello specchio, il mio volto segnato dal desiderio e da un filo di cattiveria. «Sei molto meglio,» gemetti, la voce impastata. «Il tuo cazzo è così grosso, così duro, così… nero.»
«Chi può venire dentro questa figa?» chiese Jamal, il significato chiarissimo. «Chi può ingravidarti?»
«Solo tu,» gemetti, la voce spezzata dal piacere. «Solo tu, papà. Non lascerò mai che Michele venga dentro di me. Non se lo merita.»
Quel “papà” mi scappò senza pensarci, e sentii un brivido ancora più forte mentre Jamal mi stringeva. Mi schiaffeggiò di nuovo, colpendomi l’altra natica. Le spinte erano ormai furiose, le mie tette che rimbalzavano a ogni colpo, i capezzoli tesi. Mi allungai all’indietro e mi spalancai ancora di più.
«Brava, bambina,» grugnì ancora, schiaffeggiandomi. «Ormai sei mia. Questa figa è mia quando voglio, come voglio.»
«Ti prego Jamal, vieni dentro di me. Ne ho bisogno papà,» supplicai, la voce ovattata. «Fammi tua.»
Il respiro di Jamal si fece pesante, i colpi sempre più irregolari. Non riusciva più a trattenersi. «Lo vuoi, eh?» ansimò, stringendomi ancora.
«Sì, sì,» gemetti, ormai distrutta. «Ne ho bisogno.»
Con un ultimo grugnito, Jamal venne, pompandomi dentro fiotti caldi di sperma. Urlai dentro il cuscino, l’orgasmo che mi travolse ancora. Sentivo il suo sperma che mi riempiva, mi faceva tremare di piacere. Era quello che avevo sognato. Ero stata presa, marchiata, posseduta.
Quando Jamal si tirò fuori, mi girai sul fianco, gli occhi persi. «Cazzo,» mormorai, la mano che correva tra le gambe per toccare la figa impiastricciata di sperma. Mi infilai un dito dentro, assaporando il calore, e poi lo succhiai.
«Il tuo sperma è delizioso,» sussurrai con un sorriso sporco.
Jamal sorrise, il petto che gli si alzava ancora dal piacere. «Ti è piaciuto?»
«Non sono mai venuta così forte,» ammisi, la voce tremante. «Hai un cazzo pazzesco.»
Jamal si chinò a baciarmi, il cazzo ancora duro contro la mia coscia. «Anche tu sei incredibile, piccola. Ora sai cosa ti sei persa finora.»
Annuii, senza mai staccargli gli occhi di dosso. «Michele non mi basterà più,» sussurrai, e le parole mi scapparono senza filtri.
Il sorriso di Jamal si allargò ancora. «Lo so,» disse, la voce soddisfatta. «Ma puoi sempre tornare da me per un po’ di… extra.»
Rimanemmo abbracciati ancora un po’, i corpi intrecciati, l’aria densa di odore di sesso. Sentivo dentro di me un miscuglio di emozioni: un filo di senso di colpa, tanta eccitazione, e una voglia crescente di averlo ancora. Non mi ero mai sentita così viva, così affamata di cazzo che non fosse quello del mio ragazzo. Sapevo che era sbagliato, ma non riuscivo più a farne a meno.
«E adesso?» chiesi a bassa voce.
Jamal rise, il cazzo ancora mezzo duro e lucido dei nostri umori. «Adesso, piccola,» disse, prendendo il telefono, «lo facciamo vedere anche a Michele.»
Sgranai gli occhi, sorpresa ed eccitata insieme. «Dici davvero…?»
«Certo,» rispose, le dita che volavano sullo schermo del mio telefono. Scattò una foto della mia figa spalancata, piena del suo sperma, un’immagine indecente e gloriosa.
«Mandagliela,» sussurrai, la voce che tremava di attesa.
Jamal annuì, un sorriso malizioso sulle labbra mentre inviava la foto a Michele. Lo guardai mentre la spediva, mordendomi il labbro per la tensione.
I secondi sembravano ore, e sentivo la figa ancora gocciolante. Tutto era diventato reale anche per lui.
Jamal mi osservava con uno sguardo soddisfatto, il respiro ancora affannoso. «Fatto,» disse. «Stasera Michele avrà il suo spettacolo.»
Sentii un brivido di potere. Non ero mai stata così sfacciata, mai così protagonista di qualcosa di tanto sporco. Ma era come se fossi più viva che mai. «E ora?» chiesi ancora.
«Aspettiamo,» rispose Jamal, accarezzandomi la schiena. «E quando Michele torna a casa, vedremo se gli è piaciuta l’anteprima.»
L’attesa era una tortura. Mi sentivo come una ragazzina al primo appuntamento. La figa mi pulsava ancora, gonfia e piena. Dopo nemmeno un minuto, il telefono vibrò. Era un messaggio di Michele.
«Cazzo quanto è eccitante. Non pulirti. Voglio vederlo.»
Un brivido mi attraversò. Sapevo che Michele aveva visto la foto, potevo immaginare la sua testa impazzire di gelosia, desiderio, sottomissione, lussuria. Avevo un potere totale su di lui.
Gli risposi: «È solo il primo carico. Abbiamo ancora qualche ora. Quando torni sarò un disastro, piena di sperma.»
La risposta arrivò subito: «Sì. Voglio vedere tutto.»
Sentii un altro fremito mentre lessi il messaggio. Guardai Jamal, che mi osservava con aria soddisfatta. «Gli piace ancora,» mormorai.
«Certo che sì,» rispose Jamal, sicuro di sé. «Sei una troia incredibile, e lui non ne ha mai abbastanza di vederti usata da un vero uomo. In fondo ha sempre saputo che il suo cazzo non era abbastanza.»
Arrossii alle sue parole, sapendo che erano vere. Non ero mai stata davvero soddisfatta da Michele, avevo sempre desiderato qualcosa di più. Non potevo credere quanto mi eccitasse essere stata autorizzata da Michele a farmi scopare da un altro. Ora avevo tutto: un animale che mi scopava, un uomo gentile che mi teneva tra le braccia la notte.
«E adesso?» sussurrai a Jamal.
Jamal si sdraiò sul letto, le braccia dietro la testa, il cazzo ancora mezzo duro, pronto a ricominciare. «Quello che vuoi tu, piccola. Stasera comandi tu.»
Il cuore mi batteva forte mentre infilavo un cuscino sotto i fianchi, sollevando il bacino per non perdere neanche una goccia del suo sperma. L’idea che Michele tornasse a casa trovando la mia figa ancora piena di un altro mi faceva impazzire di piacere. «Non voglio che esca nemmeno una goccia,» dissi piano.
Jamal sollevò un sopracciglio. «Giusto così,» mormorò, gli occhi pieni di desiderio mentre mi guardava stesa davanti a lui, le tette piccole e tese, la figa rossa e gonfia, ancora bagnata.
«Adesso assicurati che sia ben piena per lui.»
Sorridendo, si rimise tra le mie gambe, il cazzo grosso e venoso, ancora umido dei nostri umori. Lo guardai entrare di nuovo, il cuscino sotto il bacino mi teneva spalancata. Sentirlo di nuovo dentro era quasi troppo, ma sapevo che era quello che volevo: far vedere a Michele che ero stata davvero usata.
«Scopami ancora, papà,» lo supplicai.
Gli occhi di Jamal si accesero, il cazzo che fremette. Era il momento che aspettava: quello in cui mi sarei completamente arresa a lui. «Con piacere, piccola,» sussurrò, il corpo che si abbassava su di me, la sua ombra che mi avvolgeva.
Mi baciò, dolcemente prima, poi sempre più a fondo, la lingua che mi invadeva la bocca. Mi sciolsi sotto di lui, la figa che si stringeva al suo cazzo. Sentivo che diventava ancora più duro a ogni movimento, mi riempiva tutta.
Jamal si prese il suo tempo, scopandomi piano, affondando a fondo, facendomi gemere. Le sue mani mi toccavano ovunque, mi stringevano le tette, mi pizzicavano i capezzoli finché mi agitavo sotto di lui. Alla fine, mi abbracciò forte.
«Sei bellissima,» sussurrò baciandomi il collo, le clavicole, le spalle. Il suo cazzo era sempre lì dentro, una presenza calda e implacabile, una promessa di piacere.
Gli occhi mi si rovesciarono, il suo ritmo lento mi faceva impazzire. «Dio, Jamal, è fantastico,» ansimai.
«Perché sei fatta per questo,» mormorò contro la pelle, la voce come un ruggito basso. «Fatta per un cazzo nero come il mio.» Le sue spinte si fecero più profonde, sempre lente, ma mai meno torturanti. «Ora vieni ancora per me. Fammi vedere quanto ti piace.»
Annuii, il respiro spezzato. «Sì,» sussurrai. «Dio, sì.»
Jamal aumentò la forza delle spinte, il cazzo che mi spingeva fino in fondo. Sapeva esattamente dove colpire, sapeva come farmi urlare. Non volevo che finisse mai.
Presi la sua mano e la posai sul mio collo. Era enorme, e bastò poco perché me lo stringesse tutto. La mia mano sopra la sua, e strinsi ancora di più.
Jamal capì al volo e aumentò la pressione. Gemetti forte, sicura che avrebbe fatto esattamente quello che volevo.
Senza dire niente, strinsi ancora, e lui strinse più forte, mentre aumentava anche la forza dei colpi. Era come se fossimo perfettamente sincronizzati.
Jamal sentì che stavo stringendo tutto intorno a lui, i fianchi che si sollevavano. La sua presa si fece ancora più salda e io esplosi, un orgasmo profondo che mi travolse.
«Oh Dio, Jamal,» piagnucolai. Le mani che gli stringevano la schiena, lo tirai a me e lui mi baciò il collo, riprendendo un ritmo lento e gentile. Non aveva fretta, mi trattava con delicatezza.
Mi arresi completamente, le gambe spalancate, pronta a riceverlo fino in fondo. I secondi divennero minuti, poi un’ora. Jamal mi fece l’amore. Ero sua. Ero argilla tra le sue mani.
«Mettimi incinta, Jamal,» gli dissi, sorprendendomi da sola. «Marchiami per sempre.»
I suoi occhi si piantarono nei miei, una fiamma che mi bruciava dentro. Lui sapeva esattamente quello che volevo. E con un’ultima spinta, venne ancora, riempiendomi ancora una volta.
Gli occhi mi si capovolsero, sentii il suo seme riempirmi tutta. Era troppo, ma non ne avevo mai abbastanza.
«Oh, sì, sì, sì.» urlai mentre venivo ancora, la figa che si stringeva su di lui, i muscoli che si contraevano. Non avevo mai avuto un orgasmo così. Non volevo finisse mai.
Quando le scosse finirono, Jamal si tirò fuori, il cazzo che si ammorbidiva. Mi guardò, e io ero un disastro di piacere: la figa spalancata, gonfia, il corpo sudato. «Guarda cosa mi hai fatto,» mormorai, la mano che correva sulla pancia. «Metti un altro cuscino sotto di me, Jamal, non voglio perdere neanche una goccia del tuo sperma.»
Jamal ubbidì, mettendomi un altro cuscino sotto il bacino. «Brava, piccola. Tienilo tutto per il tuo ragazzo. Vedrai quanto gli piacerà vederti così piena.»
La mia figa era davvero uno spettacolo: tutta aperta, gonfia, e non una goccia di sperma usciva. Mi sentivo piena, usata, e mi sfuggì un gemito al pensiero che Michele mi avrebbe vista così.
Jamal scattò ancora qualche foto da diverse angolazioni, riprendendo ogni dettaglio. «Pronta a inviargliele?» mi chiese, mostrandomi le immagini.
Annuii, gli occhi spalancati dall’eccitazione. «Sì, mandale tutte.»
Lo guardai digitare il messaggio con le foto. «Non sentirà il tuo cazzo piccolo stanotte.»
Con un sorriso, inviò e mi ridiede il telefono. Aspettai con il cuore in gola.
Il telefono vibrò quasi subito. Il messaggio di Michele diceva: «Oh mio Dio, amore. È così eccitante. Quando posso tornare a casa?»
Mi sentii potente e soddisfatta. «Puoi tornare adesso, ma se lo fai dovrai sederti a guardare Jamal che mi scopa ancora. Non potrai toccarmi finché c’è un cazzo più grosso del tuo in casa. O puoi aspettare. Come vuoi, amore. Scegli tu.»
Michele ci mise un po’ a rispondere, il pollice esitava sullo schermo. L’idea di guardare Jamal che mi scopava di nuovo lo eccitava e lo terrorizzava insieme. Ma sapeva che doveva farlo, che ne aveva bisogno quanto me. Alla fine, rispose:
«Sto arrivando.»
Appena arrivarono a casa, vidi Michele con le mani che tremavano mentre cercava di infilare la chiave nella serratura. Dietro di lui c’era Jamal, pronto a scoparmi. Il mio ragazzo, l’uomo che mi amava, stava davvero per consegnarmi a un altro. Non ci credevo neanche io che tutto stava succedendo così in fretta.
Li aspettavo nel salotto, vestita con un completo di lingerie trasparente che non copriva nulla: le mie tette piccole ma sode sembravano voler saltare fuori a ogni respiro. Il mio culo, grande rispetto al mio corpo, era completamente scoperto. Mi sentivo una troia, e mi piaceva.
«Buonasera, signori,» dissi con un sorriso, osservandoli uno dopo l’altro. «Che succede?» chiesi, facendo la finta ingenua.
«Abbiamo parlato,» iniziò Michele, la voce che gli tremava. «E credo… credo che abbiamo trovato un accordo.»
«E quale sarebbe questo accordo, Michele?» Era il momento della verità: doveva dirlo davanti a entrambi.
Michele prese un bel respiro, le mani che ancora tremavano. «Jamal… Jamal si occuperà dei tuoi… bisogni,» balbettò, senza riuscire a guardarmi negli occhi.
«Che bisogni, Michele?» lo incalzai. Doveva impegnarsi fino in fondo. Doveva dirmelo chiaro e tondo.
Michele deglutì, lo sguardo fisso su di me. «Il tuo… il tuo bisogno di un… cazzo più grande. Un cazzo nero. Voglio che lui ti scopi. Che ti riempia. Che ti ingravid…» Riuscì a dirlo solo con un filo di voce.
Sentii il sangue scorrere più veloce. Gli occhi mi si allargarono per l’eccitazione. «Oh, amore,» sussurrai, camminando verso di lui, le anche che oscillavano apposta, «vuoi davvero che mi faccia scopare da Jamal? Da un vero uomo, con un vero cazzo?»
«Sì… sì, lo voglio,» ammise Michele, la voce arrochita dal desiderio. «Voglio che tu sia felice.»
«Allora perché non torni al bar? Fatti due birre, così io e Jamal possiamo parlare e vedere se siamo… compatibili.» Non era una richiesta, era un ordine. «Ci vediamo quando il bar chiude, amore. Così io e Jamal abbiamo… quattro ore per parlare. Se mi piace quello che trovo tra le sue gambe, avrà abbastanza tempo per riempirmi la figa di sperma più volte. Ok?»
Michele annuì, il cuore che gli batteva a mille. Stava davvero lasciando la sua ragazza con un altro uomo. Uno che poteva darle quello che lui non era mai riuscito a darle. Prese il cappotto, si voltò e uscì dall’appartamento, sospeso tra la paura e l’eccitazione. Sentii la porta chiudersi dietro di lui e subito Jamal si rivolse a me.
«Stai benissimo con quell’outfit,» disse, il tono leggero solo finché non sentì la macchina di Michele partire. Poi il suo sorriso si allargò. «Non posso credere che tu sia riuscita a convincerlo a lasciarti scopare da me. Nel vostro letto.»
Sorrisi di rimando, sentendo il cuore esplodermi di eccitazione. «Non è stato difficile, tesoro. Mi ama e vuole che sia felice. E niente mi rende più felice del tuo cazzo nero e grosso.» Lo dissi guardandolo dritto negli occhi, lasciando che la voce colasse di desiderio. Allungai la mano e gli accarezzai il cazzo attraverso i pantaloni. Era già duro, e lo sentivo crescere ancora.
«Allora perché non mi mostri quanto ti sono mancato?»
Jamal non aveva bisogno di altre parole. Si avvicinò, mi prese il mento, mi sollevò il viso e mi baciò, forte, la lingua che mi invadeva la bocca, assaporando il mio sapore. Mi sciolsi contro di lui, il corpo che reagiva d’istinto. Sentivo il suo cazzo duro premuto contro il mio stomaco e un gemito mi sfuggì dalle labbra.
Senza staccare gli occhi da me, iniziò a spogliarmi, sbranando ogni centimetro della mia pelle pallida con lo sguardo. Lo faceva con calma, gustandosi il momento. Le mie tette piccole, ma con i capezzoli grandi e scuri, erano tesi, duri, già pronti per lui. Li pizzicò, li strinse tra le dita, e io gemetti. Il mio ventre piatto, le curve dei fianchi, il mio culo rotondo: Jamal sembrava voler toccare ogni millimetro di pelle.
«Cazzo, sei bellissima,» sussurrò contro il mio collo, il respiro caldo e affamato.
Il mio cuore correva più forte, il suo tocco che mi bruciava sulla pelle. Le sue dita scivolarono giù verso la mia figa, già bagnata e gonfia di desiderio. Sentii un dito entrare, sentii la mia stretta e il calore che esplodeva.
«Mmm, sei già pronta per me,» disse, la voce carica di lussuria.
«Portami a letto,» gli dissi. «Prendimi, fammi tua.»
Jamal non esitò. Mi prese in braccio, forte, e mi portò nella camera da letto. Mi adagiò con delicatezza sul letto, le gambe ancora divaricate, la mia figa umida in bella vista per lui. Si prese un attimo per guardarmi, il suo sguardo che mi divorava il clitoride gonfio e le labbra lucide di umori.
«Sei stata una cattiva ragazza, vero?» mi prese in giro, la voce bassa e ruvida.
Annuii, gli occhi spalancati dall’attesa. «Sì, Jamal. Sono stata molto cattiva.»
Si stese sopra di me, il suo corpo massiccio che mi sovrastava. Il cazzo ormai era fuori dai boxer, enorme, scuro, con la vena gonfia che pulsava a ogni battito. Ancora adesso, vederlo mi toglieva il fiato: era semplicemente troppo per me, ma era quello che desideravo.
«Mi sei mancata,» disse, la voce rauca mentre sfilava i boxer e il suo cazzo saltava fuori, dritto e minaccioso. «Mi è mancato riempirti. Sapevo che, una volta provato il mio cazzo, ne saresti diventata dipendente.»
Sentii la figa stringersi solo a guardarlo. Ero drogata di lui. Il suo cazzo era talmente più grosso di quello di Michele che quasi mi sentivo male dal desiderio. Avevo bisogno di sentirlo dentro, di essere allargata, riempita, usata.
«Prendimi,» sussurrai, accarezzando la punta del suo cazzo con le dita. «Ti aspetto da troppo.»
Jamal non aspettò altro. Si sistemò tra le mie gambe, la testa del cazzo che premeva contro la mia figa bagnata. Mi prese un attimo per guardare, gustandosi la vista della mia figa rosa e gonfia, pronta solo per lui. Iniziò a strofinare la punta contro il clitoride, aprendomi le labbra, facendomi agitare, spingendomi a supplicare.
«Ti prego, Jamal,» gemetti, la voce già roca. «Ne ho bisogno. Dammi tutto.»
«Supplica, piccola. Dimmi esattamente di cosa hai bisogno.»
Gli occhi mi si capovolsero mentre il corpo si contorceva sotto il suo tocco. «Il tuo cazzo,» ansimai. «Ho bisogno del tuo cazzo nero, enorme, che mi riempia e mi faccia urlare. Ho bisogno del tuo sperma, ho bisogno di te. Ti prego, fammelo.»
Jamal non poteva resistere oltre. «Mmm, sembri una matricola in calore. Ti do solo la punta.»
Fece scivolare solo la testa dentro. Sentivo la mia figa stringerlo forte, come se volessi trattenerlo per sempre. Mi guardò negli occhi mentre entrava, lento, prendendosi ogni centimetro di me. Sentivo la figa dilatarsi, quasi faceva male da quanto era grosso, ma era quello che volevo: più ne prendevo, più ne desideravo.
«Dio, è così bello,» ansimai, le unghie che scavavano nel materasso. «Di più, ti prego.»
Jamal sogghignò, la voce calda e profonda. «Sei proprio una troia golosa,» mormorò, spingendo ancora un po’, facendomi arrotolare gli occhi dal piacere.
«Non hai idea,» risposi, i fianchi che si sollevavano per sentirlo più dentro.
Mi torturò ancora per qualche secondo, la punta del cazzo che mi apriva e mi faceva gocciolare sempre di più. «Che c’è, piccola?» chiese, la voce un graffio. «Di più,» implorai, la voce quasi un soffio. «Dammi tutto. Ne ho bisogno.»
Si abbassò su di me e mi baciò, spingendo il cazzo ancora più dentro. La stanza risuonava del suono bagnato e osceno di lui che entrava e usciva dalla mia figa. Il corpo rispondeva a ogni suo movimento: lo volevo dentro, lo volevo tutto.
«Avrai tutto, piccola,» promise, spingendo ancora un centimetro, facendomi spalancare gli occhi. «Tutto il mio cazzo, e tutto il mio sperma.»
Mi sentivo già piena, la figa spalancata al massimo, non potevo prendere altro e invece lui non smetteva di entrare. Quando fu completamente dentro di me, il cazzo fino in fondo, urlai senza riuscire a trattenermi.
Jamal si fermò un attimo per godersi la sensazione di essere completamente dentro, la mia figa che gli stringeva il cazzo come una morsa. Poi cominciò a muoversi, lento, profondo, attento, aspettando il minimo segnale di dolore. Ma io provavo solo piacere, puro, selvaggio.
«Cazzo,» ansimai quando mi colpì il punto giusto, gli occhi serrati dal piacere. «Sei enorme, Jamal. È fantastico.»
Lui aumentò il ritmo, più forte, più veloce. Le mie urla si facevano più forti a ogni colpo.
«Non fermarti,» gli dissi, la voce che si spezzava dal piacere. «È molto meglio di Michele. Molto più grosso.»
Gli occhi di Jamal si illuminarono d’orgoglio, e cominciò a scoparmi con una foga animalesca. La mia figa si stringeva su di lui, il mio corpo gli chiedeva sempre di più. Era il paradiso.
«Ti piace, eh?» grugnì, i colpi sempre più intensi. «Ti piace come ti scopa un vero uomo?»
«Sì, sì, scopami più forte,» gemetti, la voce che tremava. Sentivo l’orgasmo crescere, il ventre che si stringeva. «Dio, Jamal, sto per venire.»
Jamal grugnì, i fianchi che mi colpivano con una forza che faceva tremare il letto. Sentivo la figa stringersi, i miei umori che gli colavano sul cazzo. Mi stava portando al limite, voleva farmi venire ancora. «Vieni per me, piccola,» ringhiò, la voce tesa. «Vieni sul mio cazzo.»
«Sto… sto venendo,» riuscii a sussurrare, il corpo che si piegava alle onde di piacere. Non mi ero mai sentita così piena, così presa, così posseduta. Michele non mi aveva mai fatto sentire così. Gli occhi mi si rovesciarono all’indietro, urlai dentro il cuscino per non farmi sentire dai vicini.
Jamal mi guardava con soddisfazione mentre il mio corpo era scosso dagli spasmi, la figa che gli stringeva il cazzo. Sapeva che mi stava dando esattamente quello di cui avevo bisogno. «Sei mia,» ringhiò. «Questa è la mia figa.»
Annuii, il respiro corto. «Sì,» sussurrai, la voce tremante. «Tua.»
Jamal si tirò fuori, facendomi gemere per il vuoto improvviso. Mi girò a pancia sotto, il culo all’aria, pronto per essere scopato di nuovo. Mi afferrò i fianchi, mi abbassò la testa. «Faccia a terra, culo in aria. Come una brava troia.»
Obbedii, sentendo un brivido salirmi lungo la schiena. Non mi ero mai sentita chiamare così, ma con Jamal sembrava la cosa più giusta al mondo. Mi spalancò ancora le gambe, godendosi la vista della mia figa bagnata e del mio buco stretto. Pensai per un attimo che potesse scoparmi anche lì, ma sapevo che non era ancora il momento.
Jamal si allineò alla mia figa grondante e mi entrò dentro di nuovo, stavolta con forza. Urlai nel cuscino, sentendo la presa delle sue mani sui miei fianchi mentre mi scopava senza pietà. Sentivo il cazzo battermi sul collo dell’utero, onde di piacere mi attraversavano. Non mi ero mai sentita così scopata, così usata, e mi piaceva da impazzire.
«Prenditelo, troia,» grugnì Jamal, il piacere che cresceva in lui. «Prendi il mio cazzo nero da puttana.»
La cattiveria delle sue parole mi mandava fuori di testa. Mai sentita così usata, così proprietà di qualcuno, ed era esattamente quello che volevo. La mia figa era ormai un lago, le sue mani mi stringevano forte mentre il suo cazzo mi sbatteva senza pietà.
«Ti piace quando ti parlo sporco, eh?» mi provocò, stringendomi ancora di più. «Ti piace sapere che sei solo carne bianca da conquistare.»
«S-sì,» balbettai, la voce soffocata dal cuscino. «Mi piace.»
I colpi di Jamal diventarono ancora più selvaggi, quasi bestiali. Lui era il predatore e io la preda, e mi piaceva. Sentivo che mi stava aprendo tutta, che nessuno mi aveva mai posseduta così. Era quasi dolore, ma ne volevo sempre di più. Spingevo il culo contro di lui, sentivo la figa battere a ogni colpo.
Sapevo che sarebbe durato più di Michele, sapevo che non era neanche a metà. La sua resistenza era incredibile, mi scopava come una macchina. Arrivai ancora, e ancora, e ancora. Ero nel mio paradiso.
«Oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo,» urlai mentre mi spingeva più a fondo, il suo cazzo che mi toccava ogni punto giusto. Chiusi gli occhi, persa nel piacere.
«Guardami, troia,» mi ordinò, schiaffeggiandomi il culo forte. «Guarda l’uomo che ti scopa come Michele non potrebbe mai. Dimmi chi è meglio.»
Aprii gli occhi e lo guardai dritto nello specchio, il mio volto segnato dal desiderio e da un filo di cattiveria. «Sei molto meglio,» gemetti, la voce impastata. «Il tuo cazzo è così grosso, così duro, così… nero.»
«Chi può venire dentro questa figa?» chiese Jamal, il significato chiarissimo. «Chi può ingravidarti?»
«Solo tu,» gemetti, la voce spezzata dal piacere. «Solo tu, papà. Non lascerò mai che Michele venga dentro di me. Non se lo merita.»
Quel “papà” mi scappò senza pensarci, e sentii un brivido ancora più forte mentre Jamal mi stringeva. Mi schiaffeggiò di nuovo, colpendomi l’altra natica. Le spinte erano ormai furiose, le mie tette che rimbalzavano a ogni colpo, i capezzoli tesi. Mi allungai all’indietro e mi spalancai ancora di più.
«Brava, bambina,» grugnì ancora, schiaffeggiandomi. «Ormai sei mia. Questa figa è mia quando voglio, come voglio.»
«Ti prego Jamal, vieni dentro di me. Ne ho bisogno papà,» supplicai, la voce ovattata. «Fammi tua.»
Il respiro di Jamal si fece pesante, i colpi sempre più irregolari. Non riusciva più a trattenersi. «Lo vuoi, eh?» ansimò, stringendomi ancora.
«Sì, sì,» gemetti, ormai distrutta. «Ne ho bisogno.»
Con un ultimo grugnito, Jamal venne, pompandomi dentro fiotti caldi di sperma. Urlai dentro il cuscino, l’orgasmo che mi travolse ancora. Sentivo il suo sperma che mi riempiva, mi faceva tremare di piacere. Era quello che avevo sognato. Ero stata presa, marchiata, posseduta.
Quando Jamal si tirò fuori, mi girai sul fianco, gli occhi persi. «Cazzo,» mormorai, la mano che correva tra le gambe per toccare la figa impiastricciata di sperma. Mi infilai un dito dentro, assaporando il calore, e poi lo succhiai.
«Il tuo sperma è delizioso,» sussurrai con un sorriso sporco.
Jamal sorrise, il petto che gli si alzava ancora dal piacere. «Ti è piaciuto?»
«Non sono mai venuta così forte,» ammisi, la voce tremante. «Hai un cazzo pazzesco.»
Jamal si chinò a baciarmi, il cazzo ancora duro contro la mia coscia. «Anche tu sei incredibile, piccola. Ora sai cosa ti sei persa finora.»
Annuii, senza mai staccargli gli occhi di dosso. «Michele non mi basterà più,» sussurrai, e le parole mi scapparono senza filtri.
Il sorriso di Jamal si allargò ancora. «Lo so,» disse, la voce soddisfatta. «Ma puoi sempre tornare da me per un po’ di… extra.»
Rimanemmo abbracciati ancora un po’, i corpi intrecciati, l’aria densa di odore di sesso. Sentivo dentro di me un miscuglio di emozioni: un filo di senso di colpa, tanta eccitazione, e una voglia crescente di averlo ancora. Non mi ero mai sentita così viva, così affamata di cazzo che non fosse quello del mio ragazzo. Sapevo che era sbagliato, ma non riuscivo più a farne a meno.
«E adesso?» chiesi a bassa voce.
Jamal rise, il cazzo ancora mezzo duro e lucido dei nostri umori. «Adesso, piccola,» disse, prendendo il telefono, «lo facciamo vedere anche a Michele.»
Sgranai gli occhi, sorpresa ed eccitata insieme. «Dici davvero…?»
«Certo,» rispose, le dita che volavano sullo schermo del mio telefono. Scattò una foto della mia figa spalancata, piena del suo sperma, un’immagine indecente e gloriosa.
«Mandagliela,» sussurrai, la voce che tremava di attesa.
Jamal annuì, un sorriso malizioso sulle labbra mentre inviava la foto a Michele. Lo guardai mentre la spediva, mordendomi il labbro per la tensione.
I secondi sembravano ore, e sentivo la figa ancora gocciolante. Tutto era diventato reale anche per lui.
Jamal mi osservava con uno sguardo soddisfatto, il respiro ancora affannoso. «Fatto,» disse. «Stasera Michele avrà il suo spettacolo.»
Sentii un brivido di potere. Non ero mai stata così sfacciata, mai così protagonista di qualcosa di tanto sporco. Ma era come se fossi più viva che mai. «E ora?» chiesi ancora.
«Aspettiamo,» rispose Jamal, accarezzandomi la schiena. «E quando Michele torna a casa, vedremo se gli è piaciuta l’anteprima.»
L’attesa era una tortura. Mi sentivo come una ragazzina al primo appuntamento. La figa mi pulsava ancora, gonfia e piena. Dopo nemmeno un minuto, il telefono vibrò. Era un messaggio di Michele.
«Cazzo quanto è eccitante. Non pulirti. Voglio vederlo.»
Un brivido mi attraversò. Sapevo che Michele aveva visto la foto, potevo immaginare la sua testa impazzire di gelosia, desiderio, sottomissione, lussuria. Avevo un potere totale su di lui.
Gli risposi: «È solo il primo carico. Abbiamo ancora qualche ora. Quando torni sarò un disastro, piena di sperma.»
La risposta arrivò subito: «Sì. Voglio vedere tutto.»
Sentii un altro fremito mentre lessi il messaggio. Guardai Jamal, che mi osservava con aria soddisfatta. «Gli piace ancora,» mormorai.
«Certo che sì,» rispose Jamal, sicuro di sé. «Sei una troia incredibile, e lui non ne ha mai abbastanza di vederti usata da un vero uomo. In fondo ha sempre saputo che il suo cazzo non era abbastanza.»
Arrossii alle sue parole, sapendo che erano vere. Non ero mai stata davvero soddisfatta da Michele, avevo sempre desiderato qualcosa di più. Non potevo credere quanto mi eccitasse essere stata autorizzata da Michele a farmi scopare da un altro. Ora avevo tutto: un animale che mi scopava, un uomo gentile che mi teneva tra le braccia la notte.
«E adesso?» sussurrai a Jamal.
Jamal si sdraiò sul letto, le braccia dietro la testa, il cazzo ancora mezzo duro, pronto a ricominciare. «Quello che vuoi tu, piccola. Stasera comandi tu.»
Il cuore mi batteva forte mentre infilavo un cuscino sotto i fianchi, sollevando il bacino per non perdere neanche una goccia del suo sperma. L’idea che Michele tornasse a casa trovando la mia figa ancora piena di un altro mi faceva impazzire di piacere. «Non voglio che esca nemmeno una goccia,» dissi piano.
Jamal sollevò un sopracciglio. «Giusto così,» mormorò, gli occhi pieni di desiderio mentre mi guardava stesa davanti a lui, le tette piccole e tese, la figa rossa e gonfia, ancora bagnata.
«Adesso assicurati che sia ben piena per lui.»
Sorridendo, si rimise tra le mie gambe, il cazzo grosso e venoso, ancora umido dei nostri umori. Lo guardai entrare di nuovo, il cuscino sotto il bacino mi teneva spalancata. Sentirlo di nuovo dentro era quasi troppo, ma sapevo che era quello che volevo: far vedere a Michele che ero stata davvero usata.
«Scopami ancora, papà,» lo supplicai.
Gli occhi di Jamal si accesero, il cazzo che fremette. Era il momento che aspettava: quello in cui mi sarei completamente arresa a lui. «Con piacere, piccola,» sussurrò, il corpo che si abbassava su di me, la sua ombra che mi avvolgeva.
Mi baciò, dolcemente prima, poi sempre più a fondo, la lingua che mi invadeva la bocca. Mi sciolsi sotto di lui, la figa che si stringeva al suo cazzo. Sentivo che diventava ancora più duro a ogni movimento, mi riempiva tutta.
Jamal si prese il suo tempo, scopandomi piano, affondando a fondo, facendomi gemere. Le sue mani mi toccavano ovunque, mi stringevano le tette, mi pizzicavano i capezzoli finché mi agitavo sotto di lui. Alla fine, mi abbracciò forte.
«Sei bellissima,» sussurrò baciandomi il collo, le clavicole, le spalle. Il suo cazzo era sempre lì dentro, una presenza calda e implacabile, una promessa di piacere.
Gli occhi mi si rovesciarono, il suo ritmo lento mi faceva impazzire. «Dio, Jamal, è fantastico,» ansimai.
«Perché sei fatta per questo,» mormorò contro la pelle, la voce come un ruggito basso. «Fatta per un cazzo nero come il mio.» Le sue spinte si fecero più profonde, sempre lente, ma mai meno torturanti. «Ora vieni ancora per me. Fammi vedere quanto ti piace.»
Annuii, il respiro spezzato. «Sì,» sussurrai. «Dio, sì.»
Jamal aumentò la forza delle spinte, il cazzo che mi spingeva fino in fondo. Sapeva esattamente dove colpire, sapeva come farmi urlare. Non volevo che finisse mai.
Presi la sua mano e la posai sul mio collo. Era enorme, e bastò poco perché me lo stringesse tutto. La mia mano sopra la sua, e strinsi ancora di più.
Jamal capì al volo e aumentò la pressione. Gemetti forte, sicura che avrebbe fatto esattamente quello che volevo.
Senza dire niente, strinsi ancora, e lui strinse più forte, mentre aumentava anche la forza dei colpi. Era come se fossimo perfettamente sincronizzati.
Jamal sentì che stavo stringendo tutto intorno a lui, i fianchi che si sollevavano. La sua presa si fece ancora più salda e io esplosi, un orgasmo profondo che mi travolse.
«Oh Dio, Jamal,» piagnucolai. Le mani che gli stringevano la schiena, lo tirai a me e lui mi baciò il collo, riprendendo un ritmo lento e gentile. Non aveva fretta, mi trattava con delicatezza.
Mi arresi completamente, le gambe spalancate, pronta a riceverlo fino in fondo. I secondi divennero minuti, poi un’ora. Jamal mi fece l’amore. Ero sua. Ero argilla tra le sue mani.
«Mettimi incinta, Jamal,» gli dissi, sorprendendomi da sola. «Marchiami per sempre.»
I suoi occhi si piantarono nei miei, una fiamma che mi bruciava dentro. Lui sapeva esattamente quello che volevo. E con un’ultima spinta, venne ancora, riempiendomi ancora una volta.
Gli occhi mi si capovolsero, sentii il suo seme riempirmi tutta. Era troppo, ma non ne avevo mai abbastanza.
«Oh, sì, sì, sì.» urlai mentre venivo ancora, la figa che si stringeva su di lui, i muscoli che si contraevano. Non avevo mai avuto un orgasmo così. Non volevo finisse mai.
Quando le scosse finirono, Jamal si tirò fuori, il cazzo che si ammorbidiva. Mi guardò, e io ero un disastro di piacere: la figa spalancata, gonfia, il corpo sudato. «Guarda cosa mi hai fatto,» mormorai, la mano che correva sulla pancia. «Metti un altro cuscino sotto di me, Jamal, non voglio perdere neanche una goccia del tuo sperma.»
Jamal ubbidì, mettendomi un altro cuscino sotto il bacino. «Brava, piccola. Tienilo tutto per il tuo ragazzo. Vedrai quanto gli piacerà vederti così piena.»
La mia figa era davvero uno spettacolo: tutta aperta, gonfia, e non una goccia di sperma usciva. Mi sentivo piena, usata, e mi sfuggì un gemito al pensiero che Michele mi avrebbe vista così.
Jamal scattò ancora qualche foto da diverse angolazioni, riprendendo ogni dettaglio. «Pronta a inviargliele?» mi chiese, mostrandomi le immagini.
Annuii, gli occhi spalancati dall’eccitazione. «Sì, mandale tutte.»
Lo guardai digitare il messaggio con le foto. «Non sentirà il tuo cazzo piccolo stanotte.»
Con un sorriso, inviò e mi ridiede il telefono. Aspettai con il cuore in gola.
Il telefono vibrò quasi subito. Il messaggio di Michele diceva: «Oh mio Dio, amore. È così eccitante. Quando posso tornare a casa?»
Mi sentii potente e soddisfatta. «Puoi tornare adesso, ma se lo fai dovrai sederti a guardare Jamal che mi scopa ancora. Non potrai toccarmi finché c’è un cazzo più grosso del tuo in casa. O puoi aspettare. Come vuoi, amore. Scegli tu.»
Michele ci mise un po’ a rispondere, il pollice esitava sullo schermo. L’idea di guardare Jamal che mi scopava di nuovo lo eccitava e lo terrorizzava insieme. Ma sapeva che doveva farlo, che ne aveva bisogno quanto me. Alla fine, rispose:
«Sto arrivando.»
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