Una Mamma affamata
di
Kupidus91
genere
incesti
Lucia tracciò una linea con il dito sulla bordo del bicchiere di vino, il vetro era freddo come il giaccio . Fuori, la pioggia scivolava sulla finestra della cucina in tracce disordinate. Guardò le gocce che si mescolavano e scivolavano verso il basso. Il suo riflesso la guardava: occhi scuri, labbra stanchi in una curva. La casa era più silenziosa del solito.
Anche questa sera Lorenzo non l'aveva telefonata per dirle buonanotte, come da consueto. Da ormai otto mesi non facevano l'amore, né avevano avuti contatti fisici diretti. Non sembrava che avessero perso il contatto, ma sembrava quasi che qualcosa fosse cambiato per sempre. Lorenzo trascorreva le notti al bar, spiegando che aveva impegni lavorativi. Lucia bevette un altro bicchiere. Quella sera il vino aveva un sapore amaro e pungente, come se rimpiangesse gli otto mesi trascorsi senza avere rapporti sessuali con il marito. In fondo al corridoio, la porta della camera da letto di Franco, suo figlio, si chiuse con un clic. Aveva trentaquattro anni e continuava a vivere con loro.
Il suo cellulare ha vibrato sul tavolo. Un messaggio ha illuminato il suo schermo. Franco: "Mamma, stai bene? Ti Ho sentita camminare avanti e indietro".
Lucia ha inghiottito. Forse Franco ne era già al corrente? Lei ha risposto, con le dita che tremavano un po'.
"Sono solo agitata. Non riesco a dormire." La risposta è arrivata subito. "Neanche io. Vuoi qualcuno a farti compagnia?" Il suo pollice si sollevò. La pioggia colpiva più forte contro la vetrata della finestra. Il riflesso la mostra mentre mordendosi il labbro. Cosa poteva accadere? Solo una madre e un figlio che parlano. Ha digitato "Okay" prima di poterci ripensare.
Lucia sentì dei passi silenziosi nel corridoio. Franco apparve sulla soglia della cucina, con i capelli spettinati e la maglietta chiara che gli pendeva larga lungo il corpo tonico. Si appoggiò allo stipite della porta, con gli occhi scuri e attenti. "Brutta serata?" chiese dolcemente. Lucia annuì, mescolando il vino. "Il silenzio si fa più forte." Franco andò al frigorifero e prese una birra. Il rumore del tappo echeggiò. Bevve un lungo sorso, guardando la bottiglia. "Papà è ancora al bar?" La risata di Lucia era leggera ed ironica. "Dove altro?" Accarezzò lo stelo del bicchiere. "Otto mesi, Franco che Non mi vede più."
Franco lentamente abbassò la bottiglia di birra. I suoi occhi si aprirono leggermente, fissi sul volto della madre. La sua voce divenne un mormorio cauto, aspro. "Cosa vuoi dire?" Un lampo di vera sorpresa gli attraversò il volto, mischiato a qualcosa di più tagliente. "Non lo vedi? O... non lo tocca ?" Il doppio senso si fece fitto tra loro. Lucia sentì le guance arrossire. Non intendeva dire, cosi. O forse sì? Senti Il vino scorrere nelle sue vene.
Lucia evitando lo sguardo di suo figlio aggiunse: "Lui vede soltanto i mobili, le bollette ,le sedie vuote al bar." e Bevette un altro sorso di vino tremando.
"Lui non vede *me*. Non... non come..." Le sue parole si spensero, pericolosamente incomplete. Il silenzio si prolungò, riempito solo dal tamburellare della pioggia e dal tonfo troppo forte del suo battito cardiaco. Franco non si mosse dalla sua posizione appoggiata al bancone, ma le sue nocche sbiancarono attorno alla bottiglia di birra.
La voce di Franco si abbassò, diventando più solenne. "Come dovrebbe vederti, mamma?" Chiese con un tono diretto. Gli occhi scuri lo fissarono senza battere ciglio. Non c'era nulla di cui vergognarsi. Lucia sentì il rossore diffondersi da le guance fino al collo, concentrandosi nel petto. Il calore del vino divenne liquido e pesante. Si sforzò di non allontanare lo sguardo. "*Come una donna*" sussurrò.
Franco scese giù dal bancone, non si allontanò, ma in aria si sentì come se avesse fatto. "Hai provato a parlargli?" chiese Franco, ogni parola era ponderata. "Della... carenza... della connessione fisica" La risata di Lucia era fragile come il vetro. "Parlare?! Lorenzo sente i risultati delle partite di calcio, il prezzo dell'espresso, sente tutto ma non una moglie affamata di contatto". Strinse più forte il bicchiere di vino. "Penserebbe che sono debole e bisognosa". Franco fece un passo lento avanti. Il pavimento era freddo sotto i suoi piedi nudi.
"Debole?" Il suo sguardo la percorse: l'inclinazione provocatoria del mento, il battito cardiaco che le pulsava in gola, il rigonfiamento del seno sotto la seta sottile. "Sembra che tu possa incendiare questa casa, mamma". Osservazione che colpì come un fiammifero acceso. Lucia respirò bruscamente. Gli occhi di Franco si incupirono. "Forse ha bisogno di ricordargli cosa sta ignorando".
Lucia, guardando il vino nel suo bicchiere, disse: "Tesoro, ho cercato di stuzzicarlo. Ho persino comprato della lingerie nuova, molto sexy", confessò, le parole cariche di umiliazione. "Pizzo nero. Trasparente. Di quelle che..." La sua voce si spense, le guance in fiamme. La bottiglia di birra di Franco si congelò a metà altezza sulle sue labbra. La abbassò lentamente. "Mamma", sussurrò, con un tono sincero e sconvolto. "Indossi lingerie?" La domanda era sospesa, piena di tensione e intima.
Lei Annuì, fissando il suo bicchiere. "La settimana scorsa. L'ho aspettata a letto indossandole. Lui come al solito è tornato a casa con l'odore di whisky e sigarette, mi ha dato un bacio sulla guancia e si è girato dall'altra parte per dormire." Le nocche le si sbiancarono sul vetro del bicchiere. "Ha russato prima ancora che potesse vedermi. Il dolore la opprimeva, soffocante. Gli occhi di Franco erano cupi e ardenti, le scivolarono lungo sul collo, soffermandosi là dove la camicia si apriva leggermente sul petto.
"Pizzo nero !?" - La voce di Franco era calma, quasi un sussurro. Posò la bottiglia di birra con delicatezza sul bancone, producendo un leggero tintinnio. Trasparente? Avanzò di un passo, accorciando la distanza tra loro. Lui emanava un calore palpabile. Lucia percepiva il profumo del suo sudore , intrecciato all'odore della pioggia umida ancora sospesa nell’aria. Nei suoi occhi non c'era più traccia di smarrimento; erano pozze scure e profonde, colme di fame, inchiodati ai suoi. "Fammi vedere" -mormorò quasi impercettibilmente.
Lucia rimase immobile. Il bicchiere di vino tremò leggermente nella sua mano, minacciando di versare il liquido scuro sul pavimento. Le dita rigide, pallide come l'avorio, tradivano la tensione che cercava di celare. La domanda di Franco aleggiava tra loro, carica di intensità e così diretta da risultare quasi intollerabile. Un sorriso incerto si affacciò sulle sue labbra, seguito da una risata tenue e nervosa, lontana dalla calda spontaneità che la caratterizzava. Con voce rotta, tentò di mascherare l'emozione dietro una leggerezza forzata: "Franco… Quella lingerie è fatta per donne giovani, belle. Non certo per… qualcuno come me." Le sue parole erano traballanti, incerte quanto la mano con cui sembrava voler respingere l'idea. Senza mai incrociare lo sguardo di Franco, i suoi occhi si posarono oltre la stanza, verso il vetro appannato dalla pioggia.
Franco rimase immobile. Si inclinò in avanti, la voce un mormorio profondo e persistente che pulsava nel silenzio carico di tensione. "Non parlare così, mamma." La sua mano si sollevò lentamente, senza toccarla, ma restando sospesa vicino alle sue dita tremanti, strette intorno allo stelo del bicchiere. "Sei stupenda, mamma. Più bella di qualsiasi altra donna." I suoi occhi profondi la fissarono intensamente, spezzando la fragile maschera che aveva costruito. "Fammi vedere." Non era più una richiesta, ma un comando nascosto sotto un tono morbido e avvolgente, che le fece scorrere brividi intensi lungo la schiena.
Lucia trattenne il respiro, sentendo la negazione giocosa spegnersi nella sua gola. Il bicchiere di vino nella sua mano pareva d’un tratto insopportabilmente pesante. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella fame bruciante che brillava negli occhi di Franco, una fame che da anni Lorenzo non le mostrava più. Era spaventoso, ma al contempo esaltante. Il cuore le pulsava contro il petto come un uccello intrappolato in una gabbia. Con movimenti lenti e decisi, posò finalmente il bicchiere sul bancone, producendo un lieve *clink*. Le dita si soffermarono per un attimo sulla fredda superficie di marmo, un disperato tentativo di ritrovare equilibrio. La vestaglia di seta che indossava si trasformò, agli occhi della sua mente, in un guscio fragile e inadeguato di fronte all’intensità irrefrenabile che emanava da suo figlio.
"Va bene" -, mormorò, la voce a malapena percepibile sopra il ritmo incessante della pioggia. Un lieve rossore le risalì il collo, tingendo la pelle sotto il tessuto sottile della vestaglia. Ma... Faticò a deglutire, facendo uno sforzo per incrociare di nuovo il suo sguardo. "Devo andare in camera mia a vestirmi". Le sue parole erano intrise di una fragilità palpabile, accompagnate dall'imbarazzo di confessare la necessità di prepararsi. Gli occhi le scivolarono via, soffermandosi sul corridoio che la conduceva alla stanza . Devi rimanere... rimani qui? Era un misto tra domanda e supplica.
Franco annuì lentamente, mantenendo lo sguardo fisso sul suo viso. L'intensità che emanava non si era dissipata; ancora fermentava dentro di lui, più calma, ma pronta a esplodere senza preavviso. La sua risposta arrivò con una voce ruvida, intrisa di una sfumatura vellutata. Si posizionò contro il bancone, incrociando le braccia sul petto, mentre la maglietta scolorita aderiva alle sue spalle robuste. Ogni dettaglio della sua postura rifletteva un'immobilità calcolata, come quella di un predatore in agguato .Lucia sentì il peso del suo sguardo come un tocco fisico mentre si girava, la vestaglia di seta che sussurrava contro le sue gambe nude.
Luci avanzava con passi incerti lungo il corridoio buio, il cuore che le martellava nelle orecchie. "*Cosa pensi di fare?*" La voce della ragione le ruggiva nella mente. "*È tuo figlio!*" Ma un altro pensiero, oscuro e affamato dopo otto mesi di trascuratezza, le rispose con un sussurro tagliente: "*Ti osserva. Ti desidera.*" Il calore bruciante dell'umiliazione inflittale da Lorenzo soffocava qualunque remora morale. Quando finalmente raggiunse la sua camera da letto, chiuse la porta con delicatezza, lasciandosi scivolare contro di essa mentre cercava di calmare a fatica il respiro irregolare. L'ambiente era impregnato di una tenue traccia del suo profumo mescolato al peso della sua solitudine. Con le mani che la tradivano tremando, sciolse i lacci della vestaglia, che cadde in un morbido ammasso attorno ai suoi piedi. Il contatto improvviso con l'aria fresca le punzecchiò la pelle, facendole affiorare un brivido lungo il corpo.
Lucia si avvicinò al comò, evitando con lo sguardo il riflesso nel grande specchio, le mani le tremavano mentre apriva il cassetto in basso. Al tatto trovò il pizzo nero, fresco e audace contro le dita esitanti. "Folle", continuava a dirsi. "Totalmente folle". Eppure, si lasciò catturare dall’impulso: indossò il perizoma trasparente, il tessuto sottile che accarezzava la pelle con delicatezza. Passò al reggicalze, mentre i fermagli si agganciavano al tessuto con un suono secco e deciso. Poi prese il corsetto: le stecche rigide e i lacci stretti si adattarono al suo corpo. Trattenne il respiro, tirando i nastri fino a sentirlo aderire alla perfezione, lo sguardo fisso sulla propria immagine che prendeva forma. Il décolleté si sollevò, pieno e prominente, esaltato dalle coppe di pizzo. La figura riflessa nello specchio non era più quella di una moglie dimenticata. Era la personificazione di un desiderio vivo, una fantasia.
Un'ondata di calore travolgente le avvampò il viso, un misto di imbarazzo e di un brivido che non sentiva da anni. *Sta aspettando.* Il pensiero la colpì di nuovo con forza. Con dita tremanti accarezzò gli intricati motivi di pizzo che le fasciavano i fianchi, scorrendo poi sulla seta liscia delle calze. Si sentiva... potente. E desiderata. Qualcosa che Lorenzo aveva scelto di ignorare da tempo. L'immagine dello sguardo famelico di Franco riaffiorò nella sua mente, spazzando via ogni ultimo frammento di esitazione. Non era debolezza; era una forma di ribellione.
Lucia fece un respiro profondo . Non si voltò a guardare lo specchio. Lentamente, con decisione, aprì la porta della camera da letto. Il corridoio si estendeva davanti a lei, debolmente illuminato, come una passerella verso qualcosa di inevitabile. Ogni passo era misurato, il rumore dei suoi tacchi sul pavimento di legno era innaturalmente forte nel silenzio pesante. La vestaglia di seta era rimasta abbandonata sul pavimento. Indossava solo l'armatura di pizzo nero, il tessuto trasparente che lasciava ben poco spazio all'immaginazione. L'aria fresca accarezzava la sua pelle, provocandole brividi in netto contrasto con il calore che si concentrava nel profondo del suo ventre. Il cuore batteva frenetico, imprigionato nei vincoli serrati del corsetto.
Franco non si era mosso, rimaneva appoggiato al bancone. Ma quell'immobilità emanava tensione, quasi palpabile. I suoi occhi scuri si spalancarono per un attimo quando lei emerse dall'ombra, per poi socchiudersi, intrisi di un'intensità che la paralizzò. La osservò come se volesse assorbirla interamente: le curve mozzafiato del seno che spuntavano dal pizzo, la vita sottile, le calze velate che si allungavano fino alle sottili spalline del reggicalze. Gli sfuggì un suono basso e involontario, a metà strada tra un gemito e un sospiro. "Dio mio..." mormorò, con una voce roca e spezzata. "Mamma... sembri..." Le parole si persero nel vuoto mentre scuoteva leggermente la testa, incapace di esprimersi.. Il suo sguardo scivolò su di lei come una carezza palpabile, soffermandosi sugli elaborati motivi di pizzo che avvolgevano i fianchi di sua madre.
Lucia si fermò a pochi passi di distanza. Quella sensazione di vulnerabilità era insieme terrificante e quasi esaltante. Sollevò leggermente il mento, mentre una scintilla di sfida si accendeva dietro l'imbarazzo. Ridicolo? disse con una voce appena tremante, nonostante il tentativo di mostrarsi disinvolta. "Vestita come una sgualdrina?" Indicò debolmente se stessa con un gesto, che fece ondeggiare in modo seducente le coppe di pizzo.
Franco si staccò dal bancone con due ampie falcate, coprendo la distanza che li separava. Non la sfiorò, ma la sua presenza sembrava avvolgerla completamente. Il suo sguardo, intenso e febbrile, scivolava su ogni dettaglio: il tessuto trasparente che delineava le sue forme, la curva del seno sollevato dal corsetto, i fianchi dove il pizzo incontrava il bordo superiore delle calze. La parola iniziale esplose in un ringhio basso, rauco per lo stupore. "Sgualdrina!?" Poi, cambiando tono, lasciò trapelare un’altra emozione. "No, mamma... sembri una Dea." I suoi occhi, scuri e decisi, si fissarono nei suoi senza esitazione. "Quel tipo di Dea che un uomo desidera con ogni fibra di sé." Il significato sottinteso permeava l'aria, denso e innegabile.
Lucia rabbrividì, l'aria fresca le fece venire la pelle d'oca sulla pelle esposta. "Desidera ardentemente?" ripeté, con voce appena un sussurro. Le parole sembravano carica di significato, personale. Resistette alla voglia e l'impulso di incrociare le braccia al petto.. "Tuo padre non si è nemmeno accorto di me con questo intimo. "
Lo sguardo di Franco si concentrò sul sottile pizzo che copriva il capezzolo, visibile tramite il pannello traslucido. "È sbadato. " La sua voce si fece grave. "O sciocco. " Fece un altro passo in avanti, invadendo il suo spazio personale. L'odore della sua pelle – di sudore e pioggia – si mescolava col leggero profumo che aleggiava intorno al pizzo. "Ti pare strano? " I suoi occhi ripresero a fissarla, penetranti. "Portare questo. . . per nessuno? "
Lo sguardo di Franco si concentrò sul sottile pizzo che copriva il suo capezzoli, visibili attraverso il panel trasparente. "È cieco. " La sua voce divenne profonda. "O forse sciocco. " Fece un altro passo avanti, invadendo il suo campo visivo. L'aroma della sua pelle – una miscela di sudore e pioggia – si unì al leggero profumo che si attaccava al pizzo. "Ti sembra strano? " I suoi occhi tornarono a fissarla, penetranti. "Indossare questo. . . per nessuno? "
Lucia trattenne il respiro per un attimo. Le sue dita si strinsero verso il bordo rigido del corsetto. "Mi è parso... inutile." L'ammissione le graffiò la gola. Sospirando aggiunse- "Sprecato, Come gridare in una stanza vuota."
Franco si mosse, senza allontanarsi, iniziò a girarle intorno con lentezza, mentre il suo sguardo emanava un calore tangibile che le attraversava il pizzo trasparente aderente ai fianchi e le intricate bretelle che le incorniciavano l'interno della coscia. "Non è vuoto," mormorò con una voce roca e vellutata. Si fermò proprio dietro di lei, il suo respiro caldo le accarezzava la nuca, dove i capelli si sollevavano delicatamente.
Il suo profumo – di pioggia e calore maschile – invase i sensi di Lucia.
"E decisamente... non è sprecato." Le sue nocche le sfiorarono la parte bassa della schiena, leggere come una piuma contro il bordo inferiore del corsetto di pizzo. Lucia sussultò, inarcandosi in modo istintivo. Il tocco accese un fuoco selvaggio nel profondo del suo ventre. "Franco...—"
"Shhh." Le sue dita risalirono lungo la rigida ossatura, sfiorando la curva della sua spina dorsale attraverso il tessuto sottile. Si fermò sulla chiusura tra le scapole. “Questa..,” sussurrò, mentre le labbra le sfioravano il lobo dell'orecchio, “è vera arte.” La sua mano si appiattì contro la schiena, premendo con delicatezza. Lucia sentì la pressione, l'innegabile attrazione che provava per lui. Il suo respiro divenne affannoso. Si appoggiò lievemente all'indietro, le spalle che incontravano la solida parete del suo petto.
Il suo braccio le scivolò intorno alla vita, attirandola a sé. Lucia sentì la durezza della sua eccitazione premerle contro la parte bassa della schiena, una prova innegabile della sua brama. “Vedi?” Il suo sussurro vibrò contro la pelle di Lucia. “Qualcuno sta morendo di stare con te.”
Lucia si girò improvvisamente, liberandosi dalla sua presa. Quel gesto inatteso fece tremare le coppe di pizzo. Premette entrambi i palmi delle mani contro il petto di Franco, sentendo il caldo cotone sbiadito sotto il suo tocco. Il suo corpo avvolto nel pizzo urto con la sua solida struttura. "Per favore", sussurrò. "Non possiamo.." Il suo respiro affannoso lo colpì sul mento.
Franco si fermò. Le sue dita erano ancora sospese dove prima si trovava il corsetto. La guardò, la brama nei suoi occhi combattendo con la confusione. "Non possiamo?" chiese di nuovo, ruvido come la ghiaia. Il suo sguardo si posò sulle sue labbra, poi tornò a fissarla. "Perché?" La sua mano si sollevò lentamente, seguendo il battito frenetico del suo cuore. "Lo vuoi anche tu..." Il suo pollice le sfiorò delicatamente la clavicola. "Lo sento." L'altra mano scivolò più in basso, con le dita tocco il pizzo trasparente che le copriva l'anca. "Ovunque."
Lucia tremava, stringendosi ancora di più invece di ritirarsi. I suoi seni si schiacciarono contro il suo petto, mentre le ossa rigide le premevano nelle costole. "Perché..." Il suo sussurro si interruppe. "Sei mio figlio." Le sue dita si aggrapparono alla sua maglietta. "Perché Lorenzo è tuo padre." I suoi occhi scattarono verso il corridoio, dove si trovava la sua camera e di Lorenzo. "Perché se iniziamo..." deglutì con difficoltà. "...non ci fermeremo mai più."
Il pollice di Franco le toccò delicatamente la clavicola, la pelle ruvida che si impigliava nel pizzo sottile. "Abbiamo già iniziato", disse sottovoce, il suo respiro caldo contro la tempia. L'altra mano scivolò verso il basso, le dita che affondano sotto il tessuto trasparente che adagiava sui fianchi, sfiorando la pelle morbida sopra il top. Lucia sussultò, inarcandosi senza volerlo al contatto. "Sei uscita indossando *questo*." Le sue nocche toccavano con delicatezza la curva contornata del suo ventre sotto il corsetto. "Per me." Le sue labbra trovarono il pulsare frenetico della sua gola. "Dimmi di fermarmi."
Lucia serrò le mani sulla maglietta di Franco . "Io..." La parole svanirono quando le loro labbra si unirono. Non c’era esitazione né domanda: solo fame, possesso, un desiderio divorante. La sua lingua sfiorò quella di Franco, mescolando i sapori di vino e disperazione. Le dita di Lucia si aggrovigliano nei capelli di lui, tirandolo ancora più vicino. Il bacio si intensificò, diventando febbrile e liquido, seguendo il ritmo pulsante della pioggia che tamburellava contro la finestra. Franco emise un gemito soffocato nel bacio, le mani scivolarono lungo il corpo di Lucia fino a serrarle i fianchi, spingendola contro il bordo del bancone. Il freddo marmo strinse la sua schiena, un contrasto netto con il calore che cresceva tra le sue cosce. Un gemito sfuggì dalla sua bocca mentre si muoveva contro di lui, sentendo attraverso la stoffa leggera dei pantaloni della tuta il segno tangibile del desiderio di Franco. I suoi denti scesero sul labbro inferiore di lei con un tocco tagliente e provocatorio.
Franco si arrestò, ansimando, con la fronte appoggiata contro la sua. Con voce roca, le sfiorò il labbro gonfio con il pollice. "Lo senti?" mormorò. "Non è un errore. È necessario !!." La sua mano scivolò sotto l'orlo del corsetto, le dita si posarono sulla pelle calda del suo ventre. Lucia rabbrividì, il corpo rispondendo al tocco con un lieve inarcarsi. L'altra mano di Franco si insinuò a stringerle il seno attraverso il delicato strato di pizzo, il pollice tracciando un cerchio intorno al capezzolo fino a farlo risaltare dolorosamente contro la stoffa sottile. "Dimmi che non lo desideri," la sfidò, il suo respiro caldo sfiorandole la guancia. "Dimmi di fermarmi !!."
Le dita di Lucia si intrecciarono tra i suoi capelli. "Non posso"- mormorò con voce spezzata. "Che Dio mi aiuti, Franco, non ci riesco".
Avvicinò di nuovo le sue labbra a quelle di lui, baciandolo con una passione disperata, quasi selvaggia. I suoi fianchi si premevano contro la sua erezione; il tessuto leggero dei pantaloni della tuta non celava affatto l'intensità del desiderio. Franco emise un gemito sommesso, sollevandola senza esitazione e posandola sul freddo bancone di granito. I bicchieri di vino vibrarono per l'urgenza del momento.
Le spinse le cosce ad aprirsi, insinuandosi tra di esse, mentre le sue mani scivolavano lungo le gambe avvolte in seta, per stringerle i fianchi con decisione. Le giarrettiere di pizzo lasciavano lievi segni sulla sua pelle.
"Allora resta", sussurrò Franco con un'intensità incontrollabile sul suo collo. "Non andare via, non fermarmi".
Lei inarcò il corpo, mentre il palmo di Franco premeva contro il calore umido tra le sue cosce. Attraverso il pizzo trasparente, percepì ogni cresta delle sue dita. "Ohh Franco—!" Il suo nome divenne un sussurro mentre si strofinava lentamente, con movimenti circolari. "Dimmi", le chiese, osservando il suo viso disfarsi. "Dimmi che lo desideri." La testa di Lucia si piegò all'indietro, rivelando la gola. "Sì", sibilò. "Sì, *Dio*, sì—" Le sue dita scivolarono sotto la sottile barriera. Era viscida, gonfia, dolorante. Le infilò due dita in profondità. La schiena di Lucia si arcuò sul bancone, un grido spezzato si liberò. "Così " mormorò, stringendo le dita, trovando il punto che le faceva contrarre le cosce attorno al suo polso.
Lucia afferrò le spalle di Franco, le calze di seta che sfregavano contro i pantaloncini. "Ohhh Ancora", implorò con voce roca. "Più forte—"
Franco obbedì, spingendo più in profondità, il pollice che le sfregava contro il clitoride. I suoi fianchi si muovevano in modo selvaggio. I bicchieri di vino tintinnavano. "Oh *Cristo*", esclamò con voce soffocata. "Non fermarti, non osare fermarti..." Il suo orgasmo la colpì come un treno merci: violento, tremante, le tolse il respiro. Si contorse attorno alla sua mano, le unghie che gli si conficcavano nelle braccia. Franco la osservò, ipnotizzato, mentre i suoi occhi si rovesciavano all'indietro, la bocca aperta. "Bellissimo", sussurrò. "Così fottutamente bello."
Franco si ritirò lentamente, con le dita scintillanti piena degli uomori di sua madre. Lucia emise un gemito. Franco le portò le ditta alla bocca. "Assaggia", le ordinò, distribuendo la sua umidità sulle labbra. "Assaggia il sapore dei tuoi desideri !! " Lei gli succhiò le dita con avidità, la lingua che danzava intorno alle nocche. Franco gemette, con le pupille dilatate. "Brava ragazza", sussurrò. "Ora dimmi cosa vuoi adesso." Lucia lo lasciò andare con uno schiocco umido. I suoi occhi brillavano di una fame insaziabile. "Te", ansimò. "Dentro di me. Ora.!!"
Anche questa sera Lorenzo non l'aveva telefonata per dirle buonanotte, come da consueto. Da ormai otto mesi non facevano l'amore, né avevano avuti contatti fisici diretti. Non sembrava che avessero perso il contatto, ma sembrava quasi che qualcosa fosse cambiato per sempre. Lorenzo trascorreva le notti al bar, spiegando che aveva impegni lavorativi. Lucia bevette un altro bicchiere. Quella sera il vino aveva un sapore amaro e pungente, come se rimpiangesse gli otto mesi trascorsi senza avere rapporti sessuali con il marito. In fondo al corridoio, la porta della camera da letto di Franco, suo figlio, si chiuse con un clic. Aveva trentaquattro anni e continuava a vivere con loro.
Il suo cellulare ha vibrato sul tavolo. Un messaggio ha illuminato il suo schermo. Franco: "Mamma, stai bene? Ti Ho sentita camminare avanti e indietro".
Lucia ha inghiottito. Forse Franco ne era già al corrente? Lei ha risposto, con le dita che tremavano un po'.
"Sono solo agitata. Non riesco a dormire." La risposta è arrivata subito. "Neanche io. Vuoi qualcuno a farti compagnia?" Il suo pollice si sollevò. La pioggia colpiva più forte contro la vetrata della finestra. Il riflesso la mostra mentre mordendosi il labbro. Cosa poteva accadere? Solo una madre e un figlio che parlano. Ha digitato "Okay" prima di poterci ripensare.
Lucia sentì dei passi silenziosi nel corridoio. Franco apparve sulla soglia della cucina, con i capelli spettinati e la maglietta chiara che gli pendeva larga lungo il corpo tonico. Si appoggiò allo stipite della porta, con gli occhi scuri e attenti. "Brutta serata?" chiese dolcemente. Lucia annuì, mescolando il vino. "Il silenzio si fa più forte." Franco andò al frigorifero e prese una birra. Il rumore del tappo echeggiò. Bevve un lungo sorso, guardando la bottiglia. "Papà è ancora al bar?" La risata di Lucia era leggera ed ironica. "Dove altro?" Accarezzò lo stelo del bicchiere. "Otto mesi, Franco che Non mi vede più."
Franco lentamente abbassò la bottiglia di birra. I suoi occhi si aprirono leggermente, fissi sul volto della madre. La sua voce divenne un mormorio cauto, aspro. "Cosa vuoi dire?" Un lampo di vera sorpresa gli attraversò il volto, mischiato a qualcosa di più tagliente. "Non lo vedi? O... non lo tocca ?" Il doppio senso si fece fitto tra loro. Lucia sentì le guance arrossire. Non intendeva dire, cosi. O forse sì? Senti Il vino scorrere nelle sue vene.
Lucia evitando lo sguardo di suo figlio aggiunse: "Lui vede soltanto i mobili, le bollette ,le sedie vuote al bar." e Bevette un altro sorso di vino tremando.
"Lui non vede *me*. Non... non come..." Le sue parole si spensero, pericolosamente incomplete. Il silenzio si prolungò, riempito solo dal tamburellare della pioggia e dal tonfo troppo forte del suo battito cardiaco. Franco non si mosse dalla sua posizione appoggiata al bancone, ma le sue nocche sbiancarono attorno alla bottiglia di birra.
La voce di Franco si abbassò, diventando più solenne. "Come dovrebbe vederti, mamma?" Chiese con un tono diretto. Gli occhi scuri lo fissarono senza battere ciglio. Non c'era nulla di cui vergognarsi. Lucia sentì il rossore diffondersi da le guance fino al collo, concentrandosi nel petto. Il calore del vino divenne liquido e pesante. Si sforzò di non allontanare lo sguardo. "*Come una donna*" sussurrò.
Franco scese giù dal bancone, non si allontanò, ma in aria si sentì come se avesse fatto. "Hai provato a parlargli?" chiese Franco, ogni parola era ponderata. "Della... carenza... della connessione fisica" La risata di Lucia era fragile come il vetro. "Parlare?! Lorenzo sente i risultati delle partite di calcio, il prezzo dell'espresso, sente tutto ma non una moglie affamata di contatto". Strinse più forte il bicchiere di vino. "Penserebbe che sono debole e bisognosa". Franco fece un passo lento avanti. Il pavimento era freddo sotto i suoi piedi nudi.
"Debole?" Il suo sguardo la percorse: l'inclinazione provocatoria del mento, il battito cardiaco che le pulsava in gola, il rigonfiamento del seno sotto la seta sottile. "Sembra che tu possa incendiare questa casa, mamma". Osservazione che colpì come un fiammifero acceso. Lucia respirò bruscamente. Gli occhi di Franco si incupirono. "Forse ha bisogno di ricordargli cosa sta ignorando".
Lucia, guardando il vino nel suo bicchiere, disse: "Tesoro, ho cercato di stuzzicarlo. Ho persino comprato della lingerie nuova, molto sexy", confessò, le parole cariche di umiliazione. "Pizzo nero. Trasparente. Di quelle che..." La sua voce si spense, le guance in fiamme. La bottiglia di birra di Franco si congelò a metà altezza sulle sue labbra. La abbassò lentamente. "Mamma", sussurrò, con un tono sincero e sconvolto. "Indossi lingerie?" La domanda era sospesa, piena di tensione e intima.
Lei Annuì, fissando il suo bicchiere. "La settimana scorsa. L'ho aspettata a letto indossandole. Lui come al solito è tornato a casa con l'odore di whisky e sigarette, mi ha dato un bacio sulla guancia e si è girato dall'altra parte per dormire." Le nocche le si sbiancarono sul vetro del bicchiere. "Ha russato prima ancora che potesse vedermi. Il dolore la opprimeva, soffocante. Gli occhi di Franco erano cupi e ardenti, le scivolarono lungo sul collo, soffermandosi là dove la camicia si apriva leggermente sul petto.
"Pizzo nero !?" - La voce di Franco era calma, quasi un sussurro. Posò la bottiglia di birra con delicatezza sul bancone, producendo un leggero tintinnio. Trasparente? Avanzò di un passo, accorciando la distanza tra loro. Lui emanava un calore palpabile. Lucia percepiva il profumo del suo sudore , intrecciato all'odore della pioggia umida ancora sospesa nell’aria. Nei suoi occhi non c'era più traccia di smarrimento; erano pozze scure e profonde, colme di fame, inchiodati ai suoi. "Fammi vedere" -mormorò quasi impercettibilmente.
Lucia rimase immobile. Il bicchiere di vino tremò leggermente nella sua mano, minacciando di versare il liquido scuro sul pavimento. Le dita rigide, pallide come l'avorio, tradivano la tensione che cercava di celare. La domanda di Franco aleggiava tra loro, carica di intensità e così diretta da risultare quasi intollerabile. Un sorriso incerto si affacciò sulle sue labbra, seguito da una risata tenue e nervosa, lontana dalla calda spontaneità che la caratterizzava. Con voce rotta, tentò di mascherare l'emozione dietro una leggerezza forzata: "Franco… Quella lingerie è fatta per donne giovani, belle. Non certo per… qualcuno come me." Le sue parole erano traballanti, incerte quanto la mano con cui sembrava voler respingere l'idea. Senza mai incrociare lo sguardo di Franco, i suoi occhi si posarono oltre la stanza, verso il vetro appannato dalla pioggia.
Franco rimase immobile. Si inclinò in avanti, la voce un mormorio profondo e persistente che pulsava nel silenzio carico di tensione. "Non parlare così, mamma." La sua mano si sollevò lentamente, senza toccarla, ma restando sospesa vicino alle sue dita tremanti, strette intorno allo stelo del bicchiere. "Sei stupenda, mamma. Più bella di qualsiasi altra donna." I suoi occhi profondi la fissarono intensamente, spezzando la fragile maschera che aveva costruito. "Fammi vedere." Non era più una richiesta, ma un comando nascosto sotto un tono morbido e avvolgente, che le fece scorrere brividi intensi lungo la schiena.
Lucia trattenne il respiro, sentendo la negazione giocosa spegnersi nella sua gola. Il bicchiere di vino nella sua mano pareva d’un tratto insopportabilmente pesante. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella fame bruciante che brillava negli occhi di Franco, una fame che da anni Lorenzo non le mostrava più. Era spaventoso, ma al contempo esaltante. Il cuore le pulsava contro il petto come un uccello intrappolato in una gabbia. Con movimenti lenti e decisi, posò finalmente il bicchiere sul bancone, producendo un lieve *clink*. Le dita si soffermarono per un attimo sulla fredda superficie di marmo, un disperato tentativo di ritrovare equilibrio. La vestaglia di seta che indossava si trasformò, agli occhi della sua mente, in un guscio fragile e inadeguato di fronte all’intensità irrefrenabile che emanava da suo figlio.
"Va bene" -, mormorò, la voce a malapena percepibile sopra il ritmo incessante della pioggia. Un lieve rossore le risalì il collo, tingendo la pelle sotto il tessuto sottile della vestaglia. Ma... Faticò a deglutire, facendo uno sforzo per incrociare di nuovo il suo sguardo. "Devo andare in camera mia a vestirmi". Le sue parole erano intrise di una fragilità palpabile, accompagnate dall'imbarazzo di confessare la necessità di prepararsi. Gli occhi le scivolarono via, soffermandosi sul corridoio che la conduceva alla stanza . Devi rimanere... rimani qui? Era un misto tra domanda e supplica.
Franco annuì lentamente, mantenendo lo sguardo fisso sul suo viso. L'intensità che emanava non si era dissipata; ancora fermentava dentro di lui, più calma, ma pronta a esplodere senza preavviso. La sua risposta arrivò con una voce ruvida, intrisa di una sfumatura vellutata. Si posizionò contro il bancone, incrociando le braccia sul petto, mentre la maglietta scolorita aderiva alle sue spalle robuste. Ogni dettaglio della sua postura rifletteva un'immobilità calcolata, come quella di un predatore in agguato .Lucia sentì il peso del suo sguardo come un tocco fisico mentre si girava, la vestaglia di seta che sussurrava contro le sue gambe nude.
Luci avanzava con passi incerti lungo il corridoio buio, il cuore che le martellava nelle orecchie. "*Cosa pensi di fare?*" La voce della ragione le ruggiva nella mente. "*È tuo figlio!*" Ma un altro pensiero, oscuro e affamato dopo otto mesi di trascuratezza, le rispose con un sussurro tagliente: "*Ti osserva. Ti desidera.*" Il calore bruciante dell'umiliazione inflittale da Lorenzo soffocava qualunque remora morale. Quando finalmente raggiunse la sua camera da letto, chiuse la porta con delicatezza, lasciandosi scivolare contro di essa mentre cercava di calmare a fatica il respiro irregolare. L'ambiente era impregnato di una tenue traccia del suo profumo mescolato al peso della sua solitudine. Con le mani che la tradivano tremando, sciolse i lacci della vestaglia, che cadde in un morbido ammasso attorno ai suoi piedi. Il contatto improvviso con l'aria fresca le punzecchiò la pelle, facendole affiorare un brivido lungo il corpo.
Lucia si avvicinò al comò, evitando con lo sguardo il riflesso nel grande specchio, le mani le tremavano mentre apriva il cassetto in basso. Al tatto trovò il pizzo nero, fresco e audace contro le dita esitanti. "Folle", continuava a dirsi. "Totalmente folle". Eppure, si lasciò catturare dall’impulso: indossò il perizoma trasparente, il tessuto sottile che accarezzava la pelle con delicatezza. Passò al reggicalze, mentre i fermagli si agganciavano al tessuto con un suono secco e deciso. Poi prese il corsetto: le stecche rigide e i lacci stretti si adattarono al suo corpo. Trattenne il respiro, tirando i nastri fino a sentirlo aderire alla perfezione, lo sguardo fisso sulla propria immagine che prendeva forma. Il décolleté si sollevò, pieno e prominente, esaltato dalle coppe di pizzo. La figura riflessa nello specchio non era più quella di una moglie dimenticata. Era la personificazione di un desiderio vivo, una fantasia.
Un'ondata di calore travolgente le avvampò il viso, un misto di imbarazzo e di un brivido che non sentiva da anni. *Sta aspettando.* Il pensiero la colpì di nuovo con forza. Con dita tremanti accarezzò gli intricati motivi di pizzo che le fasciavano i fianchi, scorrendo poi sulla seta liscia delle calze. Si sentiva... potente. E desiderata. Qualcosa che Lorenzo aveva scelto di ignorare da tempo. L'immagine dello sguardo famelico di Franco riaffiorò nella sua mente, spazzando via ogni ultimo frammento di esitazione. Non era debolezza; era una forma di ribellione.
Lucia fece un respiro profondo . Non si voltò a guardare lo specchio. Lentamente, con decisione, aprì la porta della camera da letto. Il corridoio si estendeva davanti a lei, debolmente illuminato, come una passerella verso qualcosa di inevitabile. Ogni passo era misurato, il rumore dei suoi tacchi sul pavimento di legno era innaturalmente forte nel silenzio pesante. La vestaglia di seta era rimasta abbandonata sul pavimento. Indossava solo l'armatura di pizzo nero, il tessuto trasparente che lasciava ben poco spazio all'immaginazione. L'aria fresca accarezzava la sua pelle, provocandole brividi in netto contrasto con il calore che si concentrava nel profondo del suo ventre. Il cuore batteva frenetico, imprigionato nei vincoli serrati del corsetto.
Franco non si era mosso, rimaneva appoggiato al bancone. Ma quell'immobilità emanava tensione, quasi palpabile. I suoi occhi scuri si spalancarono per un attimo quando lei emerse dall'ombra, per poi socchiudersi, intrisi di un'intensità che la paralizzò. La osservò come se volesse assorbirla interamente: le curve mozzafiato del seno che spuntavano dal pizzo, la vita sottile, le calze velate che si allungavano fino alle sottili spalline del reggicalze. Gli sfuggì un suono basso e involontario, a metà strada tra un gemito e un sospiro. "Dio mio..." mormorò, con una voce roca e spezzata. "Mamma... sembri..." Le parole si persero nel vuoto mentre scuoteva leggermente la testa, incapace di esprimersi.. Il suo sguardo scivolò su di lei come una carezza palpabile, soffermandosi sugli elaborati motivi di pizzo che avvolgevano i fianchi di sua madre.
Lucia si fermò a pochi passi di distanza. Quella sensazione di vulnerabilità era insieme terrificante e quasi esaltante. Sollevò leggermente il mento, mentre una scintilla di sfida si accendeva dietro l'imbarazzo. Ridicolo? disse con una voce appena tremante, nonostante il tentativo di mostrarsi disinvolta. "Vestita come una sgualdrina?" Indicò debolmente se stessa con un gesto, che fece ondeggiare in modo seducente le coppe di pizzo.
Franco si staccò dal bancone con due ampie falcate, coprendo la distanza che li separava. Non la sfiorò, ma la sua presenza sembrava avvolgerla completamente. Il suo sguardo, intenso e febbrile, scivolava su ogni dettaglio: il tessuto trasparente che delineava le sue forme, la curva del seno sollevato dal corsetto, i fianchi dove il pizzo incontrava il bordo superiore delle calze. La parola iniziale esplose in un ringhio basso, rauco per lo stupore. "Sgualdrina!?" Poi, cambiando tono, lasciò trapelare un’altra emozione. "No, mamma... sembri una Dea." I suoi occhi, scuri e decisi, si fissarono nei suoi senza esitazione. "Quel tipo di Dea che un uomo desidera con ogni fibra di sé." Il significato sottinteso permeava l'aria, denso e innegabile.
Lucia rabbrividì, l'aria fresca le fece venire la pelle d'oca sulla pelle esposta. "Desidera ardentemente?" ripeté, con voce appena un sussurro. Le parole sembravano carica di significato, personale. Resistette alla voglia e l'impulso di incrociare le braccia al petto.. "Tuo padre non si è nemmeno accorto di me con questo intimo. "
Lo sguardo di Franco si concentrò sul sottile pizzo che copriva il capezzolo, visibile tramite il pannello traslucido. "È sbadato. " La sua voce si fece grave. "O sciocco. " Fece un altro passo in avanti, invadendo il suo spazio personale. L'odore della sua pelle – di sudore e pioggia – si mescolava col leggero profumo che aleggiava intorno al pizzo. "Ti pare strano? " I suoi occhi ripresero a fissarla, penetranti. "Portare questo. . . per nessuno? "
Lo sguardo di Franco si concentrò sul sottile pizzo che copriva il suo capezzoli, visibili attraverso il panel trasparente. "È cieco. " La sua voce divenne profonda. "O forse sciocco. " Fece un altro passo avanti, invadendo il suo campo visivo. L'aroma della sua pelle – una miscela di sudore e pioggia – si unì al leggero profumo che si attaccava al pizzo. "Ti sembra strano? " I suoi occhi tornarono a fissarla, penetranti. "Indossare questo. . . per nessuno? "
Lucia trattenne il respiro per un attimo. Le sue dita si strinsero verso il bordo rigido del corsetto. "Mi è parso... inutile." L'ammissione le graffiò la gola. Sospirando aggiunse- "Sprecato, Come gridare in una stanza vuota."
Franco si mosse, senza allontanarsi, iniziò a girarle intorno con lentezza, mentre il suo sguardo emanava un calore tangibile che le attraversava il pizzo trasparente aderente ai fianchi e le intricate bretelle che le incorniciavano l'interno della coscia. "Non è vuoto," mormorò con una voce roca e vellutata. Si fermò proprio dietro di lei, il suo respiro caldo le accarezzava la nuca, dove i capelli si sollevavano delicatamente.
Il suo profumo – di pioggia e calore maschile – invase i sensi di Lucia.
"E decisamente... non è sprecato." Le sue nocche le sfiorarono la parte bassa della schiena, leggere come una piuma contro il bordo inferiore del corsetto di pizzo. Lucia sussultò, inarcandosi in modo istintivo. Il tocco accese un fuoco selvaggio nel profondo del suo ventre. "Franco...—"
"Shhh." Le sue dita risalirono lungo la rigida ossatura, sfiorando la curva della sua spina dorsale attraverso il tessuto sottile. Si fermò sulla chiusura tra le scapole. “Questa..,” sussurrò, mentre le labbra le sfioravano il lobo dell'orecchio, “è vera arte.” La sua mano si appiattì contro la schiena, premendo con delicatezza. Lucia sentì la pressione, l'innegabile attrazione che provava per lui. Il suo respiro divenne affannoso. Si appoggiò lievemente all'indietro, le spalle che incontravano la solida parete del suo petto.
Il suo braccio le scivolò intorno alla vita, attirandola a sé. Lucia sentì la durezza della sua eccitazione premerle contro la parte bassa della schiena, una prova innegabile della sua brama. “Vedi?” Il suo sussurro vibrò contro la pelle di Lucia. “Qualcuno sta morendo di stare con te.”
Lucia si girò improvvisamente, liberandosi dalla sua presa. Quel gesto inatteso fece tremare le coppe di pizzo. Premette entrambi i palmi delle mani contro il petto di Franco, sentendo il caldo cotone sbiadito sotto il suo tocco. Il suo corpo avvolto nel pizzo urto con la sua solida struttura. "Per favore", sussurrò. "Non possiamo.." Il suo respiro affannoso lo colpì sul mento.
Franco si fermò. Le sue dita erano ancora sospese dove prima si trovava il corsetto. La guardò, la brama nei suoi occhi combattendo con la confusione. "Non possiamo?" chiese di nuovo, ruvido come la ghiaia. Il suo sguardo si posò sulle sue labbra, poi tornò a fissarla. "Perché?" La sua mano si sollevò lentamente, seguendo il battito frenetico del suo cuore. "Lo vuoi anche tu..." Il suo pollice le sfiorò delicatamente la clavicola. "Lo sento." L'altra mano scivolò più in basso, con le dita tocco il pizzo trasparente che le copriva l'anca. "Ovunque."
Lucia tremava, stringendosi ancora di più invece di ritirarsi. I suoi seni si schiacciarono contro il suo petto, mentre le ossa rigide le premevano nelle costole. "Perché..." Il suo sussurro si interruppe. "Sei mio figlio." Le sue dita si aggrapparono alla sua maglietta. "Perché Lorenzo è tuo padre." I suoi occhi scattarono verso il corridoio, dove si trovava la sua camera e di Lorenzo. "Perché se iniziamo..." deglutì con difficoltà. "...non ci fermeremo mai più."
Il pollice di Franco le toccò delicatamente la clavicola, la pelle ruvida che si impigliava nel pizzo sottile. "Abbiamo già iniziato", disse sottovoce, il suo respiro caldo contro la tempia. L'altra mano scivolò verso il basso, le dita che affondano sotto il tessuto trasparente che adagiava sui fianchi, sfiorando la pelle morbida sopra il top. Lucia sussultò, inarcandosi senza volerlo al contatto. "Sei uscita indossando *questo*." Le sue nocche toccavano con delicatezza la curva contornata del suo ventre sotto il corsetto. "Per me." Le sue labbra trovarono il pulsare frenetico della sua gola. "Dimmi di fermarmi."
Lucia serrò le mani sulla maglietta di Franco . "Io..." La parole svanirono quando le loro labbra si unirono. Non c’era esitazione né domanda: solo fame, possesso, un desiderio divorante. La sua lingua sfiorò quella di Franco, mescolando i sapori di vino e disperazione. Le dita di Lucia si aggrovigliano nei capelli di lui, tirandolo ancora più vicino. Il bacio si intensificò, diventando febbrile e liquido, seguendo il ritmo pulsante della pioggia che tamburellava contro la finestra. Franco emise un gemito soffocato nel bacio, le mani scivolarono lungo il corpo di Lucia fino a serrarle i fianchi, spingendola contro il bordo del bancone. Il freddo marmo strinse la sua schiena, un contrasto netto con il calore che cresceva tra le sue cosce. Un gemito sfuggì dalla sua bocca mentre si muoveva contro di lui, sentendo attraverso la stoffa leggera dei pantaloni della tuta il segno tangibile del desiderio di Franco. I suoi denti scesero sul labbro inferiore di lei con un tocco tagliente e provocatorio.
Franco si arrestò, ansimando, con la fronte appoggiata contro la sua. Con voce roca, le sfiorò il labbro gonfio con il pollice. "Lo senti?" mormorò. "Non è un errore. È necessario !!." La sua mano scivolò sotto l'orlo del corsetto, le dita si posarono sulla pelle calda del suo ventre. Lucia rabbrividì, il corpo rispondendo al tocco con un lieve inarcarsi. L'altra mano di Franco si insinuò a stringerle il seno attraverso il delicato strato di pizzo, il pollice tracciando un cerchio intorno al capezzolo fino a farlo risaltare dolorosamente contro la stoffa sottile. "Dimmi che non lo desideri," la sfidò, il suo respiro caldo sfiorandole la guancia. "Dimmi di fermarmi !!."
Le dita di Lucia si intrecciarono tra i suoi capelli. "Non posso"- mormorò con voce spezzata. "Che Dio mi aiuti, Franco, non ci riesco".
Avvicinò di nuovo le sue labbra a quelle di lui, baciandolo con una passione disperata, quasi selvaggia. I suoi fianchi si premevano contro la sua erezione; il tessuto leggero dei pantaloni della tuta non celava affatto l'intensità del desiderio. Franco emise un gemito sommesso, sollevandola senza esitazione e posandola sul freddo bancone di granito. I bicchieri di vino vibrarono per l'urgenza del momento.
Le spinse le cosce ad aprirsi, insinuandosi tra di esse, mentre le sue mani scivolavano lungo le gambe avvolte in seta, per stringerle i fianchi con decisione. Le giarrettiere di pizzo lasciavano lievi segni sulla sua pelle.
"Allora resta", sussurrò Franco con un'intensità incontrollabile sul suo collo. "Non andare via, non fermarmi".
Lei inarcò il corpo, mentre il palmo di Franco premeva contro il calore umido tra le sue cosce. Attraverso il pizzo trasparente, percepì ogni cresta delle sue dita. "Ohh Franco—!" Il suo nome divenne un sussurro mentre si strofinava lentamente, con movimenti circolari. "Dimmi", le chiese, osservando il suo viso disfarsi. "Dimmi che lo desideri." La testa di Lucia si piegò all'indietro, rivelando la gola. "Sì", sibilò. "Sì, *Dio*, sì—" Le sue dita scivolarono sotto la sottile barriera. Era viscida, gonfia, dolorante. Le infilò due dita in profondità. La schiena di Lucia si arcuò sul bancone, un grido spezzato si liberò. "Così " mormorò, stringendo le dita, trovando il punto che le faceva contrarre le cosce attorno al suo polso.
Lucia afferrò le spalle di Franco, le calze di seta che sfregavano contro i pantaloncini. "Ohhh Ancora", implorò con voce roca. "Più forte—"
Franco obbedì, spingendo più in profondità, il pollice che le sfregava contro il clitoride. I suoi fianchi si muovevano in modo selvaggio. I bicchieri di vino tintinnavano. "Oh *Cristo*", esclamò con voce soffocata. "Non fermarti, non osare fermarti..." Il suo orgasmo la colpì come un treno merci: violento, tremante, le tolse il respiro. Si contorse attorno alla sua mano, le unghie che gli si conficcavano nelle braccia. Franco la osservò, ipnotizzato, mentre i suoi occhi si rovesciavano all'indietro, la bocca aperta. "Bellissimo", sussurrò. "Così fottutamente bello."
Franco si ritirò lentamente, con le dita scintillanti piena degli uomori di sua madre. Lucia emise un gemito. Franco le portò le ditta alla bocca. "Assaggia", le ordinò, distribuendo la sua umidità sulle labbra. "Assaggia il sapore dei tuoi desideri !! " Lei gli succhiò le dita con avidità, la lingua che danzava intorno alle nocche. Franco gemette, con le pupille dilatate. "Brava ragazza", sussurrò. "Ora dimmi cosa vuoi adesso." Lucia lo lasciò andare con uno schiocco umido. I suoi occhi brillavano di una fame insaziabile. "Te", ansimò. "Dentro di me. Ora.!!"
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