Una Mamma affamata 5

di
genere
incesti

Un silenzio pesante aleggiava dentro la macchina, interrotto solo dai loro respiri affannati e dal fruscio delle foglie degli alberi. Poi, la borsetta di Lucia vibrò con forza sul cruscotto. Lo schermo si illuminò, infrangendo l'attimo: **LORENZO CHIAMA...**
Lucia si bloccò , le gambe divaricate ancora esposte, l'odore di sesso che aleggiava nell'aria. I suoi occhi si fissarono su quelli di Franco, spalancati dal terrore. "Merda. *Merda*." Si arrampicò, cercando a tentoni il telefono muovendosi a scatti. Rifiutò la chiamata, con il dito tremante. Lo schermo si oscurò per un attimo. Poi si riaccese. **LORENZO CHIAMA...**

"Rispondi", ordinò Franco, con voce bassa e roca. Non si era mosso, i jeans ancora slacciati, il pene che si ammorbidiva contro la coscia, luccicante.

Lucia si sentiva disorientata, il telefono vibrava come un'ape infuriata nella sua mano tremante. "Non posso... non in questo modo!" sussurrò, con la gonna ancora sollevata, la pelle arrossata dall'estasi. I suoi occhi si spostarono verso il parabrezza appannato, poi tornarono su Franco. "Lo percepirà dalla mia voce. Potrebbe sospettare!"

"Rispondi. Rispondi. !!" La voce di Franco era profonda, i suoi occhi concentrati sulle sue cosce ancora scoperte, le giarrettiere nere che sfioravano la pelle. Non la toccò, ma la sua presenza era come un comando. "O preferisci che si domandi perché sua moglie lo trascura !?"

La mano di Lucia tremava mentre premeva il tasto di risposta, avvicinando il telefono all'orecchio. Si sforzò di conferire alla sua voce un tono leggero e affettuoso che Franco non udiva da anni. "Lorenzo? *Caro*, va tutto bene?" La sua mano libera tirò giù freneticamente la gonna, come se cercasse di nascondere le prove.

Franco rimase immobile, il respiro ancora affannato. Avvertiva il mormorio metallico della voce di suo padre attraverso il telefono, un banale ronzio riguardo la chiusura anticipata del bar. Le unghie smaltate di Lucia si conficcavano nella seduta di pelle accanto alla sua coscia. "Sì, sì, sto uscendo dal ristorante proprio ora", mentì con dolcezza, gli occhi che brillavano su Franco, spalancati dal panico. "Le ragazze erano... adorabili." Una pausa. "No, no, sto bene. Sono solo stanca." Le nocche le divennero bianche. "Certo, tesoro. A presto." Chiuse la chiamata, accasciandosi all'indietro come se le avessero tolto l'aria. Il silenzio tornò a farsi sentire, denso dell'odore di sesso e paura.

Lentamente, con determinazione, Franco chiuse la cerniera dei jeans. Il fruscio del denim risuonava forte nel silenzio. Si sporse in avanti, sfiorando con le nocche l'interno della coscia di Lucia, dove la gonna era sollevata. "Sistemati, *Mamma*", mormorò, con voce bassa e roca. Il pollice toccò il bordo umido della calza appena sopra il reggicalze. "Quelle giarrettiere sembrano... storte." Infilò un dito sotto il teso cinturino nero, lasciandolo schioccare leggermente contro la sua pelle arrossata. "Non vorrei che papà notasse qualcosa... fuori posto." Il suo sguardo guizzò sul suo rossetto sbavato. "O che sentisse il sapore di qualcosa... salato." Un'ombra di sorriso gli sfiorò le labbra. "Pulisciti. Ora."

Lucia trattenne il respiro. I suoi occhi si fissarono nei suoi, provocatori ma brillanti. Le dita tremavano leggermente mentre si sistemava la gonna, coprendo le spalline sottili. Abbassò l'aletta parasole, e la luce intensa dello specchio rivelò le sue guance arrossate e le labbra piene. Con un fazzoletto preso dalla borsa, tamponò il rossetto sbavato. "Va meglio così?" sussurrò, voltandosi verso di lui con voce roca. Aprì deliberatamente le labbra, lasciando che la punta della lingua scivolasse sul labbro inferiore. "O preferisci che... sia rovinata?"

Franco la osservò, con il calore che gli ribolliva nelle vene nonostante si fosse svuotato le palle 10 minuti prima. "Rovinato ti sta bene", mormorò, allungando una mano per accarezzare il bordo umido del suo labbro dove si era pulita. Trascinò il pollice più in basso, sfiorandole il punto del polso sul collo. "Ma papà preferisce le illusioni immacolate." Le sue dita scivolarono sotto il colletto della sua camicia leopardata, trovando la chiusura del reggiseno. Con un gesto abile, lo sganciò. "Ripara anche questo, *mamma*. A meno che tu non voglia che si chieda perché il tuo seno è... più morbido stasera." Lasciò che la cinghia scivolasse libera sulla sua pelle.

Lucia rabbrividì, gli occhi si fecero scuri. Si sistemò la cinghia nascosta senza distogliere lo sguardo. "Sei geloso che tuo padre tocchi ciò che ti appartiene?" La sua mano scivolò audacemente sulla coscia, sfiorando con le dita l'umidità che si stava asciugando sui jeans, dove aveva versato il contenuto. "Devo dirgli che suo figlio mi ha marchiata? Che sono ancora calda a causa del tuo cazzo dentro la mia bocca ?"

Franco le afferrò il polso, premonendolo contro la leva del cambio. "Diglielo", osò dire, con una voce bassa e provocatoria. "Racconta come hai urlato quando sei venuta. Come il mio nome aveva un sapore più dolce del vino." Il suo pollice le affonderà nel punto del polso. ""Oppure stai zitto e ricorda chi ha fatto tremare come una matta sotto la gonna staserà."

La risata di Lucia era roca, provocatoria. "Pensi che *non lo posso fare*?" Si avvicinò di più, il suo respiro caldo sfiorava le sue labbra. "Potrei dirglielo mentre mi bacia per dirmi la buonanotte. Raccontargli come mi hai riempito la gola fino a farmi mancare il respiro." La sua mano libera accarezzò la curva della mascella. "Lo detesteresti? O ti renderebbe più eccitato?"

Franco le lasciò il polso con un ringhio profondo, innestando la marcia. Il motore riprese vita rombando, squarciando il silenzio umido. Non la guardò mentre imboccava la tortuosa strada della collina, con le nocche bianche sul volante. La pioggia cominciò a rigare il parabrezza, sfumando le luci della città sottostante in macchie di oro fuso. Lucia si lisciò la gonna, indugiando con le dita sulla macchia umida tra le cosce, dove il suo pollice l'aveva premuto pochi istanti prima. Lo osservò – la rigidità delle sue spalle, la presa salda sul volante – e non disse nulla. L'unico suono era il fruscio ritmico dei tergicristalli e l'asfalto bagnato sotto le gomme.


A metà strada, Lucia finalmente si decise a parlare, la sua voce era come una lama rivestita di velluto. "Le tue mani", mormorò, indicando il volante. "Non si sono mai allentate da quando abbiamo lasciato quella collina." Si passò un'unghia lungo la coscia, imitando la tensione. "Come se ti stessi aggrappando alla tua sanità mentale. O come se la stessi strozzando." Il suo sguardo scivolò sul suo grembo, dove il denim era ancora attaccato all'umidità che si stava dissolvendo. "Ti spaventa? Con quanta facilità ti sfilo i jeans ?"

Franco la osservò di sottecchi. "Sfili?" Rise, in modo brusco e senza umorismo. I tergicristalli colpivano ritmicamente contro la pioggia battente. "L'hai *implorato* contro quel cruscotto. Hai piagnucolato il mio nome come se fosse una preghiera." Strinse la presa, il cuoio emise un gemito. "Non confondere la disperazione con il potere, *mamma*."

Lucia tracciò con calma un cerchio sulla finestra bagnata dalla pioggia, il suo riflesso appariva come un sorriso spettrale. "Disperazione?" Pronunciò la parola, gustandola. "È per questo che hai le nocche bianche? Perché tremi quando mi muovo?" Infilò una mano sotto il cappotto, le dita che sfioravano la spallina slacciata del reggiseno sotto la camicia. "O è la paura... che io entri in quella casa *intrisa* di te... e sorrida mentre Lorenzo mi interroga sulla mia 'deliziosa' cena?" La sua unghia graffiò il vetro. "Dimmi, Franco, il pensiero delle sue mani su ciò che è ancora scivoloso ... rafforza quella presa?"

La risata di Franco era delicata, si frantumava come il ghiaccio. "Mamma !!", la parola acutizzata dall'ululato della tempesta all'esterno. "Se desideri farmi ingelosire" – sterzò in una curva, con le gomme che stridettero – "non puoi riuscirci." Le sue nocche si sforzavano contro la pelle del volante. "Non con *lui*." La pioggia colpiva il parabrezza, offuscando le luci della città. "Dovresti strisciare fino alla lezione di ceramica di Marco Rossi indossando *nient'altro* che quelle giarrettiere... e anche così.. !!" Gli lanciò uno sguardo di traverso, i denti esposti in un sorriso che non era affatto un sorriso. "Ti immagino annoiata a morte... che desideri che siano *le mie* mani a modellare quell'argilla." Frenò bruscamente mentre si avvicinavano alla casa, scaraventandola in avanti contro la cintura di sicurezza. "La gelosia ha bisogno di un rivale. Lorenzo?" Un grugnito aspro. "È solo un rumore di sottofondo."

Le dita di Lucia si strinsero sul cruscotto, irrigidendosi. La sua risata era un fumo sommesso. "Oh, *caro*." Si avvicinò, il suo respiro caldo sul suo collo. "Pensi che la gelosia riguardi *lui*?" La sua mano gli scivolò sulla coscia, le dita che strisciavano verso il denim umido. "Riguarda il *controllo*. Il guardarti sbrogliare quando ti prendo in giro... quando *mento*." La sua unghia raschiò la pelle sensibile appena sotto la fibbia della cintura. "Stasera? Quando ho menzionato il nome di Marco?" Tracciò la cucitura dei suoi jeans. "Ti ho sentito *irrigidirti*. Come un filo." Il suo pollice premette forte contro l'umidità che si stava dissolvendo. "*Questa è* gelosia, Franco. Sapere che posso farti male... con una parola." Le sue labbra gli sfiorarono l'orecchio. "Immagina cosa farò con le mani di Lorenzo su di me stasera.

Franco si fermò bruscamente mentre la ghiaia volava sotto le gomme. I fari si posarono sulla Fiat, ormai malandata, di Lorenzo, parcheggiata in modo obliquo accanto al portico. Franco spense il motore, avvolgendosi in un'oscurità interrotta solo dal sinistro bagliore giallo della luce del portico. La pioggia picchiettava sul tetto come dita impazienti.
La mano di Lucia si fermò sulla sua coscia, le dita avvolte possessivamente attorno alla fibbia della cintura. "Non sei ancora geloso?" sussurrò, con un tono rauco e provocatorio. Non si spostò per andarsene.

Franco osservò la luce del portico che si rifletteva sulla Fiat di Lorenzo, bagnata dalla pioggia. "Fuori", ringhiò, con le nocche bianche come ossa sul volante.

La mano di Lucia si strinse sulla sua coscia, le unghie che si conficcavano nei jeans. "Costringimi." Il suo respiro gli sibilò caldo contro la mascella. "Trascinami fuori urlando. Mostra a papà chi è il
vero padrone di sua moglie." Si avvicinò di più, il profumo della sua eccitazione – muschiato e pungente – riempiva l'auto nonostante la pioggia. Le sue dita sfiorarono la macchia umida sui suoi jeans. "Oppure guardami entrare... ancora unta di te... e dargli un bacio di benvenuto." Gli mordicchiò il lobo dell'orecchio. "Scegli tu, *caro*.

Il pugno di Franco colpì il volante, il clacson risuonò nella tempesta. La sagoma di Lorenzo apparve alla finestra della cucina, offuscata dai vetri rigati dalla pioggia.
Lucia rise – un suono basso e gutturale – e scivolò fuori dall'auto. I suoi tacchi a spillo risuonarono bruscamente sull'asfalto bagnato mentre barcollava verso la veranda, i fianchi che ondeggiavano deliberatamente sotto l'attillata gonna nera. La pioggia le appiccicava ciocche di capelli neri al collo, luccicanti come inchiostro.
Franco la seguì, le scarpe che scricchiolavano sulla ghiaia, gli occhi fissi sul dondolio dei suoi fianchi, sul modo in cui il tessuto umido aderiva alla curva del suo sedere dove le sue mani avevano afferrato la sua pelle nuda contro il cruscotto.

Entrarono nella cucina calda e profumata. Lorenzo era in piedi davanti al lavandino, a sciacquare un bicchiere di birra, con la sua logora camicia di flanella arrotolata fino ai gomiti. Sbatté le palpebre, sorpreso. "Franco?" Lanciò un'occhiata tra loro, con le gocce di pioggia che ancora luccicavano sulle spalle di Lucia. "Non sapevo che l'avresti riportata tua madre a casa." Il suo sguardo indugiò sulle guance arrossate di Lucia, sulle sue labbra gonfie. "Hai passato una bella serata, *cara*?"

Lucia rise, il suono era simile a quello di un cristallo che si frantuma, e si tolse il cappotto fradicio. Sotto, la stampa leopardata si adattava perfettamente a ogni sua curva. "Oh, Lorenzo", sospirò, lanciando il cappotto su una sedia. "È stata una vera fatica. Sofia e Carla non smettevano di chiacchierare dei loro mariti noiosi." Alzò gli occhi al cielo in modo drammatico, avvicinandosi al bancone dove Franco era appoggiato. Il suo fianco sfiorò intenzionalmente la coscia di lui. "Tutta quella *felicità domestica*." Sorrise con compiacimento, accarezzando il granito vicino alla mano di Franco. "Così noiose. Come si fa ad apprezzare un uomo che... *ti lascia insoddisfatta*." Il suo sguardo si posò sul volto ignaro di Lorenzo, poi scivolò di lato su Franco, carico di provocazione.

Lorenzo ridacchiò, asciugando il bicchiere. "Ah, le donne." Fece un gesto di diniego con la mano. "Si lamentano sempre!." Lanciò un'occhiata a Franco. "L'hai accompagnata tu? Bravo ragazzo." Il suo sguardo tornò a posarsi su Lucia, indugiando sul tessuto umido che le aderiva al seno, con le guance ancora arrossate. "Sembri... scottata dal vento, *cara*."

Il sorriso di Lucia era affilato come un rasoio. "*Direi Soffocante* quel ristorante", mormorò, spostando il peso. Franco percepì il calore che si irradiava dal suo fianco, premuto contro la sua coscia attraverso i jeans. Lei ruotò delicatamente la spalla, il movimento tese il tessuto leopardato contro il suo capezzolo indurito. Franco serrò la mascella. "Scusami Caro ", sussurrò con voce roca. "Devo lavare via... la *noia*." I suoi occhi si incontrarono con quelli di Franco per un attimo – uno sguardo carico di pura promessa e di una persistente umidità – prima di voltarsi verso il corridoio. I suoi tacchi a spillo ticchettavano, lenti e decisi, ogni passo enfatizzava l'oscillazione ipnotica dei suoi fianchi sotto la gonna attillata. Le giarrettiere nere spuntavano dall'orlo a ogni passo, un oscuro segreto sulla sua pelle. Franco seguiva ogni movimento, il profumo della pioggia, del sesso e della sua eccitazione gli si aggrappava.

Continua...
scritto il
2025-10-30
2 7 8
visite
2
voti
valutazione
9
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Una Mamma affamata 4
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.