Sogno o Realta
di
Kupidus91
genere
confessioni
Per scrivere questo racconto ho preso ispirazione dal Film "Eyes Wide Shut" quando Alice (Nicol Kidman) confessa a suo marito riguardo a una sua fantasia ossessiva,verso une ufficiale di marina. Il racconto è più di una semplice confessione.
Il salotto era avvolto in quella luce calda e quasi magica che soltanto le lampade natalizie possono creare: rosso, oro, verde, come se il mondo esterno fosse già scomparso e all'interno ci fosse ancora una celebrazione che nessuno osava interrompere.
Bill era seduto sul divano, con la cravatta slacciata, un bicchiere di whisky che non aveva ancora assaporato. Alice si trovava in piedi di fronte a lui, scalza, indossando una camicia da notte di seta color avorio che le arrivava a metà coscia. I suoi capelli erano sciolti, leggermente umidi dopo la doccia. Fumava una sigaretta, lentamente, come se ogni boccata richiedesse un grande sforzo.
«Vuoi davvero saperlo?» chiese lei, con la voce bassa, quasi divertita.
Bill annuì. Non parlava da diversi minuti. Aveva la gola secca.
Alice si avvicinò, si sedette sul bracciolo del divano, a pochi centimetri da lui. Il profumo di vaniglia e tabacco lo colpì come una dolce carezza.
«L'estate scorsa, mentre eravamo a Cape Cod. Ti ricordi quella sera in cui tu sei andato a giocare a golf con gli Henderson?»
«Sì.» rispose lui muovendo leggermente la testa.
«Io sono rimasta da sola in albergo. Se ti ricordi, quella sera c'era la cena di gala di cui ti avevo parlato. Per quell'occasione avevo scelto di indossare quell'abito nero, quello con la schiena scoperta. Tu dicevi che mi faceva sembrare una escort di lusso.» Rise piano, un suono che a Bill sembrò una lama. «Eri già geloso allora, solo che non lo sapevi.»
Fece un altro tiro.
«Nei giorni in cui siamo stati lì, avevo notato da lontano un affascinante uomo più volte, ma quella sera l'ho visto per la prima volta da vicino nell'ascensore. Era un ufficiale di marina. Alto, con spalle larghe e capelli cortissimi, quasi rasati. Indossava un'uniforme bianca. Non ha pronunciato una parola. Mi ha solo fissata., per un attimo. Ma è stato come se mi avesse spogliata con lo sguardo. Lentamente. Dalla gola fino alle caviglie.»
Bill strinse il bicchiere.
Alice si voltò verso di lui, gli occhi lucidi, non si capiva se per il fumo o per altro.
«Quella notte non sono riuscita a chiudere occhio. Tu dormivi profondamente, ignaro della tempesta che si era scatenata dentro di me. Sono uscita sul balcone. L’aria era calda e umida. Sentivo il mare. E pensavo solo a lui.
Il salotto era immerso in un silenzio denso e prolungato. Il ticchettio dell’orologio a pendolo risuonava più forte del battito del cuore di Bill.
«Pensavo che bussasse alla porta. Che entrasse senza dire nulla. Che chiudesse la porta a chiave. Che mi spingesse contro il muro, lì, nella stanza dell’albergo. Le sue mani grandi sotto il vestito, direttamente sulla pelle. Niente preliminari. Niente baci. Solo le sue dita che trovavano immediatamente la mia fica e controllasse quanto fossi bagnata. Perché lo ero, Bill. Da ore.»
Bill deglutì. Non riusciva a muoversi.
«Pensavo che mi strappasse le mutandine. Che mi girasse, mi facesse appoggiare le mani al muro. Che sollevasse il vestito fino alla vita. Che mi aprisse con le dita, lentamente, come se stesse verificando se fossi pronta per lui. E lo ero. Così tanto che mi sentivo in imbarazzo.»
Alice si passò la lingua sulle labbra.
«Poi lo sentivo entrare. Tutto d'un colpo. Senza alcun preavviso. Un colpo secco e profondo. Io che trattenevo il respiro. Lui mi afferrava i capelli, tirandomi la testa all'indietro. Mi penetrava in silenzio, solo il suono dei nostri corpi, il letto che scricchiolava nella stanza accanto dove tu dormivi. Pensavo: “Se Bill si sveglia ora, ci troverà così. Sua moglie presa da dietro da un estraneo, con il vestito ancora indosso e il perizoma a terra”.»
Un altro tiro. Il fumo le uscì lentamente dalle labbra.
«Immaginavo che venisse dentro di me. Senza chiedermi il permesso. Senza protezione. Caldo, tanto caldo. Che mi tenesse lì, schiacciata contro il muro, finché non si esauriva l’ultima goccia. Poi si ritirava, si riabbottonava l’uniforme, usciva. Senza dire nulla. Io rimanevo lì, con il suo sperma che colava lungo le cosce, e tornavo a letto accanto a te. Come se nulla fosse.»
Bill fissava il pavimento con uno sguardo assente.
Alice si piegò verso di lui, sussurrandogli all’orecchio, la voce leggera come un soffio.
«Sai qual era la cosa più emozionante? Che il giorno seguente l’ho rivisto in piscina. Mi ha guardata di nuovo con lo stesso sguardo. Come se sapesse della mia fantasia. Come se si ricordasse di me quando mi ha visto in ascensore. Io indossavo quel bikini bianco che mi ha regalato, tu eri al bar a prendere un drink. Lui era seduto su una sdraio, con gli occhiali da sole. Mi sono avvicinata a lui camminando lentamente. Gli ho chiesto che ore fossero. Lui ha guardato l’orologio, poi me. Ha risposto: “Sono le undici e venti”. Nient’altro. Ma il modo in cui l’ha detto…»
Si fermò. Inspirò l’ultimo tiro, schiacciò la sigaretta nel posacenere.
«Bill, io ero pronta, pronta a tutto. Se quella sera, dopo la cena di gala, lui fosse entrato nella nostra camera... se avesse bussato... io avrei aperto. Avrei permesso che mi prendesse in piedi contro il muro, mentre tu dormivi. Avrei fatto qualunque cosa mi avesse chiesto. Qualsiasi cosa! Anche davanti a te, se lo avesse desiderato. Avrei riso mentre lo facevo. Avrei voluto che tu mi vedessi.»
Silenzio…
Poi, lentamente, quasi con dolcezza:
«E la cosa che mi spaventa di più, Bill… è che non sono certo di averlo solo sognato.»
Bill alzò lo sguardo. La fissò. I suoi occhi erano chiari, troppo chiari.
«Cosa intendi dire? » disse tremando.
Alice sorrise. Un sorriso piccolo, malinconico, e allo stesso tempo malizioso. «Intendo dire che quella notte, dopo che sei crollato ubriaco… io sono uscita. Ero scalza , indossavo solo la camicia da notte. Sono scesa sulla spiaggia. C’era la luna piena, e c’era anche lui. La seduto su una panchina vicino alla sabbia, ancora in uniforme. Mi ha vista. Non ha detto nulla. Si è alzato. Mi è venuto incontro.»
Bill sentì il sangue gelarsi nelle sue venne.
«Ci siamo scambiati uno sguardo. Per un intero minuto, o forse due. Poi lui ha fatto un passo verso di me e io sono rimasta la immobile. Il mio cuore batteva così forte che temevo potesse sentirsi fino in albergo. Ero pronta, Bill, pronta a inginocchiarmi lì, sulla sabbia. A prenderlo in bocca. A lasciarlo fare tutto.»
Un respiro.
«Poi ha udito delle voci. Qualcuno che si avvicinava dalla passeggiata. Si è fermato. Mi ha lanciato un’ultima occhiata. Ha sorriso. Un sorriso lieve. Come a dire: “Un’altra volta”. Poi si è girato ed è andato via.»
Alice si alzò. Si diresse verso la finestra. Scrutò all'esterno, verso le luminarie natalizie della città.
«Quindi non ne ho idea, Bill. Non lo saprò mai. Se quella notte fosse rimasto per altri dieci secondi… se quelle voci non fossero giunte… io non sarei qui a raccontartelo. Sarei stata sua. Completamente sua !!. O forse lo sono stata per tutto questo tempo. Mentendo a me stessa riguardo a questo! »
Si girò lentamente.
«Questo è quello che ho immaginato ogni notte da allora, ogni volta che facevamo l’amore, io chiudevo gli occhi e c’era lui al posto tuo. Ogni volta che venivo, era per lui. Anche quando eri dentro di me, appartenevo a lui.»
Bill aveva la bocca aperta. Non riusciva a parlare.
Alice tornò verso di lui, si chinò, gli sfiorò la guancia con le dita. «Ora lo sai. Tutto. O quasi.»
Poi, con la stessa voce calma, quasi materna: «Buonanotte, amore.»
Uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé solo il profumo di vaniglia, tabacco e qualcosa di più oscuro.
Bill rimase seduto al buio, il bicchiere ancora intatto.
E per la prima volta in vita sua, non sapeva più dove finiva la verità e dove iniziava il sogno.
Il salotto era avvolto in quella luce calda e quasi magica che soltanto le lampade natalizie possono creare: rosso, oro, verde, come se il mondo esterno fosse già scomparso e all'interno ci fosse ancora una celebrazione che nessuno osava interrompere.
Bill era seduto sul divano, con la cravatta slacciata, un bicchiere di whisky che non aveva ancora assaporato. Alice si trovava in piedi di fronte a lui, scalza, indossando una camicia da notte di seta color avorio che le arrivava a metà coscia. I suoi capelli erano sciolti, leggermente umidi dopo la doccia. Fumava una sigaretta, lentamente, come se ogni boccata richiedesse un grande sforzo.
«Vuoi davvero saperlo?» chiese lei, con la voce bassa, quasi divertita.
Bill annuì. Non parlava da diversi minuti. Aveva la gola secca.
Alice si avvicinò, si sedette sul bracciolo del divano, a pochi centimetri da lui. Il profumo di vaniglia e tabacco lo colpì come una dolce carezza.
«L'estate scorsa, mentre eravamo a Cape Cod. Ti ricordi quella sera in cui tu sei andato a giocare a golf con gli Henderson?»
«Sì.» rispose lui muovendo leggermente la testa.
«Io sono rimasta da sola in albergo. Se ti ricordi, quella sera c'era la cena di gala di cui ti avevo parlato. Per quell'occasione avevo scelto di indossare quell'abito nero, quello con la schiena scoperta. Tu dicevi che mi faceva sembrare una escort di lusso.» Rise piano, un suono che a Bill sembrò una lama. «Eri già geloso allora, solo che non lo sapevi.»
Fece un altro tiro.
«Nei giorni in cui siamo stati lì, avevo notato da lontano un affascinante uomo più volte, ma quella sera l'ho visto per la prima volta da vicino nell'ascensore. Era un ufficiale di marina. Alto, con spalle larghe e capelli cortissimi, quasi rasati. Indossava un'uniforme bianca. Non ha pronunciato una parola. Mi ha solo fissata., per un attimo. Ma è stato come se mi avesse spogliata con lo sguardo. Lentamente. Dalla gola fino alle caviglie.»
Bill strinse il bicchiere.
Alice si voltò verso di lui, gli occhi lucidi, non si capiva se per il fumo o per altro.
«Quella notte non sono riuscita a chiudere occhio. Tu dormivi profondamente, ignaro della tempesta che si era scatenata dentro di me. Sono uscita sul balcone. L’aria era calda e umida. Sentivo il mare. E pensavo solo a lui.
Il salotto era immerso in un silenzio denso e prolungato. Il ticchettio dell’orologio a pendolo risuonava più forte del battito del cuore di Bill.
«Pensavo che bussasse alla porta. Che entrasse senza dire nulla. Che chiudesse la porta a chiave. Che mi spingesse contro il muro, lì, nella stanza dell’albergo. Le sue mani grandi sotto il vestito, direttamente sulla pelle. Niente preliminari. Niente baci. Solo le sue dita che trovavano immediatamente la mia fica e controllasse quanto fossi bagnata. Perché lo ero, Bill. Da ore.»
Bill deglutì. Non riusciva a muoversi.
«Pensavo che mi strappasse le mutandine. Che mi girasse, mi facesse appoggiare le mani al muro. Che sollevasse il vestito fino alla vita. Che mi aprisse con le dita, lentamente, come se stesse verificando se fossi pronta per lui. E lo ero. Così tanto che mi sentivo in imbarazzo.»
Alice si passò la lingua sulle labbra.
«Poi lo sentivo entrare. Tutto d'un colpo. Senza alcun preavviso. Un colpo secco e profondo. Io che trattenevo il respiro. Lui mi afferrava i capelli, tirandomi la testa all'indietro. Mi penetrava in silenzio, solo il suono dei nostri corpi, il letto che scricchiolava nella stanza accanto dove tu dormivi. Pensavo: “Se Bill si sveglia ora, ci troverà così. Sua moglie presa da dietro da un estraneo, con il vestito ancora indosso e il perizoma a terra”.»
Un altro tiro. Il fumo le uscì lentamente dalle labbra.
«Immaginavo che venisse dentro di me. Senza chiedermi il permesso. Senza protezione. Caldo, tanto caldo. Che mi tenesse lì, schiacciata contro il muro, finché non si esauriva l’ultima goccia. Poi si ritirava, si riabbottonava l’uniforme, usciva. Senza dire nulla. Io rimanevo lì, con il suo sperma che colava lungo le cosce, e tornavo a letto accanto a te. Come se nulla fosse.»
Bill fissava il pavimento con uno sguardo assente.
Alice si piegò verso di lui, sussurrandogli all’orecchio, la voce leggera come un soffio.
«Sai qual era la cosa più emozionante? Che il giorno seguente l’ho rivisto in piscina. Mi ha guardata di nuovo con lo stesso sguardo. Come se sapesse della mia fantasia. Come se si ricordasse di me quando mi ha visto in ascensore. Io indossavo quel bikini bianco che mi ha regalato, tu eri al bar a prendere un drink. Lui era seduto su una sdraio, con gli occhiali da sole. Mi sono avvicinata a lui camminando lentamente. Gli ho chiesto che ore fossero. Lui ha guardato l’orologio, poi me. Ha risposto: “Sono le undici e venti”. Nient’altro. Ma il modo in cui l’ha detto…»
Si fermò. Inspirò l’ultimo tiro, schiacciò la sigaretta nel posacenere.
«Bill, io ero pronta, pronta a tutto. Se quella sera, dopo la cena di gala, lui fosse entrato nella nostra camera... se avesse bussato... io avrei aperto. Avrei permesso che mi prendesse in piedi contro il muro, mentre tu dormivi. Avrei fatto qualunque cosa mi avesse chiesto. Qualsiasi cosa! Anche davanti a te, se lo avesse desiderato. Avrei riso mentre lo facevo. Avrei voluto che tu mi vedessi.»
Silenzio…
Poi, lentamente, quasi con dolcezza:
«E la cosa che mi spaventa di più, Bill… è che non sono certo di averlo solo sognato.»
Bill alzò lo sguardo. La fissò. I suoi occhi erano chiari, troppo chiari.
«Cosa intendi dire? » disse tremando.
Alice sorrise. Un sorriso piccolo, malinconico, e allo stesso tempo malizioso. «Intendo dire che quella notte, dopo che sei crollato ubriaco… io sono uscita. Ero scalza , indossavo solo la camicia da notte. Sono scesa sulla spiaggia. C’era la luna piena, e c’era anche lui. La seduto su una panchina vicino alla sabbia, ancora in uniforme. Mi ha vista. Non ha detto nulla. Si è alzato. Mi è venuto incontro.»
Bill sentì il sangue gelarsi nelle sue venne.
«Ci siamo scambiati uno sguardo. Per un intero minuto, o forse due. Poi lui ha fatto un passo verso di me e io sono rimasta la immobile. Il mio cuore batteva così forte che temevo potesse sentirsi fino in albergo. Ero pronta, Bill, pronta a inginocchiarmi lì, sulla sabbia. A prenderlo in bocca. A lasciarlo fare tutto.»
Un respiro.
«Poi ha udito delle voci. Qualcuno che si avvicinava dalla passeggiata. Si è fermato. Mi ha lanciato un’ultima occhiata. Ha sorriso. Un sorriso lieve. Come a dire: “Un’altra volta”. Poi si è girato ed è andato via.»
Alice si alzò. Si diresse verso la finestra. Scrutò all'esterno, verso le luminarie natalizie della città.
«Quindi non ne ho idea, Bill. Non lo saprò mai. Se quella notte fosse rimasto per altri dieci secondi… se quelle voci non fossero giunte… io non sarei qui a raccontartelo. Sarei stata sua. Completamente sua !!. O forse lo sono stata per tutto questo tempo. Mentendo a me stessa riguardo a questo! »
Si girò lentamente.
«Questo è quello che ho immaginato ogni notte da allora, ogni volta che facevamo l’amore, io chiudevo gli occhi e c’era lui al posto tuo. Ogni volta che venivo, era per lui. Anche quando eri dentro di me, appartenevo a lui.»
Bill aveva la bocca aperta. Non riusciva a parlare.
Alice tornò verso di lui, si chinò, gli sfiorò la guancia con le dita. «Ora lo sai. Tutto. O quasi.»
Poi, con la stessa voce calma, quasi materna: «Buonanotte, amore.»
Uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé solo il profumo di vaniglia, tabacco e qualcosa di più oscuro.
Bill rimase seduto al buio, il bicchiere ancora intatto.
E per la prima volta in vita sua, non sapeva più dove finiva la verità e dove iniziava il sogno.
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