Una notte all'opera
di
Massimo Nilaz
genere
tradimenti
«Dai, non tenermi sulle spine, che problemi ci sono?»
Franco porse il bicchiere d’acqua, quindi sorseggiò il suo cocktail e si sedette al suo fianco.
«Devo presenziare alla convention a Milano, il 19.»
Sandra la guardò, sperando di non aver capito bene.
«Il 19 … mi avevi promesso che saremmo andati all’opera.» Poi lo guardò negli occhi e anticipò la sua proposta alternativa: «Carlo odia l’opera, mentre Beatrice odia me. Ho già confermato a Baroni, era felicissimo. Sai che per lui è importante: è un nostro caro amico, la prima volta che dirige alla Scala.» Appoggiò una mano sulla sua. «Ci tengo veramente ad andare, ma non da sola.»
Lo guardò, risentita, e solo allora notò un luccichio nei suoi occhi che non vedeva da molto tempo.
«Infatti, non lo sarai: ti accompagnerà il ragazzo.»
Sandra rimase a bocca aperta e capì che lo sapeva.
«In … intendi Luca?»
«Perché no? Io dovrò partire domani, lui potrebbe accompagnarti venerdì. Dopo le foto e le presentazioni alla convention, potresti farti accompagnare all’opera senza destare alcun sospetto o voce maliziosa. Mi scuserò io con Baroni, gli dirò che sarai accompagnata da un amico di nostra figlia, appassionato del suo lavoro. Capirà.»
La Signora ritirò la mano, pensierosa.
«A quanto pare, hai già pensato a tutto.»
«Come sempre, amore. Farei qualsiasi cosa per farti felice.»
Sandra si aggiustò i capelli e ricambiò un debole sorriso, annuendo. In quel momento avrebbe dovuto dirgli tutto, confessare che era successa una sola volta, ed era stato un errore. Lo incontrava spesso e parlavano a lungo, ma non facevano quello che lui immaginava. In ogni caso preferì lasciarlo cuocere nel suo brodo. Gli spiaceva di non poter andare a teatro con suo marito, ma gli sarebbe dispiaciuto di più non andarci proprio. Peggio per lui.
La Signora procedette con passo sicuro nel foyer del teatro. Nulla era cambiato, dall’ultima volta in cui i suoi tacchi avevano echeggiato l’ultima volta battendo sul pavimento di marmo pregiato. Non c’era molta gente: i più stavano parlando a gruppi, in attesa dell’inizio dello spettacolo, altri si guardavano intorno, estasiati da tanta bellezza ed eleganza. Luca era uno di loro.
«Sei mai stato a teatro?»
«Sì, no. Cioè: ci sono stato ma mai qui. Magnifico.»
Il suo sguardo si alternava dai sontuosi lampadari in cristallo al colonnato. Tutto era lucido e perfetto.
«Vieni, andiamo a sederci. Stai un passo indietro a me.»
S’incamminò, verificando che non ci fossero facce note. Ne individuò alcune, ma fece finta di non vederle. Non era preoccupata per la presenza di Luca, ma non aveva voglia di parlare con nessuno. Per lei quella sera rappresentava un poco il tornare a camminare dopo una lunga convalescenza su una sedia a rotelle: le serviva tempo.
Era riuscita ad arrivare alla poltroncina indenne, si sedette e fu proprio in quel momento che il direttore d’orchestra la raggiunse per salutarla. Lo fece gran voce, tradendo un’eccitazione che era certo dovuta all’ansia per la performance imminente, non certo per l’incontro di un’amica di vecchia data. Quell’episodio, purtroppo, attirò l’attenzione di tutti gli spettatori in sala, provocando non pochi mormorii e interrogazioni su chi fosse la rossa che il direttore d’orchestra si era sentito in dovere di salutare di persona. Il motivo era semplice, molto più semplice dei pettegolezzi che echeggiavano in sala: Franco stava per sponsorizzare un’iniziativa di Baroni, e lui stava facendo di tutto affinché il facoltoso industriale apponesse la firma all’assegno, compreso omaggiare sua moglie davanti a persone molto più illustri di lei.
Quando, alla fine, si sedette, Luca si avvicinò all’orecchio.
«Sembra che vi conosciate molto bene.»
«In realtà non molto. Franco sarà lo sponsor del suo tour estivo.»
«Ah, ok. Quindi ti ha leccato il culo.» In quel momento le luci si abbassarono, lui aggiunse: «Un privilegio riservato a pochi.»
La Signora si girò con gli occhi sbarrati, paonazza. Il pensiero volò sulla loro ultima notte, prima del ritorno di Franco, ed ebbe un fremito. Subito dopo sentì la mano sinistra del ragazzo insinuarsi dentro lo spacco della gonna. La blocco a metà coscia, più per fermare il calore che stava diffondendosi dentro di lei, che per paura che qualcuno li vedesse. Gli aveva dato troppo, durante i loro incontri nella sala del pianoforte. O forse troppo poco, e adesso lui reclamava il premio per la sua pazienza.
Scostò la sua mano accarezzandola. Il suo messaggio era chiaro e arrivò al destinatario: non ora.
Sandra si era immaginata una serata diversa: godersi lo spettacolo a fianco di suo marito, poi una breve passeggiata, bere qualcosa per festeggiare la voglia di vivere che stava rifiorendo in lei. Invece, per tutta la durata dell’opera, il suo unico pensiero fu quello di concedersi a Luca. Per giorni avevano fantasticato su di lui, al punto che il suo corpo, martoriato da pensieri impuri nei confronti di un ragazzo più giovane di lei di ben ventisei anni, lo reclamava. Il ricordo di quella notte folle, i loro corpi uniti in una danza frenetica, la sua sete di lei … aumentarono l’impazienza di essere sua.
L’ultimo tempo fu una vera tortura, ad ogni respiro sentiva il profumo della sua virilità entrarle nei polmoni, espandersi dentro di lei. Sentiva il suo sguardo posarsi sulla spalla nuda, scendere lungo il braccio, accarezzare le dita. Luca aveva capito che era giunto il momento, o forse anche lui non era in grado di arginare ancora l’impeto. Appena fuori del teatro, si avvicinò dietro di lei e le cinse i fianchi con le mani, quindi le sussurrò a un orecchio: «Ti voglio. Andiamo da qualche parte.»
Lei sciolse immediatamente la presa e rispose, senza guardarlo in volto: «L’hotel in Galleria Vittorio Emanuele II. Ho preso una stanza a tuo nome. Aspettami nella hall tra mezz’ora.»
Subito dopo si allontanò con la sua camminata caratteristica, elegante e decisa.
Luca seguì le sue indicazioni. Si diresse all’hotel, ubriaco di lei, annebbiato da un folle desiderio carnale. La Signora era andata da suo marito, si chiese che tipo di scusa avrebbe trovato per defilarsi dalla convention e raggiungerlo. Raggiunse l’hotel e consegnò la carta d’identità alla reception. Come lei gli aveva detto, c’era una stanza a suo nome già pagata. Prese la chiave e poi salì per rinfrescarsi. Appena entrato, la visione del letto gli provocò un fremito. Quella era la notte del giudizio, lo sentiva, quella in cui sarebbe stata sua. Aggiustò la cravatta, subito dopo scese per aspettarla.
La Signora entrò nell’hotel quasi un’ora dopo. Si era dovuta trattenere più del dovuto. Franco l’aveva voluta presentare ad alcuni suoi colleghi, in alcuni dei quali riconobbe gli sguardi che da molto tempo gli uomini non le rivolgevano più, e si sentì lusingata. Appena riuscì a rimanere sola per qualche istante con suo marito, guardò l’orologio e poi disse: «Sono stanca, vorrei andare in hotel a riposare.»
Lui era distratto, l’adrenalina che quel momento di fama, il palco, le strette di mano, lo avevano galvanizzato al punto che rispose in modo automatico.
«Va bene. Non mi aspettare, farò molto tardi.»
Sandra si allontanò in fretta.
Quando entrò nella hall dell’hotel, lui era seduto su un divanetto. Lo ignorò e procedette verso la reception, subito dopo si avvicinò agli ascensori e premette la chiamata. Lo vide avvicinarsi a lei, con la coda dell’occhio, e subito il respiro si fece pesante. Lasciò che altri ospiti prendessero l’ascensore appena arrivato, per rimanere sola con lui dentro quello in arrivo. Quando si aprirono le porte, lo vide attraverso lo specchio posto sulla parete opposta e capì di essere stata una stupida ad aver trascinato quel desiderio così a lungo, seviziando la sua carne e quella del suo amante in modo disumano. Appena le porte si chiusero, lui pigiò il bottone del piano e poi si avventò su di lei. Sandra rimase inerte, lasciando che le sue mani riprendessero il percorso lungo lo spacco della gonna che aveva interrotto qualche ora prima. Su, oltre la decenza, divaricò le gambe per permettergli di andare oltre, insinuarsi sotto il sottile lembo di pizzo fradicio di umori.
«Ah!»
Inarcò la schiena, era sua. Si baciarono con passione, le sue labbra non avevano più il sapore di sua figlia, la sua ex ragazza che aveva lasciato (forse proprio per causa sua) erano peccato allo stato puro. Le loro lingue s’intrecciarono, disperate, fino a che le porte non si aprirono. A quel punto lui la prese in braccio e la condusse alla sua stanza. Prima di varcare la soglia, la fece scendere delicatamente e chiese: «Sei sicura?»
Lei sfilò i sandali ed entrò, apprezzando l’attenzione che le riservava, anche in un momento in cui il dado era già tratto.
«E tu?»
Luca, nei primi ventisei anni della sua vita, aveva provato molte volte il sesso, molto meno l’amore. Con lei era tutto diverso. Sandra era la fusione di corpo di una calda donna matura, seppure in ottima forma, e di un’anima da adolescente. Tutta la sua determinazione, la corazza sulla quale si era scontrato più volte, si era dissolta. Si avvicendarono per tutta la notte, scambiandosi ruoli e posizioni, alternando momenti di frenetica passione ad altri di dolci effusioni.
Sandra lasciò la stanza quasi all’alba, convinta che la sua uscita non era un inizio, non una fine. Quando entrò nella propria stanza, Franco era già sul suo letto, dormiva. Si spogliò e fece una doccia, quando tornò, lui era sveglio e guardava nella sua direzione.
«Bentornata.»
Sorrise. A quanto pareva suo marito visto giusto: la vecchia Sandra, affamata di uomini e sesso era tornata, grazie all’ex ragazzo di sua figlia. Si limitò a dire: «Grazie.»
Poi s’infilò, nuda, sotto le coperte e si addormentò, felice.
Franco porse il bicchiere d’acqua, quindi sorseggiò il suo cocktail e si sedette al suo fianco.
«Devo presenziare alla convention a Milano, il 19.»
Sandra la guardò, sperando di non aver capito bene.
«Il 19 … mi avevi promesso che saremmo andati all’opera.» Poi lo guardò negli occhi e anticipò la sua proposta alternativa: «Carlo odia l’opera, mentre Beatrice odia me. Ho già confermato a Baroni, era felicissimo. Sai che per lui è importante: è un nostro caro amico, la prima volta che dirige alla Scala.» Appoggiò una mano sulla sua. «Ci tengo veramente ad andare, ma non da sola.»
Lo guardò, risentita, e solo allora notò un luccichio nei suoi occhi che non vedeva da molto tempo.
«Infatti, non lo sarai: ti accompagnerà il ragazzo.»
Sandra rimase a bocca aperta e capì che lo sapeva.
«In … intendi Luca?»
«Perché no? Io dovrò partire domani, lui potrebbe accompagnarti venerdì. Dopo le foto e le presentazioni alla convention, potresti farti accompagnare all’opera senza destare alcun sospetto o voce maliziosa. Mi scuserò io con Baroni, gli dirò che sarai accompagnata da un amico di nostra figlia, appassionato del suo lavoro. Capirà.»
La Signora ritirò la mano, pensierosa.
«A quanto pare, hai già pensato a tutto.»
«Come sempre, amore. Farei qualsiasi cosa per farti felice.»
Sandra si aggiustò i capelli e ricambiò un debole sorriso, annuendo. In quel momento avrebbe dovuto dirgli tutto, confessare che era successa una sola volta, ed era stato un errore. Lo incontrava spesso e parlavano a lungo, ma non facevano quello che lui immaginava. In ogni caso preferì lasciarlo cuocere nel suo brodo. Gli spiaceva di non poter andare a teatro con suo marito, ma gli sarebbe dispiaciuto di più non andarci proprio. Peggio per lui.
La Signora procedette con passo sicuro nel foyer del teatro. Nulla era cambiato, dall’ultima volta in cui i suoi tacchi avevano echeggiato l’ultima volta battendo sul pavimento di marmo pregiato. Non c’era molta gente: i più stavano parlando a gruppi, in attesa dell’inizio dello spettacolo, altri si guardavano intorno, estasiati da tanta bellezza ed eleganza. Luca era uno di loro.
«Sei mai stato a teatro?»
«Sì, no. Cioè: ci sono stato ma mai qui. Magnifico.»
Il suo sguardo si alternava dai sontuosi lampadari in cristallo al colonnato. Tutto era lucido e perfetto.
«Vieni, andiamo a sederci. Stai un passo indietro a me.»
S’incamminò, verificando che non ci fossero facce note. Ne individuò alcune, ma fece finta di non vederle. Non era preoccupata per la presenza di Luca, ma non aveva voglia di parlare con nessuno. Per lei quella sera rappresentava un poco il tornare a camminare dopo una lunga convalescenza su una sedia a rotelle: le serviva tempo.
Era riuscita ad arrivare alla poltroncina indenne, si sedette e fu proprio in quel momento che il direttore d’orchestra la raggiunse per salutarla. Lo fece gran voce, tradendo un’eccitazione che era certo dovuta all’ansia per la performance imminente, non certo per l’incontro di un’amica di vecchia data. Quell’episodio, purtroppo, attirò l’attenzione di tutti gli spettatori in sala, provocando non pochi mormorii e interrogazioni su chi fosse la rossa che il direttore d’orchestra si era sentito in dovere di salutare di persona. Il motivo era semplice, molto più semplice dei pettegolezzi che echeggiavano in sala: Franco stava per sponsorizzare un’iniziativa di Baroni, e lui stava facendo di tutto affinché il facoltoso industriale apponesse la firma all’assegno, compreso omaggiare sua moglie davanti a persone molto più illustri di lei.
Quando, alla fine, si sedette, Luca si avvicinò all’orecchio.
«Sembra che vi conosciate molto bene.»
«In realtà non molto. Franco sarà lo sponsor del suo tour estivo.»
«Ah, ok. Quindi ti ha leccato il culo.» In quel momento le luci si abbassarono, lui aggiunse: «Un privilegio riservato a pochi.»
La Signora si girò con gli occhi sbarrati, paonazza. Il pensiero volò sulla loro ultima notte, prima del ritorno di Franco, ed ebbe un fremito. Subito dopo sentì la mano sinistra del ragazzo insinuarsi dentro lo spacco della gonna. La blocco a metà coscia, più per fermare il calore che stava diffondendosi dentro di lei, che per paura che qualcuno li vedesse. Gli aveva dato troppo, durante i loro incontri nella sala del pianoforte. O forse troppo poco, e adesso lui reclamava il premio per la sua pazienza.
Scostò la sua mano accarezzandola. Il suo messaggio era chiaro e arrivò al destinatario: non ora.
Sandra si era immaginata una serata diversa: godersi lo spettacolo a fianco di suo marito, poi una breve passeggiata, bere qualcosa per festeggiare la voglia di vivere che stava rifiorendo in lei. Invece, per tutta la durata dell’opera, il suo unico pensiero fu quello di concedersi a Luca. Per giorni avevano fantasticato su di lui, al punto che il suo corpo, martoriato da pensieri impuri nei confronti di un ragazzo più giovane di lei di ben ventisei anni, lo reclamava. Il ricordo di quella notte folle, i loro corpi uniti in una danza frenetica, la sua sete di lei … aumentarono l’impazienza di essere sua.
L’ultimo tempo fu una vera tortura, ad ogni respiro sentiva il profumo della sua virilità entrarle nei polmoni, espandersi dentro di lei. Sentiva il suo sguardo posarsi sulla spalla nuda, scendere lungo il braccio, accarezzare le dita. Luca aveva capito che era giunto il momento, o forse anche lui non era in grado di arginare ancora l’impeto. Appena fuori del teatro, si avvicinò dietro di lei e le cinse i fianchi con le mani, quindi le sussurrò a un orecchio: «Ti voglio. Andiamo da qualche parte.»
Lei sciolse immediatamente la presa e rispose, senza guardarlo in volto: «L’hotel in Galleria Vittorio Emanuele II. Ho preso una stanza a tuo nome. Aspettami nella hall tra mezz’ora.»
Subito dopo si allontanò con la sua camminata caratteristica, elegante e decisa.
Luca seguì le sue indicazioni. Si diresse all’hotel, ubriaco di lei, annebbiato da un folle desiderio carnale. La Signora era andata da suo marito, si chiese che tipo di scusa avrebbe trovato per defilarsi dalla convention e raggiungerlo. Raggiunse l’hotel e consegnò la carta d’identità alla reception. Come lei gli aveva detto, c’era una stanza a suo nome già pagata. Prese la chiave e poi salì per rinfrescarsi. Appena entrato, la visione del letto gli provocò un fremito. Quella era la notte del giudizio, lo sentiva, quella in cui sarebbe stata sua. Aggiustò la cravatta, subito dopo scese per aspettarla.
La Signora entrò nell’hotel quasi un’ora dopo. Si era dovuta trattenere più del dovuto. Franco l’aveva voluta presentare ad alcuni suoi colleghi, in alcuni dei quali riconobbe gli sguardi che da molto tempo gli uomini non le rivolgevano più, e si sentì lusingata. Appena riuscì a rimanere sola per qualche istante con suo marito, guardò l’orologio e poi disse: «Sono stanca, vorrei andare in hotel a riposare.»
Lui era distratto, l’adrenalina che quel momento di fama, il palco, le strette di mano, lo avevano galvanizzato al punto che rispose in modo automatico.
«Va bene. Non mi aspettare, farò molto tardi.»
Sandra si allontanò in fretta.
Quando entrò nella hall dell’hotel, lui era seduto su un divanetto. Lo ignorò e procedette verso la reception, subito dopo si avvicinò agli ascensori e premette la chiamata. Lo vide avvicinarsi a lei, con la coda dell’occhio, e subito il respiro si fece pesante. Lasciò che altri ospiti prendessero l’ascensore appena arrivato, per rimanere sola con lui dentro quello in arrivo. Quando si aprirono le porte, lo vide attraverso lo specchio posto sulla parete opposta e capì di essere stata una stupida ad aver trascinato quel desiderio così a lungo, seviziando la sua carne e quella del suo amante in modo disumano. Appena le porte si chiusero, lui pigiò il bottone del piano e poi si avventò su di lei. Sandra rimase inerte, lasciando che le sue mani riprendessero il percorso lungo lo spacco della gonna che aveva interrotto qualche ora prima. Su, oltre la decenza, divaricò le gambe per permettergli di andare oltre, insinuarsi sotto il sottile lembo di pizzo fradicio di umori.
«Ah!»
Inarcò la schiena, era sua. Si baciarono con passione, le sue labbra non avevano più il sapore di sua figlia, la sua ex ragazza che aveva lasciato (forse proprio per causa sua) erano peccato allo stato puro. Le loro lingue s’intrecciarono, disperate, fino a che le porte non si aprirono. A quel punto lui la prese in braccio e la condusse alla sua stanza. Prima di varcare la soglia, la fece scendere delicatamente e chiese: «Sei sicura?»
Lei sfilò i sandali ed entrò, apprezzando l’attenzione che le riservava, anche in un momento in cui il dado era già tratto.
«E tu?»
Luca, nei primi ventisei anni della sua vita, aveva provato molte volte il sesso, molto meno l’amore. Con lei era tutto diverso. Sandra era la fusione di corpo di una calda donna matura, seppure in ottima forma, e di un’anima da adolescente. Tutta la sua determinazione, la corazza sulla quale si era scontrato più volte, si era dissolta. Si avvicendarono per tutta la notte, scambiandosi ruoli e posizioni, alternando momenti di frenetica passione ad altri di dolci effusioni.
Sandra lasciò la stanza quasi all’alba, convinta che la sua uscita non era un inizio, non una fine. Quando entrò nella propria stanza, Franco era già sul suo letto, dormiva. Si spogliò e fece una doccia, quando tornò, lui era sveglio e guardava nella sua direzione.
«Bentornata.»
Sorrise. A quanto pareva suo marito visto giusto: la vecchia Sandra, affamata di uomini e sesso era tornata, grazie all’ex ragazzo di sua figlia. Si limitò a dire: «Grazie.»
Poi s’infilò, nuda, sotto le coperte e si addormentò, felice.
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