Appuntamento in penombra

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tradimenti

Entro in pizzeria con una decina di minuti di ritardo, il tempo giusto per non arrivare per prima e per non dare l'impressione di essere una ritardataria cronica. Io, al contrario, sono una cultrice della puntualità, ci sono, però, situazioni come questa in cui è d'obbligo essere puntualmente in ritardo di dieci minuti. Appena dentro, butto lo sguardo sui tavoli della sala, alla ricerca di Arianna: lei non c'è. In compenso, incrocio lo sguardo incuriosito di una comitiva, una decina di persone in tutto, che molto probabilmente stanno facendo una cena di lavoro e, dal sorrisino di un paio di ragazze, capisco dove si trova il mio tavolo.

«Appuntamento al buio!» È l'insegna al neon che leggo nei loro occhi che si materializza nel labiale di un tizio della comitiva, che mi guarda e subito dopo indica col mento il tavolo vicino, fingendo in modo pessimo di parlare dei fatti suoi.

Vorrei avvicinarmi e correggere il manipolo di curiosi che, in realtà, l'appuntamento non è esattamente al buio: un amico del ragazzo di Arianna, la mia collega di lavoro, è tornato single di recente, e, poiché pure io lo sono, ha organizzato un'uscita a quattro. In effetti, io non conosco né il suo ragazzo, né tantomeno il suo amico, e quindi c'è della penombra in quella cena. Sono certa che, nel momento in cui la coppia farà il suo ingresso, deluderò la platea di spettatori in attesa di situazioni stile "Appuntamento al buio" o "Harry, ti presento Sally", tipo la famosa scena del pranzo al ristorante. Va detto che io ho un grosso difetto: quando conosco una persona nuova, mi fido sempre della prima impressione. Per questo, dopo aver inquadrato l'amico seduto al tavolo, mi rendo conto che sarà molto difficile simulare un orgasmo come fece Meg Ryan in quel film. A dirla tutta, con uno così avrei difficoltà pure a letto! Mi guardo in giro, aggrappandomi alla speranza che ci sia qualche altro tavolo con un ragazzo solo, o meglio ancora vuoto, poi mi avvicino timidamente e chiedo:

«Ciao, sei Paolo?» Purtroppo la risposta è affermativa.

«Sì, e tu devi essere Michela. Piacere.» Mi porge la mano senza neanche alzarsi e fissa lo sguardo sugli orecchini a pendaglio. E io che ho messo lo stivaletto allunga-coscia e i leggings in pelle nera, che mi fanno un culo da urlo!

Ho la tentazione di scuotere la testa per fare oscillare gli orecchini per ipnotizzarlo e poi sfruttare il suo stato di incoscienza per fuggire, invece appoggio il cappotto sul sedile di fianco e mi siedo davanti a lui con le mani intrecciate, come se stessi registrando un telegiornale. In realtà il telegiornale lo sta facendo lui: da quando ho appoggiato il suddetto splendido culo sulla panca, è partito con un monologo che non lascia adito a repliche. Se non altro, in questo modo ho il tempo di osservarlo con attenzione senza dover ascoltare quello che dice. Paolo è completamente pelato, ha un viso appuntito e glabro, porta degli occhiali da vista con lenti a goccia e montatura metallica. Indossa una grossa giacca color cachi e una camicia bianca con i primi due bottoni aperti; non si è mai alzato, quindi non ho idea di cosa ci sia oltre l'ombelico. Potrebbe essere un robot e avere solo il busto, nel dubbio sbircio sotto il tavolo appurando che ha i piedi: se non altro, è stato assemblato completamente.

Butto l'occhio sulla comitiva di lato e incasso lo sguardo compassionevole di una donna con i capelli ramati, lunghi e ricci. A occhio ha superato da un pezzo i cinquanta e, a giudicare dal viso tondo e dai seni prosperosi, la sua bilancia ha quasi doppiato il numero dei suoi anni. La vedo sussurrare qualcosa a una ragazza di fianco senza distogliere lo sguardo da me. L'altra è molto più giovane e indossa una giacca che contempla tutti i colori dello spettro del visibile. Sono certa che sta sentendo Paolo che parla della sua ex, di come mente male dicendo che lui l'ha lasciata, ma, soprattutto, sta scommettendo sul fatto che stasera lui andrà in bianco. Vorrei avvicinarla e dirle che ha vinto la scommessa, sono, invece, costretta a girarmi perché Paolo mi ha rivolto una domanda, la prima da quando gli ho dato la mano. Subito, però, riprende a parlare: era retorica.

Inizio a tamburellare con la forchetta l'sos in codice morse e, fortunatamente, vedo comparire all'orizzonte Arianna con quello che deduco essere il suo fidanzato. Finalmente una boccata d'aria fresca, la mia collega mi presenta al suo ragazzo brasiliano.

«Sono Eduardo, è un vero piacere.» Capelli neri ondulati tirati indietro, labbra sottili, gran culo, spalle larghe, mani lisce e curate, cadenza portoghese: un vero figo.

«Il piacere è mio.» Mi alzo per quanto mi è possibile, occupando lo spazio tra la panca e il tavolo e vedo il suo sguardo che si fissa sulla mia silhouette tracciata dai leggings, poi ci sediamo e lui sposta lo sguardo davanti a lui, su Arianna, dimenticando di spegnere il fuoco che ha appena acceso dentro di me. Ci pensa il suo amico dirimpettaio che, introducendo il tema "palestra e cura del corpo", getta una secchiata di acqua gelida sulla mia patatina che già si vedeva coccolata dalle onde del mare di Copacabana.

«Vado in palestra tutti i lunedì e mercoledì. Lunedì faccio braccia e spalle, mercoledì addominali e corsa.» Lo sfigato col cuore spezzato poggia una mano sulla spalla opposta invitandomi a tastarlo.

«Anche la tua ragazza faceva sport?» Lui sembra stupito e gli credo: è la prima volta che mi sente parlare. Abbassa lo sguardo.

«Sì.»

Sono certa che la sua ex si allenava molto al tapis roulant, preparandosi al momento in cui se la sarebbe svignata a gambe levate, come vorrei fare io in questo momento. Invece ordino un'insalatina offrendo a Paolo un nuovo argomento su cui disquisire: i pesticidi.

La coppia al mio fianco ascolta in silenzio l'oratore, intuisco che lo conoscono bene: quello di Paolo non è un atteggiamento da prima uscita, non è il nervosismo per avere davanti una ragazza sconosciuta, un prospect per la notte, è fatto così!

Sconsolata mi abbasso lo sguardo. Anche Eduardo tiene lo sguardo fisso sulla tavola e gioca a shanghai con i grissini, quando mi giro per vedere a che punto sono le scommesse al tavolo accanto, i nostri sguardi si incrociano ancora e realizzo che questa notte la mia collega di lavoro diventerà cornuta. Approfitto, quindi, di un momento in cui Paolo prende il bicchiere per bere un sorso di birra e mi rivolgo a lui: «Arianna mi ha detto che sei brasiliano, da quanto vivi in Italia?» Lui addenta un grissino e risponde con un italiano esotico.

«Un anno, tra poco, però, tornerò a casa.» Arianna allunga una mano sul tavolo che lui copre con la propria. Mi sento come quando torno a casa dopo aver fatto la spesa e scopro di aver comprato al supermercato una mozzarella con la scadenza troppo vicina. Il destino è proprio crudele. Cerco di spostare la discussione.

«Come vi siete conosciuti?» Ed ecco che Paolo, con la bocca di nuovo libera, inizia a raccontare di come ha conosciuto Eduardo.

Per fortuna arriva la cena, condisco e metto in bocca una forchettata di insalata, sperando che i pesticidi abbiano effetti stupefacenti. Come se non bastasse, il mio dirimpettaio sottolinea il suo disappunto per la mia scelta, mentre taglia uno spicchio della sua pizza della casa, doppio impasto con lievito madre. Approfitto del silenzio per chiedere altre informazioni su Eduardo, mascherandole come domande sulla relazione con Arianna, e incasso la soddisfazione da parte della donna riccia del tavolo accanto. Sfortunatamente Paolo impiega pochi minuti a mangiare la sua pizza e poi intrattiene i commensali parlando delle diete della sua ex. Arianna sembra seguire il suo discorso mentre Eduardo ed io stiamo comunicando con sguardi ed espressioni facciali. Il mio sos battuto con il cucchiaino del caffè macchiato lo fa sorridere.

Arianna se ne accorge e lo guarda senza capire. Ha dei denti bianchissimi, il mio nuovo amico brasiliano, illumina la serata partita molto male e, per la prima volta, prende la parola e parla del suo Brasile, mischiando parole in italiano e inglese, musicate con la sua cadenza portoghese. Rafforza le sue descrizioni snocciolando foto col suo smartphone, sono racconti che Arianna ha sentito decine di volte e che l'annoiano visibilmente, colgo la palla al balzo e le propongo di scambiare posto, suscitando disappunto e delusione da parte di Paolo che, dopo avermi raccontato della sua vacanza di fuoco a Ibiza con la sua ex, era convinto di avermi ormai in pugno.

Lui ha gli occhi color nocciola, come i miei. Simili al punto che, dopo qualche minuto che parliamo guardandoci senza imbarazzi, fatico a distinguere i miei pensieri dai suoi. Mi fa vedere una foto della sua famiglia, poi fa scorrere l'indice sul profilo del mio naso, dicendo che assomiglia a quello di sua sorella. Il contatto mi fa venire i peli d'oca, per fortuna ho messo una maglia a maniche lunghe!

«Io invece ho preso quello di mio nonno.» E mi invita a guidare il mio dito sul percorso dritto e allungato del suo naso, poi mi fa vedere una sua foto. La osservo e mi sembra di vedere lui tra quarant'anni. Arianna sente il suono delle sirene che annunciano un attacco aereo nel suo territorio e si gira a guardarmi, costringendomi a ritirare il dito. Le rispondo con un sorriso innocente e supero l'imbarazzo fingendo di giocare allo scambio di figurine dei parenti.

«Aspetta, dovrei averne anch'io una di mio nonno.» Gioco con lo smartphone, fingendo di cercare qualcosa.

«Eccola.» E gli porgo il telefono sul quale ho composto il mio numero. Arianna non mi sta guardando, è invischiata con Paolo e lo ascolta mentre ritaglia il tovagliolino di carta recuperato dal piattino della tazzina di caffè. Lo sta sbriciolando in pezzi che presto raggiungeranno una dimensione subatomica. Capisco che neanche lei conosceva Paolo, altrimenti non avrebbe accettato lo scambio di posto. Poveretta.

Nel frattempo, Eduardo è diventato più serio. Mi restituisce lo smartphone, senza, però, prendere il suo e temo di aver frainteso, di essere stata troppo avventata. O, forse, ha una memoria fotografica. In entrambi i casi si sono fatte le undici e sono stanca; il gruppetto di colleghi di lavoro è ancora piazzato sul tavolo a fianco, schierato come una giuria. Mi alzo e con uno sguardo rassicuro ancora una volta la donna riccia con uno sguardo: ha vinto lei la scommessa.

Usciamo dal locale e pago la mia quota, un saluto veloce e mi avvio verso la metro, da sola, senza chiedere il numero a Paolo. Lui ci è rimasto male e ha chiuso la serata con un: «Ci sentiamo presto.» Io ho annuito pensando più a un addio.

Mentre sono in metro e sto ascoltando la musica attraverso gli auricolari, ricevo una telefonata da Arianna.

«Ciao Michela, volevo scusarmi per stasera, non conoscevo Paolo, non immaginavo che fosse così ... invadente! Edu mi aveva detto che era simpatico.» Sto per rispondere alla collega che Paolo è simpatico come un dito infilato nel culo senza lubrificante, ma decido di ripiegare su qualcosa di meno ruvido.

«In effetti è un pochino pesante!» Mi unisco alla sua risata. «È stata una serata piacevole, mi sono divertita. Grazie dell'invito. Tu e Eduardo siete proprio una bella coppia.» Ed ecco arrivare il vero motivo della chiamata.

«Grazie. Lui è un tesoro, ed è molto fisico, tanto che certe volte il suo modo di fare è frainteso.» Nel frattempo ricevo un messaggio da un numero sconosciuto

«..._ _ _...» L's.o.s. in codice Morse, a quanto pare Eduardo ha una memoria fotografica. Accetto il contatto e rispondo subito, immaginandolo come un magnifico naufrago in un'isola deserta.

«Sei naufragato a Loreto?» È la fermata della metro vicino alla casa di Arianna. Aggiungo una faccina che ride. Nel frattempo la collega prosegue il suo discorsetto.

«Lui tocca, accarezza, è il suo modo di comunicare, niente di più.» Sorrido e rispondo per capire quanto profonda è la loro relazione.

«Da quanto tempo vi conoscete?»

«L'ho conosciuto a una festa di amici comuni un paio di mesi fa.»

«Se ho capito bene, tra qualche settimana tornerà a casa, cosa farai?» Nel frattempo, lui mi risponde.

«Sì, ma sono riuscito a costruire una zattera: vento permettendo sto tornando a Moscova, dove vivo.» Sorrido, solo cinque fermate da me. Arianna, nel frattempo, cerca di rinforzare il guinzaglio del suo ragazzo per evitare che esca anzitempo dalla sua vita.

«Non vogliamo lasciarci, troveremo una soluzione, mi sto già organizzando per andarlo a trovare. Non sarà facile, ma sono convinta che ce la faremo.» Nel frattempo esco dalla metro. Mi appoggio a un muretto sulla piazza e mordo un labbro esitando per qualche istante, poi scrivo al suo ragazzo.

«Stai attento che il vento non ti trascini a Porta Genova. Ci sono le sirene, rischi di rimanere intrappolato dal loro canto per tutta la notte.» Poi rispondo ad Arianna.

«In tal caso, in bocca al lupo! E grazie ancora per la serata. Mi ha fatto piacere uscire con voi.»

«Anche a noi. Magari possiamo ripetere ... senza Paolo.» Ridiamo insieme, poi la saluto e riattacco mentre Eduardo emerge dalla scala della metro e mi raggiunge.

Rimorsi, io? Mai! Ho scopato il ragazzo di una mia collega di lavoro, e con questo? Potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di fare sesso con il brasiliano più bello che abbia mai visto? Dopo che lui sarà tornato a casa, Arianna crede che la loro storia resisterà alla lontananza forzata; i baci che lui appiccica sui miei capezzoli mi dicono, invece, che lei è già storia passata, o forse non è mai stata neanche una storia.

Lui è proprio un gran figo, fisico perfetto con un unico neo: le gambe sono leggermente storte. Lo vedo avvicinarsi nudo verso il letto e noto che la sua camminata assomiglia a quella di un fantino, ha un sicuro trascorso di equitazione. Il pensiero sconcio di essere cavalcata come se fossi la sua cavalla mi provoca un fremito. Lui, nel frattempo, mi raggiunge sul letto e inizia a seviziarmi con carezze e baci che rendono l'attesa deliziosamente insopportabile. Non scopavo da settimane, quindi il mio giudizio è influenzato dall'astinenza forzata, poi, però, affonda dentro di me con un movimento che mi toglie il fiato, e capisco perché Arianna sta prendendo il biglietto per raggiungerlo in Brasile.

Ci baciamo, ci lecchiamo senza ritegno, senza preclusioni. Sono già le tre e sono appena venuta, ancora una volta. La patatina chiede clemenza, il resto del corpo qualche ora di sonno per poter affrontare la giornata lavorativa che tra poco si affaccerà all'orizzonte. Mi alzo per andare a bere qualcosa e lui sussurra.

«Sei la ragazza più bella che abbia mai conosciuto.» Su due piedi penso che sia una delle frasi classiche che qualche italiano gli ha insegnato appena è arrivato nel bel paese, insieme alle parolacce e ai saluti. Non mi importa da dove provenga quella frase gentile: incasso il complimento con un sorriso e tracanno mezza bottiglia di acqua, poi torno in camera e lo trovo vestito. Mi regala un bacio che da solo vale tutta la notte passata con lui, poi mi dice.

«Ti lascio riposare, ci sentiamo presto.» Mi stupisco per la mia risposta.

«Lo spero.» Di solito me la tiro un poco, anche perché, dopo Riccardo, preferisco delle relazioni dalla durata più vicina a una miniserie che a una soap opera. Forse risento dell'effetto benefico degli orgasmi che ancora sento circolare nel sangue, lo guardo e il cuore mi batte all'impazzata. Da molto tempo non mi sentivo così in sintonia con un ragazzo, tanto che, appena esce, sento già il bisogno di rivederlo, e questo mi fa paura.

scritto il
2025-05-24
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